Senza la pretesa di rovinare la festa a nessuno, questo Ferragosto, con un tempo finalmente “normale” per il Belpaese, è comunque listato a lutto. Il tempo meteorologico ha colpito ancora, duramente. Così la BBC:
A mudslide in Regent, near Sierra Leone’s capital Freetown, has buried houses in mud.
Flooding is not unusual in the west African state, where unsafe housing is regularly swept away by heavy rains
Scores feared dead after a mudslide near Sierra Leone’s capital, Freetownhttps://t.co/zFQ32OhJHw pic.twitter.com/n2O1yNdxlZ
— BBC News (World) (@BBCWorld) 14 agosto 2017
Come riportato anche da tutti gli altri media, le violente piogge degli ultimi giorni hanno provocato un’alluvione con centinaia di vittime in Sierra Leone. La vicenda stupisce per la portata del disastro, in un Paese che vede comunque nel mese di agosto il massimo della piovosità annuale e u na endemica moderna fragilità infrastrutturale, trovandosi in quella porzione di costa dell’Africa occidentale da cui prendono origine le onde atmosferiche che poi si trasformano in uragani nell’Oceano Atlantico.
Appena a nord dell’equatore, la Sierra Leone si trova in quella fascia dell’Africa equatoriale compresa tra 5° e 15°N, dove a governare il tempo – e le stagioni – è la Zona di Convergenza Intertropicale (ITCZ). Una zona in cui convergono gli Alisei da nord-est dell’emisfero nord e quelli da sud-ovest dell’emisfero sud, questi ultimi deviati nella loro direzione di provenienza originaria per effetto del passaggio attraverso l’equatore e quindi il cambiamento di segno della forza di coriolis, che nel nostro emisfero esercita una forza che entra nel computo della direzione del vento deviandolo verso destra.
Due flussi uguali e contrari quindi che danno origine ad una fascia costantemente occupata da enormi nubi temporalesche, che, a loro volta, raggiungono a quelle latitudini il massimo sviluppo verticale possibile, anche 16-17 km, per effetto della quota massima raggiunta dalla Tropopausa, il loro limite naturale. E quando piove viene giù il cielo.
Sembra una congiura, non è vero? E’ la Natura invece, purtroppo spesso spietata, come in questo drammatico episodio.
Il senso del non esistere di “tanta città” dovrebbe essere rapportata alla campagna come anni fa, non mi pare che sia il caso attuale.
[…] Autore: Guido GuidiData di pubblicazione: 15 Agosto 2017Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=45516 […]
Grazie Guido per averci portato a riflettere su un disastro che oggi pare aver superato i 600 morti e che ha avuto come causa scatenante un evento meteorologico estremo accaduto in un’area del mondo cui di solito prestiamo scarsa attenzione.
Peraltro nelle zone tropicali i disastri in aree urbane dovuti a piogge estreme sono all’ordine del giorno come dimostra anche il caso dell’aprile scorso della città di Mocoa in Colombia (http://www.lastampa.it/2017/04/01/esteri/il-maltempo-flagella-la-colombia-almeno-morti-per-le-frane-interi-paesi-sepolti-dal-fango-sam3AAv7EUchT7BUvm0TJP/pagina.html).
Non conosco bene la situazione della Sierra Leone ma immagino che eventi di questo tipo dipendano principalmente dall’assenza di norme di prevenzione. D’altronde come si fa a far prevenzione dove lo sviluppo delle aree urbane avviene senza alcun controllo?
E oggi le grandi megalopoli dei PVS si sviluppano in gran parte in questo modo, con livelli di inurbamento sempre crescenti (oggi oltre il 50% delle popolazione mondiale vive nelle città). Quella dell’urbanesimo incontrollato è a tutti gli effetti una grande emergenza planetaria.
Oltre l’urbanesimo incontrollato, evidenzierei la causa di questo urbanesimo che è dovuto al controllo massivo della produzione di materie prime agricolo-alimentari da parte di poche società-colosso aziendali.
Tra le righe bisogna leggere che chiunque in questo mondo potrebbe essere autosufficiente e essere indipendente autoproducendosi il sostentamento alimentare per vivere, di certo i soldi e il denaro non si mangiano, ma qualcuno lo avrà capito?
Alessandro, il problema è stato da lei posto in modo troppo generico, nel senso che un’analisi minimamente efficace non può ignorare per lo meno i seguenti problemi aperti:
– come far giungere all’autosufficienza alimentare in un continente (l’Africa) che dipende da aiuti esterni per il 50% dei suoi fabbisogni alimentari (la soglia di autosufficienza è oggi di circa 300 kg di cereali pro-capite e l’Africa ne produce 150, contro i 320 dell’Asia, i 360 dell’Europa, ecc.)?
– come conciliare lo sviluppo agricolo con l’eccesso di popolazione rurale: le agricolture di sussistenza producono (poco e male) per i soli agricoltori che le praticano. Chi alimenta chi vive in città se quasi tutto si riduce a agricoltura di sussistenza come accade oggi in Africa?
– come affrontare il problema fondiario: in molti paesi africani non esiste la proprietà privata per cui è impossibile fare sviluppo agricolo perché nessuno al mondo investe su un terreno che non è il proprio, e il problema è tutt’altro che banale perché negli anni 80 del XX secolo fece crollare i regimi del socialismo reale?
– come gestire il problema del land grabbing e cioè l’accaparramento di grandi proprietà fondiarie da parte di stati esteri o di grandi companies (che penso sia quello a cui lei si riferiva) e trasformarlo in occasione di sviluppo?
– come fare di fronte alla corruzione dilagante che affligge gran parte dei regimi africani e che vanifica molti degli aiuti inviati (ad esempio mi risulta il 70% degli aiuti che al comunità internazionale ha inviato in Somalia non sono mai giunti nelle casse dello Stato)?
– come fare analisi andando oltre il luogo comune (l’Africa è un’area del mondo enorme con decine di stati estremamente diversi fra loro)?
– Come fare sviluppo agricolo innovando le tecnologie (genetica, tecniche colturali e di allvamento) e al contempo adeguando le tecnologie alla cultura dei popoli cui le stesse vengono trasferite?
Come vede è un discorso molto ampio e a cui mi sono in qualche modo potuto avvicinare avendo a che fare con persone impegnate molto più di me sui temi della cooperazione allo sviluppo.
Per questo nelle mie considerazioni mi sono limitato al tema dell’urbanesimo, problema globale in cui tutti gli stati del mondo sono coinvolti. Infatti nei paesi evoluti non abbiamo land grabbing ma l’urbanesimo negli ultimi 70 anni è stato comunque un fenomeno imponente, tant’è vero che oggi le agricolture più produttive (quelle che nutrono il mondo) sono quelle di paesi (Usa, Canada, Australia, Europa, ecc.) in cui meno del 10% della forza lavoro totale è impiegata in agricoltura.
“nei paesi evoluti non abbiamo land grabbing”
c’è già stato land grabbing e c’è tutt’ora, basta interessarsi alle offerte esose di Bonifiche Ferraresi verso i privati. Sono totalmente in disaccordo su questo punto.
“Chi alimenta che vive in città?”
è propro qui il punto: la città non ha motivo di esistere visto che la città stessa non può produrre il proprio fabbisogno alimentare.
“Come conciliare lo sviluppo agricolo con l’eccesso di popolazione rurale:”
Nella vita funziona che se ho un eccesso si popolazione allora dovrei avere un eccesso di ricchezza nella popolazione, invece in Africa nel 1950 la popolazione era di 221 milioni nel 1999 è diventata di 767 milioni, nel 2050 diventerebbe di 1766 milioni, allora qual è la logica di questa popolazione che non riesce nemmeno ad autoalimentarsi? In Europa invece nel 2050 sarebbe prevista diminuire la popolazione per colpa dell’individualismo a scapito della collettività grazie alla decadenza dei valori morali nel mondo occidentale.
Il problema è antropologico e dovuto ad una falsa ricchezza prospettata al popolo occidentale creata dalle grandi compagnie che possiedono un eccesso di ricchezza e denaro.
“c’è già stato land grabbing e c’è tutt’ora” Guardi che tranne che per casi aneddotici non si può in alcun modo parlare di Land grabbing per l’Italia in quanto il nostro è il paese che insieme alla Romania, ha il più livello di frammentazione aziendale in Europa: Italia e Romania detengono infatti la metà delle aziende agrarie europee (http://www.pianetapsr.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/764), con un livello di frammentazione tale da inibire in molti casi l’innovazione tecnologica.
“la città non ha motivo di esistere visto che la città stessa non può produrre il proprio fabbisogno alimentare” la città non può produrre cibo perché non dispone di un elemento fondamentale: la terra. Come si fa a pensare che possa essere indipendente dalla campagna o che debba scomparire per tale motivo, che peraltro sussiste da quando la città è nata, circa 10000 anni fà?
Tra l’altro la stagione umida con le sue precipitazioni cosi’ abbondanti era stata considerata tra le cause dell’epidemia di ebola che ha cosi’ duramente colpito lo stesso Paese. Epidemia fermata grazie alla scoperta e sperimentazione a tempo di record di un vaccino.
Ogni tanto fa bene ricordare anche queste cose, giusto per ricordarci cos’e’ una scienza vera che salva le vite vere da pericoli veri.