Le notizie circa lo stato delle negoziazioni in atto continuano ad essere molto scarse: qualche bozza di risoluzione e nulla più. Nonostante tutto gli organi sussidiari, giorno dopo giorno, stanno accumulando materiale che, però, resta allo stato di bozza con molti punti da chiarire e molte opzioni possibili. I documenti che si trovano in uno stato più avanzato di maturazione, riguardano aspetti molto tecnici. A buon punto troviamo il documento relativo alle tutela delle foreste (di cui ho già parlato in passato), quello relativo alla costruzione delle capacità (di monitorare lo stato dell’arte dell’impegno contro le emissioni) nei Paesi in via di sviluppo, quello relativo alle risorse economiche da impegnare per la formazione dei quadri tecnici impegnati nei vari organismi dell’ONU e via cantando. Nulla si sa riguardo ai due temi principali di cui dovrebbe occuparsi la Conferenza: le risorse finanziarie per la realizzazione degli interventi di adattamento e mitigazione e gli impegni volontari determinati e non. Sembra ormai acclarato che gli ex INDCs (ora NDCs acronimo di Nationally Determined Contributions ) non consentono di rispettare né la soglia degli 1,5°C, né quella dei 2°C di aumento della temperatura globale rispetto all’epoca pre-industriale. Dovrebbe essere necessario, pertanto, fare di tutto per aumentare gli NDCs dei singoli Paesi, ma di ciò non si può parlare se prima non si individuano le risorse per consentire ai Paesi in via di sviluppo di fare la loro parte. Fino a che la Conferenza delle Parti non affronterà questi due macigni, si perde tempo. Sono fiducioso che nei prossimi quattro giorni qualcosa si farà, vedremo.
Per ingannare l’attesa diamo un’occhiata a quanto accade intorno alla COP23. Approfittando dell’interesse che ruota intorno alla Conferenza (si fa per dire) le industrie impegnate nelle energie rinnovabili fanno sentire la loro voce. Oggi è il turno di IRENA (International Renewable ENergy Agency) che ha pubblicato un summary. Secondo IRENA con gli attuali NDCs gli obiettivi dell’Accordo di Parigi non sono raggiungibili, per cui si rende necessario aumentare i livelli degli impegni. Ciò si può fare in modo piuttosto semplice (secondo IRENA, ovviamente) aumentando la quantità di energia rinnovabile. Tanto per fare un esempio, nell’ottobre del 2014 l’Unione Europea si impegnò a ridurre del 40% le emissioni, aumentare del 27% l’uso di fonti rinnovabili nel consumo finale di energia ed aumentare di un altro 27% l’efficienza energetica. Di tenore simile sono gli NDCs di quasi tutte le Parti che hanno sottoscritto l’Accordo di Parigi. Se ognuna delle Parti si impegnasse a migliorare la quota di energie rinnovabili nel proprio NDC, il raggiungimento degli obiettivi di Parigi sarebbe a portata di mano.
Sommando gli impegni riportati nei vari NDC, per il quindicennio compreso tra il 2015 ed il 2030 è possibile individuare una tendenza di incremento della produzione di capacità rinnovabile di circa 80 GW all’anno (dato mondiale). Questo incremento è molto più basso del “reale” potenziale di sviluppo delle energie rinnovabili (3,6% contro 8,5%), per cui basterebbe che ogni Paese includesse nei propri NDC l’effettivo potenziale di sviluppo delle energie verdi, per poter raggiungere gli obiettivi prefissi. Se i Paesi del G20 decidessero, per esempio, di sfruttare al massimo le energie rinnovabili (eolico, solare, biomasse ed idroelettrico), si potrebbe passare dai 1400 GW installati nel 2014 ai 4600 GW possibili nel 2030. Nel grafico allegato, tratto dal summary di IRENA, sono delineati i possibili scenari. Nella colonna “gialla” il relativamente piccolo incremento degli NDCs per rispettare gli impegni di Parigi circa i livelli di incremento delle temperature globali.
Messa così, la cosa sembra facile, ma in realtà è molto difficile perché essa ha un costo: solo per raggiungere gli NDCs già fissati, è previsto uno stanziamento di 1700 miliardi di dollari al 2030, per incrementare gli NDCs, l’investimento sarà molto, ma molto più consistente.
Chi investirà questa montagna di soldi? A mio modesto parere nessuno fino a che l’energia potrà essere prodotta a prezzi enormemente più bassi, ma potrei sbagliarmi. Di una cosa posso essere certo, però: non sarà la COP23 che darà il via alla transizione energetica delineata nel report di IRENA.
Per chiudere un cenno ad un evento collaterale alla COP. Oggi a Bonn c’è stato il summit delle autonomie locali (città, regioni, stati e via cantando). La parte del leone l’ha fatta il governatore della California J. Brown che dal palco ha tuonato contro Trump e la sua politica contraria agli accordi di Parigi: la California non si farà intimidire dalle politiche federali e farà da sola. Tra il tripudio generale, tutti i convenuti hanno concordato che la rivoluzione partirà dal basso: le autonomie locali procederanno molto più speditamente degli stati nazionali verso gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Per dovere di cronaca al summit erano presenti i presidenti di alcune regioni italiane in veste di rappresentanti di organismi europei che associano le autonomie locali: il presidente della Sardegna, quello dell’Emilia-Romagna ed altri esponenti politici locali.
Sui principali organi di stampa continua la campagna contro Trump e le sue politiche ambientali: il Guardian ha pubblicato un articolo veramente esemplare in proposito. A me Trump non è simpatico, ma a tutto c’è un limite e il Guardian credo che lo abbia superato di molto.
Come era prevedibile, nessuno spazio è stato dato dalla stampa internazionale all’evento organizzato oggi dalla delegazione ufficiale USA e a cui avevo fatto cenno nel post precedente. Se riuscirò ad avere notizie, ne informerò i lettori di CM.
[…] Fonte: Il giorno delle rinnovabili […]
Grazie Donato per i tuoi preziosi aggiornamenti sui lavori di Bonn. Penso che in generale i tuoi sempre interessanti ed equilibrati articoli, trovino consenso sia da parte degli scettici (climatici), e sia da parte degli scettici dello scetticismo (climatico), come sono io.
Fabio, ti ringrazio e ti saluto con grande cordialità.
Si fa quel che si può, anche se qualche volta anch’io perdo l’equilibrio. 🙂
Ciao, Donato.
”
sfruttare al massimo le energie rinnovabili (eolico, solare, biomasse ed idroelettrico),
”
Io le biomasse le toglierei proprio visto che si parla di rinnovabili abbinate alla riduzione di “emissioni di co2”.
Non ha senso puntare sull’aumento del consumo di biomassa.
Le biomasse sono annoverate tra le rinnovabili perché rappresentano carbonio del ciclo attuale e non carbonio fossile come carbone, gas e petrolio che altera l’equilibrio del ciclo del carbonio odierno.
Ciao, Donato.
Sarà, ma se si parla di passare all’elettrico per la trazione per abbassare l’inquinamento non capisco il senso di parlare delle biomasse come fonti rinnovabili pulite…
Mistero del cimatismo…
Ciao, Donato.
“La parte del leone l’ha fatta il governatore della California J. Brown che dal palco ha tuonato contro Trump e la sua politica contraria agli accordi di Parigi: la California non si farà intimidire dalle politiche federali e farà da sola. ”
Ah!… pare che Brown sia stato anche fischiato durante il suo intervento, per i motivi che sono spiegati qui…
https://www.newyorker.com/tech/elements/why-governor-jerry-brown-was-booed-at-the-bonn-climate-summit
“California is a big oil-and-gas producer, too the third largest in the United States—and Brown has so far declined to curtail even fracking and urban drilling, the dirtiest and most dangerous kinds.”
Anche lui predica bene ma razzola male. Pecunia non olet, e di pecunia con la produzione di energia se ne puo’ fare tanta… e le campagne elettorali negli USA, si sa, costano assai… 🙂
http://www.sandiegouniontribune.com/news/watchdog/sdut-brown-consumer-watchdog-2016aug11-story.html
“Santa Monica consumer group is criticizing Gov. Jerry Brown for his ties to utilities and other companies reliant on fossil fuels, linking almost $10 million in contributions from 26 oil, gas and power companies to decisions by Brown administration officials that directly benefited the donors.”
Roberto, grazie per le tue interessanti considerazioni che aiutano a inquadrare adeguatamente il soggetto che, tra l’altro, mi risulta leggermente antipatico! 🙂
Ciao, Donato.
@Donato
” il Guardian ha pubblicato un articolo veramente esemplare in proposito. A me Trump non è simpatico, ma a tutto c’è un limite e il Guardian credo che lo abbia superato di molto.”
Beh… basta guardare chi l’ha scritto, l’articolo. Dana Nuccitelli… sodale di John Cook, lo psicologo cognitivo che fa girare il noto sito skepticalscience. Assieme alla nota pasdaran anti-nucleare Naomi Oreskes ed altri ha scritto uno dei famosi articoli e contro-articoli sul 97% di consenso fra i climatologi, questo qui…
http://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/11/4/048002
… il famoso “consenso sul consenso”… 🙂
Nuccitelli appare nella lista degli autori con la sola affiliazione “skepticalscience”, cosi’ come due altri co-autori… come se fosse un centro di ricerca!.. ma dai!
Il guardian ne parla perché è custode dell’ortodossia. Parla delle COP come la pravda parlava dei soviet supremi del PCUS. Basta saperlo e interpretarlo adeguatamente. Di contro, uno dei pochi quotidiani che raccontano un’altra storia sul global warming è il Telegraph, che consiglio vivamente di leggere.
“Il guardian ne parla perché è custode dell’ortodossia.”
Ed è l’unico (o quasi) che lo fa! 🙂
Comunque concordo con te: sapendo da che pulpito viene la predica, si riesce ad interpretarlo bene.
Ciao, Donato.
Roberto, lo sai che non me ne ero accorto? Ho letto l’articolo, ma non ho fatto caso al nome dell’autore! 🙂
La vecchiaia comincia a fare brutti scherzi!
Noto il nome dell’autore, non mi stupisce più la violenza gratuita che caratterizza l’articolo: nel passato ho letto qualche post dell’orrifico Skeptical Science e me ne sono ritratto disgustato. Col senno di poi avrei dovuto riconoscere lo “stile” del Nuccitelli.
Comunque, sempre con il senno di poi, devo riconoscere che se avessi fatto caso al nome dell’autore, certamente non avrei letto l’articolo. Tutto sommato meglio così! 🙂
Ciao, Donato.