di Franco Zavatti e Luigi Mariani
In questo post viene studiata la pioggia del Sahel Occidentale (20°-10°N, 20°W-10°E), grosso modo l’area mostrata in questa mappa riportata anche in basso. I dati derivano dal sito http://research.jisao.washington.edu/data/sahel/#values e sono i valori mensili da gennaio 1901 a dicembre 2017 e i valori annuali derivati dai valori mensili.
I dati mensili di figura 1 mostrano un andamento mediamente positivo da inizio serie al 1970, con un’improvvisa risalita nel 1950; poi una lenta discesa fino al 1970 e valori negativi fino al 1990; seguono valori quasi nulli (o leggermente positivi) e costanti fino a circa il 2008, anno da cui è iniziata una risalita delle precipitazioni che dura tutt’ora.
Lo spettro LOMB di questi dati mostra una serie di massimi che saranno discussi più avanti, dominati dal massimo principale (non presente in figura 1 perché una serie estesa 118 anni non permette di identificare con sicurezza un periodo praticamente uguale) di periodo 116 anni e da quello di periodo 1 anno che sottolinea la cadenza annuale della precipitazione.
La funzione di autocorrelazione della precipitazione mensile appare affetta da una memoria a lungo termine (ACF a lag 1=0.392) di “potenza” intermedia, caratterizzata da massimi secondari (ACF di circa il 30% o leggermente inferiori) che si susseguono a 12 mesi di distanza, in pratica confermando il periodo di 1 anno già visto nello spettro.
La serie mensile non verrà usata nel seguito del post e serve solo per confermare i risultati, in particolare lo spettro, ottenuti dalla serie annuale: infatti i massimi spettrali coincidono (i 116 anni diventano circa 94 ma ne abbiamo visto le ragioni; i 29-32 anni diventano circa 33), anche se per il calcolo degli spettri sono stati usati due metodi diversi.
La figura 3 mostra un salto (break point) nel 1950, seguito da un’evidente diminuzione della precipitazione che, dal 1950, termina nel 1985. Poi un incremento delle piogge al ritmo molto basso di circa 0.07 cm/anno.
Nella figura 4, lo spettro di figura 3 è stato suddiviso in due gruppi di periodi identificati dalle ellissi gialle (chiare e scure) per sottolineare che che uniche caratteristiche spettrali che si osservano sono quelle tipiche dell’influenza solare e di ENSO, tranne il massimo a 33 anni che non siamo in grado di identificare con certezza (ma la figura 8 può dare un’utile indicazione).
Il massimo a 7.1 anni desta un po’ di sorpresa: infatti è una caratteristica della regione ElNiño 1.2, quella geograficamente più ad est, dove “nasce” El Niño e che sembrerebbe in grado di generare le teleconnessioni con meno forza rispetto alle regioni 3.1 e 4 (http://www.climatemonitor.it/?p=42356, figura 3 e tabella finale), invece questo massimo dimostra il contrario, anche se appare il più debole tra quelli identificati. L’area iniziale di ENSO sembra trasferire alcuni suoi effetti alla fascia tropicale dell’Atlantico orientale.
Le ellissi di figura 4 sottolineano i gruppi di massimi spettrali con i quali la precipitazione del Sahel Occidentale è in relazione. Qui si osservano due aspetti: la presenza di massimi riconducibili all’influenza solare, come (con tutte le sue incertezze dovute alla lunghezza della serie) il ciclo di Gleissberg e i massimi a 11.7 e 9.8 anni (Scafetta, 2012) e di massimi legati alle oscillazioni del Pacifico equatoriale (ENSO) dei quali fanno parte tutti i picchi identificati.
Seguendo Laurenz et al., 2019 e la sua correlazione tra indici climatici in Europa, abbiamo calcolato la funzione di cross-correlazione (CCF) tra la serie delle macchie solari (SSN-V2, Clette et al., 2014) e le precipitazioni di giugno-settembre nel Sahel Occidentale (entrambe annuali).
In figura 6, quadro superiore, mostriamo la serie completa dei gruppi di macchie solari, dal 1700 al 2018 con, sovrapposti, un filtro passa-basso di finestra 11 anni e il periodo del minimo di Dalton (in grigio) anche per un confronto con il minimo attuale di cui non conosciamo ancora il valore più basso.
Nel quadro inferiore si vedono gli stessi dati, limitati dal periodo in cui sono state misurate le piogge (1901-2017).
Macchie solari e pioggia sono graficate insieme (opportunamente scalate) nella figura 7a, mentre in 7b è mostrata la funzione di cross-correlazione tra le due serie. Si vedono bene i valori molto bassi della correlazione, e in particolare il valore zero della CCF a lag 0 ma, osservando la figura 7a, si può pensare ad una correlazione tra il 1901 e il 1970 e ad una anticorrelazione tra tra il 1970 e il 2007. Il calcolo della correlazione di Pearson per questi due intervalli fornisce i valori 0.066 e 0.009, del tutto incompatibili con una qualsiasi forma di relazione tra le due serie. Dobbiamo allora supporre che le relazioni osservate da Laurenz et al., 2019 per l’Europa, non abbiano luogo per la fascia tropicale dell’Africa occidentale.
Ancora, le firme caratteristiche (periodi di 50-70 anni) delle grandi oscillazioni oceaniche come AMO e NAO non si osservano negli spettri del Sahel, almeno non nettamente (probabilmente il massimo a 33.4 anni si può associare ai 34 anni delle temperature marine). Solo ENSO e Sole sembrano interagire con la circolazione sul Sahel, almeno per quanto riguarda i fenomeni periodici.
Le temperature superficiali marine (SST) dell’oceano globale sono riportate con il loro spettro MEM in figura 8.
Si nota che il massimo pricipale in figura 8 non è presente nello spettro del Sahel (figura 4), mentre è presente il massimo a 34 anni che in precedenza non era stato definito. Il massimo a 15 anni si vede (non è indicato con un numero) anche nel Sahel, mentre quello a 23.4 anni, piuttosto forte, si presenta nel Sahel come una leggera increpatura di nessuna importanza. Si può confermare che l’influenza di SST non è forte nelle precipitazioni del Sahel, anche se è presente con alcuni massimi secondari. Di questi massimi, alcuni (3.8, 2.7 anni) sono presenti anche nello spettro di El Niño e questo fatto sottolinea i rapporti, sicuramente stretti, tra SST ed ENSO.
Tutti i grafici e i dati, iniziali e derivati, relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui. |
Bibliografia
- Clette F., Svalgaard L., Vaquero J.M., Cliver E.W: Revisiting the Sunspot Number . Space Sci Rev, 186, 35-103, 2014. doi: 10.1007/s11214-014-0074-2
- Laurenz et al., 2019 Laurenz, L., Lüdecke, H.-J., Lüning, S.: Influence of solar activity changes on European rainfall , Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics, 2019. doi:10.1016/j.jastp.2019.01.012
- Scafetta, N.: Multi-scale harmonic model for solar and climate cyclical variation throughout the Holocene based on Jupiter-Saturn tidal frequencies plus the 11-year solar dynamo cycle, J. Atm. & Sol-Terr. Phys., doi:10.1016/j.jastp.2012.02.016, 2012
@roberto
Sul lago chad…
https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&url=https://pdfs.semanticscholar.org/9785/9cd13f97f64946707918927db89b47ab9267.pdf&ved=2ahUKEwifgsyIyInhAhVDUBoKHTp4ASEQFjAAegQIBRAB&usg=AOvVaw0KpvViu2hzo1X8fKqtlIt2
“…mapping recent area changes in Lake Chad and was used to estimate the lake’s area changes from 2003–2016. Extracted monthly areas showed an increasing trend and ranged between ~1242 km2 and 2231 km2 indicating high variability within the 13 year period, 2003–2016.”
La figura 2 indica chiaramente il trend POSITIVO del livello del Lago, in aumento dal 2001 al 2017.
P.S.: ho appena visto in TV, trasmissione Kilimangiaro, una breve intervista a Mario Tozzi, al cui fianco c’era un rappresentante dei giovani in piazza ieri.
A parte le solite vacue ovvietà del 19-enne, la cosa grave sono le balle, vere balle, profferite da Tozzi.
3-foto-3 di UN ghiacciaio svizzero che proverebbero senza ombra di dubbio che è colpa dell’uomo se si sciolgono i ghiacciai; seguito da un vero delirio sulle percentuali di scienziati pro-CAGW; il tutto condito con un delirietto su Kiribati, e l’oceano che sale, sale, sale!.. e si starebbe mangiando l’innocente e simpatico atollo.
Questo Kiribati, Mario?? 🙂
“The Nation of Kiribati is Growing, Not Sinking”
https://stream.org/nation-kiribati-growing-not-sinking/
… che cita questo:
“The dynamic response of reef islands to sea-level rise: Evidence from multi-decadal analysis of island change in the Central Pacific”
… che conclude che…
“Results show that 86% of islands remained stable (43%) or increased in area (43%) over the timeframe of analysis.”
Si possono trovare facilmente articoli di Kench ed il suo gruppo di ricerca, senza bisogno di pagare nulla… adesso non riesco a farlo.
@roberto
“Avete notato qualche effetto e/o concausa sulla riduzione del livello del Lago Chad ?”
Il lago Chad e’ spesso citato a sproposito dai climatocatastrofisti della setta IPCC (e parificati).
Dicono, sempre, che il lago Chad ha perso l’80% o più (cito a memoria) rispetto al 1960 o giù di lì…
http://www.cblt.org/fr/node/188
“- 1963 the Lake covers, according to sources, 22, 903 to 25 000 km2;
– 2001 its surface area shrinks to 4,000 km2;
– 2008, its dimensions are 30 by 40 km at the mouth of the Chari River – (Logone) with a surface area of 2500 km2. Lake Chad covers less than 10% of the area it occupied in 1960.”
…ma “dimenticano” (omettono!!!) di dire che la riduzione di superficie avvenne fino ai primi anni 80, e che da quella data il lago Chad ha seguito un trend di aumento di superficie, circa 100km2 in più all’anno.
Posso, ovviamente, fornire referenze bibliografiche serie, non invento nulla.
Avete notato qualche effetto e/o concausa sulla riduzione del livello del Lago Chad ?