I tornado, tra le manifestazioni atmosferiche più violente, sono recentemente tornati all’attenzione dei giornali per una sequenza di eventi avvenuta in Ohio, Kansas ed altri stati (v. ad esempio questo articolo di Microsoft News) a cui viene – come normalmente succede in questi strani tempi – associato con sicurezza il riscaldamento globale (oggi ridefinito crisi climatica?), anche se viene citato un esperto come Kerry A. Emanuel del MIT che dice che è “assolutamente complicato” legare tornado e cambiamento climatico. In pratica nei dati non ci sono elementi che permettano di associare la frequenza di apparizione all’AGW.
Ad onor del vero viene anche citato un articolo di Science, del 2014, Brooks et al., 2014) che nel titolo parla di aumento della variabilità nell’occorrenza dei tornado in USA (non della loro frequenza).
L’aumento (o il supposto tale, visto che i tornado sono presenti anche a novembre-dicembre) dei fenomeni a maggio 2019 è stato analizzato da Roy Spencer sul suo blog, dove si fornisce una spiegazione meteorologica per gli eventi (le pianure del nord, quest’anno, sono state “il posto più freddo della Terra”) e mostra l’istogramma della distribuzione dei tornado di categoria maggiore o uguale a F3, dal 1954 al 2018 (fonte NOAA).
Per confronto, ho scaricato i dati dei tornado dallo Storm Prediction Center di NOAA dal 1950 ad agosto 2018 (ma ho usato i dati fino al 2017, ultimo anno completo su questo sito), ho separato le categorie “violente” F3, F4, F5 e ho tracciato in figura 1 l’istogramma del numero di eventi per le singole categorie e per la loro somma.
Si vede chiaramente che le pendenze sono, in tutti i casi, negative e che quindi i tornado degli ultimi 67 anni sono mediamente in diminuzione. I valori numerici dei fit lineari sono disponibili in questa immagine o nel file numerico .
Sembra che il numero di tornado del 2018 (non riportato in figura) sia il più basso della storia e che tutti gli eventi “violenti” siano in quell’anno di categoria F3; questo valore e un’eventuale fluttuazione positiva del 2019 rientrebbero nella normale variazione, ben visibile in figura 1, e quindi, come è ormai solito, “niente di nuovo sotto il sole” e un eccessivo spreco di inchiostro (reale e digitale) nei gridi di dolore catastrofisti.
Relazione AMO – frequenza dei tornado
In genere si lega la frequenza di apparizione dei tornado all’Oscillazione Multidecennale Atlantica (AMO) proprio a causa dell’influenza di quest’ultima sul clima continentale. La relazione sarebbe di tipo inverso, nel senso che quando AMO è negativa la frequenza degli eventi aumenta. Una verifica viene mostrata in figura 2, dove la serie AMO è rovesciata in modo da evidenziare una correlazione positiva
La CCF tra AMO e frequenza dei tornado mostra un’interessante valore centrale di circa 0.55, non altissimo ma tale da evidenziare una possibile relazione. Il grafico delle medie mensili di AMO (dal 1856 al 2017) e del loro spettro è disponibile qui.
Lo spettro della frequenza dei tornado
L’estensione temporale della serie dei tornado è di 67 anni per cui non ci si aspetta di trovare nel loro spettro il periodo principale di AMO (circa 72 anni) e infatti nello spettro MEM di figura 3 non abbiamo un massimo attorno a 60-70 anni; solo un debole accenno di massimo centrato a 55 anni nello spettro dei tornado F3 che si ripercuote nello spettro dei dati totali ma nulla per i dati F4 e F5.
Tutti i grafici e i dati, iniziali e derivati, relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui |
Bibliografia:
- Harold E. Brooks, Gregory W. Carbin, Patrick T. Marsh, Increased variability of tornado occurrence in the United States , Science, 346, 6207, 2014. http://dx.doi.org/10.1126/science.1257460
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