Si è chiuso da pochi giorni un workshop organizzato da ENEA incentrato sul tema dei cambiamenti climatici nel mar Mediterraneo e sulle conseguenze di tali cambiamenti sul livello del mare:
1st NATIONAL WORKSHOP ON CLIMATE CHANGE AND SEA LEVEL RISE IN THE MEDITERRANEAN SEA (qui la raccolta degli abstracts delle varie relazioni).
Nel corso dei lavori del convegno sono stati esaminati diversi problemi relativi alle variazioni del livello del mare Mediterraneo ed è impossibile riassumerli tutti in un unico post. Mi propongo, quindi, di dedicare alcuni articoli a questo argomento, focalizzando l’attenzione sugli argomenti, a mio giudizio, più interessanti tra quelli trattati dai vari relatori. In questo articolo ci occuperemo della relazione che ha maggiormente interessato i media generalisti e quelli di divulgazione:
Sea-level rise and potential drowning of the Italian coastal plains: flooding risk scenarios for 2100
Della questione si nono occupati diversi organi di stampa, telegiornali e riviste di divulgazione scientifica. Particolarmente interessante è il comunicato stampa dell’ENEA pubblicato da “Le Scienze”.
Riassumo brevemente le conclusioni del lavoro.
I ricercatori hanno cercato di modellare il livello del mare, in modo tale da poter quantificare il rischio di allagamento delle coste italiane da qui al 2100. L’intento è lodevole, in quanto consentirebbe ai decisori politici, di predisporre una serie di iniziative atte a prevenire e, soprattutto, mitigare le conseguenze dell’innalzamento del livello del mare.
Chi segue queste problematiche sa che l’argomento è piuttosto spinoso, in quanto non riusciamo a quantificare in maniera esatta i contributi all’aumento del livello del mare. Abbiamo avuto modo di vedere, in passato, come i ricercatori hanno difficoltà a quantificare il contributo di massa ed il contributo sterico o volumetrico all’aumento del livello del mare a causa di due grosse fonti di incertezza: la temperatura degli oceani (contenuto di calore degli oceani, per essere più precisi) e la quantità di ghiaccio terrestre (antartico e groenlandese, principalmente) che fonde riversando in mare enormi quantità d’acqua. Per il mar Mediterraneo la questione è ancora più complessa: esso assomiglia ad un lago che viene alimentato dall’Oceano Atlantico e dal Mar Nero. Il livello del Mediterraneo è, infatti, più basso sia di quello dell’Oceano Atlantico (- 20 cm), sia di quello del Mar Nero (- 50cm). Questi “dislivelli” sono responsabili della circolazione delle acque, ovvero delle correnti marine che, a loro volta, influenzano la forma delle coste. La penisola italiana, inoltre, è sede di importanti fenomeni tettonici che determinano variazioni del livello delle coste che possono essere vantaggiosi o svantaggiosi. Se il livello del mare aumenta e quello delle coste diminuisce, infatti, si capisce che aumenta fortemente il rischio di allagamento delle coste. A questo deve aggiungersi, infine, il problema del rimbalzo post glaciale (GIA) ed il quadro appare in tutta la sua complessità.
Sulla base degli studi compiuti da un folto gruppo di ricercatori, raggruppati in diverse collaborazioni, si è potuto accertare che da qui al 2100 rischiamo di perdere qualcosa come 6000 km2 di aree costiere.
Le zone studiate sono costituite dalle aree litoranee di Oristano, Cagliari e Calledonia, in Sardegna, Tronto nelle Marche, Pescara e Sangro in Abruzzo, Granelli in Sicilia, Venezia, Lesina e Salento in Puglia, Marina di Campo in Toscana. Anche altre zone sono a rischio, ma queste citate appaiono quelle da seguire con maggiore attenzione, in quanto sono quelle che meno si elevano rispetto al livello del mare attuale.
Per poter giungere a queste conclusioni, gli autori hanno fatto ricorso ad un modello climatico ad altissima definizione adattato a livello regionale per tener conto delle peculiarità del Mediterraneo. In tale modello sono stati integrati un modello che tiene conto delle variazioni del livello delle coste per cause tettoniche, un modello che tiene conto del rimbalzo isostatico ed un modello che tiene conto del tasso di deposito di sedimenti. Si sono tenuti presenti, infine, una serie di indicatori che hanno consentito di monitorare il tasso di variazione del livello del mare Mediterraneo nel corso del tardo Olocene (struttura di stalattiti e stalagmiti all’interno di grotte marine, per esempio).
I risultati conseguiti dai ricercatori mi hanno lasciato alquanto perplesso, non per le elaborazioni modellistiche sulle quali possiamo obiettare quanto vogliamo, ma alla fine dobbiamo arrenderci all’idea che se vogliamo provare a vedere cosa succederà nel futuro, dobbiamo far ricorso per forza ai modelli, quanto per le ipotesi che gli studiosi hanno messo a base del loro lavoro. Come sa chi segue il dibattito sul tasso di variazione del livello del mare, esistono due linee di pensiero circa le risposte del livello del mare alle variazioni climatiche. Una è costituita dai modelli che potremmo definire fisici: si valuta il contributo sterico, quello di massa e, alla fine, il trend di variazione del livello del mare è dato dalla combinazione delle tendenze dei due contributi. Io sono sempre stato un convinto sostenitore di questo modo di operare, ma altri la pensano in modo diverso. L’altra linea di pensiero sfrutta il legame tra temperatura atmosferica e livello del mare: poiché una maggiore temperatura dell’atmosfera è legata ad un maggior contenuto di calore degli oceani, il livello del mare segue la temperatura atmosferica. Il livello del mare viene modellato, pertanto, utilizzando la temperatura globale come dato di prossimità: si tratta di quelli che si definiscono modelli semi-empirici.
Confrontando i risultati dei modelli semi-empirici con quelli dei modelli fisici, ci rendiamo conto che si ottengono risultati molto diversi: i primi danno tassi di variazione del livello del mare molto più grandi di quelli generati dai secondi. Personalmente sono dell’avviso che i modelli semi-empirici sopravvalutano molto il tasso di variazione del livello del mare (di almeno due o tre volte rispetto ai modelli fisici), per cui li considero poco affidabili.
Torniamo, però, al nostro problema: i ricercatori che hanno effettuato lo studio di cui ci stiamo occupando, per calcolare il tasso di variazione del livello del mare, hanno utilizzato un modello semi-empirico (Rahmstorf , 2007) e lo hanno fatto girare sotto lo scenario di emissione RCP-8.5.
Come ben sanno i lettori di CM lo scenario di emissione RCP-8.5 è quello più gravoso ed anche quello più irrealistico, in quanto l’andamento delle emissioni si sta rivelando nettamente inferiore a quanto previsto dallo scenario.
Cosa concludere? Personalmente sono del parere che i risultati dello studio sopravvalutano di molto i tassi di variazione del livello del mare per due ordini di motivi:
- i modelli semi-empirici sopravvalutano il tasso di variazione del livello del mare;
- lo scenario RCP-8.5 è irrealistico perché troppo gravoso.
Ne deduco che il valore di 6000 km2 di pianure costiere a rischio inondazione, è piuttosto lontano dalla realtà.
Mi si può obiettare che anche un solo km2, è troppo ed io accetto l’obiezione, ma perché non utilizzare metodiche che avrebbero dato risultati, secondo me, più aderenti alla realtà? Forse perché se avessimo parlato di poche decine di chilometri quadrati, nessuno o quasi, si sarebbe preoccupato, mentre 6000 chilometri quadrati fanno un certo effetto?
Ai posteri l’ardua sentenza!
Il fenomeno della “subsidenza” sul delta del fiume Po, lungo la costa si sta arrestando. Ci sono aree nell’entroterra padano dove il terreno tende ad abbassarsi, altre dove nel tempo emergeranno dorsali appenniniche..
Che sia quasi arrestata l’erosione della costa e sul delta del grande fiume, quest’anno parlano dati ufficiali. Mentre si parlava di oceani inquinati dalle attività umane, si è messo dentro un pò di tutto..
hai scritto
// poiché una maggiore temperatura dell’atmosfera è legata ad un maggior contenuto di calore degli oceani, il livello del mare segue la temperatura atmosferica //
ci sono degli studi sui tempi ?
Per quanto oceani ed atmosfera si influenzino l’un l’altro, credo che il parametro tempo sia fondamentale.
E mi pare di capire che ci siano vari fenomeni che agiscano con tempistiche diverse.
Complimenti sempre per i tuoi articoli, sei una miniera inesauribile di cultura.
“…. ci sono degli studi sui tempi ?”
.
Guido, hai messo il classico dito nella piaga. 🙂
Ciò che non mi convince dei modelli semi-empirici è proprio la questione “tempo”.
Per quel che mi risulta la catena logica dovrebbe essere la seguente: gli oceani si riscaldano in superficie – il calore immagazzinato nell’acqua viene ceduto in parte all’atmosfera e, per la restante parte viene ridistribuito nell’intera massa oceanica attraverso la circolazione termoalina – l’effetto serra rallenta lo scambio radiativo e, quindi, rallenta il raffreddamento del mare che, perciò, immagazzina più calore e si espande per dilatazione termica volumica – i ghiacciai delle piattaforme continentali aumentano il loro drenaggio verso l’oceano perché le piattaforme oceaniche che fungono da “tappo”, erose dal basso dalle acque oceaniche più calde, si sciolgono.
Ho usato l’accetta 🙂 , ma questo è, grosso modo, ciò che sottende tanto i modelli semi-empirici che quelli fisici.
Il problema di fondo consiste nel fatto che se andiamo a considerare le quantità parziali (massa che si scioglie e dilatazione termica), non otteniamo quanto ci aspettiamo.
La cosa si risolve con un bel modello che collega la temperatura media globale al livello del mare e che ci dà quello che ci aspettiamo, anche di più, ad essere sinceri.
Considerando i tempi estremamente lunghi di cui le correnti marine hanno bisogno per ridistribuire il calore, dobbiamo capire quanto velocemente il cambiamento del livello medio del mare, segue la variazione di temperatura media globale. E qui sta, ovviamente, il problemai.
.
IPCC stima che a fine secolo il livello del mare (medio globale) aumenti tra circa 0,20 m (ipotesi migliore) a poco meno di un metro (nella peggiore delle ipotesi) [IPCC-AR5 cap. 13].
I modelli semi-empirici calcolano un aumento del livello medio globale degli oceani che oscilla tra 0.50 m ed 1.30 m (Rahmstorf, 2007). Questo nel migliore dei casi, ma ho avuto modo di leggere previsioni al 2100 in cui i metri erano molti di più (ad esempio Grinsted et al., 2009 parla di oltre 2 metri e nelle conclusioni dice apertamente che IPCC sottostima di un fattore tre l’aumento del livello del mare al 2100).
.
Circa il tema principale della tua considerazione (il tempo) possiamo far riferimento sempre a Rahmstorf, 2007. Secondo questo paper la risposta ad un salto termico improvviso (da T a T+deltaT) è lineare per un certo tempo, dopo di che diventa men che lineare e tende asintoticamente al valore del livello del mare corrispondente alla temperatura T+deltaT.
Secondo Rahmstorf la parte lineare dell’aumento del livello del mare in funzione del tempo si estende per qualche secolo, mentre la parte non lineare ha una durata dell’ordine del millenni. Tutto sta a determinare il valore del coefficiente angolare del tratto lineare del diagramma. Secondo Rahmstorf esso dipende dalla variazione di temperatura: più la variazione è alta, più è grande il coefficiente angolare del tratto lineare. Si capisce, quindi, che variando il valore del coefficiente angolare, si possono ottenere tutti i valori che si vuole. Ovviamente il coefficiente angolare di cui stiamo discutendo, viene stimato sulla base della ricostruzione dell’andamento del livello del mare e della temperatura media globale nel corso dei secoli: dati di prossimità, quindi.
Troppe incertezze e troppa aleatorietà nella scelta dei parametri, per quel che mi riguarda ed è proprio per questo che io preferisco i modelli fisici a quelli semi-empirici.
Ciao, Donato.
Mi si può obiettare che anche un solo km2, è troppo ed io accetto l’obiezione,
Io mica tanto, se prima non mi dite cosa è successo negli ultimi secoli: immagino che il bilancio non sia precisamente uguale a zero. È chiaro che non sono evaporati 6000 kmq di coste in ottant’anni, per cui se si dà per buono quel valore è di sicuro un peggioramento, ma ci siamo appena detti che è un worst-case irrealistico. Visto che la potenza di calcolo oggi costa poco, perché non hanno fatto un giro anche basandosi sugli altri scenari?
Perché non fa alla bisogna Fabrizio… Senza considerare che l’RCP8.5 non è irrealistico perché le emissioni stanno andando da un’altra parte, quanto piuttosto perché lo sono i presupposti economici e sociali su cui è fondato. E gli altri non sono da meno per un verso o per l’altro.
gg
Caro Fabrizio, la storia non finisce qui. 🙂
Nei prossimi post vedremo cosa è successo nel passato e, in particolare, come è variato il livello del mar Mediterraneo nell’Olocene, quanto influisce il GIA e quanto le cause tettoniche.
Diciamo che questa comunicazione è tra le meno interessanti del workshop (parere personale, ovviamente), ma è quella di cui si sono occupati tutti i media.
Ciao, Donato.
@fabrizio
“È chiaro che non sono evaporati 6000 kmq di coste in ottant’anni, ”
Secondo i rapporti ISPRA recenti… (questo e’ del 2015):
“E se è vero che negli anni recenti il ritmo è leggermente rallentato rispetto al boom degli anni ottanta, negli ultimi 25 anni il suolo consumato ha superato i 200 chilometri quadrati all’anno: una superficie più grande di quella di Milano e pari al doppio di Firenze. Sono 55 ettari al giorno: l’equivalente di 79 campi da calcio.”
https://www.internazionale.it/notizie/2015/05/28/italia-consumo-suolo-dati
200×25=5000 km2… quindi un tasso maggiore di quello dovuto all’eventuale, ipotetica perdita di territorio a causa del global warming assassino.
Un non problema, anche perche’ noi non possiamo farci nulla, per evitarlo… la sola cosa fattibile e da farsi sarebbe di trovare e applicare misure di mitigazione efficaci ed economicamente/socialmente attuabili,
Il resto sono solo voli pindarici di fantasia.
Saluti.
@guido
“Senza considerare che l’RCP8.5 non è irrealistico ”
… non e’ REALISTICO volevi dire?
Veramente no Roberto.
E’molto probabile che annunciare tali catastrofiche previsioni in qualche modo riesca a far aumentare i consumi, i consumi non devono calare devono aumentare, ce la faranno con questa narrativa mediatica? per ora ce la stanno facendo alla grande…non con me però, ma io sono un alieno in questa Terra da solo conto poco…
Consumi di cosa? Di case al mare? 😉
Multinazionali che vogliono acquistare terreni lungo splendide spiagge, poi se vai nel loro resort spendi più che stare nella tua casetta al mare, indirettamente , così aumentano i consumi.
Caro Donato, come al solito, articolo molto interessante e chiaro. E anche io concordo con te sulla maggiore affidabilità dei modelli fisici rispetto a quelli semi-empirici. E poi l’uso degli scenari: non solo per le scelte irrealistiche di RCP8.5 ma anche perché questi sono scenari di venti anni fa (o giù di lì) e non tengono conto delle variazioni -in bene e in male- che sono sicuramente intervenute in questi anni.
Ho riguardato per l’occasione il mio post su CM (http://www.climatemonitor.it/?p=45573 ) sulle maree di 24 stazioni del Mediterraneo-Mar Nero e ho visto una varietà di comportamenti (con trend intorno a 1.5 mm/anno per i casi in crescita) che credo siano compatibili con i modelli fisici. Ad esempio ricordo la stazione mareografica di Venezia4 con una rapida salita fino al 1970 e poi una costanza fino all’ultima misura disponibile, e quella di Koper (Capodistria) in discesa per tutta la durata delle osservazioni (non troppo lunghe per la verità).
Io non so quante misure siano disponibili per i ricercatori che hanno fatto la ricerca che descrivi, ma ho verificato che molti mareografi sono stati istallati nel 2000 (e questo va a merito di chi ha favorito le istallazioni) e quindi i dati non sono troppo abbondanti. Poi anche le stazioni “storiche” sono spesso soggette all’attività tettonica a cui anche tu ti riferisci e alla subsidenza. Complessivamente credo che i dati non siano tantissimi e che siano anche soggetti a molte correzioni, riducendo in questo modo la validità dei risultati (altro motivo per cui preferisco i modelli fisici a quelli più “politici” semi-empirici). Franco
Caro Franco, il lavoro è essenzialmente modellistico in quanto è riferito al futuro: di misure si parla poco.
Nei prossimi giorni l’attenzione sarà riservata alle misure e ne vedremo delle belle. Molto interessante, in proposito, la comunicazione della d.sa L. Fenoglio che utilizza la modellazione fisica delle variazioni del livello del mare e giunge a risultati non molto diversi dai tuoi, ma ne riparleremo a breve.
Ciao, Donato.
Bravo Donato e grazie. Confesso che quando ho visto i servizi giornalistici fotocopia su rai e mediaset, mi sono cascate le… braccia. Per fortuna non c’è solo l’ENEA ma fa proprio tristezza vedere certe cose.
@Donato:
per puro caso la settimana scorsa ho visto alla TV, credo fosse un telegiornale RAI, un breve servizio che parlava proprio di questo workshop…. che coincidenza.
Durante il servizio, forse 2 minuti in totale, ci sono stati due brevissimi interventi di due scienziati dell’ENEA, uno piu’ giovane e magro, che ha ripetuto in poche parole il solito mantra del global warming assassino che fa salire a dismisura i mari (e anche il Mediterraneo), il secondo scienziato, piu’ anziano e posato nei toni, che ha detto che il workshop e gli studi di ENEA servivano soprattutto come “input” ai politici/decisori futuri per almeno cercar di non pianificare ferrovie, autostrade, edifici pubblici in zone a rischio di inondazione futura.
Ragionevole.
Incuriosito da questo servizio, e approfittando del tempo libero durante le ferie, ho fatto delle ricerche su internet, ed ho trovato cose interessantissime.
Per esempio studi, peer-reviewed, di scienziati italiani, come questo:
“Intermittent sea-level acceleration”
Global and Planetary Change (2013) 109:64-72
DOI: 10.1016/j.gloplacha.2013.08.004
Marco Olivieri Marco Olivieri G. Spada
… di cui e’ disponibile solo l’abstract… pero’ ho anche trovato la tesi di dottorato, pubblicata dopo l’articolo citato, di M Olivieri (G Spada e’ il suo professore relatore di tesi)… universita’ di Bologna, un anno fa:
http://amsdottorato.unibo.it/8013/1/Olivieri_Marco_Tesi.pdf
… piena di interessantissimi dati e analisi.
Riassumendolo, l’accelerazione nella salita’ del livello dei mari, tanto paventata dai catastrofisti, altro non sarebbe che un artificio statistico dovuto alla localizzazione non spazialmente uniforme delle “tide gauges” (TD) che hanno misurato il livello di mari e oceani in passato.
In particolare, valori positivi dell’accelerazione (in mm/anno^2) si ottengono in maggioranza dalle TG piu’ recenti, che sono state installate da pochi anni o decenni.
La figura 2.9 nella tesi di Olivieri dice tutto: all’allungarsi del periodi di misura della TG il valore dell’accelerazione tende a ZERO mm/anno^2… mentre valori positivi (e anche negativi) si trovano utilizzando TG piu’ recenti.
Per quel che riguarda il livello del Mediterraneo, e il futuro di citta’ come Venezia, anche li’ ho trovato molti studi, anzi, un paio li avevo gia’ sul disco del computer.
Questo, per esempio…
“Global change and relative sea level rise at Venice:
what impact in term of flooding”,
DOI 10.1007/s00382-009-0617-5
… anche questo di studiosi italiani, dove dicono cose come questa:
“The period from 1890 to 2007 is characterized by an average rate of 0.12 ± 0.01 cm/year.
We demonstrate that linear regression is the most suitable model to represent the eustatic process over these 117 year.”
Linear regression per la parte eustatica (cioe’ dovuta alla massa d’acqua originata da fusione di ghiacciai, piogge, etc…)… quindi NESSUNA accelerazione.
In particolare, la Fig.5 confronta la TG di Venezia, affetta da subsidenza (naturale e antropica, quest’ultima dovuta all’abbassamento della falda acquifera), e quella molto piu’ stabile e “non antropizzata” di Trieste, a 120 km di distanza.
Si vede benissimo, in figura, che le due curve sono sovrapponibili in maniera quasi perfetta una volta che si introduca un “salto” nei dati della TG di Venezia, di 10 cm, in maniera graduale dagli anni 30 agli anni 70… periodo storico durante il quale il polo chimico di Marghera e’ stato sviluppato… che coincidenza, no? 🙂
“from 1931 to 1970, characterized by an anomalous and significant rise in sea levels at Venice (twice the figure for Trieste) caused by human-induced subsidence;”
Altro interessante articolo sul Mediterraneo e’ questo:
“Improving sea level simulation in Mediterranean regional climate models”,
Climate Dynamics, (2017)
DOI 10.1007/s00382-017-3842-3
…. dove dimostrano (ma non c’era bisogno!) che i modellini sono farlocchi, imprecisi, lontani dalla realta’ dei dati/misure):
” For this reason among others, the use of high resolution regional ocean modelling has been recommended in literature to address the question of ongoing and future Mediterranean sea level change in response to climate change or greenhouse gases emissions. ”
La conclusione e’ questa:
“Also, it has been shown that east Atlantic sea level variability is the dominant driver of the Mediterranean variability at interannual and interdecadal scales.
However, up to now, long-term regional simulations of the Mediterranean Sea do not integrate the full sea level information from the Atlantic, which is a substantial shortcoming when analysing Mediterranean sea level response. ”
Quest’altro studio, invece…
“Comparison of results of AOGCMs in the Mediterranean Sea during the 21st century”
https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/pdf/10.1029/2008JC00482
… pur essendo del 2008 illustra bene come funziona la storiella del Mediterraneo che invadera’ le terre/coste europee.
L’abstract recita cosi’:
“The outputs of 12 atmosphere-ocean general circulation models (AOGCMs) in the Mediterranean Sea are used to examine temperature (T), salinity (S), and sea level changes for the 21st century under three different climate scenarios (committed climate change, SRES A1B, and SRES A2).”
La fig.9 illustra il risultato dei calcoli di alcuni dei modelli (nome del modello sopra la relativa figura):
Le medie calcolate da ognuno dei modelli illustrati sono riportate sulla figura corrispondente. Si vede che tali medie variano di tantissimo!…. da +18,39 cm a -19,48 cm, come medie della prima e ultima decade del secolo XXI.
In particolare si nota subito che le regioni dei mediterraneo affette da aumenti del livello del mare sono… IN MEZZO AL MARE, non lungo le coste (ovvio, essendo questa la parte sterica, cioe’ proporzionale alla profondita’ del mare in ogni punto)… quindi fare la media di punti “in the middle of nowhere”, dove NESSUNO andra’ mai ad abitare perche’ c’e’ solo acqua, e riportarlo come possibile dato lungo le coste e’ scientificamente SCORRETTO, e giustificato solo da pregiudizi ideologici (il mantra CAGW).
Questo qui, invece…
“Mediterranean Sea response to climate change in an ensemble of twenty first century scenarios”
Climate Dynamics 45 no9-10 2015 p2775-2802
DOI 10.1007/s00382-015-2507-3
… e’ del 2015…. ma il risultato non cambia!…
“Historical simulations representing the climate of the period 1961–2000 were run to obtain a reference state.
From this baseline, various sensitivity experiments were performed for the period 2001–2099”
… che conclude che…
“Our numerical experiments suggest that the choice of the near-Atlantic surface water evolution, which is very uncertain in General Circulation Models, has the largest impact on the evolution of the Mediterranean water masses, followed by the choice of the socio economic scenario.”
… cioe’ che i General Circulation Models (del 2015, non del 2008 o prima, quindi quelli di adesso) sono “molto incerti” per quel che concerne i dati “in ingresso”, cioe’ l’evoluzione dell’acqua dell’Atlantico trasportata dalle correnti e dipendente in maniera molto importante dalla conformazione del fondo marino nei dintorni del punto d’ingresso, cioe’ il lato Mediterraneo dello stretto di Gibilterra.
Le conclusioni sono (una volta di piu’) impietose rispetto all’accuratezza e capacita’ di prevedere il futuro da parte di modelli di circolazione globale… sonno piu’ le cose che NON sanno (gli scienziati) di quelle che sanno… mancano dati sul contributo dell’Atlantico, quindi ipotizzare un qualsiasi futuro e’ come giocare alla roulette russa… risultati aleatori a dire poco.
La figura 30 mostra un ulteriore esempio del trucchetto di calcolare la media su tutto il bacino mediterraneo (e lasciare poi ai comunicati stampa dei climatocatastrofisti il compito di applicare tali risultati alle coste). La didascalia della figure dice:
“Fig. 20 Yearly mean time series of thermosteric mean sea level anomalies (in cm) averaged over the Mediterranean basin for all the simulations (vs. 1961–1990)”
…. quando le figure 14 e 15, per esempio, mostrano come sia la temperatura superficiale che la salinita’ abbiano una distribuzione a macchia di leopardo, piuttosto che uniforme… quindi parlare di media ha poco senso.
Saluti,
Roberto
————
P.S.: per farsi due risate si puo’ dare un’occhiata a questa presentazione recente…
https://www.coe.int/t/dg4/majorhazards/activites/2009/Murcia_26-27oct2009/Murcia_26-27oct09_Micallef.pdf
… dove nella slide di apertura il sig. Micallef, di un centro di ricerca a Malta, ha deciso di mostrare una ricostruzione al computer dove si vede un’onda anomale (tsunami?) che sta per abbattersi sulla costa Maltese… il titolo “Mediterranean coastal hazards in a climate change context” cerca di attribuire una ipotetica situazione come in figura al cambiamento climatico (cazzata galattica, ovviamente) anche se devo dire che il resto della presentazione e’ piu’ equilibrato, parla di tutte le possibili cause di danni e distruzione alle coste mediterranee.
Un’affermazione catastrofista, anche da parte di uno come l’autore che, credo, sia uno scienziato, e’ questa… presa dalla slide 16:
“In 1995, about 193 million people out of a total EU population of 383 million faced water shortages !!”
Vi risulta che nel 1995 la meta’ della popolazione EU doveva andare in giro con i secchi per cercare acqua, come si vede nei servizi alla TV sul Sahel?…
Mah…. e poi dicono che “the science is settled” e se non ti bevi stupidaggini come questa sei “negazionista”???? Ma dai!
Roberto, ti ringrazio di cuore per tutte le segnalazioni: molte mi saranno utilissime nei prossimi giorni!
Alcuni degli autori che hai citato, infatti, sono stati relatori al workshop dell’ENEA , per cui i lavori di cui mi hai fornito i riferimenti, saranno molto utili per approfondire il loro pensiero. I tuoi link mi eviteranno lunghe e noiosissime ricerche. Ancora grazie!
Ciao, Donato.
hai scritto
// il workshop e gli studi di ENEA servivano soprattutto come “input” ai politici/decisori futuri per almeno cercar di non pianificare ferrovie, autostrade, edifici pubblici in zone a rischio di inondazione futura.
Ragionevole. //
Sono piuttosto freddo su certi scenari catastrofisti:
Non che non possa succedere di tutto, in fondo non conosciamo tutti i parametri in gioco e quali siano i loro veri valori nel tempo,
e quindi potrebbe anche succedere quello che paventano i catastrofisti, ma magari per ragioni del tutto diverse, anche opposte.
Questa tua considerazione però mi sembra la cosa più ragionevole che abbia letto.
Indipendentemente dal fatto che accada o non accada, e perché, è ragionevole tener conto di eventuali catastrofi future. Il ché non vuol dire non costruire più nessuna linea ferroviaria, perché un asteroide potrebbe cadere ovunque 😀
ma vuol dire scegliere un posto più sicuro rispetto ad un altro. Per esempio evitare di costruire un albergo (Rigopiano docet) sul percorso di frane, torrenti, o di valanghe.
Per dirla con Carlin, se costruisci la casa sul percorso di precedenti eruzioni, non stupirti se ti entra la lava nel salotto.
@guido bothering
“Per dirla con Carlin, se costruisci la casa sul percorso di precedenti eruzioni, non stupirti se ti entra la lava nel salotto.”
Prendo spunto dal tuo finale qui sopra… giusto per dire che mentre ci dovremmo strappare le vesti per via del terribile pericolo che la velenosissima CO2 potrebbe causare a fine secolo alle coste italiane, abbiamo mezzo milione di cittadini campani che abitano sulle pendici di un vulcano attivo dedito a eruzioni piroclastiche…
Concordo con le perplessità di Baroni sul tema della variazione del livello del mare o meglio sulle previsioni dei ricercatori che hanno presentato lo studio. Siamo di fronte al solito problema: come si fa a fare previsioni su un fenomeno quando non si conoscono tutte le variabili che controllano tale fenomeno? Così nel caso specifico del livello del mare, desidero ricordare che 20 mila anni fa il livello del Mediterraneo era più basso di circa 140 metri rispetto all’attuale. Il PO, ad esempio, sfociava davanti a Pescara, in Abruzzo. Poi, tra 20 mila e 10 mila anni fa, cioè in piena fase fredda che ha preceduto la fase calda dell’Olocene, il mare è risalito di circa 100 metri, portandosi successivamente nei 4-5 mila anni successivi al livello attuale che è poi rimasto più o meno costante. Questi dati dimostrano che non si può attribuire solo al riscaldamento globale la variazione del livello marino, che dipende anche da cause ancora non perfettamente note, come il rapporto tra la litosfera e il mantello sottostante. Concordo quindi con Barone che su Climatemonitor (2013) scrisse un articolo in cui concludeva:” la probabilità che l’aumento del livello del mare stia accelerando equivale a quella che non stia accelerando”.
Completamente d’accordo. Nei prossimi post che dedicherò a questo argomento uno spazio particolare sarà riservato proprio alle variazioni del livello del mare nel periodo olocenico.
In merito a quanto scrissi nel 2013, in questi ultimi 5 anni non ho trovato nulla che mi abbia fatto cambiare idea. Ancora oggi mi sento di dire, pertanto, che la probabilità che l’aumento del livello del mare stia accelerando, equivale a quella che non stia accelerando.
Ciao, Donato.