Il 2 dicembre 2018 hanno avuto inizio in quel di Katowice, in Polonia, i lavori della 24a Conferenza delle Parti, meglio nota come COP24. In Polonia si assiste ad un formidabile schieramento di tutte le forze che lottano contro il cambiamento climatico di origine antropica: 30.000 (trentamila) tra attivisti, scienziati, politici, rappresentanti delle economie locali e globali discuteranno per circa due settimane intorno alle misure da adottare per rendere operativo l’Accordo di Parigi siglato 3 anni fa in occasione della COP21, e daranno vita ad eventi collaterali di carattere ludico-propagandistico.
La parte del leone la faranno i rappresentanti di 198 Paesi del Mondo che dovranno discutere dei dettagli tecnici necessari per trasformare le dichiarazioni di principio dell’Accordo di Parigi in azioni concrete.
Cerchiamo di capire più in dettaglio gli scopi di questa ennesima conferenza planetaria sul clima.
In primo luogo bisogna rendere vincolanti gli impegni su base volontaria assunti dai sottoscrittori dell’Accordo di Parigi che, oggi come oggi, non valgono neanche la carta su cui sono scritti: nessuno ha il potere di costringere un Paese aderente all’Accordo a mantenere gli impegni presi, in quanto non sono previste sanzioni per gli inadempienti. Ciò significa che bisogna individuare dei protocolli per quantificare le emissioni di ogni Paese aderente all’Accordo e degli strumenti per verificare il rispetto degli impegni assunti da ognuno di essi. Sarebbe necessario, infine, individuare delle sanzioni per colpire quei Paesi che non rispettano gli impegni presi. In secondo luogo bisogna capire in modo definitivo chi pagherà ed in che misura i 100 miliardi di dollari annui da versare ai Paesi in via di sviluppo per consentire loro di implementare le tecnologie idonee a produrre l’energia necessaria, senza aggravare il livello di emissione dei gas serra e porre in atto tutte quelle iniziative in grado di mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Bisognerà, infine, regolamentare l’utilizzo e la conservazione delle principali risorse forestali del pianeta.
Su questi tre obiettivi principali si misurerà il successo o l’insuccesso della COP 24. Ho preferito come mia abitudine precisarli a monte della Conferenza perché, alla fine, di essi si perderà traccia nelle fumose dichiarazioni finali che cercheranno di esaltare gli effimeri successi e tenere in sordina i clamorosi insuccessi. Così è successo in passato e, forse, così succederà anche questa volta. Esistono inoltre tutta una serie di obiettivi minori da raggiungere che riguardano la parità di genere, l’avanzamento della ricerca in ambito climatologico e via cantando. Per ognuno di essi è prevista una sottocommissione con tanto di presidenti, co-presidenti, segretari e funzionari vari.
Per valutare lo stato d’avanzamento dei lavori, si può utilizzare il sito ufficiale dell’UNFCCC che viene aggiornato in tempo reale e che contiene le varie bozze di risoluzione in discussione nelle varie sessioni della Conferenza. Per sondare gli umori dei partecipanti sono molto utili i siti delle organizzazioni non governative che seguono con grande attenzione lo svolgimento dei lavori. I principali organi di informazione italiani e non solo, si occupano saltuariamente della Conferenza ad eccezione di alcune testate straniere che sono più sensibili alle problematiche ambientali (più orientate politicamente, in altre parole) e che dedicano ampio spazio ai resoconti dei lavori.
Vediamo ora quali sono le prospettive dei lavori appena iniziati. La situazione non è delle più rosee e di ciò si è avuto un assaggio nelle conclusioni del recentissimo vertice di Buenos Aires (G20): sul clima non si è raggiunto alcun accordo, per cui si procederà in ordine sparso. Scendendo nel dettaglio, possiamo vedere che gli Stati Uniti d’America, pur partecipando ai lavori, non si sentono in alcun modo vincolati dall’Accordo di Parigi, per cui baderanno solo ed esclusivamente ai propri interessi. I riflettori saranno puntati sulle iniziative dei singoli stati degli USA come la California che assumeranno posizioni opposte a quelle della delegazione ufficiale statunitense, ma ciò che conta sono le decisioni federali e quelle sembrano già prese. Rispetto alle precedenti Conferenze delle Parti, agli Stati Uniti si sono aggiunti il Brasile e l’Australia che non hanno denunciato ancora l’Accordo di Parigi, ma si sono collocati su posizioni simili a quelle degli USA. Il Brasile ha addirittura rinunciato ad organizzare la COP25, prevista per il mese di novembre del prossimo anno. La restante parte dei partecipanti alla COP24 sostiene, a parole, la necessità di rendere vincolanti gli impegni volontari assunti a Parigi, ma nei fatti li sta violando: le emissioni globali di gas serra non sono affatto diminuite, ma addirittura cresciute rispetto a tre anni fa. La tanto vagheggiata transizione dalle fonti energetiche fossili a quelle rinnovabili è di la da venire: il consumo mondiale di petrolio ha raggiunto il livello più alto della storia sfiorando i 100 milioni di barili al giorno. Nessuno vuole essere pessimista a prescindere, ma, oggettivamente, io non vedo spazi per una inversione di tendenza così drastica, da consentire di raggiungere in dieci anni (2020-2030) un dimezzamento delle emissioni di gas serra.
Molte perplessità suscita, infine, il fatto che la presidenza della COP24 sia affidata alla Polonia che fonda quasi tutta la sua produzione energetica sui combustibili fossili, carbone in testa e che, pertanto, è molto restia ad implementare in modo drastico le politiche necessarie al raggiungimento degli obiettivi previsti negli Accordi di Parigi. I maligni prevedono perciò che la presidenza polacca non si sprecherà più di tanto per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Una delle poche note positive riguarda l’Unione Europea che ha già stabilito per legge i livelli di emissione al 2030 anche in quei settori non coperti dal Regolamento del 2003 sulle emissioni (ETS): con due regolamenti entrati in vigore il nove luglio scorso anche l’edilizia, l’agricoltura, le foreste, il cambiamento d’uso del suolo e la silvicoltura devono ridurre le emissioni del 40% rispetto al 1990 entro il 2030. Neanche nell’UE le cose vanno però per il verso giusto: le recenti manifestazioni di piazza in Francia che hanno avuto come bersaglio le politiche del presidente E. Macron, reo di aver voluto l’imposizione di una carbon-tax sui carburanti, la dicono lunga sugli umori dell’opinione pubblica quando si passa dalle parole ai fatti.
E per finire una breve cronaca della prima giornata dei lavori. Per massimizzare le possibilità di successo, diversi incontri tecnici sono stati anticipati al 2 dicembre, ma l’apertura ufficiale della COP è avvenuta il 3 dicembre. E’ stata un’apertura di basso profilo, in quanto le varie delegazioni non prevedono la presenza di leader politici di primo livello. Molto eloquente il senso dell’intervento del Segretario Generale dell’ONU Guterres: è venuto meno l’impegno politico che aveva consentito di raggiungere l’Accordo di Parigi.
Altrettanto eloquente il senso della conferenza stampa del presidente polacco Duda che ha escluso per la Polonia una transizione rapida dal carbone alle energie rinnovabili: le riserve polacche coprono l’intero fabbisogno nazionale per i prossimi due secoli e rappresentano, inoltre, una garanzia tanto per la sicurezza energetica della nazione polacca, quanto per la sua sovranità.
Mi sento di dar ragione a Guterres: il clima politico mondiale sta cambiando, ma non nella direzione auspicata dall’ONU.
Piccola nota di colore: a Katowice oggi l’attenzione dei media è stata concentrata sulle performances di sir D. Attenborough e di A. Shwarzenegger, attivisti del movimento che si prefigge la lotta contro i cambiamenti climatici: nessuno dei due è climatologo, ma entrambi hanno diritto di parola perché annunciano il verbo.
Per quel che riguarda gli atti concreti della COP 24, il sito ufficiale dell’UNFCCC ci informa che a tutto il 3 dicembre 2018, sono state adottate le agende dei lavori della sessione principale e delle altre sessioni. Nel frattempo i lavori vanno avanti mentre scure nubi si addensano all’orizzonte.
A seguito di alcuni commenti è sorta la discussione circa il numero dei partecipanti alla COP24 e le funzioni che essi svolgono. Siccome le ipotesi lasciano il tempo che trovano, ho pensato bene di perdere un po’ di tempo in rete, per cercare di individuare le cifre esatte dei partecipanti alla COP24. Sono stato fortunato in quanto mi sono imbattuto quasi subito in un articolo di greenreport.it che ha consentito di fugare ogni dubbio e fare piazza pulita di tutte le ipotesi sul tappeto.
.
Fermo restando il numero-mostro di circa trentamila partecipanti, vediamo come esso è ripartito.
I membri delle delegazioni ufficiali (compresi segretari, assistenti e via cantando) sono circa 13000 (molto più del numero da me stimato e, quindi, faccio ammenda per il mio errore grossolano). A questi vanno aggiunti circa 450 funzionari ONU, circa 1500 tra giornalisti ed operatori dei media, circa 7000 osservatori delle ONG e circa 6000 dipendenti (addetti alle pulizie, tecnici vari e via cantando, presumo). Se aggiungiamo circa 500 volontari impegnati nelle varie attività di supporto, arriviamo alla fatidica cifra-mostro da cui siamo partiti. Sommando le varie cifre che ho elencato, si ottiene, in realtà, un valore di 28500 persone, ma tenendo conto di tutti i circa che sono anteposti alle cifre, possiamo ragionevolmente stimare che il valore esatto si trovi in una forchetta che vede in 28500 il valore più probabile. E con questo credo che abbiamo messo una parola fine alla discussione, fermo restando il fatto che 28500 persone rappresenta la popolazione di una piccola città o di un grosso paese ed è veramente un numero stratosferico per una conferenza, anche se globale.
Ciao, Donato.
fonte: http://www.greenreport.it/news/clima/cop24-unfccc-clima-cercasi-disperatamente-leadership-mondiale-video/
@ tutti
.
Nello scrivere mi è sfuggito uno zero: intendevo dire 10 e non 100 con riferimento ai componenti delle delegazioni ufficiali. Tale cifra può apparire piccola, ma bisogna tener presente che non tutte le delegazioni sono numerose. Non tutte le delegazioni, inoltre, sono presenti in blocco a Katowice. Alla cerimonia d’apertura, per esempio, erano presenti solo una sessantina di delegazioni sulle circa duecento previste. In altri termini la cifra di duemila delegati ufficiali non mi sembra molto lontana dalla realtà, ma prometto di documentarmi meglio ed essere più preciso. Grazie a tutti per l’attenzione ed arrivederci a presto con numeri più documentati: avete sollecitato la mia curiosità! 🙂
Ciao, Donato.
Caro Donato, resta il numero monstre di 30,000 delegati totali… Che da’ l’idea del mostro che e’ diventato oggi questo circo itinerante…
@Donato (commento a Lupicino)
Donato, credo che gli stati partecipanti siano 200 (sono meno, ma arrotondiamo) e con 100 elementi per delegazione facciamo 20000 persone. Se da qui in avanti seguiamo il tuo ragionamento, alla fine dovremo anche ringraziarli perché in Polonia ci sono andati in pochi e hanno effettivamente “salvato il pianeta” rispetto a quello che avrebbero potuto fare: ma, porca miseria, devo anche ringraziarli questi mangia pane a tradimento? NO, non ci sto. Franco
“Ammesso e non concesso, che ogni Paese partecipante, si presenti con una delegazione di 100 componenti, dovremmo avere 2000 persone circa. ”
????
No… scusa… ma quasi 200 paesi partecipanti moltiplicato per 100 fa 20 mila, non 2 mila.
I conti tornano.
@ M. Lupicino
.
Caro Massimo, io non so proprio spiegarmi cosa debbano fare 30000 persone a Katowice. Sono previsti molti eventi collaterali, è vero, ma non riesco ad immaginare l’utilità da un punto di vista dell’avanzamento dei negoziati della presenza di tutta questa gente.
Io ho fatto qualche altro conto. Ammesso e non concesso, che ogni Paese partecipante, si presenti con una delegazione di 100 componenti, dovremmo avere 2000 persone circa. Aggiungiamoci altrettanti funzionari ONU ed arriviamo a 4000. Supponiamo che le varie associazioni ambientaliste partecipino con altrettante persone e arriviamo a 8000. Vogliamo metterci anche i rappresentanti delle realtà locali, della stampa e qualche scienziato e raddoppiamo ancora la cifra. A questo punto mi arrendo: chi diavolo sono gli altri 15000 individui che partecipano alla COP e cosa diavolo fanno in Polonia per 14 giorni? Onestamente non so rispondere a queste domande. Probabilmente si partecipa giusto per il gusto di partecipare, come ho fatto io l’altra sera: mi sono recato a Salerno per vedere le luminarie della kermesse “Luci d’artista”. Ero perfettamente cosciente, però, di vivere un momento ludico e spensierato, pura evasione. Forse una buona metà di quelli che si sono recati a Katowice si trovano nella mia stessa situazione, ma non lo ammetteranno mai perché loro credono di essere lì per salvare il mondo.
.
Circa il mio stato psicologico nei riguardi di quel che succede effettivamente alle COP hai visto giusto: chissà che questo impegno non venga considerato alla stregua di un lavoro usurante ed agevoli l’avvicinamento alla pensione? Visto che i dollari di Big Oil latitano, un piccolo abbuono sull’età pensionabile non sarebbe una cattiva idea. 🙂 🙂
Ciao, Donato.
Loro salvano il mondo e mentre lo salvano…si divertono pure. Hanno capito tutto, della vita. Mentre noi… 😉
…30,000 persone… ipotizziamo una settimana di permanenza in un hotel a 3 stelle, pasti, spese per gli spostamenti, viaggi in aereo… fanno 2000 euro a cranio a voler essere proprio frugali. In totale, almeno 60 milioni di euro di costi. Chissa’ quanta gente si poteva sfamare, o curare, o mandare a scuola con questi soldi. Tutti nel cesso invece. Contenti loro.
PS: Donato ti ringrazio in anticipo per lo sforzo e la dedizione, e la fatica dei prossimi giorni. Immagino il logoramento psicologico che una kermesse di questo genere puo’ produrre in una mente libera e analitica come la tua. Meriteresti una pensione di invalidita’ per quello che fai… 🙂
@ F. Zavatti
.
Caro Franco, felice di risentirti!
Credo che Macron lo abbia già capito: ha rinviato a data da destinarsi la sua carbon tax anche se il Capo del Governo francese si è affrettato a spiegare che gli obiettivi prefissi con la carbon tax, saranno raggiunti attraverso un taglio di spesa.
I leader della maggioranza di governo francese non sembrano disposti a rinunciare al processo di decarbonizzazione della loro economia, ma bisogna vedere cosa ne pensano i Francesi. Da quello che vedo e sento, non credo che le mirabolanti idee di Macron & c. avranno vita facile.
Ciao, Donato.
Caro Donato, grazie per l’ormai solita e apprezzatissima disamina della “nuova” (a me sembra sempre vecchia) COP.
La presidenza di questa “riunione di molti amici al bar” al presidente polacco mi sembra una boutade alla Dario Fo, tanto è fuori dal contesto “salvapianeta” e fuori (neanche sopra!) dalle righe. Rispetto alle vecchie/nuove persone sensate (USA, Brasile, Australia ma credo ci sia almeno uno stato del Canada) c’è, come hai scritto, il movimento francese che spiegherà lui a Macron come gestire la transizione energetica in Francia. E speriamo lo facciano in fretta.
Ciao. Franco
30mila x2 braccia sottratte all’agricoltura… niente di più. Buffonate cosmiche… il mondo che finisce in 20 anni se non si installano pannellini e turbinette a go-go.
Ma trovatevi qualcosa di serio da fare…
Intanto è cominciato il martellamento mediatico di tg, giornali, programmi vari: il “verbo” di ieri era : fra 20(!) anni la terra sarà distrutta! Ma mi domando come possa una persona con un minimo di razocinio anche senza interesse specifico nella materia credere a queste buffonate (20, perchè non 18 o 25 poi, la perfezione scientifica evidentemente è stata raggiunta!). E mi chiedo perchè non si sente una sola voce controbattere in modo scientifico a tutto questo
Io il mio, piccolo, modestissimo, contributo “contro” l’ho sempre dato, quando parlo con la gente (che poi spesso mi dà ragione…) e acquistando testi quali il nuovo “Clima, basta catastrofismi!” in cui compare anche il “nostro” Luigi Mariani (è lei vero?).
Mi perdonerà il buon padrone di casa se pubblicizzo….