La frase è celebre, ed è del Trap, famoso oltre che per le sue doti calcistiche sia da giocatore che da allenatore, anche per un lessico a volte approssimativo, ma comunque sempre efficace. Del resto, chi non è mai stato d’accordo a metà su qualcosa?
Prendete per esempio questo paper open access uscito su Science Advances:
Si tratta di uno studio basato su dati di prossimità provenienti dai carotaggi in Antartide. Analizzando le serie, i ricercatori hanno individuato periodi con diversi livelli di stabilità climatica, riscontrando climi più stabili nelle fasi più fredde delle glaciazioni e negli interglaciali e una maggiore tendenza a brusche oscillazioni, quindi anche alta variabilità, nelle fasi intermedie dei periodi glaciali. Ne consegue che tanto il freddo insostenibile, quanto i periodi benigni che separano le glaciazioni, hanno scarsa probabilità di nascondere eventi climatici estremi, mentre le fasi intermedie risultano essere climaticamente più difficili.
Ora siamo notoriamente in un interglaciale, e non ci vuole molto per associare le condizioni che caratterizzano questa era climatica (che si chiama Olocene e della quale abbiamo parlato appena ieri), a più basse frequenze di occorrenza degli eventi estremi, non fosse altro perché, piaccia o no, l’Olocene è stato la culla della nostra civiltà.
A regolare le fortune del clima, con la CO2 che segue e non anticipa le variazioni di temperatura (esaminare i dati dei carotaggi per credere), soprattutto le masse glaciali, la cui espansione o ritiro regolano a loro volta la circolazione oceanica.
Ma, scrivono gli autori, nonostante il passato insegni che i periodi caldi [interglaciali] come l’attuale siano caratterizzati da stabilità climatica, lo scioglimento delle calotte glaciali dovuto al riscaldamento, corre il rischio di destabilizzare la situazione e sovvertire l’ordine degli eventi.
Di seguito la parte finale dell’abstract:
Esperimenti numerici condotti con un modello di corcolazione generale pienamente accoppiato tra atmosera e oceano, con acqua dolce riversata nel Nord Atlantico, hanno mostrato che il clima diviene più instabile nelle condizioni glaciali intermedie associate con profondi cambiamenti per il ghiaccio marino e per la Meridional Overturning Circulation.Gli esperimenti sulla sensibilità del modell0 suggeriscono che il prerequisito per la più frequente instabilità climatica con andamento opposto tra i poli durante il tardo pleistocene, è associato con una ridotta concentrazione di CO2 che scaturisce da un raffreddamento globale e dalla formazione di ghiaccio nel Nord Atlantico, con l’aggiunta di un estesa coltre di ghiaccio sull’emisfero nord.
In poche parole, stando a questo studio, caldo è bello ma durerà poco. Mi viene in mente un nome più calzante per l’era dell’isteria climatica. D’ora in avanti la chiamerò #Antroposceme.
Enjoy
Ecco.. i soliti mistificatori!! la frase non e’ del Trap!!!
Già: https://it.wikiquote.org/wiki/Luigi_Garzya
[…] Posted By Guido GuidiData di pubblicazione: 4 Maggio 2017Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=44402 […]
Bisognerebbe capire quando può essere considerato significativa la perdita di ghiaccio marino. Qual è la quantità di acqua dolce che deve essere riversata negli oceani per poter osservare un raffreddamento dello strato della bassa troposfera? Ricordo che, invece, il raffreddamento della bassa stratosfera è in atto dal lontano 1993, ormai questo è un dato di fatto che viene ignorato quotidianamente dall’informazione mainstream.