Aprile è quasi giunto a metà, è gli effetti dello Stratospheric Sudden Warming della prima decade di febbraio non si sono ancora sopiti, in quanto la circolazione atmosferica dell’emisfero nord ne è ancora pesantemente condizionata, come del resto era apparso probabile dalla dinamica e dall’ampiezza dell’evento.
Un evento raro per la sua perfezione scolastica, ma, in termini assoluti non così infrequente nel nostro emisfero, con un tasso di incidenza di 0,6 casi l’anno. Una volta di più, queste dinamiche ci mostrano la complessità del sistema con cui abbiamo a che fare. Nonostante una ovvia similarità dei meccanismi di redistribuzione del calore tra i due emisferi, infatti, nella parte sud del mondo gli eventi di SSW sono rarissimi: da quando siamo in grado di osservarli e se ne riconoscono quindi i segnali, soltanto una volta, nel 2002, è stato possibile vedere uno split del vortice polare stratosferico australe.
E’ piuttosto noto, anche perché vale anche per la circolazione troposferica, cioè quella del piano atmosferico inferiore, che la differenza stia soprattutto nel diverso rapporto tra oceano e terre emerse e nella distribuzione di queste ultime tra i due emisferi. Fino ad oggi, tuttavia, ancora nessuno aveva provato a quantificare questa differenza, ovvero ad investigare come e perché questa incida sulla circolazione atmosferica anche in stratosfera.
Gli eventi di SSW, specialmente quelli di tipo major, sono solitamente definiti TST, cioè sono dinamiche che nascono nella troposfera, si propagano alla stratosfera e poi tornano ad avere effetti nello spazio troposferico. La prima fase vede una propagazione delle onde planetarie in stratosfera, con flussi di calore diretti verso il polo che incidono sul vortice polare stratosferico; la seconda fase può vedere uno spostamento del vortice polare dalla sua sede naturale o, coma accaduto quest’anno, una sua completa rottura; la terza fase, infine, vede la propagazione delle modifiche occorse alla circolazione stratosferica nel piano inferiore, modifiche che, ancora una volta come accaduto quest’anno, possono anche essere dei veri e propri sconvolgimenti nella distribuzione della massa atmosferica.
Sulla propagazione delle onde planetarie, ovvero sul pattern che queste assumono, più che sulla loro ampiezza, hanno un ruolo determinante le catene montuose più imponenti del pianeta, che sono tutte o quasi nell’emisfero nord. Tuttavia, da un paper molto interessante uscito sul GRL, apprendiamo che non tutte le catene montuose influiscono allo stesso modo, anzi, in modo piuttosto controintuitivo, quelle che sembrano avere gli effetti più importanti sul getto troposferico e quindi sulla quantità di moto depositata in stratosfera, sono le montagne della Mongolia, la cui presenza riduce di un terzo la velocità del getto, molto più di quanto non facciano le ben più imponenti montagne dell’Himalaya o l’altopiano del Tibet, che pure hanno un ruolo importante. Infine, le Montagne Rocciose americane, pur disposte lungo la longitudine latitudine, sembra non abbiano effetti importanti sulle dinamiche stratosferiche.
Orography and the Boreal Winter Stratosphere: The Importance of the Mongolian Mountains
L’esperimento è naturalmente modellistico, nel senso che soltanto “lavorando” sulla descrizione delle catene montuose nell’orografia dei modelli è possibile investigare il comportamento dei flussi al variare del contributo orografico. Per chi fosse nella possibilità di reperirlo, consiglio vivamente la lettura di questo paper, perché spiega davvero tante cose delle dinamiche TST. Tra l’altro, forse non tutti ricorderanno che, proprio quest’anno, quando si stava ancora cercando di capire se avrebbe potuto esserci un evento di SSW, è stata proprio la discesa di un cavo d’onda fino all’area dei massicci montuosi asiatici a dare il “La” alla definitiva convergenza dei flussi di calore verso il polo da cui è poi derivata la rottura del vortice polare.
Sempre per chi potesse leggere il paper, vi chiedo però di provare a spiegare, possibilmente non chiave fideistica, cosa diavolo c’entra una chiusura come quella che vi riporto qui sotto:
Our results show that the boreal winter stratospheric circulation is significantly shaped by the presence of the Mongolian mountains, due to their impact on the upper tropospheric mean flow and subsequent impacts on wave propagation pathways. Thus the stratospheric circulation, and its variability, may be sensitive to changes in the flow impinging on Mongolia under past climates with differing orography, such as Last Glacial Maximum conditions, or in a future, warmer, climate.
Niente, non c’entra assolutamente nulla, ma, evidentemente, un bel riferimento ad un “futuro clima più caldo” ci sta sempre bene!
il paper è liberamente scaricabile da qui:
https://atmos.washington.edu/~david/White_etal_GRL_submitted2.pdf
ps: …. “le Montagne Rocciose americane …disposte lungo la longitudine….” ??? 😉