Che nel quartier generale del catastrofismo climatico si respiri un’atmosfera disperata degna di un bunker sotto assedio è evidente da tempo. C’è da capirli: sono assediati dalla realtà, una realtà fatta di nevicate record, precipitazioni abbondanti e ondate di freddo “vecchio stile”. Per fortuna, però, dalle parti dei salvamondo non si lascia nulla al caso e i corsi di “Comunicazione del Climate Change” spuntati come funghi da alcuni anni a questa parte, sembrano concretizzarsi magicamente nella forma di perle giornalistiche come quella di cui parliamo oggi.
Livello infimo
Come impongono le regole basilari della comunicazione politica, infatti, anche per il tema iper-politico del Climate Change vale la necessità di adeguarsi al livello dell’interlocutore. Ché con il troglodita negazionista non serve a nulla parlare di grafici, omogeneizzazioni e modelli climatici: bisogna abbassare in modo esponenziale il livello della comunicazione. Come fa La Stampa nell’articolo pubblicato in data 19 Marzo 2018. Titolo e sottotitolo parlano da soli:
Riassumendo, l’autorevole MetOffice prevede un aumento di temperatura di 1.5 gradi nei prossimi 5 anni “rispetto al periodo preindustriale”, avvicinandoci pericolosamente ai 2 gradi della soglia di sicurezza fissata per il 2100. Gradi che però potrebbero essere anche 5.
La plebe tuttavia è sorda agli ammonimenti dei saggi: “Molte persone ti guardano stupite quando parli di un paio di gradi in più nel clima globale: cosa vuoi che siano!” Poveri stolti, non sanno cosa li aspetta: tanto per cominciare, i 35 gradi estivi diventeranno 45. Ma non basta: “la vita non è più facile, ti assale il colpo di calore, si diffondono le malattie da insetti vettori tropicali, salta l’agricoltura, scompaiono i ghiacciai, crescono i livelli marini”.
Non ne hai avuto abbastanza? L’immagine della Signora Agricoltura tutta accaldata che balla la tarantella mentre gli insetti tropicali la punzecchiano e il mare avanza minaccioso non ti ha ancora convinto? Immagina allora di avere la febbre a 37: se sale di 5 gradi, fino a 42, allora morirai. Ti è chiaro adesso?
Qualche riflessione “a caldo”
La reazione istintiva è quella di pensare che la febbre a 42 ce l’avesse chi ha scritto il pezzo.
- Di autorevoli istituti che hanno sbagliato previsioni in fatto di global warming sono piene le fosse. Era molto autorevole, del resto, anche il 98% degli istituti di statistica che prevedevano la vittoria a mani basse di Hillary Clinton. Autorevoli fino a prova contraria.
- Il concetto di “media climatica” di cui si parla nell’articolo implica anche che su vastissime aree del Globo la temperatura aumenterebbe con notevole beneficio della qualità della vita umana.
- In generale le affermazioni non appaiono supportate da nulla, a partire dalla suggestione del tutto risibile che una anomalia termica puntuale di 10 gradi sia riconducibile nella sua totalità ad un non meglio precisato Global Warming di 2 gradi.
- Gli effetti catastrofici descritti nell’articolo non trovano nessun riscontro fattuale in quello che è accaduto finora al cospetto dell’aumento termico registrato negli ultimi decenni (dell’ordine di alcuni decimi di grado). Semmai peccano di originalità, ricordando troppo da vicino le 10 piaghe d’Egitto e riducendo Mosè al rango di umile artigiano di un volenteroso catastrofismo di bottega.
Aspetta un attimo…
A pensarci bene, però, mi sa che proprio che ha ragione La Stampa sulla questione della febbre. L’incremento della temperatura media terrestre, infatti, si può quantificare in circa 0.5 gradi negli ultimi 40 anni per i data-set terrestri (HadCRUT). Quanto ai dati satellitari, giusto per fare un esempio, UAH (autorevole istituto) parla di 0.2 gradi con riferimento al mese di Febbraio 2018.
In altre parole, partendo da una temperatura ipotetica di 36 gradi, il termometro adesso segna tra 36.2 e 36.5 gradi. Quindi la febbre non c’è, il malato è immaginario e la diagnosi è certa solo negli output di modelli che non ne hanno mai azzeccata una in passato. Forse sarebbe il caso che sui giornali si tornasse a parlare di qualcosa di più serio, magari di qualche problema reale del Signor Rossi.
I problemi sono altri
Il punto è proprio questo: a differenza di quanto si sostiene nell’articolo, la vita non è facile già adesso per tanti italiani, e non certo a causa del global warming ma perché la gente ha altri problemi. Problemi veri, rispetto agli allarmi lanciati di continuo dagli autorevoli megafoni del clima-catastrofismo: disoccupazione, precarietà, salari in calo, criminalità, austerità, decrescita, immigrazione, emigrazione e via dicendo.
Insomma, per rimanere sulla metafora medica, è come se una persona che non mangia da settimane andasse in ospedale per sentirsi fare la seguente diagnosi: “Il suo problema non è che pesa 40 kg, ma che oggi ha la febbre a 36.5 e fra 30 anni ce l’avrà a 42. Ma non si preoccupi, abbiamo la cura: deve respirare meno, così emette meno CO2 e la sua temperatura scenderà come da nostri modelli”.
La cura funziona: il paziente è morto.
Lunga vita al Global Warming.
Eppure Luca Mercalli è chiamato in causa, sia con nome e cognome, sia con citazione del suo articolo sulla Stampa, da quasi tutti i commenti prima del mio. Nei commenti qualcuno dubitava della sua “ideologia giornalistica”, nel caso fosse un povero “travet” stipendiato agli ordini di un redattore capo che gli impone di sostenere una tesi che lui, Mercalli, non condivide. Mi sono limitato a fornire prove inconfutabili di sue opinioni (“certezze”, nel suo caso), espresse più volte in RAI, cioè pubblicamente e liberamente, e riflesse nel tono e nel senso dell’articolo in questione. E allora non ha senso la precisazione sulla differenza tra casa propria e casa d’altri, nonostante l'”occhiolino”. La conclusione è che il signor Mercalli può dire presuntuosamente le cose (“baggianate”) che vuole in casa di tutti (via radio, TV e giornali), mentre io non posso esprimere nemmeno il mio “consenso al dissenso” dove altri lo fanno impunemente (“smoderatamente”? Scusate, ma io non uso ambigui “occhiolini”).
Ossequi.
Giusto Buroni. Sempre raggiungibile anche al telefono o in posta elettronica (anche a casa, se ci sono)
Mettiamola così, io non ho voglia né motivo di litigare con nessuno, quindi finiamola qui.
gg
Commento moderato.
Una cosa sono le libere opinioni, altra cosa è chiamare in causa chi non c’è.
Una cosa è casa propria, altra cosa è casa d’altri 😉
gg
Comunque in val padana sono tre inverni che di neve ne fa poca
Cit: ” sono assediati dalla realtà, una realtà fatta di nevicate record, precipitazioni abbondanti e ondate di freddo “vecchio stile”
Mamma mia, mamma mia moriremo tutti congelati. Parola di Massimo Lupicino, il catastrofista seriale di Climate Monitor.
Mercalli ,che sfottete e insultate sempre, in confronto è un serio professionista.
Immagine allegata
Con riferimento alla carta, un punto a caso.
http://www.newshub.co.nz/home/new-zealand/2018/02/weather-is-summer-already-over-for-new-zealand.html
Una piccola e breve ricerca sui pianisti utilizzando la ricerca di google:
site:”lastampa.it” “cambiamenti climatici” (3100)
site:”corriere.it” “cambiamenti climatici” (4300)
site:”repubblica.it” “cambiamenti climatici” (7300)
site:”nytimes.com” “climate change” (55100)
Un bombardamento a tappeto e già si sapeva.
Una volta le folle si radunavano nelle piazze.
Manca il Guardian… 🙂
New York Times:nel 2016 il sostegno del quotidiano andò alla democratica Hillary Clinton, cioè ecoterrorismo 4.0
Il proprietario è il magnate delle telecomunicazioni in America Latina , nonchè il 2°uomo più ricco del mondo…..articolo NWT:
https://www.nytimes.com/2018/03/21/climate/climate-change-sylvia-earle.html
Segnalo un altro articolo del Washington Post sulla scia dello slogan “fa freddo perchè fa più caldo” , il presidente è il proprietario di Amazon nonchè l’uomo più ricco del mondo:
https://www.washingtonpost.com/news/posteverything/wp/2018/03/21/climate-change-may-mean-more-spring-snowstorms-in-the-future/?utm_term=.d2158681dcc6
Questo di Luca Mercalli è un articolo per ill quuale non ci sono aggettivi per qualificarlo. Qundo l’ho letto giorni fa ho provato un senso di sgomento; come si fa a scrivere certe cose? La colpa non è solo del giornale ma soprattutto di chi l’ha scritto. Non so se Luca Mercalli è disinformato o gioca sul catastrofismo. Come fa a sostenere certe cose quando in un recente passato il nostro Pianeta ha registrato temperature superiori a quella attuale, come nel Periodo Caldo Medioevale e nel Periodo Caldo Romano, senza che accadesse nulla di cui parla. Non so come definirlo.
Uberto Crescenti
Non è vero che non è successo nulla, dopo il “Periodo Caldo Romano” sono calati barbari che hanno distrutto tutto. Scappavano dalla fame, dal freddo e cercavano ristoro sulle spiaggie di Rimini?
Ciao MAXX, l’omissione e’ dovuta al fatto che non voglio che passi l’idea che certi articoli siano attacchi alle singole persone. Persone che non conosco e che per quanto mi riguarda possono essere del tutto squisite e preparate nel loro lavoro.
Penso che la responsabilita’ di quello che si scrive sia dei giornali, non di chi scrive sui giornali stessi. Chi scrive su un giornale e’ un professionista pagato per fornire un servizio come dipendente del giornale stesso, a meno che la testata non si dissoci apertamente dal contenuto dell’articolo.
Quindi se su un giornale viene pubblicato un articolo discutibile, e’ giusto che l’oggetto della critica sia la testata stessa, e non la firma sull’articolo. Chi scrive, si mette al servizio di una linea editoriale, e quindi diventa strumento della stessa. Non si tratterebbe tanto di sparare sulla croce rossa, quindi, quanto piuttosto sul pianista che sta a li’ per fare il suo lavoro, nonostante tutto.
E’un convincimento che ho maturato nel tempo e che mi impegno a rispettare anche nel futuro 😉
ah ah ah !!! ma è a firma dell’amico Luca che tu hai omesso per non sparare ancora sulla crocerossa 🙂 🙂