Premessa
Il tema di questo articolo è la generale tendenza al raffreddamento manifestata dal clima terrestre negli ultimi 50 milioni di anni, una tendenza culminata nel Pleistocene (ultimi 2,5 milioni di anni). Per sviluppare questo concetto ho fatto riferimento ai dati provenienti da più fonti e presentati in un paper di Hansen et al. uscito nelle Philosophical transactions della Royal society (2013). Tali dati mi sono caduti sott’occhio perché assai di recente riproposti da Wim Röst su WUWT (2017).
Fenomenologia del raffreddamento
Dell’articolo di Hansen et al. (2013), riferito al Cenozoico (ultimi 65 milioni di anni), colpiscono in particolare gli andamenti delle temperature dei fondali oceanici che, dopo un massimo di 12°C raggiunto nell’Eocene (circa 50 milioni di anni fa) mostrano in sostanza un calo pressoché continuativo culminato negli ultimi 2,5 milioni di anni e cioè nel pleistocene (figura 1). Secondo quanto arguiscono gli autori tale calo è stato accompagnato da un analogo calo del livello degli oceani, delle temperature di superficie e dei livelli atmosferici di CO2.
Tale fenomeno generale non può a mio avviso non porre alcuni interrogativi. In particolare da 50 milioni di anni fa ad oggi:
- la temperatura media planetaria di superficie sarebbe calata da 28°C a 12°C (figura 2)
- il livello degli oceani sarebbe calato di parecchie decine di metri (figura 3)
- la CO2 atmosferica sarebbe calata da 1000 ppmv alle 180 ppmv delle ere glaciali pleistoceniche.
Da ciò si desume che il sistema climatico terrestre parrebbe per sua natura vocato a una sempre maggiore prevalenza del regime glaciale, che si è sostanziata nella comparsa della calotta antartica 38 milioni di anni fa e di quella artica 8 milioni di anni fa. Peraltro tale tendenza al raffreddamento si ripropone anche su scale temporali più limitate e più nello specifico:
- nel corso del pleistocene, che ha visto il susseguirsi di una serie di interglaciali caldi alternati a ere glaciali (figura 2). Il fatto è che, come sottolinea Röst nel suo scritto, le ere glaciali pleistoceniche da 2,45 milioni di anni fa al 1 milione di anni fa si sono susseguite mediamente al ritmo di una ogni 41000 anni, in perfetta coerenza con le ciclicità di Milankovich da obliquità, mentre da 1 milione d’anni a oggi (figura 4) il ritmo è salito mediamente a 1 era glaciale ogni 100000 anni, con la soppressione delle ere glaciali che non godevano di un forcing astronomico sufficientemente potente.
- nel corso dell’Olocene, in cui le temperature dopo il grande optimum postglaciale (fra 8500 e 5500 anni orsono) hanno manifestato un graduale decremento temporaneamente interrotto solo da 3 optimum (miceneo, romano e medioevale) per raggiungere nel corso della Piccola era Glaciale (PEG) il livello più basso dalla fine della glaciazione di Wurm.
- nella stessa fase di GW attualmente in atto assistiamo a fasi di incremento delle temperature globali intervallate a fasi di stazionarietà-lieve diminuzione.
Si noti anche il peculiare comportamento delle temperature pleistoceniche (figura 4) nelle transizioni glaciale – interglaciale. In almeno tre casi infatti (transizione verso Holsteiniano, Eemiano e Olocene) è evidente che l’uscita dalla fase glaciale avviene in modo molto rapido in virtù di una forzante di grandissima efficacia, che non fu ovviamente antropica e che nel caso di Holsteiniano e Eemiano ha portato il livello marino a parecchi metri al di sopra del livello attuale (Hansen et al. 2013) in virtù di una imponente fusione delle calotte glaciali groenlandese e antartica che non trova fin qui riscontro nell’Olocene. Nei tre casi citati tuttavia al rapidissimo incremento segue un lento declino, per cui esauritosi l’effetto dell’elemento forzante la temperatura terrestre riprende la sua ordinaria deriva verso il raffreddamento.
Domande conseguenti alla fenomenologia descritta
La domanda che suscitano questi andamenti è relativa alla ragione per cui negli ultimi 50 milioni di anni il clima mostra una irrefrenabile tendenza al raffreddamento. Alle radici vi è la riduzione del vulcanesimo che riforniva l’atmosfera di CO2 (come ipotizzato da Hansen et al., 2013) o vi sono altre ragioni, come motivi astronomici o motivi geografici legati alla configurazione senza precedenti assunta dalle terre emerse in virtù della deriva dei continenti o ancora motivi legati all’incremento dell’albedo planetario? Come si saranno comportate le nubi da cui ad esempio dipende il 24% dell’effetto serra terrestre e una parte consistente dell’albedo planetario?
E’ corretto l’approccio proposto da Wim Röst secondo cui mi pare di capire che sarebbe il fondale degli oceani a “parlare” all’atmosfera che ne amplifica il segnale di raffreddamento moltiplicandolo grossomodo per 2 – 2.5? Da questo punto di vista sappiamo che su scale temporali ridotte (la recente fase di GW) le temperature oceaniche “parlano” all’atmosfera come risulta osservando il comportamento dell’indice AMO (quando tale indice è in fase negativa le temperature globali si stabilizzano o manifestano una certa diminuzione) o i fenomeni di El Nino (anche qui riscaldamenti molto rapidi seguiti da lenti raffreddamenti).
In tale contesto non è infine da trascurare l’ipotesi, avanzata da Moore e già discussa in un post su CM (http://www.climatemonitor.it/?p=41638), secondo cui CO2 possa aver sfiorato durante le ere glaciali del quaternario il punto di non ritorno e cioè il livello critico al di sotto del quale la fotosintesi si arresta e di conseguenza le catene alimentari non più nutrite dagli autotrofi “muoiono di fame”.
Conclusione e una postilla
Hansen et al. (20139 iniziano il loro articolo con la frase, “Humanity is now the dominant force driving changes in the Earth’s atmospheric composition” ripresa dal report IPCC del 2007. In un tale contesto la tendenza al raffreddamento è ovviamente sorvolata anche se viene spontaneo un sommesso ma deciso “Eppur si muove!”.
Come ulteriore postilla segnalo che dal lavoro di Hansen et al. (2013) emerge una costante preoccupazione, che mi pare sincera, in relazione agli effetti negativi di CO2 sul sistema climatico. Ma se il pericolo è tento imminente perché concentrare i nostri sforzi su “pannicelli caldi” come quelli che ci vengono da Parigi e che non spostano in alcun modo il trend in crescita di CO2? Non varrebbe invece la pena di puntare decisamente sull’opzione nucleare che produce energia senza emettere una molecola di CO2? E’ questa una domanda che mi pongo da anni e sui cui potei immaginare un’alleanza fra chi detiene una cultura pragmatica e che escluda l’ambientalismo più becero, e cioè quello che fa emergere i problemi e al contempo blocca tutte le possibili soluzioni, tenendo in scacco i nostri sistemi politico-sociali e creandosi rendite di posizione giganti.
Riferimenti
- Hansen J, Sato M, Russell G, Kharecha P. 2017. Climate sensitivity, sea level and atmospheric carbon dioxide. Phil Trans R Soc A 371: 20120294. http://dx.doi.org/10.1098/rsta.2012.0294 (http://rsta.royalsocietypublishing.org/content/roypta/371/2001/20120294.full.pdf).
- Rost W., 2017. Cooling Deep Oceans – and the Earth’s General Background Temperature https://wattsupwiththat.com/2017/08/13/cooling-deep-oceans-and-the-earths-general-background-temperature/
- Zachos JC, Dickens GR, Zeebe RE, 2008. An Early Cenozoic perspective on greenhouse warming and carbon-cycle dynamics. Nature 451, 279–283. (doi:10.1038/nature06588)
[…] Fonte: Sulla Tendenza Generale al Raffreddamento del Clima Terreste […]
Da quello che ho capito, la presenza delle calotte polari influenza in maniera significativa le oscillazioni climatiche.
Sembra simile al comportamento di alcuni fenomeni fisici di tipo armonico in cui quando si scende sotto una certa soglia di frequenza il comportamento del sistema non e’ più’ lineare ( mi viene in mente la legge di massa per la trasmissione acustica attraverso un mezzo)
L’oscillazione del livello del mare poi e’ impressionante. Se invece di guardare il valore medio si guarda il delta per ogni due gradi di abbassamento della temperatura c’è un aumento di oscillazione del livello dei mari di +/ 25 metri. Sarebbe interessante valutarne la ciclicità con una scala più’ grande
35 milioni di anni sono scarsi?
[…] Fonte: Sulla Tendenza Generale al Raffreddamento del Clima Terreste […]
[…] Autore: Luigi MarianiData di pubblicazione: 22 Agosto 2017Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=45561 […]
Salve:
Hansen e’ uno dei maggiori sostenitori del nucleare. Si trovano molti suoi studi peer-reviewed, e presentazioni fatte qua e la che confrontano l’efficacia, per esempio, del programma nucleare francese con la farlocca “rivoluzione energetica” Energiewende in Germania, per quel che riguarda la decarbonizzazione della produzione elettrica.
Francia: 44 gCO2/kWh prodotto;
Germania: 560 gCO2/kWh prodotto.
Ha poi pubblicato diversi articoli sulla mortalita’ delle varie fonti di produzione di energia, anche li il nucleare esce “vincente”, incidenti inclusi.
Un mese fa ha inviato un accorato appello, firmato anche da altri scienziati, al presidente francese Macron, supplicandolo di non rallentare il programma nucleare francese.
Recentissimamente ha pubblicato questo articolo…
http://bio.uib.no/te/papers/Hansen_2017_Limits_to_growth.pdf
… che mostra come le farlocche rinnovabili intermittenti “di grido” eolico e fottovoltaico, anche assieme, non riusciranno a salire sopra ai 1400-1800 GWp, che non sono GW veri, ma “di picco” (che non sono mai generati, in realta’, neanche per un secondo dell’intera vita di pannelli e turbine).
R.
Caro Roberto, infatti la Merkel si è ben guardata dal chiuderle, nonostante le promesse elettorali!!!
Il punto è sempre quello: fin quando i soldi non sono di chi li usa (butta, nel caso in esame) dell’efficienza e di tutto quanto sensatamente si dice non frega un tubo a nessuno!!!
Si provi, invece, a farli cacciare tutti questi soldoni alla Eon (o Enel, EDF, o chi essa sia) e ai suoi azionisti, senza mettere le mani in tasca ai cittadini con gli oboli nelle bollette o con soldi statali per mezzo di incentivi deliranti, e poi vedremo se investono in quelle inutilità che sono FV ed Eolico.
Ciao Luca: a dire il vero la Merkel 8 reattori li ha fermati, di cui 6 erano perfettamente funzionanti e 2 in corso di manutenzione profonda… subito dopo l’incidente di Fukushima, cioe’ 6 anni fa.
Il risultato e’ stato che da allora le emissioni di gas a effetto serra per la produzione di elettricita’ in Germania sono rimaste praticamente immutate, nonostante ci siano piu’ di 80 GW di turbinette e pannellini.
Se vuoi vedere come vanno le cose in quel di Energiewende-land, basta che tu guardi questi siti:
http://www.sma.de/en/company/pv-electricity-produced-in-germany.html
https://www.energy-charts.de/power.htm?source=all-sources&month=8&year=2017
https://www.agora-energiewende.de/en/
Sul secondo, se scegli (per esempio) il mese di luglio e “all sources” e clicchi col mouse sulla fascia grigia che corrisponde all’eolico, trovi che durante i 31 giorni di quel mese la potenza elettrica istantanea (mediata su un’ora) passa da un massimo di 27,59 GW a un minimo di 0,57 GW. I primi sono “troppi”, i secondi “troppo pochi”, una volta che si tenga conto della curva di domanda.
Il risultato e’ che la “verde” Germania, portata ad esempio da seguire per quel che riguarda la produzione da rinnovabili, e’ obbligata a far funzionare a pieno regime le centrali a lignite e carbone, che sono dei veri killer non per via della CO2 ma delle emissioni di particolato, metalli pesanti, arsenico, ossidi di zolfo e azoto, etc…, che ammazzano cittadini tedeschi (e dei paesi limitrofi) a colpi di qualche decina per TWh elettrico prodotto… ed i TWh elettrici da carbone e lignite assieme sono centinaia all’anno.
Il terzo sito citato, Agora Energiewende, e’ utile per trovare dati… ovviamente sono pro-rinnovabili e “verdi” a manetta… quindi bisogna leggere titoli e commenti “cum grano salis”.
Per esempio, cliccando su “Annual Review 2016 – A year of mixed success”, si scopre che…
“Coal power is on the decline, yet emissions have increased ”
Leggendo il testo si capisce quali danni possa fare l’ideologia “verde”: a fronte di 22 miliardi di Euro/anno che piovono sulle fonti rinnovabili (di cui quasi 11, se non ricordo male, sul solo fotovoltaico che produce in Germania al 10% di fattore di capacita’) i geni di Agora affermano che la riduzione dei costi in bolletta (una delle piu’ care del mondo) si potrebbe ottenere cosi’ …
“For instance, one option would be to lower electricity costs and shift the levies and surcharges to energy sources such as coal, heating oil, diesel, gasoline and natural gas, which are harmful to the climate.””
… cioe’ di nuovo succhiare soldi alle ALTRE fonti, pur sapendo che senza carbone, lignite, gas e nucleare (che e’ gia’ supertassato in Germania) le rinnovabili intermittenti da sole lascerebbero case, ospedali e industrie tedesche senza corrente spesso e volentieri.
Ci sarebbero mille altre cose da dire sulla farlocca Energiewende, ma mi fermo qui… sono gia’ off-topic e me ne scuso con i gestori del sito. 🙂
PV e eolico non sono una inutilità quando accoppiati al termoelettrico a metano: la combinata rende parecchio a chi vi investe e rende inutile il nucleare e il carbone.
Certo, così si dipende dal metano… ma questo è già chiaro direi…
E’ una follia tecnologica, si debbono usare generatori veloci a basso rendimento per coprire i capricci delle turbine e dell’eolico. Si consuma di più che ad usare solo termoelettrici ad alto rendimento che però hanno tempi di regolazione lunghi. Un’auto consuma meno a 90 kmh in autostrada piatta senza traffico e lunga che a viaggiare con medie di 30kmh però tutta saliscendi, curve ed in mezzo al traffico.
Non so che dirti, ma è chiaro che a chi investe conviene di più. L’aumento della penetrazione dei GW intermittenti ha come conseguenza l’abbassamento della parte coperta da quello che di solito si chiama carico di base, dove ci stanno un gran bene nucleare e carbone.
Chi investe ha il favore dell’opinione pubblica, della politica e dei finanziatori, visto che per questi ultimi il costo per kW installato e l’alta scalabilità di quanto si installa (piccoli e tanti impianti) favorisce parecchio appunto eolico, PV e metano anche per il basso capitale da investire. Che alla fine il kWh che le utenze pagano si alzi, beh, non è un problema, chi compra c’è sempre…
“PV e eolico non sono una inutilità quando accoppiati al termoelettrico a metano: la combinata rende parecchio a chi vi investe e rende inutile il nucleare e il carbone.”
Beh… e’ quello che uno studio dell’ADEME, l’agenzia francese per l’ambiente e l’energia, ha effettuato circa un anno fa.
Hanno presentato uno studio dove “dimostravano” che si potrebbe generare tutta la corrente elettrica necessaria alla francia nel 2030 (un po’ piu’ dei circa 500 TWh/anno di adesso) tramite rinnovabili (principalmente FV e eolico) e power-to-gas (cioe’ metano ottenuto da “surplus” di eolico e FV).
Risultato finale? Un sacco di energia buttata, perche’ inutilizzabile, un sacco di energia persa nella trasformazione elettricita’-metano-elettricita’, e alla fine non meno di 230 gCO2/kWh di emissioni, rispetto ai 45 g di adesso… e tutto questo per “decarbonizzare l’energia”????
Il problema principale e’ che tali idee bislacche vengono portate all’attenzione di gente come il neo-ministro Nicolas Hulot, che non capisce un’acca di nulla… e lui si lascia convincere facilmente.
Caro Luigi, grazie per l’articolo. Devo dire che sulle prime mi aveva sopreso che Hansen avesse messo il suo nome su uno studio del genere, e che fosse stato pubblicato. La foglia di fico preliminare sull’uomo che cambia il pianeta con la sola forza del pensiero (anzi con le flatulenze bovine) rende giustizia della mia perplessita’ iniziale e giustifica pienamente il superamento del referaggio.
La foglia di fico d’altronde e’ assolutamente necessaria altrimenti a qualcuno verrebbe il dubbio che le dinamiche di riscaldamento/raffreddamento di questo pianeta sarebbero da analizzare su una scala molto piu’ lunga rispetto a quanto fanno i volenterosi massaggiatori dell’IPCC e i loro fratelli.
E’ un po’ come dire che se tra le 10 del mattino e le 12 la temperatura aumenta di 2 gradi, allora il giorno dopo alle 10 sara’ aumentata di 24 gradi, e fra dieci giorni di 240 C. E se qualcuno fa notare che in passato nell’arco delle 24 ore la temperatura tornava a valori paragonabili a quelli di partenza, gli si rispondesse: “non capisci niente! ora l’uomo cambia il clima quindi scordammoce o’ passato”.
Si ridera’ di noi e del livello delle nostre scienze “settled”, si ridera’ e verremo sbeffeggiati per il livello della ricerca scientifica attuale. Che sia tra 5, 10 o 100 anni poco importa, quello che e’ certo (a mio parere) e’ che accadra’. E prima accade, meglio e’, cosi’ risparmiamo qualche trilione di dollari in piu’, magari per spenderlo su cause piu’ giuste, e problemi piu’ veri.
Sì, Massimo, ma si riderà della creduloneria popolare, di certo non di chi è riuscito a fare i propri interessi in un paese in cui il raggiro è facilmente attuabile grazie al suo grado di analfabetismo funzionale diffuso.
Paradossalmente bisognerebbe imparare da questi demagoghi che utilizzano la paura presente nei folti bassi strati culturali per tirare innanzi raggirando i cittadini.
Massimo veramente già oggi se un giorno fa freddo e poi fa caldo si parla di clima impazzito…quindi siamo già molto avanti.
gg
Infatti Hansen credo che sia un deciso sostenitore del nucleare. Purtroppo tanti suoi “colleghi” non la pensano come lui, e “stranamente” sono cortocircuitati col mondo di solare ed eolico (chissà perché, non idroelettrico di grandi dimensioni, o geotermico).
Sì Filippo, ormai l’analfabetismo funzionale sta mandando in pappa il cervello di molti consumatori .
Luigi, guardando il grafico dell’andamento del livello dei mari, parrebbe di notare, a partire da -3 milioni di anni, contemporaneamente all’abbassamento medio, un’amplificazione delle oscillazioni a breve termine. È una mia impressione? È dovuto al fatto che i dati più vecchi sono soggetti ad un campionamento temporale meno fine? O è cambiato qualcosa realmente?
Fabrizio, il fenomeno che segnali è in effetti molto evidente e penso sia dovuto all’incremento della massa d’acqua intrappolata nelle calotte glaciali durante le fasi fredde, calotte glaciali che poi fondono in modo quasi completo nel corso di interglaciali caldissimi come l’Eemiano.