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Anche i pazzi sono prevedibili

Prevedere è difficile, soprattutto il futuro, ma spesso ci si riesce. Non è il caso del clima, ovviamente, giacché tutti sanno che per quanto le tecniche si siano affinate, comprendere con anticipo sufficiente e, soprattutto, con un livello di attendibilità migliore della statistica l’andamento di una stagione o di un anno, oggi semplicemente non è possibile. Per periodi più lunghi poi, vanno ancora bene le favole, o gli scenari IPCC, che non fa molta differenza in termini di resistenza alla verifica.

Ma con il tempo è un altra cosa. Con il tempo siamo diventati bravi, molto bravi, tanto che sostenere come capita di sentire ultimamente che ci sia un’inversione di tendenza in negativo nella capacità previsionale degli eventi estremi per effetto dell’impazzimento del clima è ben oltre la speculazione, siamo di diritto nel campo delle bugie. Ne sono la prova le performance stupefacenti che i modelli previsionali a breve e medio termine hanno sfoggiato per esempio in occasione del landfall dei due uragani Florence e Michael sulle coste USA, centrando con tre giorni di anticipo l’obbiettivo.

Lo apprendiamo, ma lo sapevamo già, da un tweet e da un interessante articolo ad esso collegato in cui mi sono imbattuto appena ieri:

https://twitter.com/jayhawkram/status/1052259257792520192

Come leggerete approfondendo, cosa che raccomando caldamente, questo accade perché i modelli numerici delle previsioni del tempo, sono strettamente dipendenti dallo stato iniziale dell’atmosfera, qualunque esso sia, ovvero, che i parametri atmosferici occupino cioè la pancia o la coda della distribuzione statistica. Del resto, basta dare un’occhiata alle statistiche di affidabilità dei modelli degli ultimi anni: mai un accenno a trend negativi, sempre e solo nella direzione del miglioramento (ad onor del vero, molto più per il modello europeo che per quello americano, alle cui verifiche si riferisce l’immagine che segue).

Evidence of increasing skill of (a) ECMWF and (b) GFS 0000 UTC forecasts as shown by trends in the Anomaly Correlation (AC) Coefficient associated with forecasts of 500 hPa height over the Northern and Southern Hemispheres generated 5 days in advance, and verified against 500 hPa height analyses from the originating centres (Yang, 2013).

Sembrerà un gioco di parole, ma il progresso è stato tale che le previsioni per dal 5° al 7° giorno sono ora attendibili quanto lo era quella per il primo giorno cinquanta anni fa. E quelle dall’8° al 10° giorno lo sono quanto lo erano quelle dal 5° al 7° appena quindici anni fa. Del resto, è anche cosa nota che l’affidabilità dei modelli numerici abbia guadagnato un giorno di previsione ogni dieci anni circa di lavoro e di ricerca, come si evince in modo inequivocabile dall’immagine che segue.

Anomaly correlation of ECMWF 500hPa height forecasts

Quindi, il tempo sarà pure pazzo, come tra l’altro è sempre stato, ma non lo sono le previsioni, né stanno impazzendo gli strumenti che si utilizzano per metterle a punto. Semmai, ma qui si aprirebbe tutto un altro discorso, sarebbe opportuno capire cosa effettivamente ci si può aspettare da una previsione, quale scala temporale ha senso prendere in considerazione e a quale scala spaziale essa ha valore, perché le due cose sono anticorrelate. Al crescere della scala temporale, aumenta quella spaziale, nel senso che il tipo di tempo previsto per un certo limite temporale si spalma nello spazio, perdendo significatività per la scala locale, pur essendo quella la dimensione alla quale poi, in un’area ristretta rispetto a quella prevista, avrà luogo l’evento, specialmente se si tratta di qualcosa di intenso.

Arriveremo mai a questi livelli di precisione per la scala stagionale, annuale o climatica? Chi può dirlo, per ora siamo lontani anni luce, non solo per l’attendibilità, ma anche per il significato di quello che è possibile immaginare (notare che non ho scritto prevedere…).

Buona lettura dell’articolo e buona giornata.

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Published inAttualità

2 Comments

  1. Luigi Mariani

    Guido,
    l’anomaly correlation della 500 hPa dà adito a grandi speranze e anch’io quando mi trovo a fare divulgazione cito spesso questi dati. Temo però che le cose cambino parecchio se si ragiona di attendibilità delle previste di precipitazione. Tu hai qualche dato da mostrarci su come evolve nel tempo l’attendibilità delle previste di questa variabile che oggi è più che mai un elemento critico per tutti gli utenti?

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