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Africa contro tutti

Nei mesi scorsi, su Climate Monitor, abbiamo cercato di proporre una sintesi delle posizioni dei principali attori che si incontreranno all’ormai imminente summit di Copenhagen (qui, qui e qui). Tra le varie voci riportate, ci siamo soffermati diverse volte su quella africana. Ebbene oggi l’Africa torna a far parlare di sè, in ambito di negoziazione sulla riduzione delle emissioni antropiche.

Si è concluso da poco il Barcellona round, davvero l’ultima spiaggia per poter siglare un accordo in vista di Copenhagen. Ne abbiamo seguiti molti insieme ai nostri lettori: Pittsburgh, New York, Bangkok ma mai nessuno così drammatico come quello di Barcellona.

Con una inusuale dimostrazione di unità, l’Africa o meglio i 55 rappresentanti di altrettante nazioni africane hanno alzato la voce e presentato una mozione all’unanimità. In questa mozione, che suona più che altro come una minaccia, si chiede che le nazioni ricche riducano sostanzialmente le propre emissioni, altrimenti i rappresentanti africani faranno in modo di impedire qualsiasi altro progresso dei negoziati per il post Kyoto. Per far comprendere al mondo intero che la posizione africana è seria, i rispettivi rappresentanti hanno disertato due incontri programmati a Barcellona, costringendo addirittura il presidente della commisione ONU ad abbandonare ben due tavoli di negoziato.

Non è nemmeno il caso di ricordare che, sebbene 55 nazioni siano tante, rispetto alle 190 sono solo una piccola frazione, tuttavia i rappresentanti africani hanno lavorato bene, perchè dalla loro parte hanno anche i paesi del G77 (il 77 non vi confonda, sono 130) e la Cina (che è molto sensibile alle tematiche africane), oltre all’AOSIS (Alliance of Small Island States) e alla LDC (Least Developed Countries). A questo punto il peso specifico della posizione rappresentata dall’Africa diventa davvero notevole.

Interessanti le parole di Bruno Sekoli, presidente di LDC1 :

Africa and Africans are dying now while those who are historically responsible are not taking actions

L’Africa e gli africani muoiono adesso, mentre i colpevoli storici (dell’inquinamento) non prendono alcuna decisione in merito. Insomma, questo è il grande fronte su cui si gioca la guerra del clima, la guerra tra ricchi e poveri (volenti o nolenti questa è la frontiera): chi ha colpa, secondo i paesi in via di sviluppo, deve farsi completamente carico della riduzione di emissioni inquinanti. Secondo i paesi ricchi, anche i paesi del terzo mondo devono fare la loro parte nella riduzione dei gas serra.

In effetti, il portavoce algerino ha fatto notare come gli occidentali stiano discutendo da mesi (anni) sulla fattibilità economica dei piani di riduzione, mentre i paesi poveri stanno combattendo per la loro stessa sopravvivenza.

Vale la pena ricordare che, pochi giorni orsono, l’Europa ha deciso di stanziare un fiume di euro proprio in favore dei paesi in via di sviluppo e, dall’altro lato, di arrivare fino al 95% di riduzione delle emissioni.

Entriamo adesso in un periodo di riflessione, da qui a dicembre. Gli USA hanno annunciato qualche settimana di totale silenzio sui negoziati, in preparazione del grande incontro di Copenhagen. Siamo certi che, al contrario, qualche notizia o anticipazione trapelerà, e noi saremo pronti a rendervene conto.

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  1. http://www.guardian.co.uk/environment/2009/nov/03/africa-un-walkout-barcelona []
Published inEconomia

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