Grazie ad un articolo scritto da Sara Gandolfi sul Corriere.it, ho avuto modo di sapere che viene calcolato ogni anno un indicatore detto Global Climate Risk Index, con l’obiettivo di classificare gli stati del mondo dal punto di vista della loro esposizione agli eventi climatici estremi. Tale classificazione è effettuata da Germanwatch, un gruppo di persone che si autodefinisce come think tank sugli argomenti in oggetto.
Dire che alcuni dei dati presenti nelle tabelle di Germanwatch lasciano stupefatti è un vero eufemismo. Consiglio infatti di controllare il loro documento per apprendere che, come media annuale del ventennio 1997-2016, l’Italia ha un numero di vittime ogni 100 mila abitanti pari a 1,71 e la Francia 1,83. Per valutarne la portata, si pensi, ad esempio, che il rispettivo dato è di 0,11 per l’Indonesia, di 0,31 per l’India e di 0,98 per le Filippine.
Di fronte a tali cifre, il lettore non può che esclamare: «che sfiga vivere in Europa!». Quando le suddette informazioni dovessero diffondersi, sarebbe presumibilmente lecito attendersi l’innesco di flussi migratori dall’Europa verso altri continenti: dei nuovi “rifugiati climatici”.
Credo sia abbastanza semplice capire in quale modo si siano create delle statistiche così demenziali come quelle appena citate. Da tempo ormai vari enti internazionali (anche il WMO, col suo penoso atlante dei disastri) stanno mettendo insieme dati per nulla congruenti, con l’unico scopo di fornire prove di una situazione catastrofica in atto. Nel caso presente, sono sicuramente stati associati ad Italia e Francia i dati sulla sovra-mortalità dell’estate 2003; metterli però insieme con quelli delle vittime di alluvioni, tornado ecc. ha un valore scientifico equivalente alla classica somma delle mele con le pere, cioè significa non capire nulla di quanto si sta facendo.
La traduzione letterale di “think tank” è serbatoio di pensiero. Ebbene, mi pare che il serbatoio di Germanwatch sia al momento riempito di molti pensieri senza senso, per cui consiglierei ai componenti di questo ente tedesco di studiare un po’, al fine di sostituire certe cose assurde con dati più seri.
Non posso concludere questa breve nota senza sottolineare la preoccupazione data dal vedere come organi di importanza mediatica quali il Corriere prendano per attendibile qualunque stupidaggine che sia indirizzata nel filone catastrofistico.
NB: il post è uscito in origine sul blog dell’autore
Dare una scorsa alla composizione della redazione del corriere. Fare una ricerchina su Google “corriere della sera vicedirettore Soros open society” e si capisce tutto, senza nemmeno troppo sforzo.