Quasi quasi vado a Tuvalu, era il titolo di un post uscito su CM nel giugno del 2015. Si dava conto di una campagna di misura di alcuni degli atolli che formano l’arcipelago i cui abitanti sono diventati ormai un’icona del clima che cambia e cambia male. Per non perdere la leadership di fronte all’attivismo dei Tuvaliani, il governo delle Maldive – stessa latitudine, stesso oceano, ma parecchio più a est – inscenò la farsa della riunione sott’acqua. All’epoca, gli atolli, alla prova del metro, risultavano in parte cresciuti.
Ora su Nature Communication sono usciti i risultati di un’altra campagna di misura, che ha coinvolto tutti i 101 pezzetti di terra che compongono l’arcipelago.
Patterns of island change and persistence offer alternate adaptation pathways for atoll nations
Risultato? Ecco qua:
Results challenge perceptions of island loss, showing islands are dynamic features that will persist as sites for habitation over the next century, presenting alternate opportunities for adaptation that embrace the heterogeneity of island types and their dynamics
Questa sopra la nobile prosa dell’abstract, la cui traduzione, nel comunicato stampa che accompagna il paper è:
While we recognise that habitability rests on a number of factors, loss of land is unlikely to be a factor in forcing depopulation of Tuvalu
Molto semplicemente, le isole crescono. Meglio, il 74% degli atolli misurati è cresciuto mediamente del 3%, nonostante il livello del mare abbia continuato a salire, complice anche l’accumulo di acque calde dovuto al recente potente El Niño 2016-2016.
Naturalmente, nello stesso comunicato, gli autori precisano che il climate change è comunque il problema più importante che gli abitanti di quelle isole dovranno fronteggiare, solo che, a quanto pare, non dovranno più farlo sott’acqua…
[…] Fonte: Piccoli Atolli crescono […]
Il legame tra le variazioni del livello del mare ed il destino degli Stati insulari è uno dei principali temi del dibattito legato al cambiamento climatico di origine antropica. Le organizzazioni che si battono contro il cambiamento climatico, ne hanno fatto la loro bandiera e tutti i riferimenti ai “migranti climatici” hanno quale archetipo gli abitanti del continente acquatico, come viene definito da qualcuno l’insieme degli Stati insulari.
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Io ho approfondito, un po’ di tempo fa, la questione di Kiribati e giunsi alle stesse conclusioni cui è giunto G. Guidi nel suo post. Si tratta di isole che, nel caso di Kiribati, si “elevano” di qualche decina di centimetri (60/70, mediamente) sul livello del mare medio, per cui è sufficiente una mareggiata, in concomitanza di un El Nino piuttosto corposo a determinare l’allagamento delle isole.
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Mi sento di condividere anche le conclusioni del paper citato da Roberto (robertok06), per cui bisogna concludere sulla base di una serie di dati incontrovertibili che il problema degli Stati insulari è solo la classica foglia di fico che serve a nascondere le vergogne di un movimento che i dati li calpesta, pur tacciando di negazionismo, chi la pensa diversamente. .
Tutto ciò premesso è innegabile che per un Paese la cui altezza media sul livello del mare è inferiore ad un metro, un innalzamento del livello del mare di 20/30 cm, dovuto al contributo sterico ed a quello di massa, è un problema di grande rilievo, in quanto aggrava una situazione già di per sé drammatica. Detto in altri termini, un aumento del livello del mare di 30/40 cm non costituirà mai un problema per chi abita una zona costiera e non ha costruito la casa o la sede della propria attività sulla battigia (in modo illegale, ovviamente), ma per un abitante di Kiribati il problema è serio.
Ciao, Donato.
Salve: proprio su questo argomento, e per puro caso, ho ricevuto stamattina una copia di un articolo che non riuscivo a “vedere” per intero… solo l’abstract era pubblico. L’avevo richiesto qualche settimana fa ad uno degli autori, che me l’ha gentilmente inviato.
Il titolo e’:
“Sea level variations at tropical Pacific islands since 1950”
… pubblicato sulla rivista “Global and Planetary Change”, no. 80–81 (2012) pagg. 85–98
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0921818111001445?via%3Dihub
Dice, essenziamente, cose simili a quelle dell’articolo qui linkato e discusso. Lo metto a disposizione via e-mail a chiunque sia interessato.
E’ chiaro che l’innalzamento del livello dovuto al global warming della CO2 assassina e’ poca cosa rispetto alle variabilita’ ENSO e, soprattutto, alla subsidenza.
L’abstract e’ questo, copio e incollo:
Abstract
The western tropical Pacific is usually considered as one of the most vulnerable regions of the world under present-day and future global warming. It is often reported that some islands of the region already suffer significant sea level rise. To clarify the latter concern, in the present study we estimate sea level rise and variability since 1950 in the western tropical Pacific region (20°S–15°N; 120°E–135°W). We estimate the total rate of sea level change at selected individual islands, as a result of climate variability and change, plus vertical ground motion where available. For that purpose, we reconstruct a global sea level field from 1950 to 2009, combining long (over 1950–2009) good quality tide gauge records with 50-year-long (1958–2007) gridded sea surface heights from the Ocean General Circulation Model DRAKKAR. The results confirm that El Niño-Southern Oscillation (ENSO) events have a strong modulating effect on the interannual sea level variability of the western tropical Pacific, with lower/higher-than-average sea level during El Niño/La Niña events, of the order of ± 20–30 cm. Besides this sub-decadal ENSO signature, sea level of the studied region also shows low-frequency (multi decadal) variability which superimposes to, thus in some areas amplifies current global mean sea level rise due to ocean warming and land ice loss. We use GPS precise positioning records whenever possible to estimate the vertical ground motion component that is locally superimposed to the climate-related sea level components. Superposition of global mean sea level rise, low-frequency regional variability and vertical ground motion shows that some islands of the region suffered significant ‘total’ sea level rise (i.e., that felt by the population) during the past 60 years. This is especially the case for the Funafuti Island (Tuvalu) where the “total” rate of rise is found to be about 3 times larger than the global mean sea level rise over 1950–2009.
CONTRORDINE!
https://www.nasa.gov/feature/goddard/2018/new-study-finds-sea-level-rise-accelerating
…. e articolo su Proceedings of the National Academy of Sciences qui…
http://www.pnas.org/content/pnas/early/2018/02/06/1717312115.full.pdf
Siamo fritti… devo assolutamente venderla quanto prima quella villa fronte mare a Miami Beach… 🙂
Ahhhh, come vorrei che TUTTI i problemi dell’umanità fossero come il climate change!!!
Super-problemone questo CG, a dire il vero IL problema dell’Uomo (inteso come Homo), che però non produce mai danni.