Vai a capire come mai erano così convinti, gli abitanti della Terra agli inizi del 21o secolo, che il clima del loro Pianeta fosse determinato solo dal tenore di CO2. Bastava guardare qualche grafico per scoprire che quella correlazione proprio non esisteva. Non era mai esistita nei 600 milioni di anni precedenti, nè esisteva nel brevissimo termine, allorché il tenore di CO2 aumentava linearmente a fronte di “pause” nell’aumento di temperatura che gli accigliati esperti del tempo attribuivano a ragioni che oggi appaiono scientificamente spericolate. Quando non del tutto ridicole.
Si sosteneva, per esempio, che il caldo del passato fosse “meno caldo” di quanto si credeva, e si “ritoccavano” di conseguenza i dataset storici delle temperature con l’effetto di creare trend di riscaldamento esasperati. Si chiamavano in causa errori di misura di decenni addietro: ad esempio si disquisiva di come venissero erroneamente manipolati i secchi d’acqua dalle navi che misuravano la temperatura del mare, e in base a questo si esasperavano ulteriormente i trend di aumento delle temperature. Qualcun altro, invece, chiamava in causa dei misteriosi pozzi di calore che ingoiavano il caldo nelle profondità oceaniche, pronti a risputarlo fuori più avanti, per arrostire l’umanità. Quando le misurazioni satellitari non confermavano i trend previsti dagli esperti (Dio solo sa perché non si usassero solo quelle, a fronte della evidente inaffidabilità dei dati misurati al suolo) allora si chiamavano in causa improvvise necessità di correzione anche di quei dati. Finché non replicavano quelli (a loro volta già “omogeneizzati”) al suolo.
Nessuno rideva di questi “studi” che sfidavano il buon senso, anzi, avevano tutti dignità di pubblicazione sulle riviste più prestigiose dell’epoca. Ci si aggrappava alla “corretta metodologia” per giustificare la pubblicazione di articoli altrimenti imbarazzanti, che si contraddicevano tra loro in modo grottesco, ma che sostenevano tutti la stessa narrativa: fa caldo per colpa della CO2, ovvero dell’uomo.
Ma non bastava, perché comunque l’evidenza diceva che rispetto al 1850 le temperature erano aumentate di appena 0.8 gradi. Qualcuno allora inventò una teoria secondo la quale l’aumento di temperatura sarebbe comunque avvenuto più avanti, e sarebbe stato improvviso e furioso: la chiamarono teoria della “mazza da hockey”. Quella mazza, però, non arrivava mai. Ogni tanto, a intervalli di qualche anno, qualcuno diceva di averla vista. Si sbagliava, perché era semplicemente l’ENSO, e di lì a poco la mazza si sarebbe trasformata nuovamente in un encefalogramma piatto. Possibilmente da inclinare con nuovi esercizi di “omogeneizzazione” dei dati del passato.
I cosiddetti “modelli climatici” dominavano la narrativa catastrofista dell’epoca. Assolutamente incapaci di prevedere alcunché, avevano solo dimostrato nei decenni l’insostenibilità dell’idea di un clima CO2-dipendente. Tuttavia, la pubblicazione di miracolose “revisioni” degli stessi modelli, ne allungavano indefinitamente la vita. Strano che gli scienziati dell’epoca non si rendessero conto della differenza tra un “history match” e una previsione ben fatta: un concetto elementare eppure inspiegabilmente ignorato.
Erano tempi di confusione, in cui sembrava che il metodo scientifico avesse lasciato nuovamente il posto ai tribunali di inquisizione: la scienza climatica, e solo quella, veniva considerata “consolidata”, e qualsiasi tentativo di aprire un confronto sul tema era considerato eresia e peccato mortale: persino in ambienti religiosi, proprio come ai tempi di Galileo, Savonarola e Serveto. Nel mentre, la scienza vera continuava a fare progressi impressionanti, specie in ambito bellico dove armi supersoniche praticamente invincibili venivano sviluppate da paesi che non intendevano baloccarsi con il Global Warming e gli altri temi ridicoli e irrilevanti con cui si intrattenevano le elites di un occidente molle e decadente.
Ma la cosa più difficile da spiegare è come mai ci si preoccupava tanto della CO2, a fronte degli indiscutibili benefici che questa regalava al Pianeta: la Terra diventava più verde, la produzione agricola aumentava conseguentemente, salvando la vita di milioni di persone. E nonostante i fenomeni meteorologici estremi non mostrassero alcun aumento, si attribuiva alla CO2 qualsiasi evento atmosferico, da una siccità ad una nevicata, da un’alluvione a una gelata primaverile.
Le stesse persone che pompavano CO2 nelle serre per aumentarne la produttività, maledicevano la CO2 come un veleno mortifero. E gli stessi che sciavano in inverno e andavano al mare l’estate, sempre negli stessi posti da decenni, strepitavano e si flagellavano per la prevista scomparsa della neve sui monti e per il mare che avrebbe inondato le loro città. Una contraddizione inspiegabile tra realtà e fiction, fondata sul rifiuto di voler guardare ai fatti per preservare le previsioni degli “esperti”. E per poter giustificare, alla luce di quelle previsioni, “transizioni energetiche” altrimenti del tutto prive di senso.
Avevano davanti una mole impressionante di prove, gli uomini e le donne di allora. Prove che gli gridavano in faccia l’inaffidabilità delle previsioni climatiche dei modelli, l’insensatezza di una narrativa clima-catastrofista smentita dai fatti, e l’assenza di una correlazione chiara tra CO2 e temperature. E l’esistenza di correlazioni molto più affidabili e sensate che con la CO2 non c’entravano nulla. Le hanno ignorate, quelle prove, mentre trilioni di dollari continuavano a piovere sulla causa del Climate Change, e i pochi anziani scienziati della vecchia guardia denunciavano la corruzione che quei trilioni stavano portando, proprio in ambito scientifico.
Erano soldi dei cittadini comuni, quei trilioni di dollari. Soldi sottratti allo sviluppo, alla ricerca scientifica in ambito medico, alla creazione di posti di lavoro, al sostegno dei bisognosi. Soldi drenati sotto forma di tasse, dalle tasche sfondate di contribuenti sempre più infuriati. Trilioni bruciati per abbandonare un modello energetico economico ed efficiente in favore di uno costoso e inefficiente. Ma profittevole per chi, quella transizione energetica, la guidava e la promuoveva.
Non poteva andare avanti troppo a lungo.
Accadde, infatti, quello che sappiamo. E da quel momento, di global warming antropogenico e di tanti altri falsi problemi del giorno prima, non se ne parlò più.
@ A. de Orleans-B.
Sono preoccupato anch’io, tanto che ho vaccinato i miei nipoti contro il climate change…
@ A. de Orleans-B
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Concordo con quanto ha scritto nel suo commento A. de Orleans-B. e ne attribuisco la responsabilità al continuo lavaggio del cervello cui i giovani sottoposti dai media (generalisti e non) e dalla scuola: non conosco un solo insegnante di scienze, fisica, diritto o economia che si stacchi dal mantra mainstream.
Basta, però, che qualcuno apra loro la mente e le cose cambiano drasticamente: posso testimoniarlo per esperienza diretta.
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Il problema è ormai la monotonia del messaggio che viene fatto passare e che comporta l’inevitabile allineamento delle “….. masse appassionate ma sempre più sorde a discorsi basati sulla scienza e sulla ragione.”
Più che di sordità dei destinatari, mi sembra, però, che bisognerebbe parlare di pigrizia degli stessi: la possibilità di informarsi correttamente esiste, manca la voglia di farlo e, cosa forse ancora più importante, mancano gli strumenti per interpretare le informazioni, soprattutto quelle scientifiche, ma anche tutte le altre, come dimostrano le vicende politiche e sociali che stiamo vivendo.
Ciao, Donato.
L’ultima frase:
“Accadde, infatti, quello che sappiamo. E da quel momento, di global warming antropogenico e di tanti altri falsi problemi del giorno prima, non se ne parlò più.”
Spero di sbagliarmi, ma comincio ad osservare l’opposto.
Avant’ieri portavo dei nipoti a visitare il bellissimo Museo del Treno a Bruxelles.
Il percorso, di circa 20 minuti, durò un’ora e dieci.
La città era divisa in due da una grande manifestazione.
Circa 70.000 persone, in un giorno freddo e piovoso, hanno marciato per chilometri, portando cartelli che esigevano misure legislative immediate per frenare il disastro climatico che incombe.
Li ho visti da vicino, persone normali dal viso cupo e preoccupato, non più le kermesse variopinte già viste altrove.
Il passaggio dal Global Warming al Climate Change, la nuova etichetta per un disastro planetario da evitare a tutti i costi, appare come una scelta semantica vincente: fa leva sulla generale “paura del cambiamento” e allinea masse appassionate ma sempre più sorde a discorsi basati sulla scienza e sulla ragione.
Greta Thunberg, i liceali francesi che scioperano per il clima… ormai la scienza del clima è uscita dall’accademia e sta generando un potente culto giovanile.
“Vieni con noi, corri, dobbiamo salvare il Pianeta, non c’è più tempo per pensare….”
Confesso che sono preoccupato.
Perché Àlvaro? Nella peggiore delle ipotesi ci salveranno, salvo poi essere travolti dal prossimo culto giovanile quando non saranno più giovani 😉
Grazie, come al solito Massimo .
A mio parere ci sarebbero gli estremi per intraprendere azioni tipo Class Action.
Ne sono convinto.
Conoscete un buon avvocato ? 🙂
Caro Gian Marco, questo pezzo viene dal futuro, e come si dice… il tempo e’ galantuomo 😉
I test nucleari nucleari erano pericolosi per l’uomo ma quasi insignificanti per il clima. Un asteroide come quello che colpì Chelyabinsk nel 2013 rilasciò un energia equivalente a 500 kiloton pari alla bomba che distrusse Hiroshima. ed era grande circa 20 metri. A Tunguska si suppone che l’impatto liberò un energia pari a circa 30 megatoni , pari a tre delle più potenti bombe all’ idrogeno mai fatte esplodere e si suppone fosse solo 60 metri di diametro. L’atmosfera è soggetta ad eventi del genere con cadenze di circa un evento ogni due o tre anni delle dimensioni di Chelyabinsk ed uno ogni secolo delle dimensioni di Tunguska.
Complimenti . Manca però un aspetto rilevante che crea i dati – alibi per questo scenario. E’ dagli anni quaranta che le interferenze dell’uomo nelle condizioni meteorologiche e climatiche è pesante, detonazioni nucleari in quota e manipolazioni locali di eventi atmosferici. Il caos che vediamo è da addebitare non poco a questa realtà, che è sistematicamente ignorata. Una scienziata di primo ordine ha riassunto dati importanti. Rosalie Bertell: Pianeta Guerra l’ultima arma di guerra
@Rocco
Permettimi una precisazione: la meteorologia non è “al limite con lo sciamanesimo”, e se a volte sembra esserlo è a causa di certi operatori che sfoggiano previsioni a 5, 7, 10, 15 giorni e persino oltre. Forse c’è anche un problema di comunicazione dovuto ai simboli grafici che usano tutti, i quali perdono totalmente l’informazione probabilistica (in certi siti, invece, l’indice di affidabilità della previsione è mostrato).
Ma l’affidabilità delle previsioni del tempo è verificata sperimentalmente e la progressione negli ultimi tempi è chiara. Non è proprio la stessa cosa dei tempi passati: che poi certi, in alcuni luoghi specifici, sapessero leggere certi segnali del territorio in modo efficace è un conto, fare previsioni su tutto il pianeta è altra questione.
Bello!… Grazie… 🙂
Grazie a te Roberto, per la tua frequentazione assidua e i tuoi post sempre interessanti.
Complimenti, interessante scenario che riflette storie del passato che portano il nome di frenologia e darwinismo sociale; anche queste discipline furono all’epoca reputate “scienza” per poi rendersi conti di essere delle fregnacce inascoltabili, ma prima di accettarne la loro pseudoscientificità ne hanno provocati di danni (il nazismo, ad esempio).
Già la meteorologia è una scienza al limite con lo sciamanesimo o la stregoneria (non me ne vorranno gli addetti ai lavori, ma mio nonno, in possesso della “cuglia” prevedeva il tempo meglio del colonnello Bernacca ed anche Arato da Soli,315 a.C, nei suoi Pronostici sapeva che “… talvolta irrompe solo al terzo giorno – la rovina talvolta al quinto giorno – ma qualche volta arriva all’improvviso. – Noi uomini, in realtà, non conosciamo tutti i segni che vengono da Zeus…” vv1180-1184, così come E. Lorenz decretò con la “teoria delle variazioni sensibili alle condizioni iniziali” che è impossibile prevedere il tempo, ma non per l’incapacità di conoscerne la fisica, ma per un banale problema di decimali considerati all’interno dei modelli e per la presenza di equazioni differenziali impossibili da risolvere come quella di Navier-Stokes, fondamentale per stabilire i movimenti delle masse d’aria), ma la climatologia, con la sua pretesa di prevedere il clima addirittura a 100 anni è pura stregoneria, solo che questi moderni stregoni al posto di usare gli stati di trance, le droghe o il ballo frenetico, usano strumenti moderni come i computer (ma forse anche qualche sostanza psichedelica che fa materializzare ancestrali paure immaginarie di fine del mondo).
Ma tutto sommato, non bisogna chiedersi se sia scienza, ma a cosa serve; e la risposta è quantomai banale: a sostenere l’economia.
La climatologia, quindi, come l’economia appartiene a quel filone definito delle “scienze sociali” (pomposamente definite scienze, ma in realtà opinioni) dove il compito degli addetti ai lavori sia quello di spiegare domani perché ieri non si è riusciti a prevedere ciò che sarebbe accaduto oggi. E così la climatologia come l’economia non azzecca una previsione (o meglio un pronostico), però funziona per indurre la gente a comprare prodotti inutili ed inefficienti (pale eoliche, biocombustibili, cibo biologico etc etc), ma costosi che non risolvono nessun problema (non abbattono la CO2 e non preservano dai tumori), però muovono miliardi e aiutano l’economia. Difatti, come dice bene Guillermo Lovotrico è solo una trovata per far soldi e nient’altro.
Rocco, ti ringrazio e ti confermo che hai colto in pieno lo spirito del pezzo: ogni epoca ha dato importanza e riconoscimenti a questioni ritenute scientificamente solidissime, per poi diventare oggetto di scherno da parte delle generazioni successive. Il riferimento alla frenologia e’ perfetto, da questo punto di vista. Molto meno d’accordo sulla meteorologia, che a differenza della “scienza del clima” e’ sottoposta quotidianamente al test “sul campo”. Con esiti ben diversi da quelli degli sciagurati modelli climatici: le previsioni a 96-120 ore al giorno d’oggi hanno un grado di attendibilita’ elevatissimo, che il colonnello Bernacca da te citato poteva solo sognare, 30 anni fa 🙂
Avvincente! La questione non poteva essere spiegata megliodi così….complimenti! Posso condividere su FB o ci sono impedimenti legali? Grazie
Grazie Mauro, figurati certo che puoi 😉
Wow! Mi sembra la trama di un film avvincente. Credo che il problema risieda, appunto, nei trilioni di dollari elargiti.
Nono sono uno scienziato ma la cosa mi puzzava già da qualche anno quando ho capito che per ‘salvare il mondo da morte certa’ la soluzione trovata fu le ‘quote di co2’ che si potevano comprare e vendere e non erano neanche obbligatorie per tutti. Il bon senso (a volte basta e avanza solo quello) mi diceva che assomigliava tanto ad una trovata per fare soldi.
Guillermo… una telecronaca, piu’ che altro 🙂 Grazie!