Che fosse solo questione di tempo era del tutto evidente. In fondo sono prevedibili come il caldo estivo nel Sahara. Fatto sta, anche l’Italia potrà finalmente vantare una bella class action in cui si accusa lo Stato di non fare abbastanza per salvare i propri cittadini dall’arrostimento climatico. Lo annuncia con malcelata soddisfazione e pomposa retorica La Stampa nel suo imperdibile inserto Tuttogreen.
La notizia in sè farà sorridere l’italiano medio alle prese con problemi ben più reali che meriterebbero, loro sì, una class action o per lo meno l’interesse di chi amministra la cosa pubblica. Ma certe agende non le dettano certo i cittadini italiani. E nemmeno i politici italiani. Perché sono agende di importazione.
Uno schema rodato
Per chi legge la stampa straniera, e in particolare quella poca stampa americana non ancora controllata da trilionari sedicenti filantropi, la scorciatoia giudiziaria appare come una consuetudine ampiamente consolidata. La presidenza Obama, per esempio, si era avvalsa in modo sistematico della strategia di “sue and settle” come grimaldello per scardinare la resistenza di un Congresso ostile a implementare le azioni “salvaclima” promosse dal partito democratico. Come? Semplicissimo: gruppi di pressione ambientalisti citavano in giudizio l’EPA, accusandola di non prendere azione contro determinati problemi ambientali/climatici. L’EPA, invece di difenere la sua posizione originaria, (in)spiegabilmente accoglieva le istanze ambientaliste senza battere ciglio, recependo in toto le proposte dei ricorrenti, con l’effetto di legiferare al posto del Congresso americano.
Il ruolo delle ONG / OSG
Niente di nuovo sotto il sole, nell’uso di scorciatoie in politica. Quello che dovrebbe allarmare, piuttosto, è il fatto che certe istanze ormai si sono fatte sovra-nazionali: rotolano come una slavina lungo un piano inclinato da una parte all’altra dell’Atlantico e travolgono le agende politiche interne dei paesi europei. Gli agenti di questa azione sono le ONG: Organizzazioni Non-Governative, ma solo a parole. Organizzazioni Super-Governative nei fatti: sono loro, infatti che portano avanti le istanze del potere globalista nel mondo. Operano come gruppi di pressione, si servono di social network e giornali amici per introdurre forzosamente temi estranei alle agende politiche nazionali, ricorrono alla magistratura appellandosi alla presunta necessità di colmare vuoti giuridici o rimediare a presunte ingiustizie. Sostituendosi ai parlamenti nazionali. E aggirando di fatto l’espressione del voto popolare, ovvero il fondamento stesso della democrazia.
Ovviamente i temi per cui si battono le OSG sono sempre gli stessi in ogni parte del mondo. Ché non a caso si chiama globalismo. Parliamo dei soliti temi “sociali” in molti casi assurdi, ridicoli e disumani che da anni appestano l’agenda liberal americana: si spazia dalla “mascolinità tossica” al #metoo, dalle toilette gender-friendly al “privilegio bianco”, dalla diversity all’hate speech, dall’immigrazionismo no-border… al Climate Change.
Tallone d’Achille
L’invasività impressionante del potere globalista è anche la sua stessa debolezza. Incapace di adattarsi alle specificità nazionali (che rifiuta, e intende anzi annullare attraverso l’imposizione del salvifico melting-pot), impone battaglie che in alcuni paesi e realtà suonano francamente ridicole. Nel caso della class action in oggetto, per esempio, ci si chiede di cosa dovrebbe essere accusato il governo di un Paese come l’Italia che da decenni a questa parte vede assottigliarsi il proprio tessuto produttivo, rinuncia ad investire nel nome dell’austerity imposta dai creditori, disincentiva l’attività imprenditoriale con una tassazione che è un rebus inestricabile, e così facendo onora tutti i suoi impegni in materia di riduzione della CO2: più per decrescita che per virtù.
Cosa c’è in ballo
Comunque la si voglia vedere, il vero campo di battaglia è tra un potere globalista che impone le sue agende a livello planetario, e il potere politico dei singoli paesi che si ritrova sul tavolo temi e “urgenze” che non appartengono al suo elettorato. La prima vittima di questo gioco è la politica, prima ancora che i cittadini stessi. Politica costretta a rincorrere e a tamponare le falle aperte dall’esterno, da figure senza volto che attraverso le OSG scardinano il sistema facendo leva sulla contrapposizione tra poteri dello Stato. Inevitabile che la politica perda il consenso popolare, e trasmetta agli elettori una sensazione di non-governo e menefreghismo che è premessa a fatti ben più gravi, e reali, di quelli paventati da Greta & friends (Macron e i gilet gialli insegnano).
In questo contesto, l’ambientalismo fondamentalista gioca un ruolo determinante. Imponendo come urgenti e mortiferi temi che alla prova dei fatti sono del tutto irrilevanti, distoglie attenzione e soprattutto risorse a problemi reali e urgenti. L’ambientalismo che per evitare il trapianto di un pugno di olivi necessario a posare un gasdotto, ne lascia crepare a milioni per xylella. L’ambientalismo che pretende di impoverire e de-industrializzare un continente intero nel nome di una minorenne scioperata con le treccine, sulla base di modelli climatici che da 40 anni non azzeccano una previsione una, e sotto la minaccia di una catastrofe climatica che non arriva mai: il Godot Warming.
Non tutto è perduto
Il quadro non è roseo, certo. Ma le vie d’uscita non mancano. Certo è comodo accettare come dati di fatto e scienza “consolidata” le clima-scemenze urlate a media unificati. Eppure esiste una opposizione scientifica alla narrativa climacatastrofista, che si basa su rilievi circostanziati ed è sostenuta da voci autorevoli. Solo per limitarsi all’Italia, le voci scettiche in materia di global warming annoverano quelle di Zichichi e Rubbia, non proprio due scappati di casa.
Se la politica vuole riprendere in mano il pallino e sottrarre l’arma giudiziaria alle OSG e ai loro mandanti più o meno occulti la via è semplice: basta alimentare un dibattito scientifico vero, una ricerca scientifica in ambito climatico a 360 gradi, e dimostrare quello che tutti sanno, ma troppi trovano conveniente tacere: ovvero che l’AGW è materia scientifica tutt’altro che “consolidata“. Sostenere che l’AGW è “scienza consolidata”, infatti, ha un effetto ben preciso: quello di offrire su un piatto d’argento una sentenza già scritta, come le delibere dell’EPA di Obama.
Se l’imputato Godot Warming non si decide proprio ad arrivare, arriveranno prima le sentenze dei tribunali che ne sanciranno l’esistenza e infliggeranno la condanna, ovviamente esemplare. E con sentenza emessa in contumacia. Nemmeno Beckett avrebbe saputo immaginare un finale così assurdo, ma se accadrà non si potrà dire che non ce lo siamo meritato.
La scusa dei cambiamenti climatici è solo un enorme giro di soldi che oramai interessa tutto il mondo .
Ora ci si mettono pure le aziende ed i grandi manager a sponsorizzare i cambiamenti climatici. Ultima chicca una banca che non elargirà più prestiti alle società non green che usano/producono energia proveniente dal carbone .
Probabilmente questo nuovo modo di far soldi sarà stato deciso dai pochi uomini che si incontrano una volta l’anno e che dettano l’agenda.
Nell’ultimo decennio del secolo scorso vigeva la regola, che ci si doveva per forza ingrandire acquistando altre aziende (banche comprese) senza guardare tanto il prezzo e se quello che si stava comprando fosse più o meno “sano”. Naturalmente la maggior parte di queste aziende si indebitava fino al collo utilizzando prodotti finanziari molto rischiosi, inventati dal sistema finanziario delle grandi banche d’affari , il quale si è rilevato ancora più avido.
Abbiamo visto tutti come è andata a finire.
La maggior parte dei manager coinvolti non ha subito conseguenze ed è rimasto al suo posto o ha cambiato azienda ricevendo bonus milionari. Quelli che in tali periodi non si adeguavano alla moda venivano messi da parte perché non facenti parte della corrente dominante.
Tra 11 anni e mezzo secondo alcuni “scienziati ” saremo morti tutti arrostiti .
Sicuramente arrostiranno loro di rabbia, perché non sarà successo quanto pronosticato l’autunno scorso
dovranno fare causa anche ai boschi, visto che a causa delle foglie, i terreni sono inquinati 4 volte più dei limiti di legge.
http://www.greenreport.it/news/inquinamenti/nel-suolo-dei-boschi-italiani-idrocarburi-4-volte-oltre-limiti-legge-non-causa-delluomo/
A me pare che la vera ed unica malattia da contrastare che degenera l’uomo e lo rende pazzo isterico si chiami “ambientalismo”.
E’ come il virus subdolo dell’HIV, non da effetti nell’immediato, ma se non franato, dopo anni porta alla morte.
E le politiche ambientaliste non stanno facendo altro che accelerare i processi che vorrebbero limitare, un esempio su tutti la raccolta differenziata e la falsa economia circolare. Di fatti, la monnezza gira gira e poi va a finire in mare o bruciata nei depositi.
A proposito di detti temi ambientali, iersera un noto scrittore, per l’occasione ospite televisivo, ha citato un aforisma pellerossa (penso ottocentesco) “la terra non l’abbiamo ereditata dai nostri padri ma presa in prestito dai nostri figli”. Il punto da chiarire sarebbe solo: quanti figli essi, i pellerossa, coi loro mezzi, nel fulgore della loro epoca, riuscivano a generare e a mantener vivi e sani fino all’età matura?
Il Tribunale Ordinario, con sentenza definitiva
ha condannato la CO2 all’interdizione perpetua dai pubblici luoghi e l’ergastolo da scontarsi nelle viscere della Terra.
Qualsiasi molecola sarà arrestata e sottoposta a sequestro definitivo.
Il quadro che si va delineando diventa ogni giorno più chiaro.
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Oltre un anno fa pubblicai su CM un articolo, in cui commentavo la tesi di una ricercatrice americana che sosteneva l’inutilità dei dati, per convincere gli scettici del cambiamento climatico: non si trattava di un caso di “deficit model”, ma di una questione ideologica. Chi non crede nel cambiamento climatico, non lo fa per carenza di dati, ma perché non vuole rinunciare alle modalità di sviluppo socio-economico, sperimentate finora, per abbracciare quelle proposte dai sostenitori dell’economia verde, del no-tutto, ecc. ecc..
( http://www.climatemonitor.it/?p=46896 ) .
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La ricercatrice proponeva, quindi, di non perdere tempo a dibattere con costoro, ma cercare di convincerli sulla scorta dell’empatia: cercare di far capire loro che le nuove linee di sviluppo potevano essere più convenienti per i loro interessi rispetto alle vecchie e che, quindi, non avrebbero determinato una perdita di benessere, MA UN BENESSERE PIU’ GIUSTO ED EQUO.
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Molti scienziati ed attivisti climatici hanno sempre sostenuto e lo sostengono tuttora, che il motivo per cui l’opinione pubblica non li segue, è la scarsa capacità di penetrazione del loro messaggio nel tessuto sociale ed economico. Il messaggio contrario ha, invece, maggior efficacia grazie anche alle campagne di disinformazione, portate avanti dalle multinazionali del fossile attraverso gruppi “altamente specializzati (sic)” e “lautamente finanziati (doppio sic 🙂 ) ” di propagandisti.
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Facendo due più due, si capisce facilmente che il fenomeno Greta Thunberg ha rappresentato la classica “quadratura del cerchio”. Un messaggio estremamente semplice, del tutto privo di dati e di fatti, condensato in poche parole d’ordine, in grado di influenzare la parte più debole della società (bambini ed adolescenti) ed un’enorme, spropositato effetto empatico, ha risolto il problema alla radice, scavalcando ogni forma di dibattito. In occasione della visita della Thunberg in Italia, sono restato molto colpito dall’atteggiamento dei media, dei politici e degli scienziati: tutti trincerati dietro le sue spalle. Lei invece riempiva completamente la scena. Stupiva il commento più frequente degli scienziati, politici, attivisti e giornalisti che affollavano la scena in veste di semplici comparse: se lo ha capito un’adolescente, c’è poco altro da discutere, fate tutti come lei vi chiede.
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Dopo quest’epifania che ha disvelato al mondo il dramma del cambiamento climatico ingiusto ed assassino, non esisterà giudice o tribunale che oserà contraddire la pulzella svedese, innalzata, a furor di popolo, agli altari della scienza climatica.
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Cosa possono Rubbia o Zichichi contro costei ed i suoi apologeti? Nulla, in quanto i primi parlano di fatti e cercano di parlare alla testa di chi ascolta, gli altri parlano di passioni ed alla pancia delle persone. Non c’è partita: 4-0 per gli allarmisti di ogni ordine e grado!
Fine del problema: il cambiamento climatico di origine antropica esiste, è reale e va combattuto con ogni mezzo perché facendo ciò si ottiene anche un mondo più equo e solidale oltre che eco-sostenibile . Ipse dixit.
Ciao, Donato.
L’Italia purtroppo si conferma colonia: a Milano nel 600 c’era la figura del “Vicerè” che rappresentava il monarca spagnolo, a cui il Ducato milanese apparteneva. I governanti nostri potrebbero chiamarsi “vice commissari” dato che rappresentano gli interessi di qualcuno al di fuori dell’Italia. Il bello è che l’ambientalismo in sé è una battaglia che vale la pena di combattere, soprattutto nel nostro paese così densamente abitato (anche se qualcuno vorrebbe farci stare metà Africa) e devastato da cementificazioni selvagge degli anni passati. Ma invece di investire lì sforzi e denaro (ricordo che un qualche “Vicecommissario”…lui si faceva chiamare “premier”…recentemente lo aveva promesso…) decidiamo di combattere…la CO2. Così l’Italia resta inquinata, il dissesto idrogeologico permane, al minimo tremar della terra vengono giù intere città…ma in compenso riduciamo la CO2
Tutto perfettamente condiviso. Su una cosa, in Italia, siamo assolutamente sicuri: i nostri tribunali , in altre faccende affacendati, con inchieste che durano dal 1978 ( omicidio Moro) e altre, siamo, si fa per dire, protetti da queste pseudo cause per i prossimi 300 anni a dimostrazione che tutto poi non viene per nuocere. Ad maiora.