A Katowice le cose stanno prendendo una brutta piega. L’otto dicembre si è svolta la plenaria del Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice (SBSTA 49). SBSTA 49 rappresenta la struttura che fornisce il supporto scientifico alla COP, ovvero la base scientifica su cui si regge tutto l’impalcato normativo degli altri gruppi di lavoro. E’ questa struttura che ha elaborato la bozza che costituirà la base per le trattative politiche della seconda settimana della Conferenza delle Parti. L’unica differenza tra un accordo diplomatico qualsiasi e l’Accordo di Parigi sta proprio nei documenti prodotti da SBSTA 49, in quanto tali documenti sono quelli che consentono di poter dire che il deliberato delle COP è basato su solide basi scientifiche. SBSTA 49 rappresenta pertanto l’interfaccia diplomatica che connette i rapporti dell’IPCC con gli accordi delle Conferenze delle Parti. La plenaria è stata rinviata per ben tre volte, in quanto non era stato raggiunto il consenso tra i delegati circa la deliberazione finale. Alla fine la plenaria si è svolta, ma il deliberato non è stato unanime: i rappresentanti di USA, Russia, Arabia Saudita e Kuwait, non hanno accettato i risultati del Rapporto Speciale dell’IPCC (SR 15) il cui scopo è proprio quello di fornire le basi scientifiche alle decisioni della COP 24 in corso.
Cosa significa una cosa del genere? La complessa macchina diplomatico-scientifico-economica posta alla base della lotta al cambiamento climatico, si basa sul consenso: più è alto e più ci si va giù pesanti. Quando comincia a serpeggiare il dissenso, le cose si complicano e le decisioni diventano sempre meno vincolanti, fino ad essere inutili. Quattro Paesi su quasi 200 non dovrebbero impensierire nessuno, ma in questo caso non si tratta di Paesi qualunque, bensì di Paesi che hanno un peso enorme nell’economia del negoziato in corso. Con questa base di partenza non ci si possono aspettare decisioni ambiziose e risolutive, la COP 24 non credo che fallirà, ma si trasformerà nell’ennesimo inutile incontro interlocutorio in vista di chissà cosa. A meno che nella seconda settimana di trattative le cose non cambino radicalmente e, bypassando una decisione di non trascurabile importanza, non si arrivi ad un documento ambizioso come auspicato dall’ONU e, almeno a parole, dalla stragrande maggioranza dei partecipanti alla Conferenza in corso.
Questo appare però difficile, in quanto la COP 24 è carente di un ingrediente fondamentale per la sua buona riuscita: una forte ed autorevole guida politica. Parigi riuscì, almeno come dichiarazione d’intenti e di principi, perché da un lato il presidente B. Obama, dall’altro l’U.E. trascinata da Gran Bretagna, Germania e, soprattutto, Francia, imposero l’agenda. India, Cina, Brasile e tutte le altre potenze in via di sviluppo, si accodarono di buon grado alle decisioni dei Paesi ricchi in quanto maggiori beneficiari dell’Accordo. I Paesi produttori di combustibili fossili avrebbero pagato il prezzo più pesante, ma fecero buon viso a cattivo gioco, proprio a causa della natura non vincolante dell’Accordo di Parigi. Esso è, infatti, monco in quanto privo di regole cogenti per i sottoscrittori: è basato su impegni volontari (NDCs) e non prevede sanzioni per chi non rispetti gli impegni assunti.
Ora è tutto nelle mani della presidenza della Conferenza, ma essa è affidata ad un Paese che, per bocca dalla sua massima istanza istituzionale, sostiene che la transizione energetica deve essere “giusta”: nella fattispecie la Polonia non rinuncerà al carbone come sua fonte energetica prioritaria. Resterebbe l’U.E., ma oggi questa entità ha poco peso politico, in quanto i suoi membri di maggior peso hanno grossi problemi interni.
La Gran Bretagna è alle prese con l’uscita dall’Unione Europea e la sua leadership è estremamente debole, in preda ad una crisi politica di grosse dimensioni.
La Francia di E. Macron, che si era fatto paladino della lotta al cambiamento climatico, cercando di occupare lo spazio lasciato libero dagli USA di B. Obama, vede la sua capitale messa a ferro e fuoco da legioni di dimostranti inferociti contro la sua “carbon tax” e che chiedono a gran voce le dimissioni di E. Macron. Non credo che esistano le condizioni politiche per far si che E. Macron possa diventare capofila di una nuova crociata globale contro le emissioni di CO2, visto che in patria è stato ridotto a mal partito proprio a seguito di da una decisione in linea con le ambiziose aspirazioni dell’Accordo di Parigi, tanto da doverla precipitosamente annullare.
Anche la Germania non se la passa meglio. La cancelliera A. Merkel è stata fortemente ridimensionata da alcune tornate elettorali i cui risultati non sono stati lusinghieri per il suo partito, tanto che ha annunciato di volersi ritirare dalla vita politica del Paese, appena completato il cancellierato in corso.
In quanto all’U.E. nel suo complesso, a Katowice ha chiaramente fatto sapere che non saranno modificati gli NDCs assunti nel 2015: se terrà fede fino in fondo a questo impegno, possiamo dire fin da ora che l’Accordo di Parigi è morto, in quanto esso non potrà essere rispettato.
In questo quadro essere ottimisti è un lusso che non ci si può permettere anche se la speranza è l’ultima a morire.
Prepariamoci pertanto ad una nuova settimana di trattative, il cui unico scopo sarà quello di far sopravvivere l’Accordo di Parigi anche a costo di un’intesa al ribasso. Perché così andrà a finire questa Conferenza delle Parti, snobbata da tutti i politici di primo piano del mondo. A Parigi i rappresentanti politici dei Paesi partecipanti, erano al massimo livello: tutti Capi di Stato e di Governo. A Katowice i Capi di Stato e di Governo latitano e sono presenti quasi esclusivamente le delegazioni. Il che è un ulteriore segnale di fine ingloriosa per la COP 24. Non bisogna però lasciarsi prendere dallo sconforto: ci sarà sempre una COPXX che rappresenterà l’ultima spiaggia per il pianeta ed a cui rinviare decisioni che nessuno vuole prendere. E come si fa, del resto, a prendere decisioni draconiane per limitare i consumi di combustibili fossili, visto quello che è capitato a Macron in Francia? Perché, alla fine, è questo il problema: bisogna incidere pesantemente sul portafogli dei cittadini, se si vogliono veramente ridurre le emissioni e quando questo accadrà, scoppieranno rivolte e i politici ci rimetteranno le penne.
@ Carlo, M. Lupicino e robertok06
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A Katowice ci sono migliaia di attivisti e molti sono stati addirittura bloccati alle frontiere, in qualche caso fermati dalle autorità polacche. Si tratta di persone infervorate ideologicamente, di fedeli ad un ideale laico che è paragonabile alla fede religiosa. Per la fede si può uccidere o farsi uccidere, non c’è via di mezzo.
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Oggi nel mondo gli estremisti si dividono in due categorie: quelli politicamente corretti e gli altri. Se uno è politicamente corretto, si definisce attivista, se invece appartiene all’altra faccia della medaglia, è etichettato come fanatico o terrorista. Non c’è via di mezzo, non c’è dialogo, non c’è discussione (né con gli uni, né con gli altri).
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Se uno si considera depositario del verbo rivelato, è ovvio che contesta a prescindere, senza stare nemmeno ad ascoltare l’interlocutore: l’importante è proclamare il verbo, meglio se con tono cadenzato e ripetendo il mantra fino allo sfinimento. Se a questo ci aggiungi l’esaltazione del gesto da parte dei media, il gioco è fatto. Non bisogna, però, prendersela più di tanto: è sempre stato così e sarà sempre così.
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Io conosco “attivisti” che quando ero bambino battevano le mani sotto il balcone del candidato sindaco di sinistra; quando sono diventato giovane sotto il balcone del candidato di centro e ora sotto quello del candidato di destra. Sempre con la stessa foga e con la stessa violenza. Per loro è sufficiente che esista un bersaglio contro cui scagliarsi, il resto non conta.
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Ciò è, comunque quello che si vuole. Che motivo c’è di organizzare una COP e fare di tutto per coinvolgere migliaia di attivisti, se non servirsi di essi per esercitare pressione sui delegati? I siti ambientalisti sono pieni di inviti a recarsi a Katowice per far sentire la propria voce ai politici riuniti. In un post che ho appena finito di scrivere e che verrà pubblicato nei prossimi giorni ho messo in evidenza come alcune ONG stiano auspicando rivolte popolari che costringano i politici ad adottare le decisioni che oggi faticano ad adottare. C’è’ sempre tempo per una crociata. La scienza lo vuole! Se poi ti azzardi ad avanzare qualche dubbio sulle conclusioni di qualche rapporto IPCC, poco ci manca che ti mandino al rogo. Lo sa bene chi frequenta attivamente queste pagine. 🙂
Ciao, Donato.
@donato b.
“Inutile dire che nei circoli ambientalisti si è scatenato l’inferno. Gli epiteti offensivi riguardo ai Paesi che hanno “bloccato” il “welcomed” si sprecano…”
Al TG ieri sera ho visto che quando il delegato USA ha detto una cosa non gradita al pubblico presente in sala, quest’ultimo si e’ alzato in piedi ed ha iniziato a scandire le solite frasi fatte, slogan anti-trump, etc… dimostrando una maturita’ ed un livello di accettazione delle opioni diverse degno di nota.
Quando l’ho visto ho sorriso, perche’ per un momento mi son rivenuti in mente i miei 18 anni, al liceo, con i post-sessantottini che ancora gestivano le assemblee con comportamenti simili. Son passati 40 anni ma questi qui non si sono ancora evoluti… roba da far rivoltare Darwin nella tomba… 🙂
Ecco qui quello che hanno riportato in proposito le cheerleaders del Guardian:
“Ten minutes into Griffith’s opening speech, he was interrupted by a sudden, sustained, loud volley of laughter by several dozen protesters that was then followed by a single shout of “It’s not funny”, and then a series of chants of “Keep it in the ground” and “Shame on you”.”
https://www.theguardian.com/environment/2018/dec/10/protesters-disrupt-us-panels-fossil-fuels-pitch-at-climate-talks
Qualcuno un giorno forse riuscira’ a spiegare al prestigioso “giornalista” del Guardian che il nucleare e’ CO2-free… cosi’ potra’ evitare di scrivere quello che i genovesi chiamano belinate, come questa…
“The event featured prominent cheerleaders for fossil fuels and nuclear power…”
… per inciso, il “giornalista” del Guardian si chiama Jonathan Watts, e in passato ha lavorato per le altre cheerleaders pro-CAGW BBC e CNN… non si e’ fatto mancare nulla.
Le belinate non stop continuano cosi’:
“Several campaigners read statements. “There is no such thing as clean coal. Coal is deadly from the beginning to the end. They talk about the life cycle of coal, I talk about it as a death march. My father died of black lung, and I am in this struggle with others whose fathers and husbands are dying of black lung right now,” said Teri Blanton of Kentuckians for the Commonwealth, which represents Appalachian coal workers in North America.”
Coal is deadly from beginning to end? Allora il prestigioso kentuckiano per il benessere di tutti dovrebbe andare in cerca della delegazione tedesca, rappresentante del paese che ammorba l’aria di mezza europa con i fumi delle sue centrali a carbone e lignite… come mai non lo fa? Coerenza merce rara in Kentucky?
E questi qui vorrebbero essere presi sul serio? Ma dai!… ma mandateli a casa a piedi…
Caro Roberto, la lotta contro quelle che tu chiami giustamente belinate e’ impari. La verita’, e’ che non troverai mai argomenti convincenti abbastanza per far cambiare la fede calcistica di un interlocutore. Che di fede si tratta, di ideologia, di utopie piu’ o meno sgangherate. La cosa piu’ triste, in mezzo a tutto questo circo, e’ che il tempo delle argomentazioni e’ finito (se mai c’e’ stato). E’ solo tifo e politica della peggiore specie, della piu’ ideologizzata e meno interessata a risolvere i problemi reali. Da questo punto di vista, il sottoscritto si chiede anche fino a che punto ha senso fare il controcanto ad una composizione cosi’ brutta, disarmonica, urlata e sconclusionata. Penso allo stesso modo che i 30,000 ci stiano facendo un grande favore. Ne parlero’ prossimamente, se trovero’ il tempo di farlo…
COP24, cambiamento climatico argomento mooolto “caldo”. Come poteva SKYTG24 farsi sfuggire un dibattito tanto sentito e attuale! E infatti l’altra sera ben due esperti sul clima (nella didascalia si riportava “docente di climatologia”) discutevano del limite di aumento delle temperature globali di 1,5°C come punto di non ritorno per la salvezza del nostro pianeta. Il succo è stato questo. Il sistema climatico è un organismo estremamente caotico. Piccole variazioni di alcuni parametri possono portare a stravolgimenti epocali, come pure grandi variazioni di altri parametri possono annullarsi tra loro, comportando di fatto un equilibrio complessivo del sistema. Interessante. Quindi io avrei concluso che di clima non ne sappiamo ancora abbastanza ed è quindi ragionevole evitare di intraprendere misure dall’esito incerto. Invece no, i due esperti climatologi erano tanto sicuri e concordemente fissavano il limite di temperatura suddetto come barriera invalicabile. Uno dei due, forse il più benevolo, poteva tollerare anche 2°C, ma, alla fine, ha detto che con 1,5°C stiamo più tranquilli. Della serie (dal salumiere): “signo’ so’ du’ etti, lascio?”…
Ho trovato una buona e pacata riflessione su questo genere di problemi qui:
https://www.ted.com/talks/charles_c_mann_how_will_we_survive_when_the_population_hits_10_billion
Nella sua distinzione tra maghi e profeti Charles Mann invita a riflettere, anche in termini biologici sulla crescita storicamente impulsiva della popolazione umana – e sulla necessità di non adagiarsi sul “business as usual”sperando che i problemi connessi si risolvano da soli.
La cruda descrizione della COP dipinta sopra da Guido – un consorzio di tecnici, brasseurs d’affaires, persone genuinamente preoccupate e politici che la cavalcano per le loro agende – andrebbe forse completata come una manifestazione del diffuso disagio e incertezza sul nostro futuro.
Che le COP possano evolvere come foro per una onesta e costruttiva disamina dei problemi planetari resta da vedere, ma personalmente lo auspico.
Caro Alvaro,
prima una doverosa precisazione: questi post sono il frutto di un lavoro esclusivo quanto prezioso di Donato Barone, cui tutti noi del “Villaggio di Asterix” dobbiamo gratitudine per la precisione, la coerenza e la neutralità con cui ci racconta quello che succede, anche quando mantenere questi standard sarebbe quasi impossibile, vista l’assurdità di alcuni frangenti.
Ciò detto, personalmente penso che se la comunità internazionale vorrà costruire delle occasioni di confronto per discutere di progresso e di futuro ben venga, ma questo non deve e non può accadere in nome di presunte verità acquisite in ambito scientifico, si tratti di clima, medicina o economia, e l’accostamento non è casuale, visto che sono le discipline scientifiche più ammalate di “mainstream”, quelle cioè dove la presenza di forti implicazioni politiche e di enormi interessi finanziari, fa si che siano mortificate le voci di dubbio e del tutto escluse quelle di dissenso usando concetti infondati alla base, come per esempio proprio quello dello scenario business as usual, che è una assoluta distopia. Non tener conto del progresso scientifico, tecnologico e sociale per disegnare un futuro a tinte fosche è millenaristico, e non mi sembra affatto un buon inizio per discutere di futuro, se non per l’esercizio che è venuto sempre benissimo a chi teneva le redini, quello di far credere agli altri di conoscerlo per imporre la propria visione delle cose.
Grazie come sempre per i tuoi stimolanti commenti.
gg
“In questo quadro essere ottimisti è un lusso che non ci si può permettere anche se la speranza è l’ultima a morire.”
????
Ma come? Stamattina mentre facevo colazione sono capitato su un sito “ambientalista” che riportava un blog di clima ben noto agli addetti ai lavori dove riportavano come prova eclatante del successo di questa CoP24 il semplice fatto che le delegazioni abbiano passato piu’ di due ore per decidere se utizzare il termine “noted” o “welcomed” per definire la presentazione da parte del braccio armato dell’organizzazione, l’IPCC, del suo fantastico rapporto di pochi mesi fa, quello che stabiliva che “o si sta sotto a 1,5 C di aumento di temperatura globale oppure il pianeta muore”.
Mah… nel frattempo notiamo che le emissioni del terribile e velenosissimo “pollutant” CO2 sono in aumento…. nonostante il successone della CoP21 di TRE ANNI FA’:
https://news.nationalgeographic.com/2017/11/climate-change-carbon-emissions-rising-environment/
Secondo me, se proprio vogliono fumare dovrebbero accontentarsi di tabacco normale, non quello derivato dalla simpatica pianta con foglie a 5 punte, che puo’ portare ad alterazione della percezione del mondo… 🙂 …
Roberto, hai perfettamente ragione: la plenaria è stata rinviata ben due volte e poi si è svolta dopo due ore. Il motivo del contendere sono state, appunto, le due paroline da te citate: la stragrande maggioranza dei delegati era per la parola “welcomed”, ma i rappresentanti di Arabia Saudita, Russia, USA e Kuwait propendevano per la parola “noted”, riferite al SR 15 dell’IPCC. Dopo essersi scannati per circa tre ore, hanno deciso di eliminare dal documento condiviso ogni riferimento al SR 15. Anche perché se i sostenitori del “welcomed” avessero insistito un po’ di più, l’Arabia Saudita ha minacciato di bloccare tutta la trattativa e questo, per l’unanimismo dell’UNFCCC, sarebbe stato la fine di ogni speranza.
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Stando a quanto riferiscono fonti ben informate, i rappresentanti dei piccoli stati insulari e dei Paesi in via di sviluppo avrebbero proposto la parola “welcomed” in quanto sottaceva un’accettazione completa del documento IPCC che, quindi, sarebbe assurto a base scientifica della COP, con tutte le conseguenze del caso: necessità di aumentare le ambizioni e, quindi, ridurre drasticamente le emissioni, con grave nocumento agli interessi dei Paesi produttori di combustibili fossili. La cosa non poteva essere accettata dai Paesi produttori che hanno replicato chiedendo di utilizzare la parola “noted”: si prendeva atto del SR 15, ma non lo si rendeva base scientifica della Conferenza e, quindi, le raccomandazioni in esso contenute non potevano essere utilizzate per aumentare il livello di ambizione.
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Alla fine la base scientifica della COP 24 è restata il vecchio AR 5 dell’IPCC che fornisce raccomandazioni molto più blande e che, quindi, è vantaggioso per i Paesi produttori di combustibili fossili. A questo punto, per bene che vada, verranno stabilite le regole per la trasparenza ed il controllo delle emissioni basate sugli impegni volontari del 2015: se SR 15 è corretto, nel 2030 avremo raggiunto la fatidica soglia di 1,5°C di aumento delle temperature globali rispetto ai livelli pre-industriali, in caso contrario verrà dimostrato che IPCC si è sbagliato. Bastano 12 anni e vedremo chi ha ragione.
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Inutile dire che nei circoli ambientalisti si è scatenato l’inferno. Gli epiteti offensivi riguardo ai Paesi che hanno “bloccato” il “welcomed” si sprecano: sporca alleanza, cattivi del clima, comportamento atroce, negazionisti, stati canaglia e via cantando. L’affondo è stato duro.
Ciao, Donato.
[…] Fonte: COP 24: le cose si ingarbugliano. […]