Oggi, 12 giugno 2017, è la giornata internazionale contro il lavoro minorile, un tema di portata enorme e che limita le possibilità di sviluppo di molti paesi del mondo.
Proprio questa mattina, alle 6.15, ho avuto la ventura di ascoltare su “Voci del mattino” l’intervista a un attivista dell’ONG Terres des hommes, il quale ha sostenuto che la piaga del lavoro minorile è effetto del cambiamento climatico che spinge centinaia di milioni di persone a spostarsi dai loro territori.
Premesso che “Voci del mattino” è una trasmissione a mio avviso lodevole in quanto porta all’attenzione della collettività molte notizie mai riportate dai nostri grandi media, voglio anzitutto segnalare che di lavoro minorile un poco me ne intendo e ciò per memorie familiari: mio padre e mio nonno hanno iniziato a lavorare prima di 10 anni e personalmente mi ritengo un privilegiato appartenendo alla prima generazione della mia famiglia che è sfuggita a questo “dovere familiare” imposto dalla povertà. Da ciò deriva l’idea che la piaga del lavoro minorile può essere sconfitta se si realizza un progresso economico, culturale e civile delle popolazioni, lo stesso cui ci invitava Benedetto XVI nel suo messaggio per la giornata della pace 2009 che ho avuto la fortuna di leggere proprio ieri sera.
Da qui l’idea che attribuire al cambiamento climatico il fenomeno del lavoro minorile è un po’ come attribuire al cambiamento climatico la caduta dell’impero romano: sappiamo che il clima può essere un fattore predisponente per molti fenomeni storici e sociali ma da qui a indicarlo come fattore chiave ce ne corre…
Ma soprattutto dell’intervista all’attivista di Terres des hommes mi hanno colpito i due esempi del rapporto fra cambiamento climatico e lavoro minorile da lui portati.
Il primo era legato al Perù: in tale paese, narra l’intervistato, molte famiglie, sfuggite dalle aree montane a causa del cambiamento climatico, sfruttano i bambini per produrre mattoni dalla cui vendita deriva il loro sostentamento.
Il secondo esempio si riferiva a un paese africano in cui i bimbi lavorano in miniere d’oro a cielo aperto perché possono entrare in gallerie molto piccole. Anche questo sarebbe secondo l’attivista causato dal cambiamento climatico perché tali bimbi fuggono dal Sahel oppresso dalla desertificazione dovuta al cambiamento climatico.
Circa il cambiamento climatico in Perù, i trend sono delineati in modo assai efficace da Lavado et al. (2012) i quali sul periodo indagato evidenziano l’assenza di trend nelle precipitazioni (pur in presenza di una sensibilissima variabilità interannuale legata a El Nino) e un trend positivo di 0.09°C/dacade nelle temperature, con cambiamenti concentrati fra anni 70 e 80 del XX secolo.
Circa il cambiamento climatico nel Sahel, nessuno a mio avviso sa esattamente come stiano le cose, e ciò in quanto poche decine di stazioni meteorologiche presidiano un’area grande 27 volte l’Italia e soggetta a fenomeni precipitativi di tipo convettivo e dunque variabilissimi nello spazio e nel tempo. Posso però dire che i dati satellitari evidenziano che l’area saheliana è a livello globale una delle più interessate dal benefico fenomeno del global greening (Hermann et al., 2005; Helldén e Tottrup, 2008; Sitch et al. 2015) e cioè dall’incremento di biomassa vegetale indotto da diversi fattori positivi fra cui gli accresciuti livelli di CO2.
Come morale sottolineo che nessun problema può essere condotto a soluzione se non se ne individuano le cause reali, per cui trovo oltremodo forviante far assurgere a causa unica o quasi il cambiamento climatico. Tale vezzo peraltro ha lo spiacevole effetto di deresponsabilizzare le popolazioni e i sistemi di potere locali rispetto a problemi enormi e che con il cambiamento climatico hanno spesso poco o nulla a che vedere.
In tal senso mi rendo tuttavia conto che con le nostre poche forze è impossibile combattere in modo sistematico contro miti e superstizioni che vengono incessantemente prodotti da una fucina perennemente attiva e che sono poi sparsi a piene mani dai media. Per ogni mito che con fatica contrastiamo su base razionale ne sorgono altri 100! In ogni caso in questa azione di contrasto trovo di grandissimo aiuto e conforto la letteratura scientifica, senza la quale saremmo in totale balia dei fabbricanti e dei diffusori di miti.
Bibliografia
- Helldén U. and Tottrup C., 2008. Regional desertification: A global synthesis. Global and Planetary Change 64 (2008) 169–176
- Herrmann S.M., Anyambab A., Tucker C.J., 2005. Recent trends in vegetation dynamics in the African Sahel and their relationship to climate, Global Environmental Change, Volume 15, Issue 4, December 2005, Pages 394-404
- Lavado et.al., 2012. Trends in rainfall and temperature in the Peruvian Amazon-Andes basin over the last 40 years – 1965-2007, Hydrological Processes, DOI: 10.1002/hyp.9418
- Sitch, S., et al. 2015. “Recent trends and drivers of regional sources and sinks of carbon dioxide.” Biogeosciences 12:653–679. http://www.biogeosciences.net/12/653/2015/
Mia suocera e le sue due sorelle ha frequentato fino alla seconda elementare (ma erano femmine ed era sufficiente che sapessere fare la firma all’inizio del secolo scorso; i loro 8 fratelli non hanno frequentato oltre la quinta. Però non riesco a ricordare niente di antropico per quel periodo (oltre alle condizioni di povertà anche in una regione ricca come l’Emilia Romagna). Adesso è la stessa cosa, in aree dove lo sfruttamento (antropico) genera la stessa povertà.
Questi sacerdoti della religione climatica si dimostrano davvero colpiti dalla decisione degli USA di uscire da Parigi e hanno messo in campo na strategia assillante per evitare che la gente pensi a quante fesserie ci stanno dicendo ( mia moglie mi sta leggendo la notizia che i pediatri hanno dichiarato al G7 che l’AGW fa aumentare il cancro dei bambini) …. Poveretti!
Franco
Caro Franco,
mio padre (nato AD 1929) a 13 era già a lavorare perchè altrimenti non mangiava (e faceva la fame lo stesso). E quel periodo è stato il più freddo del secolo, mi pare..
Quanto al cancro dei bambini, per quanto possa essere crudele la cosa, per forza che aumenta il cancro: prima morivano di vaiolo/morbillo/TBC e altro…
Forse una letturina veloce a Bjorn Lomborg e il suo classico “L’ambientalista scettico”
Circa la situazione del greening nel Sahel, segnalo il lavoro di Brandt et al., 2015, Global Change Biology (http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/gcb.12807/abstract). Ho estratto il seguente passaggio da cui traggo la conclusione che le condizioni climatiche attuali siano piuttosto favorevoli in quella regione:
“After a dry period with prolonged droughts in the 1970s and 1980s, recent scientific outcome suggests that the decades of abnormally dry conditions in the Sahel have been reversed by positive anomalies in rainfall. Various remote sensing studies observed a positive trend in vegetation greenness over the last decades which is known as the re-greening of the Sahel … We conclude that the observed greening in the Senegalese Sahel is primarily related to an increasing tree cover that caused satellite-driven vegetation indices to increase with rainfall reversal”.
Ormai l’AGW è la Scusa Globale Totale. Data qualsiasi minchiata che uno voglia mettere in un programma politico, basta che sia appoggiato dai soliti noti, qualcuno gli troverà un collegamento ad hoc.
Pure D’Alema l’altra sera sproloquiava che i poveri immigrati che fuggono dall’Africa sono vittime dei cambiamenti climatici indotti da noi occidentali (che poi li rifiutiamo, gli immigrati)!
Se dovessimo fare un grafico dell’ andamento del lavoro minorile dal 1810 ad oggi e compararlo con quello del riscaldamento globale scopriremo che l’aumento di temperatura riduce il lavoro minorile. Il problema e’ che all’ aumento di temperatura corrisponde anche un aumento della vita media e del tasso di alfabetizzazione. Tanto già’ comparano pere e mele , divertiamoci
Stamane, mentre guidavo, ho sentito pure io l’intervista in questione alla radio. E mi ha fatto proprio ridere che colpevoli del lavoro minorile non fossero citate, per esempio, le multinazionali dell’elettronica, ma il cambiamento climatico, la cui colpa, se c’è, è sicuramente meno diretta di quella delle multinazionali. E mi faceva anche un po’ rabbia pensare che, seguendo il ragionamento, colpa del lavoro minorile non erano i miliardari padroni delle multinazionali, ma quelli come me, costretti il Lunedì ad alzarsi alle 4 e a guidare per ore (ho una macchina diesel senza filtro antiparticolato).
Capire il motivo per cui si tenda a deresponsabilizzare le popolazioni e i sistemi di potere locali potrebbe condurci alla soluzione del problema.