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Stratospheric Sudden Warmings

Ero appena un ragazzo quando ho cominciato ad interessarmi alla meteorologia. Non ricordo molto di quei giorni, salvo il fatto che, da adolescente quale ero, il contesto del corso di cultura aeronautica in meteorologia mi sembrava alquanto strano. Una cosa ricordo bene: “Ragazzi”– disse la persona che ci accolse il primo giorno- “il tempo e la meteorologia sono tutti nella parte più bassa dell’atmosfera, che si chiama troposfera”. Ma è proprio così? Direi di no, dato che se già alla metà del secolo scorso, più di qualcuno aveva cominciato a capire che le cose in effetti stanno diversamente. Nel tempo, molti processi chimici e fisici che riguardano la stratosfera sono stati riconosciuti come determinanti per lo strato sottostante e, quindi, per il tempo atmosferico e per il clima.

Tra questi, i più drammatici, in termini di vero e proprio stravolgimento delle condizioni di partenza, sono delle intense e rapide risalite della temperatura della stratosfera polare, noti nella nomenclatura come Stratospheric Sudden Warmings (SSW). Nei mesi invernali la stratosfera polare di entrambi gli emisferi è occupata da un intenso vortice freddo, il Vortice Polare (VP), [photopress:113260main_arctic_vortex_447.jpg,thumb,pp_image]che subisce una fase di repentino riscaldamento durante la quale può essere spostato a latitudini molto più basse del normale o separato in due circolazioni minori lontane dal baricentro polare, che finisce per essere occupato da una circolazione anticiclonica. In questo caso, al culmine del riscaldamento, i venti stratosferici cambiano direzione e da occidentali divengono orientali. Le SSW sono abbastanza frequenti, tuttavia gli episodi più intensi e significativi sono piuttosto rari e spesso possono essere assenti dalla scena climatica anche per tre o quattro inverni consecutivi. Durante questi eventi la temperatura nella stratosfera può salire anche di 80°C in pochi giorni e la stratopausa, che la separa dalla mesosfera, può abbassarsi anche di 20km. [photopress:SouthernPolarVortexSplit_LCS.jpg,thumb,pp_image][photopress:10mb6590_2002.gif,thumb,pp_image] Con l’unica eccezione di un evento occorso nel settembre del 2002, il VP dell’emisfero meridionale non conosce fasi di rapido riscaldamento intermedie, mentre nella fase finale della stagione fredda, durante la primavera australe, subisce un progressivo indebolimento che si conclude con la transizione stagionale.

Prima di entrare nel merito delle dinamiche che portano all’occorrenza delle SSW, è necessario ripercorrere le fasi della ricerca che, a partire dalla metà del secolo scorso, ne hanno fondato la conoscenza concettuale.

Gli studi sulle dinamiche stratosferiche nacquero nei primi anni ’50, alla Libera Università di Berlino Ovest, sotto la direzione di Richard Sherhag, che condusse una lunga serie di osservazioni in quota ed ebbe la fortuna di documentare un maestoso evento di SSW nel gennaio del 1952 . Curiosamente le osservazioni furono possibili per l’uscita in commercio di un nuovo tipo di palloni sonda più resistenti che arrivavano a quote molto più alte di quanto era stato possibile sino allora. Nell’ultimo trentennio alle misure oggettive derivate dai radiosondaggi si è aggiunta la continuità dei dati dei sensori satellitari. Resta il fatto che la scoperta dipese da una singola osservazione condotta casualmente al momento giusto.

In una fase iniziale si tentò di attribuire le SSW al verificarsi di tempeste solari ed alla instabilità idrodinamica dello strato ove avvengono, per effetto dell’accentuato shear del vento che è proprio della stratosfera. Tutte e due queste teorie mancavano di chiarire alcuni aspetti fondamentali: con riferimento all’attività del sole è stato provato che non ci sono tracce di un diretto rapporto di causa effetto, infatti la tempesta solare che interessò il periodo di osservazione della prima SSW da parte di Sherhag, avvenne poco dopo e non prima della fase di riscaldamento; circa lo shear del vento invece, se fosse questa la causa, non si capirebbe come mai questi eventi non interessano l’emisfero sud, la cui stratosfera polare subisce normalmente variazioni spaziali del campo del vento ben più accentuate della sua controparte settentrionale.

Negli anni ’70 cominciò a prendere corpo l’ipotesi che le SSW prendano origine dalla propagazione verso l’alto delle onde planetarie o onde di Rossby, che arrivano ad interessare la stratosfera. Al riguardo è bene ricordare che quelle planetarie sono onde inerziali trasversali, ossia riferite al volume e non alla sola superficie della massa d’aria. Perchè questo avvenga, tuttavia, è necessario che le onde abbiano una considerevole ampiezza. La dimostrazione teorica fu portata avanti da Matsuno che simulò, impiegando un modello numerico, l’interazione tra il flusso zonale principale ed una singola onda planetaria. Egli dimostrò che questa interazione porta ad una intensificazione del vento e ad un aumento delle temperature, ricreando le condizioni di alcuni casi di SSW. [photopress:Simulazione_di_Matsuno_1.jpg,thumb,pp_image]Questa forte correlazione tra l’attività delle onde planetarie e le SSW spiega anche la quasi totale assenza di questi eventi nell’emisfero australe. Le onde planetarie infatti sono generate dalle catene montuose e dalle differenze di temperatura tra mare e terraferma. A causa dell’assenza di catene montuose imponenti come quelle settentrionali e per la netta superiorità della superficie marina rispetto a quella terrestre, l’emisfero meridionale è molto meno sensibile allo svilupparsi di onde planetarie con ampiezza molto accentuata, per cui il VP meridionale è molto più isolato e forte ed è quindi quasi inattaccabile dagi episodi di riscaldamento. Con queste basi di partenza sono state condotte molte campagne di osservazione analizzando numerose SSW, che hanno confermato come queste siano dipendenti dall’incremento del flusso di energia che si propaga dalla troposfera alla stratosfera.

Cerchiamo ora di approfondire la nostra conoscenza di questi eventi. La stratosfera polare invernale dell’emisfero nord è normalmente dominata da due circolazioni principali, il vortice polare, freddo e ben organizzato, ed un anticiclone più debole, ma quasi persistente, posizionato intorno a 180° di longitudine, l’anticiclone delle Aleutine. Una fase di intensificazione di questo anticiclone ed il contestuale indebolimento del vortice polare sono sempre alla base degli eventi di SSW che, in base alla loro evoluzione, possono essere racchiusi in quattro gruppi fondamentali: Major Warmings, Minor Warmings, Canadian Warmings e Final Warmings.

Le Major Warmings – Questo gruppo può essere ulteriormente diviso in due sottocategorie, denominate wave-1 e wave-2, rispettivamente nel caso in cui, come già accennato in precedenza, il VP sia spostato dalla sua sede naturale pur mantenendo una struttura unica, oppure sia diviso in due circolazioni separate. Perchè un evento di riscaldamento della stratosfera polare sia classificato come Major Warming, la World Meteorological Organization (WMO) stabilisce che l’inversione della circolazione dei venti debba propagarsi almeno fino al 60° parallelo Nord. Il riscaldamento di tipo wave-1 [photopress:Major_warming_wave_1.gif,thumb,pp_image] [photopress:Major_warming_wave_1_in_corso.gif,thumb,pp_image]può originarsi dalla fusione dell’anticiclone delle Aleutine con un altra circolazione di alta pressione formatasi anche molto più ad ovest (solitamente attorno al meridiano di Greenwich). Questo anticilone viaggia attorno al bordo del VP fino a raggiungere la zona delle Aleutine e fornisce l’energia per l’intensificazione. Si genera così un forte gradiente nell’area di contatto tra le due circolazioni, da cui scaturisce una accentuazione dell’intesità della corrente a getto. l’aria anticilonica entrando nel getto scende adiabaticamente, ovvero senza scambiare calore con l’ambiente circostante, per circa due chilometri subendo quindi un intenso riscaldamento. Inizia così una fase di erosione ed indebolimento del VP che perde aria ad elevato contenuto di energia potenziale catturata dalla circolazione anticiclonica. I processi che appartengono alla categoria wave-2 hanno invece una dinamica differente. E’ infatti necessario che all’intensificazione dell’anticiclone delle Aleutine corrisponda una pari intensificazione di un anticiclone (non permamente) sviluppatosi ad opposta longitudine. Ne consegue una chiusura a tenaglia delle due configurazioni di alta ai danni del VP, che viene diviso in due circolazioni fredde distinte che scendono notevolmente di latitudine. In molti casi una SSW di tipo wave-1 precede il verificarsi di una wave-2, per cui il vortice polare, già spostato dalla sua posizione, quando finisce per essere diviso in due può scendere ancora di più verso meridione. Questo però accelera la fine dell’evento di riscaldamento, perchè l’aria anticiclonica perde velocemente calore verso l’alto per effetto del raffreddamento radiativo (l’inverno è comunque la notte polare) e la circolazione torna rapidamente alla normalità.

Le cosiddette Minor Warmings oltre ad essere abbastanza frequenti, sono comuni anche nell’emisfero meridionale, seppur in forma molto più attenuata, come del resto sono decisamente attenuati tutti i parametri di riferimento che caratterizzano il VP settentrionale. Questi eventi hanno molte caratteristiche in comune con le SSW di tipo wave-1, ma non hanno effetti di particolare rilievo, benchè forniscano una valida testimonianza della accentuata variabilità e debolezza della struttura termica della stratosfera polare nel nostro emisfero.

Le Canadian Warmings, sono tipiche della fase iniziale della stagione invernale. Per cause ancora non del tutto chiare, l’anticiclone delle Aleutine si spinge verso la longitudine 90° ovest, appunto fin sul Canada. Ne deriva lo spostamento ed allungamento del VP finchè, al collasso dell’anticiclone non tornano a stabilirsi condizioni di normalità. Le immagini cche documentano la fase di riscaldamento in corso in questi giorni si riferiscono ad un evento di questo tipo, ma il cammino dell’anticiclone non si è arrestato sul Canada, così come non si è fermata la sua intensificazione, consentendo lo sviluppo di una SSW di tipo wave-1.

Infine, quando l’inverno volge al termine (e così la notte polare), si succedono ogni anno quelle che vengono definite Final Warmings con un processo evolutivo più simile ad una rapida SSW che non ad un progressivo riscaldamento dovuto al ritorno di una maggiore quantità di radiazione solare. In definitiva gli eventi di riscaldamento della stratosfera polare sono sempre rapidi ed improvvisi, anche quando riguardano la transizione stagionale. Anche nell’estate boreale tuttavia, nella bassa stratosfera resta un residuo del VP che all’arrivo del freddo costituirà la base per la maturazione della circolazione invernale.

Ora che conosciamo meglio le SSW, possiamo fare un breve passo indietro e tornare alle simulazioni di Matsuno per rilevare che, in effetti, pur spiegando chiaramente il fenomeno avevano tralasciato alcuni aspetti forse fondamentali che ora vedremo.

Le SSW sono eventi altamente non lineari, per cui studiarne l’evoluzione simulando l’interazione tra una singola onda ed il flusso zonale, tralasciando la complessa interazione tra diverse onde planetarie implica la necessità di tralasciare alcuni aspetti tipici del comportamento della troposfera che possono risultare fondamentali. Inoltre l’esempio di Matsuno presuppone che la configurazione di partenza sia simmetrica dal punto di vista zonale, mentre se si pensa alle SSW di tipo wave-1, è proprio l’asimmetria nella circolazione che scaturisce dalla fusione di due anticicloni, di cui uno non climatologico, ad innescare il processo di riscaldamento.

Sempre con riferimento alle correlazioni con le dinamiche troposferiche, è stato spesso osservato che un deciso approfondimento della circolazione depressionaria a carattere permanente che orbita attorno a 140° di longitudine -la East Asian Low-, può essere causa di una intensificazione dell’anticiclone delle Aleutine che, a sua volta, ha un ruolo determinante nell’occorrenza delle SSW. Non sempre però il comportamento anomalo delle onde troposferiche conduce ad uno di questi eventi, tuttavia, specialmente per le wave-1, l’ampiezza delle onde planetarie è sempre molto accentuata, pur persistendo un elevato grado di indeterminatezza nell’accertare la catena degli eventi.

Per quel che riguarda le wave-2 il processo di innesco appare più chiaro. L’insorgere di un secondo anticiclone longitudinamente opposto a quello delle Aleutine è necessario perchè il VP sia stretto nella morsa dell’alta pressione. Tale processo arriva fino alla troposfera dove alla East Asian Low si oppone la nascita di un’altra depressione sul Nord America, favorendo l’affermarsi di una tipica configurazione di blocco troposferico causa di intensi flussi meridiani. Ne consegue che le situazioni di blocco appaiono essere una conseguenza e non una causa delle SSW.

Uno dei principali motivi di incertezza nella comprensione di questi eventi, sembra essere la grande variabilità interannuale del comportamento della stratosfera polare. Una variabilità attribuibile a tre fattori determinanti: (1) l’accentuata variabilità della struttura della circolazione troposferica, (2) la variabilità della stratosfera tropicale e (3) la variabilità delle forzanti esterne.

Nel primo caso il fattore determinante è sicuramente l’ENSO (El Niño Southern Oscillation) in quanto è stato osservato che la East Asian Low è più intensa quando c’è una fase calda della temperatura di superficie del Pacifico meridionale. Tuttavia non mancano nelle serie storiche delle intense SSW occorse in concomitanza di di un ciclo della Niña, cioè di una fase fredda.

Per quel che riguarda la variabilità interannuale della stratosfera tropicale occorre volgere lo sguardo alla QBO (Quasi Biennal Oscillation), ovvero all’inversione dei venti stratosferici che si verifica mediamente con periodo 24-30mesi. Le osservazioni testimoniano che con QBO occidentale nella bassa stratosfera (indice in territorio positivo), le onde planetarie sono come rifratte dalle regioni polari verso i tropici, favorendo la persistenza del VP. Con QBO orientale invece (indice negativo), le onde occupano le latitudini medio-alte indebolendo il VP e permettendo SSW più frequenti. Queste correlazioni non sono tuttavia corroborate da una solida statistica, per cui la QBO non è un fattore primario per il verificarsi di eventi di riscaldamento.

Infine le forzanti esterne. Abbiamo già visto come la variabilità del ciclo solare undecennale, afferente al numero di macchie solari, sia stata ritenuta in passato all’origine delle SSW. Sulla base di una serie quarantennale di osservazioni di questi cicli e delle fasi della QBO, è stato possibile osservare che quando i venti stratosferici tropicali sono occidentali gli eventi di riscaldamento tendono a verificarsi durante i picchi di massima attività solare, mentre con QBO negativa le SSW prevalgono nei periodi di numero minimo di macchie solari. Anche in questo caso tuttavia, le serie di dati disponibili sono piuttosto esigue, per cui occorreranno ancora molti altri anni di osservazione per dare maggiore consistenza a queste correlazioni.

Le SSW dunque provocano quello che a tutti gli effetti può essere definito uno sconvolgimento delle dinamiche della circolazione stratosferica ed essendo causa di intensi movimenti meridiani di masse d’aria nella troposfera, possono essere anche origine di un forte rimescolamento chimico della media atmosfera, portando, ad esempio, aria povera di ozono dalle latitudini polari a quelle meridionali.

Al termine di questo esame delle caratteristiche delle SSW che si è visto come prendano origine anche da comportamenti anomali della circolazione troposferica, è necessario segnalare anche gli effetti di feedback che esse possono avere sulla circolazione nei bassi strati e quindi sul tempo locale. [photopress:10mb9065_1985.gif,thumb,pp_image]Gli intensi blocchi pressori ed i conseguenti accentuati flussi meridiani di masse d’aria innescati dalla discesa di aria fredda, secca e con elevata vorticità potenziale verso latitudini più basse, sono stati causa di fasi di tempo gelido negli inverni europei, tra i quali si ricorda soprattutto quello del 1984-85, anni che ancora detengono il record delle precipitazioni nevose sul territorio della penisola.

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Nota per il lettore

– La maggior parte delle informazioni è stata tratta dall’Enciclopedia of Atmospheric Sciences – Holton, Curry, Pile ed. 2003;

-Le immagini delle prime osservazioni sono tratte dal documento: “Stratospheric temperature changes and the associated changes in pressure distribution” – Richard Scherhag 1960.

– Le immagini dell’andamento attuale e pregresso della temperatura stratosferica provengono dal DB della NOAA .

L’articolo è scaricabile in formato PDF: [drain file 5 url]

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Published inClimatologiaMeteorologia

21 Comments

  1. […] In questo paper il modello utilizzato allora viene impiegato in parallelo con una versione più aggiornata che se non comporta modifiche circa la risoluzione spaziale orizzontale, ne comporta invece di significative  lungo la verticale, aumentando da 38 a 85 i livelli verticali del modello e includendo quindi una buona parte della stratosfera, ove nella vecchia versione erano rappresentati solo gli strati di quest’ultima a contatto con la troposfera. Lo scopo è quello di tentare di far rappresentare al modello il comportamento del Vortice Polare Stratosferico, con particolare riferimento agli eventi di repentino riscaldamento e inversione della circolazione alle alte quote polari noti come Stratospheric Sudden Warming (SSW). […]

  2. Giovanni

    Salve!

    Molto interessante l’intervento del Maggiore Guidi.

    Questo Warming è oramai il più forte degli ultimi trent’anni, e questa sera il modello europeo ECMWF sta mostrando un aggiornamento che sempre più assomiglia alle situazioni bariche mostrate nel Gennaio 1985.

    In generale ho visto che, negli anni passati, situazioni di Warming stratosferico si sono manifestate frequentemente tra le Isole Aleutine e la Siberia, e sul Canada, e sono state seguite da ondate di freddo molto intenso sugli States e sulle zone suddette.

    Stavolta mi pare che il riscaldamento sia stato soprattutto Polare, proprio come 24 anni fa…

  3. DANIELE

    Posso anche sbagliarmi!

  4. DANIELE

    Quelleo che volevo dire e che secondo me non esiste un solo vortice polare ma sono tanti!(es:in una mappa gfs non esiste un vortice solo vicino al polo ma sono diversi, premettendo che io non ho visto quasi mai un vortice preciso al polo.)Non so come chiamarle perturbazioni polari che vagano a valzer su e giù.

    • admin2

      Salve Daniele
      per vortice polare si intende la circolazione a cuore freddo che circonda i poli durante la stagione invernale ed è delimitata dal fronte polare, ovvero la fascia di correnti ad elevato gradiente barico e termico in seno alla quale viaggiano le ondulazioni da cui si originano quei “piccoli” (è un eufemismo) vortici detti polar low da cui prendono a loro volta origine le perturbazioni. Ad esempio, se vai a dare un’occhiata alle mappe che ho allegato al post “Stratwarming update” ne avrai un’immagine piuttosto chiara.
      Grazie per avermi dato la possibilità di precisare.
      gg

  5. @ Daniele
    Uno per emisfero, uno per stagione invernale.
    gg

  6. DANIELE

    Il vortice polare e uno o sono tanti?

  7. […] del vortice polare. Quando si innesca il processo di riscaldamento (del quale abbiamo parlato in questo post), i primi ad avvertire il cambiamento sono i piani superiori. In questo caso, trattandosi di un […]

  8. Antonio Marino

    Definire ottima questa analisi è quasi riduttivo, i complimenti sono d’obbligo e colgo l’occasione per un cordiale saluto al Magg. Guido Guidi che ho avuto il piacere di sentire al telefono in occasione della Conferenza sui Cambiamenti Climatici svoltasi in Allumiere(Rm) il 24/11/2007…persona cortese e disponibile…

  9. Massi

    Complimenti per l’analisi dettagliata ! Io che sono un culture delle analisi stratosferiche ho apprezzato….
    Caro Dott. Guidi…FORZA LAZIO ! 🙂

    Sempre!
    g. 🙂

  10. Aldo Meschiari

    Ripeto, gentile Guidi,
    che andrebbe approfondito il discorso sui Minor Warming.

    saluti

  11. Aldo Meschiari

    Una domanda a Guidi: dove si può reperire l’enciclocpedia di Holton?

    Salve, una risposta per tutti. L’opera di Holton e soci è certamente il meglio che si possa trovare, considerato l’approccio tipicamente enciclopedico e la qualità degli approfondimenti. Un difetto lo ha, purtroppo: costa uno sproposito (circa 1000 Euro). Comunque si può comprare sul web.
    Buona giornata, Guido Guidi.

  12. Fabry18

    complimenti Sig.Guidi…..ancora una volta, il miglior meteoman in Italia, attualmente.

  13. Lorenzo Fiori

    Un momento, leggo ora che gran parte del materiale viene dall’enciclopedia delle scienze atmosferiche…ma così non vale!!!
    Dev’essere un’opera fantastica…

  14. Lorenzo Fiori

    E già, il problema è che per capirci bene qualocosa su certe problematiche meteo-climatiche bisogna scientifiche in materia cosa che si può fare solo con mesi di assoluta dedizione e non tutti possono farlo.

  15. Aldo Meschiari

    Aggiungo che forse questa è sintesi in italiano più chiara e completa che si possa trovare non solo sul web.

    Ecco perchè urgono approfondimenti.

    saluti

  16. Aldo Meschiari

    Ottimo articolo divulgativo!
    Complimenti a Guidi.
    Unica piccola critica: non sempre i Minor Warmings sono irrisori o ininfluenti riguardo alle vicende troposferiche. Se il riscaldamento riesce a propagarsi verso il basso, può portare conseguenti forti HP a livello troposferico, con conseguente forcing in sede tropo verso il VP tropo.

    saluti

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