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Il fit delle serie estese di temperatura – Parte prima: NOAA, CET, Colle Gnifetti

Riassunto: Il fit delle temperature (anomalie) rappresenta bene la serie CET (Central England Temperature) e la serie NOAA su 480 anni (1538-2018). Pur non essendo un modello, questo fit a due componenti può forse essere estrapolato di 82 anni (fino al 2100). Questa estrapolazione porta ad una anomalia prevista, rispetto al periodo pre-industriale fissato al 1850, di 1.8°C nel 2100, cioè tutta l’anomalia auspicata dalle ultime COP, da Parigi(21) a Katowice(24), senza bisogno di riduzioni di emissioni antropiche.

Abstract: The fit of the anomaly series well represents the CET (Central England Temperature) and the NOAA global series (land+ocean) over 480 years (1538-2018). Also if the fit is not a (physical) model, it perhaps may be estrapolated for further 82 years (through 2100). Such an extrapolation brings to a 1.8°C anomaly in 2100, namely all the forecast and the presage of the last COPs, from Paris(21) to Katowice(24), without any need of reduction of anthropogenic emissions.

Osservando la figura 1, si vede che il fit non lineare (4 seni + retta, 14 parametri, d’ora in poi f22) non è molto diverso, nella rappresentazione dei dati NOAA, dal modello armonico semi-empirico di Scafetta (2013). Il fit non lineare ricostruisce bene (R2=0.804) i dati osservati (“osservati” è un concetto poco appropriato per dati che sono il risultato di molte, e in qualche caso discutibili, elaborazioni).

Fig.1: Confronto tra il modello armonico semi-empirico di Scafetta (2013, quadro superiore), inviatomi da Nicola Scafetta, e il fit non lineare a 14 parametri (f22), entrambi applicati alle anomalie globali NOAA (1118 sono i dati di novembre 2018). Si può vedere che le differenze sono minime su tutta l’estensione del dataset.

Quello del quadro inferiore di figura 1, però, è un fit che segue i dati utilizzati per i calcoli e non è affatto detto che estendendo i dati il suo comportamento sia lo stesso, anzi, nella maggior parte dei casi, una maggiore estensione temporale mostra un andamento non conforme alla funzione determinata tramite il fit. Un esempio è dato dalla sovrapposizione dei dati CET (**, Central England Temperature, dal 1538) ai dati NOAA. Nella parte comune, le due serie si sovrappongono abbastanza bene e quindi ad entrambe si può applicare il risultato di figura 1 ma, andando indietro nel tempo dal 1880, la CET si discosta nettamente dalla rappresentazione analitica di NOAA. Per descrivere i dati estesi, si è usato un altro fit non lineare (f23, 6 seni + retta, 20 parametri) applicato ai dati tra il 1538 e il 1850.

Fig.2: Estrapolazione di f22 nelle due direzioni temporali e sovrapposizione dei dati CET per sottolineare che le osservazioni si discostano dalla estensione temporale della funzione analitica, come avviene nella maggioranza dei casi per un fit, a differenza di quanto dovrebbe succedere per un modello.

I dati estesi sono stati descritti tramite un altro fit non lineare (f23, 6 seni + retta, 20 parametri), calcolato sui dati tra il 1538 il 1850, che si congiunge al precedente f22 nel 1850. Il risultato viene mostrato in figura 3.

Fig.3: Combinazione di due fit non lineari per rappresentare la distribuzione delle temperature CET (e NOAA) tra il 1538 e il 2018.

La data del 1850, evidentemente arbitraria, è stata scelta sulla base dell’inizio della rivoluzione industriale e sulla contemporanea fine della PEG – inizio del ripristino delle condizioni climatiche precedenti la PEG e quindi inizio di un riscaldamento complessivo. Si è cercato di considerare la PEG come una variazione climatica locale o emisferica, ma senza successo: tracce di abbassamento della temperatura sono state osservate anche in Nuova Zelanda (Lorrey et al., 2013).
Il raccordo, nel 1850, tra le funzioni f23 e f22 si osserva in figura 4:

Fig.4: Ingrandimento del punto di raccordo, nel 1850, tra f23 (a sinistra) e f22 nel fit dei dati CET.

Serie di Colle Gnifetti

Le due carote di ghiaccio (denominate KCI e KCC) di Colle Gnifetti, nel massiccio del Monte Rosa, ci forniscono un’ulteriore estensione della serie di temperatura, fino all’800, in pieno Periodo Caldo Medievale (MWP, 950-1250). I dati sono disponibili al sito: https://doi.org/10.1594/PANGAEA.883519. La figura 5 mostra la serie completa di Colle Gnifetti, confrontata con i dati CET, e il suo fit non lineare (f23) fino al 1925, seguito dal fit (f22, esteso al 2280) dei dati CET mostrato in figura 3.

Fig.5: Anomalia di temperatura dalle carote di Colle Gnifetti (dati dal sito Pangaea citato sopra) dall’800 al 2006, confrontata con l’anomalia della CET e con il fit f23 del dataset troncato al 1925 dove si connette al fit f22 calcolato in precedenza per i dati NOAA ed esteso al 2280.

In figura 6 viene riprodotta la figura 11 di Bohleber et al., 2018 (con la sua didascalia) dove sono confrontate le temperature calibrate derivate dalla carota KCC, le temperature strumentali e le temperature ricostruite da Luterbacher et al., 2016.

Fig.6: Riproduzione della figura 11 di Bohleber et al., 2018 (MWA=MWP) e della sua didascalia che dice:
Figure 11: Comparison of decadal temperature trends as anomalies with respect to the mean of AD 2006-1860. Shown are calibrated temperatures obtained from the KCC Ca2+ variability (blue lines, with uncertainty indicated as light blue bands). Also shown are instrumental temperature data (black) and the summer temperature reconstruction of Luterbacher et al. (2016) in red (uncertainty as grey bands). Note that the overall co-variation between the two reconstructions persists for at least another 200 years beyond AD 1000 (light grey shaded area). Black bars on the bottom indicate maximum dating uncertainty. Da notare che le ascisse hanno la scala invertita rispetto alle altre figure.

Considerazioni conclusive

Quanto fatto finora non ha nulla a che vedere con un modello fisico in grado di ricostruire (avendone compreso le cause e i processi fisici) le temperature di lunghe estensioni temporali di varie aree geografiche; è semplicemente un fit, un modo di rappresentare i dati sperimentali tramite polinomi e funzioni sinusoidali, calcolando da quelli i parametri che meglio li rappresentano.
Non è il caso di estrapolare il risultato di un fit perché questa operazione può portare a brutte sorprese. Di questo si è consapevoli, a differenza, ad esempio, di Nerem et al., 2018 che, sulla base di un fit parabolico del livello del mare calcolato per 25 anni (1993-2017), estrapolano i risultati nei successivi 80 anni (fino al 2100).
Ma, pur nelle incognite di questo tipo di operazione, forse è possibile estrapolare il fit combinato (f23+f22) di figura 3 di circa il 17%, per arrivare al 2100.
Dalla figura 5 si ottiene un risultato un po’ diverso rispetto a quello di figura 3 in quanto l’anomalia al 1850 (che dipende dal fit f23) è in questo caso pari a 0°C e quindi l’aumento di temperatura previsto è di 1°C; è bene sottolineare che la stessa estensione, calcolata per le temperature globali NOAA, si applica ad altri 2 dataset diversi tra loro (CET e Gnifetti)..
Se accettiamo questa estrapolazione, il “modello” della figura 3 ci dice che l’anomalia di temperatura sarà (al 2100) 1.8°C sopra il livello pre-industriale (1 °C per figura 5), se questo livello viene fissato al 1850. Il 1850 è anche la data convenzionale di fine della Piccola Era Glaciale o PEG, LIA nell’acronimo inglese, e il proseguimento di una risalita della temperatura iniziata dopo il periodo più freddo della PEG, nel XVII secolo.

Considerando tutte le incertezze connesse con una tale operazione, vediamo che gli obbiettivi fissati dalla COP21 di Parigi (2°C, o meglio, 1.5 °C sopra il livello pre-industriale al 2100) sono semplicemente la naturale evoluzione delle temperature, senza considerazioni sulle emissioni antropiche e sull’uso o meno dei combustibili fossili.

La necessità di cambiare la funzione di fit dopo il 1850, che viene normalmente attribuita all’ingresso nell’era industriale con conseguente immissione in atmosfera di quantità sempre maggiori di gas ad effetto serra, dipende, a parere di chi scrive, dalla fine della PEG e dal successivo recupero delle temperature dopo la scomparsa delle cause (ignote) che hanno generato il periodo freddo.

L’estensione al 650 BCE (Before Current Epoch) sarà presentata nella seconda parte di questo lavoro.

** Tonyb (Tony Brown, un autore e commentatore del blog di Judith Curry “Climate Etc.”) ha esteso la CET all’indietro, fino al 1538 (i dati originali iniziano nel 1659).
I dati di Tonyb sono disponibili a https://curryja.files.wordpress.com/2011/12/long-slow-thaw-supplementary-information.pdf
citato in https://judithcurry.com/2015/02/19/the-intermittent-little-ice-age/
Una descrizione della CET, ancora di Tonyb, si trova in https://judithcurry.com/2011/12/01/the-long-slow-thaw/
Tutti i grafici e i dati, iniziali e derivati, relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui

Bibliografia

 

  • Bohleber P., Erhardt T., Spaulding N., Hoffmann H., FischerH. and Mayewski P.: Temperature and mineral dust variability recorded in two low-accumulation Alpine ice cores over the last millennium, Clim Past, 14(1), 21-37, 2018. https://doi.org/10.5194/cp-14-21-2018
  • Lorrey A., Fauchereau N., Stanton C., Chappell P., Phipps S., Mackintosh A., Renwick J., Goodwin I., Fowler A.: The Little Ice Age climate of New Zealand reconstructed from Southern Alps cirque glaciers: a synoptic type approach , Climate Dynamics , , July, 2013. doi:10.1007/s00382-013-1876-8. S.I.
  • Luterbacher, J., Werner, J., Smerdon, J. E., et al.: European summer temperatures since Roman times, Environ. Res. Lett., 11, 2016. https://doi.org/10.1088/1748-9326/11/2/024001
  • Nerem R.S., Beckley B.D., Fasullo J.T., Hamlington B.D., Masters D., and Mitchum G.T.: Climate-change–driven accelerated sea-level rise detected in the altimeter era. PNAS published ahead of print, February 12, 2018. https://doi.org/10.1073/pnas.1717312115
  • Scafetta, N.: Discussion on climate oscillations: CMIP5 general circulation models versus a semi-empirical harmonic model based on astronomical cycles , Earth-Science Review , 126, 321-357, 2013. https://doi.org/10.1016/j.earscirev.2013.08.008

 

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Published inAttualitàClimatologia

6 Comments

  1. andrea

    Forse non mi sono spiegato, i grafici mostrano l’aumento prendendo come base metà 1800, però periodo di termine della piccola era glaciale; quindi mi sembra un aumento ciclico che nulla c’entra con le emissioni dell’era industriale

    • Direi che i grafici mostrano l’andamento del fit e dei dati osservati; la scelta del 1850 è successiva al fit ed è personale. Io ho scelto quell’anno per i motivi che ho scritto; la scelta del 1850 include tutta l’era industriale che all’inizio, pur essendo numericamente di piccole dimensioni, era molto inquinante, ma altri possono scegliere il 1950 e calcolare dal grafico l’intervallo di temperatura da lì al 2100 da cui trarre le loro conclusioni.
      Franco

  2. donato b.

    Caro Franco, ho letto con grande interesse il tuo post e spero di poter leggere a breve anche la seconda parte.
    Riguardo ai fit che tu hai utilizzato non ho nulla da obiettare: approssimano bene i dati e, quindi, va bene così. Concordo anche circa le possibili cause della variazione del fit dopo il 1850.
    Non sono molto d’accordo, invece, sulle “estensioni” di tali fit. Ciò non perché tu abbia commesso qualche errore, ma perché ho una profonda antipatia per le estrapolazioni.
    .
    Come giustamente sottolinei, un fit non è un modello matematico, per cui mi sembra improbabile possa simulare il futuro: gli errori connessi all’estensione al passato del fit22 lo testimoniano al di là di ogni ragionevole dubbio. Il fatto che tu abbia esteso il fit composito da te calcolato solo del 17% non modifica il mio scetticismo. 🙂
    .
    Anche per i modelli, però, le previsioni future lasciano molto a desiderare, in quanto risentono della comprensione ancora insufficiente della fisica del sistema climatico (come giustamente precisi nel tuo post). Sono del tutto cosciente che ognuno di noi freme dal desiderio di poter capire come le cose (climatiche, ovviamente) evolveranno nel futuro, ma credo che questo resterà per tutti noi un desiderio che difficilmente potremo soddisfare. Probabilmente sono pessimista, ma concordo con il Poeta: di doman non c’è certezza…. 🙂
    Complimenti, comunque, per l’ottimo ed impegnativo lavoro che hai fatto e che, a parte, l’estrapolazione, condivido integralmente.
    Ciao, Donato.

    • Caro Donato, grazie per i complimenti ma concentriamoci sulla cosa che non condividi: l’estensione in avanti. Ti posso garantire che a non condividerla siamo almeno in due, ma sospetto molti di più.
      Però quello non è solo un fit: è il confronto con il modello semi-empirico di Scafetta, che ha dentro gli RCP dell’IPCC, e solo la somiglianza modello-fit fino alla fine dei dati osservati mi ha spinto ad estenderlo un po’. Come scrivo nella risposta ad andrea, “ammesso che l’estensione abbia senso” (ma scrivo qualcosa di molto simile nel testo).
      Il confronto con il modello (calcolato e graficato da Nicola Scafetta che me lo ha mandato) è il motivo per cui ho calcolato il fit sui dati mensili NOAA quando tutti gli altri dati sono annuali o biannuali.
      Diciamo che non mi è piaciuta la frase di Nerem et al., 2018 “When taken with a rate of sea-level rise of 2.9 ± 0.4 mm/y (epoch 2005.0), the extrapolation of the quadratic gives 654 ± 119 mm of sea-level rise by 2100 relative to 2005, which is similar to the processed-based model projections of sea level for representative concentration pathways 8.5 in the IPCC Fifth Assessment Report” che non solo estendono il loro fit, calcolato su 25 anni, fino al 2100, ma pubblicano questi risultati sul PNAS e molti considerano attendibilì questi risultati. Beh, se una fesseria del genere l’hanno fatta loro, allora posso farla anche io e anche io posso considerare attendibile il risultato al 2100. Questa cosa è ridicola? Certo. Ma non solo per me. Ciao. Franco

  3. andrea

    ma che senso ha fare un paragone con un periodo freddo (piccola era glaciale) del 1800 e dire che la temperatura è aumentata, in ogni caso un’aumento di 1,5-2 gradi sarebbe non solo dannoso ma anche auspicabile, altro che surriscaldamento

    • E’ certo un mio problema di comprensione ma non ho capito il senso della prima parte del commento:
      “ma che senso ha fare un paragone con un periodo freddo (piccola era glaciale del 1800 e dire che la temperatura è aumentata”
      Ho fatto il paragone con il valore (del fit, non dei dati osservati) al 1850, quando finisce la PEG e quando inizia l’era industriale, e con il valore (sempre del fit) al 2100. Sul fatto che la temperatura sia aumentata (salvo qualche piccolo dettaglio come l’uso degli errori in questi dati) non ci sono dubbi.
      La disputa è sulla causa. Ma il punto qui, secondo me, è che la differenza di temperatura tra il 1850 e il 2100 è all’interno di quei 1.5, 2 gradi che le COP “consigliano vivamente” di ottenere con politiche di pesante limitazione della CO2 &C. Quindi non ci sarebbe da fare nulla per ottenere i risultati auspicati dalle COP, solo sedersi a braccia conserte e aspettare …
      ovviamente se estendere il fit anche di poco ha un senso.

      Mentre non ho sicuramente capito la seconda parte del commento:
      “in ogni caso un’aumento di 1,5-2 gradi sarebbe non solo dannoso ma anche auspicabile, altro che surriscaldamento”
      ???. Franco

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