Siamo piuttosto bravi con le previsioni di El Niño, ma non in primavera. Peccato, perché la primavera è la stagione in cui tutto ha inizio, anche per quel che riguarda le dinamiche del complesso sistema di scambio di energia tra mare e atmosfera che governa l’area dell’Oceano Pacifico tropicale.
Si chiama Spring Predictability Barrier, e ormai la conosciamo. E’ quel significativo calo della capacità dei modelli di produrre degli output con skill più elevato della statistica che si manifesta proprio durante la stagione primaverile. Una delle ragioni più ovvie di questa debolezza risiede nel fatto che tanto El Niño quanto La Niña, appunto due delle facce delle oscillazioni dell’ENSO (El Niño Southern Oscillation), cui si aggiunge la condizione di neutralità, tendono ad avere il loro incipit proprio a primavera, per raggiungere poi il picco durante l’inverno.
Ora, dopo un El Niño intenso come poche volte è stato osservato tra il 2015 e l’inizio del 2016, ed un 2016 che ha visto una debole La Niña, ci sono delle possibilità che l’estate torni a portare con se un ENSO positivo, un bambinello. Possibilità per la verità ancora basse, perché nel computo delle probabilità El Niño fa segnare un 50%, non sufficiente per emettere un messaggio di warning per la NOAA, abbastanza per farlo invece per il BOM (Bureau Of Meteorology) australiano. Ma questo accade perché gli americani categorzzano gli eventi di oscillaione dell’ENSO in due livelli di alert, gli australiani usano invece una scala articolata su tre livelli.
Tutti insieme comunque non sanno che pesci pigliare, pur disponendo dei sistemi di analisi e prognosi più evoluti di cui oggi ci si possa avvalere. E quindi, nelle prossime settimane, ricomincerà la cabala El Niño sì, El Niño no, fino a quando, passata la barriera di primavera, la situazione non sarà consolidata.
Qui sopra l’ultima previsione dell’IRI, un insieme di output modellistici la cui media mostra un evidente prevalere di condizioni di ENSO positivo per i prossimi mesi. Ricordiamo che con un’anomalia positiva delle temperature superficiali superiore a 0.5°C, già si parla di El Niño.
Se e quando la situazione dovesse evolvere nella situazione prospettata, ci sarà da discutere sugli effetti che questopotrà avere sulle dinamiche climatiche delle aree direttamente interessate – l’America centrale che si affaccia sul Pacifico, l’Australia e il continente marittimo – e, più in generale, sulla temperatura media del pianeta.
Per adesso, per inciso, registriamo come spesso accade in primavera, una disarmante difficoltà dei modelli utilizzati per le previsioni del tempo di andare oltre la settimana. In queste condizioni, ragionare sulle settimane o sui mesi è a dir poco speculativo.
Qui, se volete approfondire, l’opinione degli esperti della NOAA sull’ENSO blog. Qui ancora, invece, la previsione dell’IRI.
Fino a qualche tempo fa l’anomalia positiva per avere El Niño era +1°C… che fanno, l’abbassano pur di dimostrare che hanno ragione?