Brutta estate questa del 2017, sotto molti punti di vista. No, non perché è uscito il sequel del film di Al Gore, con il titolo in parte riciclato “An Inconvenient Sequel: Truth to Power “, anche perché pare che gli americani non stiano facendo la fila al botteghino per ammirare la verità al potere. E’ una brutta estate per il deficit idrico dell’inverno e della primavera che sta presentando il conto, sebbene in alcuni casi con numeri molto meno spaventevoli di quanto si racconti, e lo è per il susseguirsi di configurazioni della circolazione atmosferica che stanno penalizzando il Mediterraneo, continuando a far affluire aria che arriva dal Nord Africa e persistenti onde di calore.
Ne beneficia ovviamente l’industria turistica, mentre quella agricola pare sia in sofferenza, ed è probabile che si registreranno impatti anche in termini di salute pubblica, come accadde nel 2003.
A conti ancora da fare, è comunque ben difficile che si rientri nella norma. Anzi, nel medio periodo, che questo accada è fisiologicamente impossibile per le precipitazioni ed altamente improbabile per le temperature, perché dovrebbe fare un freddo siberiano per i prossimi 40 giorni per portare il conto della stagione in pareggio, pur senza cancellare i valori comunque già raggiunti. Quindi, il caldo e la siccità che stiamo vivendo si possono definire estremi, nel senso che i numeri che li riguardano occupano gli estremi della distribuzione statistica, cioè si vedono di rado.
Tuttavia, sebbene sia giusto e utile avere attenzione per il proprio orticello, quando si parla di clima e di riscaldamento si tende a dimenticare che questo, per essere in modo comunque non ancora misurabile attribuibile alle attività umane, deve essere preceduto dalla parola “global”. Perché globale è la distribuzione della CO2, globali sono i modelli climatici, globale è la media delle temperature superficiali. Ha quindi senso andare a dare un’occhiata a quello che è successo in termini di eventi climatici negli ultimi tempi a livello planetario.
La chiave di lettura è di quelle comprensibili. Niente formule matematiche o dotte spiegazioni, si parla di soldi, cioè, ne parla qualcuno che promette di rifondere i danni subiti se dovesse essere necessario, guadagnando se questi non arrivano, le assicurazioni. Munich Re, pubblica ogni sei mesi un report in cui quantifica i danni da eventi climatici e meteorologici estremi in relazione al PIL globale e, puntualmente, ha fatto i conti del primo semestre del 2017.
Il pallino su queste cose, che dovrebbero avere ben altra diffusione mediatica di un semplice Tweet (che so, discuterli all’ONU o in Commissione Europea prima di emanare editti in materia di finanza climatica?) ce l’ha Roger Pielke Jr, non uno scettico, ma uno che ha lavorato con e per l’IPCC sebbene avendo l’abitudine di dire le cose come stanno, pratica che lo ha costretto a smettere di parlarne direttamente, pena smettere di lavorare.
Ma i numeri continua a leggerli, specie quelli di Munich Re, e così abbiamo la possibilità di leggere, anzi, rileggere, che nonostante l’AGW, nonostante il clima che cambia e cambia male, nonostante Al Gore e le sue predizioni disattese, il mondo sta vivendo una fase climatica decisamente benigna, in cui i danni causati da eventi estremi scendono e il PIL sale, quindi di sicuro – per essere conservativi ma ci sarebbero tutti i presupposti per sbilanciarsi in senso positivo – non aumentano gli eventi estremi.
Non aumentano anzi diminuiscono gli uragani, non aumentano le alluvioni, non aumentano le siccità e, forse, soltanto forse, aumentano gli episodi di onda di calore.
Quindi, oltre che concettualmente sbagliato in termini scientifici perché un anno non fa clima e un luogo non fa mondo, dire che quello che stiamo vivendo è la conferma di quanto dovrebbe riservarci il clima per effetto del riscaldamento globale e si deve correre ai ripari perché il conto è già salatissimo, è anche decisamente falso.
Piuttosto, visto che il clima cambia da sempre e questa fase “fortunata” nessuno sa quanto durerà e perché sia arrivata, varrebbe la pena prepararsi al peggio, perché prima o poi finirà. Siamo pronti? No, l’unica reazione immediata cui assisteremo sarà quella di quanti si affretteranno a dire “ve lo avevamo detto”.
Ah, naturalmente, un po’ di numeri e grafici ve li dovrete sorbire comunque, sono qui di seguito.
Sono già in mezzo a noi…
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/06/morire-di-caldo-il-rischio-ce-ecco-come-difendersi/3779142/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/30/il-giornale-il-prof-zichichi-e-le-bufale-del-clima-nella-falsa-petizione/3765122/
Ugo Bardi fondatore di ASPO Italia.
Alessandro l’originale però sono io 🙂 scherzo, cmq siamo due persone differenti, ci tenevo a precisarlo.
“dovrebbe fare un freddo siberiano per i prossimi 40 giorni per portare il conto della stagione in pareggio, pur senza cancellare i valori comunque già raggiunti”
Senza andare a scomodare l’intera stagione estiva, qualcuno si è già espresso sull’anomalia mensile di agosto al 31. 🙂
Ma sai, quando nessuno verifica, “prevedere è facile, soprattutto il futuro” 😉
gg
nessuno verifica nemmeno le precipitazioni dell’Europa durante la stagione figuriamoci alla fine:
Immagine allegata
Prevedere il futuro?
Ecco qui un esempio di quello che prevedono i modellini farlocchi, per tirarsi su un po’ il morale… 🙂
“Deadly heat waves projected in the densely populated agricultural regions of South Asia”
http://advances.sciencemag.org/content/3/8/e1603322/tab-pdf
Salve a tutti: a conferma di quanto commentato qui… la diminuzione degli “eventi estremi” causati dal clima e dei costi annessi, mi permetto di consigliare questo sito, il CRED, che si occupa di epidemiologia dei disastri (naturali e non).
http://cred.be/publications
Per esempio, nel documento “Cred Crunch 46: Heatwaves and health” ripetono la storiella dell’aumento della mortalita’ all’aumentare delle temperature… ma per completezza d’informazione dicono anche che…
” However, the adverse effects of extreme heat are largely preventable”
Nell’altro documento nella lista “2015 Disasters in Numbers” si puo’ invece vedere che nel 2015 il numero di disastri e’ stato inferiore o molto simile a quello della media dei 10 anni precedenti (2005-2014), per le categorie relative a componenti climatiche, quali alluvioni, tempeste, siccita’, temperature estreme… non certo in aumento, come recita l’agiografia climatocatastrofista.
Conferma del NON aumento degli eventi (anche se nel testo dicono il contrario) e’ il grafico nel documento intitolato “Credcrucnh 42”, “What is the human cost of weather-related disasters (1995-2015)?”, dell’aprile 2016. La figura 2 mostra come il numero di persone colpite e di quelle uccise da tali eventi abbia un andamento piatto nei 21 anni dal 1995 al 2015… non dimenticando di quanto sia aumentata la popolazione dei paesi poveri in quei 21 anni.
Interessante poi un’altro studio, dal titolo…
“Determinants of the lethality of climate related disasters in the Caribbean Community (CARICOM): a cross-country analysis”
… che conclude che…
“The other two syndromes identified by the Navarette study pointed to the importance of “breaking urbanization cycles marked by the absence of effective land-use planning which lead to the occupation of hazardous areas by poor people”. Globally, urbanization continues to increase and unplanned urbanization increases exposure to natural hazards thereby increasing the increase risk of mortality and other adverse outcomes”
… cioe’ sarebbe l’urbanizzazione non correttamente pianificata (quando non proprio selvaggia) e lo sfruttamento agricolo sconsiderato ad ammazzare la gente.
Ed infatti, giusto perché “un anno non fa clima e un luogo non fa mondo”, intanto in Brasile si stanno registrando le temperature più basse degli ultimi 4 anni.
Però, stranamente, questo genere di notizie non scatena alcun tam-tam mediatico.
“The phenomenon, which is caused by abnormal warming of waters in the Pacific Ocean, has had the effect of diminished the entrance of cold fronts and polar air masses into the country during the greater part of the last four years.”
In Brasile fa freddo perché il Pacifico è troppo caldo: non si sfugge! 😉
E a Buenos Aires c’erano 25 gradi a fine luglio ma non hanno parlato. Quindi?
Del sud america non parlano quasi mai i tg. Tranne della situazione in Venezuela per ovvie ragioni 😉