Ricevo regolarmente le newsletter di “Le Scienze” ed ogni tanto scopro delle “perle” veramente interessanti. Complici gli articoli di M. Lupicino degli ultimi giorni, ho deciso di condividere con i lettori di CM una delle ultime notizie diffuse da “Le Scienze” e sviluppare alcune considerazioni circa l’accuratezza dell’informazione che ci viene ammannita.
Partiamo dall’inizio. Il lancio della notizia è piuttosto intrigante ed abbastanza neutro, come il titolo di questo post. Leggendo il testo della notizia si capisce in modo chiaro che il cambiamento climatico in atto potrebbe determinare un’altra estinzione di massa paragonabile a quella del Giurassico. La cosa è estremamente preoccupante e potrebbe far vacillare anche le convinzioni di uno scettico inveterato come me. Prima di cambiare bandiera, però, uno scettico che si rispetti deve accertarsi che le prove alla base della sua conversione, siano incontrovertibili, per cui un’occhiata all’articolo che ha generato la breve di “Le Scienze” è doverosa. La rivista consente di poter accedere alla versione integrale dell’articolo per cui i giochi sono presto fatti.
L’articolo in questione è stato scritto da Rowan C. Martindale e M. Aberhan ed è stato pubblicato su Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology di luglio:
Si tratta di un lungo articolo che analizza le cause dell’estinzione di massa del Giurassico verificatasi circa 183 milioni di anni fa. L’evento noto come Toarcian Oceanic Anoxic Event, o T-OAE, durò tra 620.000 e 900.000 anni circa e fu caratterizzato dalla scomparsa di migliaia di specie. Come dice il nome dell’evento, gli oceani in quel periodo geologico furono caratterizzati da una carenza di ossigeno (anossia) che ebbe conseguenze deleterie su moltissime delle specie che li popolavano.
Allo stato attuale delle conoscenze non siamo in grado di capire perché questi eventi anossici si verifichino. Nel corso della storia del nostro pianeta essi sono stati molto numerosi, ma quelli che maggiormente hanno interessato i ricercatori per la loro portata, si sono verificati nel Giurassico e nel Cretaceo.
Un evento anossico di natura locale può essere spiegato in tanti modi, mentre un evento anossico globale (come quello del Toarciano) può essere spiegato solo ipotizzando un cambiamento climatico globale. Circa le cause del cambiamento climatico globale esistono due scuole di pensiero:
- il cambiamento climatico è innestato da cause astronomiche (variazione dei parametri orbitali terrestri, precessione degli equinozi, variazione dell’obliquità dell’asse di rotazione terrestre);
- il cambiamento climatico è innestato da violente eruzioni vulcaniche che riversano nell’atmosfera quantità enormi di diossido di carbonio e di anidride solforosa che modificano il bilancio radiativo terrestre con conseguenti fenomeni di riscaldamento o raffreddamento del clima.
Il riscaldamento del pianeta determina variazioni piuttosto importanti delle dinamiche atmosferiche ed oceaniche che generano una diminuzione della concentrazione di ossigeno negli oceani (oceani più caldi comportano una minore quantità di ossigeno disciolto nell’acqua), maggiore afflusso di sostanze organiche negli oceani a causa di modifiche nella piovosità sulle terre emerse e fenomeni di risalita dei nutrienti dai fondali oceanici. Tutto ciò determina forti esplosioni della popolazione marina di fito-plancton che, a sua volta, determina condizioni tali da impedire la vita di organismi superiori: le comunità macro-bentoniche di cui tratta l’articolo.
Martindale ed Aberhan sono dell’avviso che l’origine del T-OAE siano da imputare a fenomeni vulcanici:
Intense volcanism is thought to have introduced large volumes of volatiles such as CO2 and SO2 into the atmosphere and oceans. The sudden injection of these volatiles would have caused a cascade of environmental effects across the globe, including warming …., ocean acidification…., and widespread oceanic anoxia….
Ho citato integralmente e letteralmente questo periodo (al posto dei puntini gli autori riportano le citazioni bibliografiche a sostegno della loro tesi) in quanto è l’unico riferimento al cambiamento climatico di tutto l’articolo. Nel resto dell’articolo nessun cenno viene fatto al cambiamento climatico, ma si parla solo ed esclusivamente dei metodi che hanno portato gli autori a concludere che i depositi rinvenuti nell’Alberta (Canada) sono relativi all’evento anossico del Toarciano e descrivono un’estinzione di massa.
L’aspetto più interessante delle conclusioni è che l’estinzione è dovuta essenzialmente ad anossia e non a fenomeni di acidificazione delle acque marine in quanto ciò è escluso dallo stato dei fossili. Altro aspetto degno di nota è che non è facile inferire dai dati in possesso dei ricercatori conseguenze di stress termico anche perché ciò esula dagli scopi della ricerca. Detto in altri termini gli oceani non dovrebbero essersi acidificati e nulla si può dire circa la temperatura delle loro acque.
La narrazione corrente circa il cambiamento climatico attuale prevede la seguente catena di fatti: aumento della concentrazione di CO2 atmosferica, aumento delle temperature superficiali, aumento del contenuto di calore degli oceani (quindi della loro temperatura), acidificazione degli oceani.
Nell’evento anossico del Giurassico, stando a quanto scrivono gli autori nelle conclusioni, non abbiamo prova del verificarsi degli eventi descritti, ma solo della carenza di ossigeno nelle acque oceaniche. Questa carenza di ossigeno è imputata dagli autori ad un cambiamento climatico che essi attribuiscono a fenomeni vulcanici, ma che potrebbe essere dovuto anche ad altre cause, stante l’incertezza che caratterizza lo stato dell’arte.
A questo punto sorgono spontanee delle domande. Come ha fatto “Le Scienze” a stabilire che l’attuale cambiamento climatico potrebbe determinare un’estinzione di massa come quella del Giurassico? In quale parte dell’articolo recensito è scritta una cosa del genere? Quali sono i dati che consentono di creare un parallelo tra la situazione attuale e quella del Giurassico?
Per quel che mi riguarda non esiste alcuna corrispondenza tra quanto scrive “Le Scienze” e quanto scrivono Martindale ed Aberhan. L’autore del lancio di “Le Scienze” si è limitato a ripetere la solita solfa del “sarà peggio di quanto possiamo immaginare” spacciandola come risultato di una ricerca scientifica, ma ciò non sembra vero.
La conclusione logica cui ci porta questo caso è che io sono andato a spulciare l’articolo scoprendo che “Le Scienze” ha dato una versione dei fatti poco realistica (per usare un eufemismo), ma per il resto dei lettori della rivista è passato il messaggio che il cambiamento climatico attuale determinerà un’estinzione di massa come ha dimostrato l’ennesima pubblicazione scientifica. Non è vero, ma quanti lo hanno potuto accertare?
Due considerazioni finali. La prima è che posso continuare a fare lo scettico climatico e restare con la coscienza a posto. La seconda è che è meglio essere scettici non solo in materia di clima, ma anche per tutto il resto e prendere con le molle quanto scrivono i media. Anche “Le Scienze”.
Mi rivolgo a chi si interessa di paleovulcanismo: in questo caso si tratta di un’attività vulcanica sottomarina datata Bajociano-Batoniani, quindi Giurassico medio-superiore.
Questa attività vulcanica, inedita, si è rinvenuta alla base della sequenza sedimentaria carbonatica giurassica della Sardegna centro-orientale (Golfo di Orosei).
Vorrei condividere questa “scoperta” con chi volesse collaborare a definire meglio questo evento vulcanico, ripeto, mai segnalato, sotto questi aspetti:
Definizione delle attività vulcaniche e del chimismo (forse riodacitico)
Datazioni assolute
Ricostruzioni paleogeodinamiche
Ricostruzioni paelogeografiche
Analogie petrografiche con altri contest vulcanici della Tetide (es. Alpi Liguri,( secondo L. Cortesogno et al.. 1981).
Mi supportano in questa ricerca, “Hobbistica”, il micropaleontologo Mario De Matteis ed il petrografo Domingo Gimeno dell’Univ. di Barcellona.
Abbiamo bisogno di altri volontari!
mia mail antonio.assorgia6@gmail.com
Grazie, Antonio
Giusto ieri pomeriggio, 28 luglio, ho visto un documentario su Focus Tv proprio sull’estinzione del Permiano, a carico della fauna marina, per una diminuzione dell’ossigeno disciolto nell’acqua. Gli scienziati di turno attribuivano la causa alla straordinaria attività dei vulcani siberiani in contemporanea ad un’enorme frattura della crosta terrestre. I gas rilasciati dalle eruzioni avrebbero, tra l’altro, portato all’aumento dei livelli dell’anidride carbonica di ben 4 volte. Questo, unito alla “stagnazione degli oceani “, avrebbe provocato, nel corso di alcune migliaia di anni, la mancata ossigenazione delle acque di superficie ed il susseguente rimescolamento con le acque di profondità provocando l’anossia di cui tratta l’articolo. Scusate l’ignoranza, ma non era stato un asteroide precipitato nel Golfo del Messico a provocare tutta la buriana??
https://www.youtube.com/watch?v=HTp1vuuSQMw
Ciao, Alessandro
“… un asteroide precipitato nel Golfo del Messico…”
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Quello sembra essere alla base dell’estinzione dei dinosauri (Cretaceo/Terziario) e non a quella del Permiano.
Ad ogni buon conto voglio ribadire che, oggi come oggi, non conosciamo le cause effettive delle varie estinzioni e con grande incertezza stimiamo l’epoca in cui sono avvenute e la loro durata. Fino a poco tempo fa si privilegiava la causa esogena (impatto cosmico o variazioni dei parametri orbitali del pianeta). In tempi più recenti si tende a privilegiare la causa endogena: vulcanismo e variazioni climatiche conseguenti a variazioni della concentrazione di CO2 in atmosfera. Ciò in ossequio alla narrazione corrente del disfacimento del clima globale a causa della CO2.
La realtà? Un rebus, avvolto in un mistero che sta dentro un enigma. 🙂
Ciao, Donato.
Allora stiamo freschi! 🙂
Ciao Donato, che bello rivederti in azione! :))
Massimo, mi hanno ispirato i tuoi articoli! 🙂 🙂
Ciao, Donato.
@ F. Giudici e giuliano49
Ho visto i vostri commenti dopo aver risposto a F. Zavatti e solo in quel momento mi sono reso conto di aver fatto in quella sede considerazioni pertinenti alle vostre.
Ciao, Donato.
Scusate, allego il diagramma citato nel mio commento precedente.
Immagine allegata
Caro Luigi, grazie per aver contestualizzato le condizioni del primo Giurassico rispetto a quelle attuali. Creare parallelismi tra la situazione di allora e quella attuale appare forzato (per usare un eufemismo), a causa della grande differenza tra le condizioni di oggi e quelle del Giurassico. La distribuzione delle terre emerse era, infatti, del tutto differente da quella odierna, per cui anche le condizioni del sistema accoppiato oceano-atmosfera erano del tutto diverse. Nulla possiamo dire, infine, delle condizioni che regolavano gli scambi radiativi al TOA e delle sensibilità climatiche all’equilibrio e transitorie.
A ciò dobbiamo aggiungere la differenza enorme di temperatura globale (da 4°C a 6°C maggiore di quella attuale). Tutto ciò rende improponibili confronti e conclusioni.
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Concordo con te, infine, circa la fase espansiva delle forme viventi in quel particolare periodo geologico ed in quelli successivi anche se non bisogna dimenticare che in quell’epoca la specie umana non esisteva: come avrebbe reagito se fosse esistita? O, ribaltando i termini della discussione, come reagirebbe se le condizioni climatiche tornassero quelle dell’epoca?
Sono domande a cui, credo, che nessuno sia in grado di rispondere.
Ciao, Donato.
Caro Donato, concordo con te che forzare le conclusioni di un articolo scientifico per avvalorare preconcetti molto di moda è scorretto nei confronti degli autori e del pubblico.
Nel diagramma che allego, tratto da Wikipedia, la freccia in nero evidenzia il Giurassico che si inquadra nei primi 450 milioni di anni del fanerozoico e cioè in una fase in cui:
– le temperature erano molto più elevate di quelle attuali: dopo la glaciazione carbonifera accaduta oltre 300 milioni di anni orsono le temperature riprendono a salire per raggiungere il picco dell’Eocene, circa 50 milioni di anni fa.
– la vita visse fasi di enorme espansione (es. le piante colonizzarono le terre emerse e si sviluppano piante vascolari e piante dotate di stomi e fiori) intervallate da alcune grandi estinzioni sulle cui cause, come hai evidenziato tu, vi sono ipotesi centrate sul vulcanismo o sull’impatto cosmico.
Articolo delle Scienze a parte, mi verrebbe da dire che quell’epoca è troppo distante in termini di comportamento termico per essere un buon modello per l’attualità, anche se non finirà mai di incuriosirci, se non altro per il fatto che la vita ha prosperato per lunghissimi periodi in ambienti del tutto peculiari per clima e livelli di CO2.
Io non mi spiego questo votarsi, da un po’ di tempo (forse pure dopo il 2000) di “Le Scienze” a tal concezione climatologica. Diversi anni or sono acquistavo e leggevo mensilmente i fascicoli della rivista e su questioni di questo tipo teneva una posizione abbastanza super-partes, non so se ne ho ancora archiviata quella copia in cui figura un articolo che sosteneva come la Terra attuale sia caso mai più fredda che calda rispetto a frequenti e precedenti ere. Dall’articolo (se non ricordo male), almeno dal suo titolo, trapelava una nota polemica proprio verso le ascendenti teorie AGW. Rimasi stupito quando dopo qualche anno di non lettura della rivista, ma attraverso il web, constatai la conversione della sua linea editoriale a favore dell’apocalissi antropo-climatica. Mi ricordo un altro titolo, visto al web, dov’era addirittura profetizzata la completa desertificazione terrestre in una data precisa, e manco indicativa, entro qualcuno dei prossimi decenni! Mi domando qual misteriosa o a noi incompresa rivelazione abbia sospinto la redazione di questa, edizione italiana di “Scientific American”, ad abbracciare tanto incondizionatamente e acriticamente suddetta prospettiva.
Virgilio, concordo con te e, come puoi leggere nella risposta a Gianluca, ho anche cercato di far capire le mie ragioni, ma senza alcun esito.
Ciao, Donato.
La notizia dell’evento descritto pone innanzitutto una domanda: “Il fenomeno descritto è generalizzato e quindi presente in tutto il notro Pianeta?” La risposta è sivcuramente no. Per decenni ho studiato come micropaleontologo le successioni stratigrafiche dell’Italia centro-meridionale, migliaia di campioni. Posso così documentare che almeno per le nostre Regioni, e direi anche per tutta la Tetide (ossia sostanzialmente tutta l’area mediterranea) non ci sono tracce nel Toarciano del fenomeno descritto. Quindi non si può affermare che l’estinzione di massa descritta è stata presente su tutto il nostro Pianeta. Penso che si tratti di un fenomeno come quello registrato nella nostra area mediterranea durante il cosidetto Messiniano (circa da 7 a 5 milioni di anni fa) quando il Mediterraneo era un grande lago salato, privo di vita, isolato dall’oceano Atlantico. All’inizio del Pliocene (circa 5,1 milioni di anni fa) si ripristinarono le comunicazioni con l’Atlantico e il mare tornò ad essere popolato da organismi. La crisi messiniana è assai nota in Italia, rappresentata da rocce evaporitiche (soprattutto gessi) e miniere di zolfo e salgemma.
Uberto Crescenti
Sulla base di queste precisazioni anche l’articolo di Martindale e collega perde credibilità in quanto è basato sul presupposto che l’estinzione di massa sia di tipo globale. Se la Tetide non ne fu interessata o ne fu interessata in modo marginale (attuale area settentrionale della Gran Bretagna), non possiamo più parlare di evento globale e le cause climatiche dell’estinzione vanno a farsi benedire.
Grazie a Uberto Crescenti per questo fondamentale e risolutivo contributo alla discussione.
Ciao, Donato.
Sviluppo la considerazione di giuliano49 sulla questione temporale. Ma se le estinzioni di massa, per quello che sappiamo, non sono durate anni, decenni, secoli, millenni, ma addirittura centinaia di migliaia di anni… come fa uno ad avere la prova scientifica fondante che stiamo vivendo all’inizio di un evento simile, che sarebbe iniziato da pochi decenni?
de “Le Scienze” per non potersi (più?) fidare della rivista che ha contribuito alla sua formazione scientifica generale ormai da
una vita
Eh, capisco benissimo come ci si sente, anche per altre fonti. È una gran tristezza.
Caro Donato,
hai fatto un’ottima opera critica (critica secondo la miglior accezione scientifica…): perche’ non segnalare molto gentilmente la cosa al Direttore di Le Scienze, assieme magari alla tua delusione per questo nuovo “taglio” di cosi’ quotata rivista?
Gianluca
Caro Gianluca, ci provai qualche tempo fa (22/05/2013), ma non ottenni alcun risultato, anzi neanche una risposta.
Riporto in questo spazio la lettera dell’epoca.
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Gentile Direttore,
sono un lettore di “Le Scienze” da circa venti anni e posso dire con certezza che, dopo l’università, la rivista che Lei dirige mi ha consentito di aggiornare ed approfondire il mio bagaglio culturale scientifico. Gli editoriali del compianto prof. E. Bellone, gli
articoli di Regge, Boncinelli e via cantando hanno rappresentato, per me, dei punti fermi ineludibili nel panorama della divulgazione scientifica.
“Le Scienze”, fino a stasera, è stata per me una palestra
insostituibile in cui affinare il mio senso critico, saziare la mia curiosità e la mia smania di conoscere anche le cose lontane da quello che è il mio mondo abituale. “Le Scienze”, fino a stasera, ha rappresentato una fonte di grande autorevolezza e di grande equilibrio grazie anche alla professionalità e competenza dei suoi autori.
Questa sera, però, grazie alla segnalazione di un altro lettore, ho avuto modo di leggere l’articolo “Cambiamenti climatici, liberismo e teorie del complotto” di Ashutosh Jogalekar pubblicato on-line in data 11/05/2013. Con profonda amarezza, sono stato costretto a rivedere profondamente la mia opinione sulla rivista che Lei dirige. Dopo questa
lettura probabilmente non acquisterò più “Le Scienze” e manderò a macero le copie della rivista che gelosamente conservo. Quasi certamente rinuncerò ad un appuntamento mensile che si ripeteva regolarmente da quasi venti anni. Non credo che entrerò più in un’edicola per chiedere con orgoglio l’ultimo numero di “Le Scienze” perché in tanti anni mai mi era capitato di leggere un articolo più
stupido, ideologico ed antiscientifico di quello firmato da Ashutosh Jogalekar. Egli, infatti, pur cosciente della scarsa rappresentatività del campione, della debolezza della correlazione tra i dati esaminati e di tutta una serie di limiti dello “studio” citato, non ha il minimo
pudore a sciorinare tutta una serie di considerazioni che dire folli è un complimento. E la cosa più grave è che quelle cose la redazione della rivista gliele faccia passare.
Io sono scettico circa la natura esclusivamente antropica del cambiamento climatico nel modo in cui lo sono la prof. J. Curry, il prof. J. Christy, il prof. N. Scafetta e tanti altri illustri studiosi di fisica dell’atmosfera e della Terra. Non mi convincono del tutto le tesi del prof. M. Mann, del dr. Hansen, del prof. A. Pasini ed altri illustri sostenitori delle cause esclusivamente antropiche del cambiamento climatico. Non mi convincono gli scenari elaborati
dall’IPCC per il semplice fatto che i dati reali ci dicono cose diverse da quelle che ci raccontano gli scenari. Se le temperature della troposfera tropicale tra 20°N e 20°S non aumentano come prevedono i sostenitori dell’AGW, è forse colpa mia o è un indice della scarsa
accuratezza dei modelli climatici (GCM)? Se ho dei dubbi circa alcune tesi scientifiche, non sono forse libero di esprimerli? Devo per caso vergognarmi se sulla base dei miei ragionamenti non riesco a
convincermi di quello che sostengono degli altri esseri umani che sono scienziati, è vero, ma non depositari della Verità Rivelata? Debbo credere per forza a ciò che non mi convince solo perchè, oggi come
oggi, nel mondo della climatologia è tornato ad imperare l’ipse dixit di aristotelica memoria? Credo proprio di no! Invece a leggere l’articolo scritto da un qualunque Ashutosh Jogalekar sembra che questo
sia un peccato meritevole della gogna o di qualcosa di ancora più grave. Dalle sue parole sembro meritevole del rogo come un eretico medioevale. Direttore le posso assicurare che è una spiacevolissima sensazione sentirsi insultare ed offendere da un qualunque Ashutosh Jogalekar dalle pagine di una rivista che contribuisco a far sopravvivere con i miei soldi: quelli che spendo per acquistarla in edicola.
Gentile Direttore, vorrei ricordarLe che anche il suo predecessore, il prof. E. Bellone, in uno dei suoi ultimi interventi su “Le Scienze” ebbe modo di avanzare qualche dubbio sulle cause esclusivamente
antropiche del riscaldamento globale e per questo fu attaccato violentemente e sguaiatamente da alcuni cattedratici fedeli al credo AGW che, ignorando ogni suo precedente merito, lo trattarono alla stessa stregua di un visionario e di un nemico della scienza. Io, all’epoca, ero molto lontano dal mondo degli scettici climatici, anzi l’eco del dibattito mi giungeva solo dalle pagine di “Le Scienze” attraverso gli equilibratissimi articoli che venivano pubblicati sulla
rivista. Fu grazie a questi articoli che cominciarono a venirmi dei dubbi che con il passare del tempo divennero sempre più forti. E’ stato grazie a “Le Scienze” (non quella di oggi, però, ma quella di E.
Bellone) che ho potuto acquisire gli elementi per poter maturare le mie convinzioni: il mio scetticismo nasce dalle pagine di “Le Scienze”, Direttore, non è frutto di ignoranza, credulità e tutte le altre idiozie che elenca nel suo pietosissimo articolo il sig. Ashutosh Jogalekar.
Non mi aspetto nessuna risposta a questa lettera: rispondere ad un credente, ignorante, conservatore, liberista, NEGAZIONISTA (l’offesa più grande, perché equipara a chi nega l’Olocausto, per esempio)
probabilmente rappresenta un atto troppo infamante per il direttore della rivista scientifica più prestigiosa d’Italia. Sentivo, però, la necessità, in questo momento di grande amarezza, di farLe conoscere i miei sentimenti. Una sola cosa mi consola in questo momento: essere accomunato, nella sorte, al compianto prof. E. Bellone. E questo mi dà, le assicuro, molto più sollievo di ogni altra cosa. Per il resto credo
che Lei e la sua redazione possiate fare a meno di un vecchio ed appassionato lettore.
Cordiali saluti. Donato Barone.
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Alla fine ho continuato ad acquistare la rivista, ma ora la leggo con estrema diffidenza. 🙂
Ciao, Donato.
Gli uomini e e quanto li circonda di animato e inanimato in tempo reale passano, la terra rimane. Chi puo’ dire cosa succedera’ tra 200/300 anni, ovvero un lampo nella storia della terra, quando non riusciamo a far previsioni del tempo precise a tre giorni? Come e’ possibile parlare di qualcosa che forse, probabilmente, ma non e’ certo sarebbe avvenuto 600000 anni fa? Ridicolo, semplicemente ridicolo.
Caro Donato,
la prima cosa che si nota leggendo il tuo post è, più che l’arrabbiatura dello scettico per l’ennesima bufala pilotata da esigenze politiche, la tristezza del fedele lettore de “Le Scienze” per non potersi (più?) fidare della rivista che ha contribuito alla sua formazione scientifica generale ormai da
una vita. E sono sinceramente dispiaciuto per te.
Venendo alla sesta estinzione di massa, ho finito da qualche giorno di correggere le bozze dell’ultimo libro del mio amico Giordano Cevolani, in stampa, credo, tra un mese: il cap XVII (Vita e morte dallo spazio) è dedicato in gran parte alla sesta estinzione sia dovuta ad impatti che ad eruzioni vulcaniche.
Secondo lui la “madre di tutte le estinzioni”, datata 251 milioni di anni fa, e quindi, direi, quella di cui parla l’articolo citato da Le Scienze, dipende dall’impatto di un meteorite (Giordano è un’autorità sicuramente italiana ma direi mondiale in fatto di meteoriti) e a supporto propone il
ritrovamento di fullereni (macroaggregati di carbonio) in rocce di quell’età provenienti da Giappone, Cina, Ungheria; in granelli di quarzo lamellare da Australia e Antartide. La presenza di fullereni (che sono di origine cosmica) è decisamente la prova principale della paternità cosmica di questa estinzione.
Poi propone “modelli” (io li chiamerei “favole”, anche di Martin Rees) che raccontano la possibilità di una nuova estinzione (la sesta).
Quanto si è letto anche su CM nelle settimane scorse credo possa smontare questa favola senza troppi problemi.
E’ però interessante vedere come la causa dell’estinzione principale (Giordano parla del 90% di tutte le specie marine e il 70% dei vertebrati terrestri) sia ancora oggetto di discussione riguardo alle sue cause: questo, come minimo, dovrebbe spingere i fautori della prossima estinzione ad essere cauti nel dichiarare “con certezza” quale sia la causa (chiedo scusa: la causa è certamente l’uomo e la sua attività :-)), in particolare per un fenomeno che su scala geologica non è neanche iniziato, in pratica.
Ancora complimenti per la tua (ormai solita) chiarezza espositiva.
Ciao. Franco
Caro Franco, ma quanto segue vale anche per Donato, sono andato questo giugno a vedere la “cava” di fossili, soprattutto marini, di Bolca nel Veneto. Si tratta di resti fossili in una laguna anossica (spero che il termine sia giusto) nell’Eocene. La ricostruzione è stata fatta piuttosto bene e la potete trovare in : SUPPLEMENTO AL BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ PALEONTOLOGICA ITALIANA, VOL. 53, N.1 ISSN 2037-4267 THE BOLCA FOSSIL-LAGERSTÄTTEN:
A WINDOW INTO THE EOCENE WORLD
Il museo è veramente molto bello e la qualità dei fossili straordinaria. E’ una dei pochi esistenti al mondo insieme ad un corrispondente sito in Germania.
Caro Franco, il sentimento di amarezza e delusione lo sto vivendo da parecchi anni, per la precisione da quando ha smesso di dirigere la rivista il compianto E. Bellone. Sarà stato a causa di un cambiamento della strategia editoriale, sarà stato a causa del cambiamento delle scelte redazionali, ma “Le Scienze” non è più lo stesso a partire dal 2009. E lo posso dire con contezza di causa perché leggo assiduamente la rivista da diversi decenni. Diciamo che nel 2009 si è verificato un “break-point”, per restare sul tema del tuo ultimo ed interessantissimo post. 🙂
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Per il resto concordo con le tue considerazioni anche se ho qualche dubbio circa la coincidenza tra l’estinzione di massa di cui tratta il lavoro di Giordano e quella a cui si riferisce l’articolo di “Le Scienze”: se non ho interpretato male l’articolo dovrebbe trattarsi di un’estinzione diversa. Quella di cui parla Giordano dovrebbe essere la Grande Estinzione del Triassico, mentre quella di cui parlano Martindale e collega dovrebbe essere di circa settanta milioni di anni posteriore.
Per il resto appare evidente che parlare di Sesta Estinzione di Massa con riferimento all’attualità è una cosa abnorme.
Il problema è, secondo me, sempre lo stesso: la presunzione umana che fa del periodo storico in cui si vive, un periodo storico straordinario, unico ed irripetibile. Nel caso dell’estinzione del Toarciano ci troviamo di fronte ad un evento di durata compresa tra 620000 e 900000: da due a tre volte la durata dell’intera storia di Homo Sapiens (siamo “nati” come specie circa 300000 anni fa 🙂 ). Eppure Martindale e collega definiscono “breve”, da un punto di vista geologico, questo periodo di tempo lunghissimo. La nostra presunzione è, invece, tale da consentirci di individuare l’inizio di una grande estinzione di massa o, il che è peggio, di un nuovo periodo geologico che, in modo poco modesto, abbiamo battezzato antropocene. Che dire, ormai siamo diventati capaci addirittura di prevedere il futuro a distanza di milioni di anni ed essere certi che l’epoca che stiamo vivendo è tale da lasciare una traccia nella stratigrafia geologica. Il che è assurdo perché non sappiamo neanche quanto altro tempo la nostra specie resterà in vita. Le specie di Homo che ci hanno preceduti, per esempio, hanno avuto una “vita media” di circa un milione di anni e poi si sono estinte: un battito di ciglia nella storia del Pianeta. Eppure presumiamo di determinare un nuovo periodo geologico, mah!
Ciao, Donato.