Pubblichiamo oggi la settima ed ultima parte di questa serie. Certo di incontrare il favore di tutti i lettori di CM, desidero esprimere un ringraziamento personale all’amico Luigi Mariani per aver ulteriormente arricchito le nostre pagine con questo prezioso contributo.
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La meteorologia nel XVI e XVII secolo. La scuola galileiana
La ricerca di nuove rotte da parte di esploratori quali ad esempio Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Vasco da Gama e Ferdinando Magellano contribuì in modo essenziale a incrementare le conoscenze sulla distribuzione geografica dei venti e sugli schemi della circolazione delle correnti marine (Baroni, 2007). A ciò si aggiunga che il libri di bordo redatti durante secoli di navigazione a vela e ricchi di riferimenti alle vicende atmosferiche incontrate nel corso della navigazione si riveleranno essenziali per il progredire della meteorologia. Anche i molti libri di viaggiatori contribuiscono a diffondere le conoscenze di geografia fisica e di meteorologia relative alle diverse parti del mondo.
Un ruolo chiave per il progresso della meteorologia fra XVI e XVII secolo fu svolto dalla scuola galileiana e ciò in quanto Galileo aveva individuato meteorologia e astronomia come banchi di prova ideali per la sua “nuova scienza”. Vengono così messi a punto alcuni fondamentali strumenti meteorologici ed in particolare nel 1593 Galileo Galilei (1564-1642) inventa il termometro, nel 1639 Padre Benedetto Castelli (1577-1643) inventa il pluviometro[1] e l’evaporimetro[2] ed infine, nel 1643, Evangelista Torricelli (1608-1647) inventa il barometro. Da ricordare che l’inventiva degli scienziati sarebbe stata del tutto vanificata senza la presenza di abili artigiani in grado di tradurre in esemplari funzionanti le nuove idee scientifiche. A proposito di questa categoria, spesso ignorata ma a cui tanto si deve per il progresso dell’umanità, ricordiamo il vetraio Angelo Mariani il quale riprodusse in molti esemplari funzionanti (i “piccoli termometri fiorentini”) i prototipi sviluppati in ambito scientifico dalla scuola galileiana.
A livello europeo i nuovi strumenti ebbero rapida diffusione in ambito Universitario e trovarono le prime applicazioni operative. Dal 1657 e per circa un decennio opera la rete toscana (rete dell’Accademia del Cimento), sorta per volontà del Granduca Ferdinando II de’ Medici, il quale fece riprodurre in molti esemplari gli strumenti termometrici sviluppati dalla scuola di Galileo, distribuendoli ad osservatori italiani e stranieri affinché fossero eseguite misure regolari; a ciò seguì l’invio di barometri, igrometri ed anemoscopi, dando origine alla prima rete osservativa internazionale di cui facevano parte Firenze, Vallombrosa, Citigliano, Bologna, Parma, Milano, Parigi, Innsbruck, Osnabruck e Varsavia. L’esperienza della rete toscana si interruppe dopo circa un decennio ed a tale interruzione sopravvissero solo gli osservatori di Parigi, Firenze e Vallombrosa.
La meteorologia nel XVIII e XIX secolo
Nel XVIII secolo si avvia l’osservazione sistematica con la nascita di vari osservatori, che spesso sono al contempo astronomici e meteorologici. In particolare all’inizio del ‘700 Paris Maria Salvago (1843-1724) e Giovanni Poleni (1685-1761) iniziano le osservazioni rispettivamente a Genova ed a Padova mentre nel 1763 il gesuita Ruggero Boscovich (1711-1787) fonda l’Osservatorio di Brera in Milano. Nel 1780 nasce la Rete Meteorologica Palatina ad opera della “Societas Meteorologica Palatina” impostata sul modello di quella medicea. Fondata da Johann Jakob Hemmer (1733-1790) con il patrocinio di Karl Theodor, Elettore del Palatinato, da cui il nome attribuitole, tale rete era composta da 57 stazioni (l’Italia era presente con Padova, Bologna e Roma) e cessò la sua attività nel 1792 a seguito della Rivoluzione Francese.
Da rammentare che con la nascita della stampa presero ad aver diffusione gli almanacchi meteorologici, in cui venivano trattati in modo divulgativo vari temi di rilevanza pratica fra cui quelli meteorologici avevano un ruolo primario. Fra gli almanacchi meteorologici rimangono celebri quelli di Benjamin Franklin (1706-1790), usciti per 25 anni ad iniziare dal 1732 e gli Annuaires météorologiques (11 voll., 1800-10) di Jean Baptiste Lamarck (1744-1829) (Borsanti, 2017).
Lo stesso Lamarck propose un sistema di classificazione delle nubi cui sarà preferito quello definito dall’inglese Luke Howard (1772-1864) nel 1802 e che seppur con vari aggiornamenti è tutt’oggi in uso.
Nel 1842 Morse inventa il telegrafo dando modo di scambiare dati meteorologici “in tempo reale” fra zone anche molto distanti fra loro. Tale possibilità inaugura un nuovo modo di leggere i fenomeni atmosferici, quello sinottico (e cioè complessivo, ovvero globale). Infatti fino ad allora nessuno pensava che eventi meteorologici verificatisi in luoghi diversi potessero derivare dal moto di strutture meteorologiche (ad esempio le perturbazioni) e tale collegamento venne per la prima volta dimostrato nel 1854 da Urbain Le Verrier 1811-1877), direttore dell’Osservatorio di Parigi, il quale evidenziò che la tempesta che aveva messo in seria difficoltà la flotta anglo-francese impegnata nel mar Nero nella guerra di Crimea era da collegarsi ad una perturbazione che nei giorni precedenti aveva interessato l’area centro – europea, per cui sarebbe bastato un collegamento telegrafico fra Vienna e la Crimea per scongiurare il disastro. Si apprezza così per la prima volta l’importanza di servizi che, partendo da osservazioni meteorologiche sistematiche, siano in grado di svolgere attività di preannuncio di eventi potenzialmente dannosi.
Nel 1859 l’unità d’Italia porta ad un notevole attivismo nel settore delle osservazioni meteorologiche e, nel 1868, nasce l’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica, alle dipendenze del Ministero dell’Agricoltura e dell’Industria, il che individua con decisione una finalizzazione delle attività meteorologiche nel nostro Paese all’agricoltura e più in generale ai diversi settori di rilevanza economica. Da tale temperie nascono originali lavori d’indagine sui legami fra tempo atmosferico e clima. Fra tutti ricordiamo lo scritto “Relazioni tra alcuni elementi meteorici ed i prodotti della campagna in Italia negli anni 1875-1879 e 1880-1882” a firma di Ciro Ferrari, assistente dell’Ufficio Centrale di Meteorologia.
Nel 1870-80 nasce la Rete Meteorologica Sinottica per l’interscambio di dati meteorologici a livello mondiale. E’ in tale quadro che nel 1876 iniziano le prime osservazioni sugli oceani.
La meteorologia nel XX secolo
Nel 1902 Léon Philippe Teisserenc de Bort (1845-1918), pioniere dell’aerologia, a seguito di sondaggi in quota svolti con l’ausilio di palloni sonda propone per primo la suddivisione dell’atmosfera in troposfera e stratosfera.
Nel primo trentennio del 900 la Scuola Meteorologica Norvegese (figura 2), introduce innovazioni essenziali nella scienza meteorologica ed in particolare sviluppa una teoria complessiva sulla struttura dei sistemi frontali, teoria che è uno dei pilastri della meteorologia del XX secolo. Fra i suoi maggiori esponenti ricordiamo Carl-Gustaf Rossby (1898-1957), Whilelm Bjerknes (1862-1951), Jack Bjerknes (1897-1975) e Tor Bergeron (1891-1977).
A testimonianza di tale temperie si riporta in figura 3 la carta meteorologica che raffigura il primo fronte occluso individuato dalla scuola di Bergen. Con questa analisi assume piena compiutezza la teoria frontale.
Nel 1911, a testimonianza dell’interesse per la materia, la casa editrice Hoepli pubblica in Milano un Manuale di Meteorologia Agraria e nel 1920 Girolamo Azzi (1855-1969) crea l’Ecologia Agraria, disciplina che presenta una elevata affinità con l’agrometeorologia e che in Italia vanta tutt’oggi attività di ricerca originali.
Nel 1922 Lewis Fry Richardson (1881-1953) pubblica la sua opera “Weather prediction by numerical process” che evidenzia la possibilità di impiegare sistemi di equazioni per simulare il fluido atmosferico e descrive un metodo per la soluzione di tali sistemi. Tale opera apre la strada alla modellistica numerica del fluido atmosferico che tanta importanza ha oggi nelle attività di previsione del tempo.
Nel 1925 lo sviluppo dell’aeronautica vede nella meteorologia uno strumento essenziale. In tale temperie l’Ufficio Presagi del Ministero dell’Agricoltura viene posto alle dipendenze del Commissariato per l’Aeronautica. Nasce così il Servizio Meteorologico dell’Aeronautica il cui primo direttore fu Filippo Eredia (1877-1948) nome assai noto nella meteorologia avendo diretto l’Osservatorio di Brera a Milano, essendo stato professore di Fisica di Enrico Fermi[3] (1901-1954) ed avendo altresì partecipato alla prima fase della sfortunata spedizione polare del dirigibile Italia di Umberto Nobile del 1928. Per inciso le spedizioni polari portano un grosso contributo alla meteorologia. Le attività di meteorologa agricola vengono invece proseguite dall’Ufficio Centrale di Meteorologia ed Ecologia Agraria (UCMEA), che in seguito cambierà nome per assumere quello attuale di Ufficio Centrale di Ecologia Agraria (UCEA).
Nel 1927 esce la prima edizione del libro “The climate near the ground” di Rudolph Geiger (1894-1981), opera che offre per la prima volta un inquadramento complessivo della micrometeorologia e nel 1928 escono i lavori scientifici di Ira Sprague Bowen (1898-1973) sul bilancio energetico di superficie. In ambito micrometeorologico è altresì da segnalare che nel 1927 Wilhelm Schmidt realizza per primo stazioni meteorologiche mobili su veicoli a motore per campagne di studio meteorologico in ambito urbano.
Nel 1928 si registra anche la tragica conclusione della seconda spedizione polare di Nobile. Il Dirigibile Italia viene distrutto da una tempesta ed i superstiti del disastro, prima di essere salvati dal rompighiaccio russo Krassin, rimangono a lungo sul pack nella famosa tenda rossa. In tale contesto occorre ricordare il sacrificio del meteorologo svedese Finn Malmgren (1895-1928) morto sul pack durante il tentativo infruttuoso di raggiungere a piedi Baia del Re. La meteorologia ha un grande ruolo di supporto alle spedizioni polari dalle quali vengono ricavate informazioni importanti per il progresso di tale scienza.
Nel 1929 in una conferenza tenuta a Dresda Tor Bergeron introduce il concetto di climatologia dinamica, disciplina che si propone di analizzare la distribuzione delle grandezze climatiche in relazione alle strutture circolatorie presenti alle diverse scale.
Fra il 1930 i il 1940 in Italia si registra lo sviluppo della rete di osservazione meteorologica per l’assistenza al volo e si avviano le attività di radiosondaggio;
Fra gli anni ‘30 e gli anni ‘50 Howard Penman (1909-1984) e Charles Warren Thorntwaite (1899-1963) introducono il concetto di evapotraspirazione e sviluppano metodi efficaci per la sua stima, metodi che saranno poi ulteriormente sviluppati da John Monteith (1929-2012).
Il 6 giugno 1944: lo sbarco alleato in Normandia viene attuato con il contributo determinante di una previsione di temporanea stabilizzazione delle condizioni del tempo e del mare formulata dai meteorologi britannici e statunitensi.
Nel 1950 John von Neumann (1905-1957) realizza allo IAS di Princeton il prototipo di elaboratore digitale. Tale filone porta lo stesso von Neumann alla messa a punto dei primi metodi di previsione meteorologica tramite modelli matematici del fluido atmosferico implementati su elaboratori. Sempre negli anni ’50 si assiste alle prime applicazioni del radar alla meteorologia; i radarmeteorologi introducono per primi il concetto di mesoscala.
Dagli anni ’60 notevoli innovazioni tecnologiche trovano applicazione nella meteorologia operativa e fra queste segnaliamo i radar meteorologici, i satelliti meteorologici e per risorse territoriali, le stazioni meteorologiche automatiche elettroniche, i modelli operativi di previsione numerica e i modelli di simulazione dinamica della produzione delle colture e degli ecosistemi naturali.
A livello di satelliti, il primo aprile 1960 gli Sati Uniti lanciano il primo satellite meteorologico, il Tiros 1, in orbita polare e il 7 dicembre 1966 lanciano il primo satellite meteorologico geostazionario, l’ATS1 mentre nel 1977 Eumetsat lancia il primo satellite geostazionario europeo della serie Meteosat
Al termine di questa lunga storia vi è un’attualità che vede l’analisi e la previsione meteorologica come frutto di modelli esplicativi e predittivi applicati a dati di misura puntuale (stazioni meteorologiche, radiosondaggi) e da remoto (satelliti, radar, lidar, sodar, ecc.), con un’affidabilità che ad esempio per i dei prodotti previsionali si rivela sufficiente per gli impieghi operativi per almeno 5-7 giorni successivi all’emissione.
Conclusioni
Se la meteorologia antica e medioevale mostrano un’assai lenta acquisizione di conoscenze sul mondo reale, in assenza delle quali il progresso è assai lento, l’evoluzione storica della meteorologia moderna mostra chiaramente la tendenza dell’indagine a spostarsi dalla dimensione puntuale (il singolo osservatorio meteorologico) a quella bidimensionale (i dati di più osservatori utilizzati per ottenere mappe di pressione, temperatura, precipitazione per un certo territorio) ed infine a quella a tre dimensioni (ad esempio ai dati delle stazioni al suolo si abbinano i dati dei radiosondaggi per avere una visione dell’atmosfera nel suo complesso). Questa visione tridimensionale è ad esempio propria dei modelli di simulazione dinamica utilizzati per le previsioni meteorologiche numeriche (figura 4). Inoltre appare evidente il rapido trasferimento delle innovazioni scientifiche e tecnologiche (nuovi strumenti, nuove tecniche) dal mondo universitario e della ricerca a quello operativo e di servizio. Questo si nota ad esempio nel caso dei primi strumenti meteorologici ma è altresì evidente per strumenti più sofisticati come i radar meteorologici, i satelliti o i modelli di simulazione numerica del fluido atmosferico.
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[1] E’ interessante osservare che l’invenzione del pluviometro risale in realtà al 1441 allorchè il re di Corea Sejong e suo figlio, principe Munjong, misero a punto tali srtumenti che vennero poi diffusi in tutto il regno come strumento ufficiale per valutare le imposte sui terreni agricoli sulla base al potenziale produttivo ch era legato primariamente alla pioggia caduta.
[2] L’evaporimetro fu messa a punto da Benedetto Castelli per stimare le perdite evaporative del lago Trasimeno, di cui allora come oggi si temeva il dissecamento.
[3] Di Enrico Fermi si ricorda la precoce passione per la meteorologia che si sostanziò nella costruzione di un barometro ad acqua nel 1917.
Bibliografia
- Baroni A., 2007. La Meteorologia dalle origini ai giorni nostri http://www.centrometeo.com/articoli-reportage-approfondimenti/tributo-baroni/4126-storia-meteorologia
- Borsanti G., 2017. Lamarck, Jean-Baptiste-Pierre-Antoine de Monet chevalier de, biografia http://www.treccani.it/enciclopedia/jean-baptiste-pierre-antoine-de-monet-chevalier-de-lamarck/
- Conti Rossini C., 1941. Le sorgenti del Nilo Azzurro e Giovanni Gabriel, in Bollettino della Società Geografica Italiana, serie VII, vol. VI, pp. 38-47
- Glick T.F., Livesey S.J., Wallis F., (a cura di), 2005. Medieval sciene, technology and medicine, an encyclopedia, Routledge, 597 pp.
- Jewell R., 1981. Tor Bergeron’s first year in the Bergen school: towards an historical appreciation, in Weather and weather maps, CCRG 10, Birkhauser, Basel, 577-593.
- Leopardi G., 1899. Del tuono, in Scritti letterari di Giacomo Leopardi ordinati e riveduti sugli autografi e sulle stampe corrette dall’autore per cura di Giovanni Mestica con discorso proemiale, Volume Primo, Firenze, successori Le Monnier, 269-287.
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1650 e 1654 sono due anni che ricadono nel periodo in cui furono osservate “poche” macchie solari durante il minimo di Maunder . Poche vigolettato perchè come al solito rimane difficile paragonare epoche così distanti e con strumenti di osservazione così differenti.
Grazie Luigi, per tutto questo.
Volevo di mio pugno aggiungere parole scritte dal nostro nobile cortonese Annibale Laparelli con la sua cronaca “Memorie cortonesi” in cui descrive i fatti salienti accaduti nel periodo 1642 – 1670, ma molto attuali accaduti durante il minimo solare di Maunder.
Anno 1650:
“…….sono già tre mesi che non piove, e anche con rarissime rugiade, e così scarse che niente più; è venuta alle volte qualche pioggetta, ma non è servita ad altro che ad abbrugiare le campagne, sicché le coste vicino a Cortona e le colline del chiucio nostro sono abbrugiate in modo che se ne spera poco bene; si sente che sia influsso universale a tutta Italia.”
Anno 1654: 12 Novembre
“Quest’anno è stato un asciutto tanto crudele che si sono asciutte non solo le fonti di campagna, ma anche quasi tutti li pozzi di Cortona, eccetto per il Pozzo Nuovo e l’altro detto del Comune, che si sono quasi ridotti all’estremo. Infine questo 12 di novembre del corrente anno ha cominciato a Piovere con universale gusto e benefizio.”
Cari amici di CM, vi ringrazio sia per la positiva valutazione di questo mio scritto sia per i contributi da voi forniti e che mi saranno utili per integrare alcune delle tante carenze in esso presenti.
Spero che questo scritto sia quantomeno utile per avvicinare i lettori ad una disciplina scientifica la cui storia è per molti versi paradigmatica rispetto al tema più generale della storia della scienza. Per chi volesse approfondire gli argomenti trattati segnalo qui sotto due scritti assai più ampi di Vittorio Cantù e Luigi Iafrate.
Un cordiale saluto a tutti voi.
Luigi
Cantù V., 2004. Meteorologia, climatologia, cambiamenti dle clima, storia della meteorologia nel sec. XX in tre saggi, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Quaderni di geofisica, ISSN 1590-2595, http://istituto.ingv.it/l-ingv/produzione-scientifica/quaderni-di-geofisica/resolveUid/062d834d404e1064ce7ce1b7eff00100
Iafrate L., Fede e Scienza: un incontro proficuo – Origini e sviluppo della meteorologia fino ad inizi del ‘900 Collana: Scienza e Fede – Saggi; 4, Editore: Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ISBN: 978-88-89174-52-4, Pagine: 192
Caro Luigi mi associo volentieri ai ringaziamenti per questa serie di articoli davvero appassionante: un lavoro prezioso e di alto livello, quasi filologico nel suo approccio, e didascalico al tempo stesso. Una vera e propria gemma nell’attivita’ di questo Blog.
Caro Luigi, mi associo alle congratulazioni ed ai ringraziamenti di F. Zavatti e G. Guidi per l’importante lavoro da te svolto. Nello spazio di pochi post sei riuscito a delineare un quadro esaustivo della storia e dell’evoluzione della meteorologia. In questo lungo excursus sei andato oltre gli aspetti storici e scientifici, fornendoci notizie circa l’influenza della meteorologia sulla vita degli esseri umani. La meteorologia nata come “scienza delle cose del cielo”, è diventata, con il passare del tempo, scienza della terra in quanto fornisce gli elementi per comprendere gli aspetti che maggiormente influenzano la vita degli uomini: gli eventi atmosferici. Alla luce di quanto tu hai scritto appare evidente, almeno per me, anche la differenza tra meteorologia e previsioni meteorologiche. Molti sono portati a confondere i due campi, ma io sono dell’avviso che essi, pur essendo strettamente connessi (direi connessi in modo inscindibile) stanno tra loro nello stesso rapporto in cui la fisica teorica sta a quella sperimentale.
Ciao, Donato.
Caro Luigi,
a conclusione della serie di storia della meteorologia voglio congratularmi con te per la completezza delle informazioni anche nei limiti imposti da un post.
Ho imparato, dall'”alto” della mia ignoranza meteorologica, parecchie cose nuove, in particolare sulla scuola di Bergen e alcuni dettagli della spedizione di Nobile con il dirigibile Italia, storia questa che pure conosco abbastanza bene.
In riferimento alla parte sesta della serie, a proposito di Beda il Venerabile, voglio condividere con i lettori cosa scrive Lucio Russo (La rivoluzione dimenticata, pag 306):
Nell’VIII secolo il più grande matematico dell’Occidente viene considerato Beda il Venerabile: nel suo lavoro più impegnativo egli descrive un metodo per rappresentare i numeri con gesti delle mani. Molti sapevano ancora farlo fino a dieci, ma Beda, usando una specie di alfabeto per sordomuti, riesce ad arrivare un po’ più in là. Qundo il più grande “matematico vivente in Europa è a questo livello la vita urbana vi è già scomparsa. In Oriente, dove il rapporto scienza-tecnologia-economia era in parte sopravvissuto, la storia fu diversa”.
Ciao e grazie per la tua fatica. Franco