Nel recente passato abbiamo intrapreso un breve viaggio attraverso i modelli di simulazione del clima (qui e qui). In molti casi il mondo in essi rappresentanto è parecchio diverso da quello che conosciamo. Questa diversità diventa per molti aspetti dirimente, specie se si riesce a coglierne l’implicazioni più recondita, ovvero il fatto che essa scaturisce dall’impossibilità di descrivere efficacemente molti degli aspetti fondamentali delle dinamiche del clima, minando di fatto all’origine questi tentativi di riprodurre il comportamento del sistema.
Oggi ne troviamo un’altra, certificata neanche troppo recentemente da uno studio condotto dai protagonisti di quella che forse è stata la più importante campagna di ricerca cui il nostro paese abbia partecipato di recente, il progetto ITASE.
Nel corso della campagna, oltre alle perforazioni per l’estrazione delle carote di ghiaccio, sono state effettuate anche delle osservazioni su vari punti della calotta antartica. I dati ottenuti hanno consentito di mettere a punto una serie storica delle precipitazioni sull’intero continente tornando indietro nel tempo di ben cinque decadi. Dall’analisi di questi dati risulta chiaramente che le precipitazioni ed il conseguente accumulo nevoso non evidenziano alcun trend di lungo periodo su nessuna zona del continente, compreso il settore più occidentale, dove, contemporaneamente, abbiamo assistito ad una consistente diminuzione della massa glaciale. Nella serie, sono altresì ben visibili delle marcate oscillazioni di breve e medio periodo, legate a dinamiche complesse e non ancora comprensibili.
Come sottolinenano gli stessi autori, un andamento come quello descritto è in contrasto con gli output delle simulazioni climatiche (GCM), che vedono invece un netto aumento delle precipitazioni, nonostante le ultime generazioni di questi GCM sembrano aver in parte migliorato le loro performance in questa parte del mondo. Tale aumento è stato anche a lungo impiegato per giustificare l’aumento altrettanto netto -ma osservato- dell’estensione del ghiaccio marino antartico negli ultimi decenni. Vien da dire che venendo meno il fattore di causa, l’accrescimento del ghiaccio deve necessariamente avere origini diverse, in parte ipotizzabili ricorrendo a spiegazioni che coinvolgerebbero le dinamiche della composizione chimica dell’atmosfera soprastante il Circolo Polare Antartico, ma questi sono aspetti ancora del tutto ignoti alle simulazioni climatiche.
Nello studio leggiamo anche di un inatteso (?) aumento delle temperature troposferiche durante l’inverno australe. A mio parere questo è un particolare ancora più importante: come si spiega, nella logica dell’effetto serra, cioè dell’accresciuta capacità di contenimento del calore generata da una maggiore concentrazione di gas serra, un aumento della temperatura in una zona ed in una stagione dove la radiazione ad onda lunga uscente (OLT) è ridotta al minimo? Non sono sufficienti spiegazioni che chiamino in causa la disomogeneità degli effetti del riscaldamento globale antropico, perché nei mesi invernali, la porzione di atmosfera soprastante l’Antartico è quanto di più isolato dal contesto della circolazione generale si possa immaginare; il vortice polare impedisce qualsiasi scambio di calore o di masse d’aria con altre latitudini. Ne consegue che quel riscadamento, che non può arrivare dal basso, può avere origine solo dall’alto, cioè non può avere nulla a che fare con la teoria dell’AGW, che ne risulta, qualora ce ne fosse ancora bisogno, del tutto smentita.
Questo aprirebbe un altro fronte di discussione che tratteremo magari in un altro post, prima di chiudere però mi preme tornare ancora una volta sul lavoro dei ricercatori di ITASE. Nel valutare i risultati delle loro indagini, si mette in risalto il fatto che l’assenza di un trend positivo delle precipitazioni nevose smentisce un eventuale mitigazione che questo ipotetico accumulo nevoso potrebbe operare o aver operato sulla velocità di salita del livello dei mari in conseguenza del continuo scioglimento dei ghiacci della Penisola Antartica. Dunque la salita del livello dei mari non sarà rallentata da quelle che si pensava fossero le dinamiche del sistema. Ma questo non fa sorgere per l’ennesima volta il dubbio che quelle dinamiche sono diverse da quanto sbandierato con tanta sicumera? A nessuno viene il dubbio che su queste benedette simulazioni ad oggi proprio non si può fare affidamento?
[…] di simulazione climatica. Peccato che un paio d’anni or sono, siano stati presentati i risultati di una campagna di misura delle precipitazioni fatta da quelle parti ma sulla terraferma (credo l’unica e fatta tra […]
[…] a dicembre. Sarà per effetto dell’aumento delle precipitazioni? Ancora più difficile, specie perché non lo sono. Sarà perché…nessuno lo sa. Però trattandosi di un aumento non risulta utile alla causa, […]
[…] conferma? Dipende, se leggiamo quanto scritto dai ricercatori di Epica (il programma di perforazione del ghiaccio antartico) scopriamo che pur essendo soggette a forte […]
[…] anche le precipitazioni. Ops, questo non è accaduto da cinquant’anni a questa parte, ce lo dicono gli scienziati sul campo del progetto Epica. Pazienza, un singolo baco del modello non vuol dire che tutto il calcolone debba andare a pallino. […]
qua nevica sempre poco..e questo basta e avanza nel sostenere che ce qualcosa che non quadra..
Stanno scomparendo i ghiacci al polo sud
La giornalista del TG5 ne sa più di tutti noi
http://www.video.mediaset.it/mplayer.html?sito=tg5&data=2009/11/26&id=40897&from=aggregatore_programmi_tg5_2008
Quanto piove nell’area antartica?
Dipende: cade un qualcosa che sta tra i 150 ed i 590 mm l’anno, cioè a dire che cadono 150 mm oppure il 400% di 150.
I valori più probabili cadono nell’intervallo tra 150 e 260 mm, cioè a dire 205 mm più o meno il 27%.
Qualcuno vuole sapere quanto piove nel mondo reale?
E perché, la realtà è importante?