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Occhi bendati

E’ incredibile, viviamo nell’era della comunicazione e delle immagini, nessuna cosa è se non si vede, meglio se con straordinari effetti speciali, eppure tutto il mondo insegue qualcosa che di fatto è solo virtuale, solo immaginata dalle elucubrazioni di sistemi di simulazione sempre più tecnologici e dispendiosi ma ancora molto grezzi ed imprecisi. Si fanno summit, conferenze, dibattiti, talk show televisivi, documentari con budget miliardari e si pianifica di spendere quantità enormi di denaro, tutto per inseguire qualcosa che, ci assicurano, c’è ma non si vede, il cambiamento climatico di origine antropica.

Per quello che invece è sotto agli occhi di tutti  c’è invece una sorta di immunità. Due giorni fa abbiamo assistito all’ennesima tragedia annunciata. Il clima non c’entra nulla, c’entra il tempo atmosferico, quello che è così da secoli e che con disarmante puntualità torna sovente a farci capire chi comanda. Non è necessario essere un climatologo o un meteorologo, basta una persona che legga un po’ ed abbia un po’ di buon senso per capire che un temporale o dieci o cento temporali sono fenomeni atmosferici che avvengono a scale spaziali e temporali infinitamente più piccole delle dinamiche del clima. Allora mi domando cosa si deve essere per affermare  che i tragici fatti della provincia di Messina oggi, di Capoterra l’anno scorso o di Soverato qualche anno fa, abbiano a che fare con il clima che cambia. E’ vero, l’interpretazione generale vede una tendenza delle precipitazioni sul nostro territorio a diminuire lentamente in valore assoluto, ma ad essere concentrate in episodi più brevi. Questo è tutto quello che sappiamo. Attorno a questo segnale c’è un’incertezza così ampia da renderlo quasi inservibile.

Solo un paio di decadi fa, nel nostro paese disponevamo di un centinaio di stazioni meteorologiche disseminate tra aeroporti ed aerovie, cioè disposte per lo scopo specifico dell’assistenza alla navigazione aerea. Alcune di queste (molto poche) erano e sono tutt’ora ritenute utili anche per scopi climatologici e statistici, perchè sono in località climaticamente significative, spartiacque orografici, zone costiere e quant’altro. Invece, quelle sugli aeroporti a lungo andare stanno perdendo la loro rappresentatività di lungo periodo, perchè sta cambiando drasticamente il territorio circostante in seguito alla pressante spinta urbanistica, pur conservando ovviamente la loro valenza operativa.

In un contesto del genere, avere la fortuna -si fa per dire- che una di queste stazioni potesse essere interessata da fenomeni intensi e quindi ne conservasse la memoria era meno probabile di un sei al superenalotto. Nonostante ciò la storia del nostro paese è piena di registrazioni di eventi di precipitazioni intense.

Da qualche anno, in seguito all’installazione di un centinaio di stazioni automatiche del Servizio Meteorologico dell’A.M., alla realizzazione di reti di rilevamento di ogni genere da parte di questa o quella istituzione, il livello del monitoraggio è cambiato radicalmente, pur in un contesto con non poche difficoltà di standardizzazione dei sistemi ed omogeneità delle informazioni. Ma il cambiamento più significativo lo sta producendo senz’altro il completamento della rete di rilevamento della Protezione Civile, che ha giustamente disseminato il territorio di sensori. Naturalmente gli scopi sono molto diversi, per cui la maggior parte di questi sono nelle zone dove è più probabile che si verifichino i fenomeni più intensi, sia per la morfologia del territorio, sia per evidenze di carattere storico. Non è un caso se la stazione di Messina ha registrato 70mm di pioggia e quella nei pressi della zona più colpita ne ha registrati oltre 200. La seconda infatti è sul crinale montuoso cioè proprio dove è più probabile che le piogge assumano maggiore intensità, perchè i sistemi nuvolosi risentono moltissimo del contributo orografico.

In sostanza, se le precipitazioni stiano assumendo un pattern diverso da quanto accadeva in passato è in forse, che lo stiamo misurando molto meglio è certo. Diversamente non si capirebbe come possano esserci stati tutti gli eventi intensi che hanno creato fior di danni nel corso della storia di cui però non si conoscono le esatte quantità di precipitazioni cadute.

Già, i danni. Sulle origini antropiche di questi disastri nella maggior parte dei casi non c’è alcun dubbio. Ma non è un problema climatico o meteorologico, è un problema di dissesto del territorio e di uso dissennato dello stesso. A Soverato era stato costruito un camping in un vallone, proprio sul percorso di un fiume in secca; Capoterra è in una zona una volta paludosa, leggermente depressa rispetto al livello del mare; Giampilieri in provincia di Messina ha -ma purtroppo dovremmo dire aveva- il centro cittadino in un altro vallone, sulle pendici di un gruppo di colline che guarda il mare, una volta coltivate e ora in stato di abbandono.

Ieri sera a TV7, il geologo Gabriele Scarascia Mugnozza  lo ha detto chiaramente, mentre il climatologo dell’ENEA Vincenzo Artale  ha dichiarato di aspettarsi un episodio del genere perchè l’eccesso di calore dovuto al clima che cambia ne fa accrescere la frequenza, salvo poi asserire che tutto sommato siamo in una stagione di transizione e questo genere di eventi rientra nella normalità. Invito chiunque a capire se è buona la prima o la seconda. Ma è possibile che l’unica parola di chiarezza debba venire da chi di questi argomenti ne mastica poco o niente? E’ possibile che le menti della gran parte di quelli che si occupano di clima debbano funzionare così a senso unico? Sarà l’eccesso di CO2 che le offusca?

Alcuni giorni fa abbiamo ospitato un commento sulle nostre pagine di Antonello Pasini, ricercatore del CNR, il quale ci segnalava un suo intervento sulle pagine web del Sole24ore, dal titolo “L’Inferno in Paradiso“, con il quale ci esortava a prendere coscienza della potenza della Natura manifestatasi con lo Tsunami delle Isole Samoa, e quindi ad agire prestamente per evitare di accrescere il rischio che il mondo si rivolti contro di noi. A prima vista non volevo credere ai miei occhi, poi ho capito che si trattava di una semplice riflessione personale, magari fatta con buona scelta di tempo, ma niente di più.

Bene ora vorrei farla anche io una riflessione e un’esortazione. Destiniamo quello che si progetta di spendere per mitigare ciò che non è mitigabile inseguendo teorie ancora tutte da dimostrare, alla cura del nostro territorio, alla messa a punto di piani di emergenza, alla messa in sicurezza delle infrastrutture, insomma, alla nostra vita. E’ nell’interesse di tutti noi e nel rispetto di quanti la vita l’hanno persa negli innumerevoli episodi come quello di un paio di giorni fa. Ci pensi chi ha la responsabilità di gestire il territorio, chi compie scelte che indirizzano le risorse, ma, soprattutto ci pensi chi da troppo tempo sta lavorando per convogliare tutti gli sforzi nell’unica assurda direzione dell’ipotetico disastro del clima che verrà, ignorando la realtà di ciò che è ed è sempre stato. E questo vale per la ricerca, per i policy makers e, perchè no, anche per chi fa informazione e divulgazione. Ci pensino.

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Published inAttualitàMeteorologiaNews

12 Comments

  1. Luca Galati

    Le risposte che mi sono state date sono convincenti nel limite delle mie conoscenze a testimonianza del fatto ch quqndo si vuole discutere civilmente senza, a mio avviso aggressività, si tirano fuori spunti interessanti.

    Preciso solo quanto riportato nelll’ultimo link relativo alle precipitazioni di Palermo:

    “Se invece di riportare solo i giorni con più di 80 mm di pioggia si riportassero quelli con più di 70 mm, questo comportamento risulterebbe accentuato e inoltre si troverebbero dei giorni eccezionali concentrati anche nel periodo 1826-1837 e negli ultimi anni a partire dal 1991.”

  2. Per quanto riguarda l’occorrenza di fenomeni violenti e che questi stiano aumentando, capita a fagiolo l’analisi su una delle serie storiche di precipitazione più lunghe d’Italia da un luogo non molto lontano da Messina: l’osservatorio astronomico di Palermo.
    Nello studio esaguito
    http://www.astropa.unipa.it/~giusi/METEO/BOOK/node15.html

    è chiaro senza ombra di dubbio che è vero il viceversa e che, da un’altra parte dell’articolo, è proprio la mancanza di eventi intensi ad aver provocato una diminuzione delle precipitazioni su Palermo.

    Se si viene all’Emilia Romagna, anche qui il 95° ed il 99° percentile della precipitazione massima giornaliera non è cambiato in maniera significativa dal ’51 ad oggi.

  3. Luca Galati

    Ora è chiaro.

    Solo che evidentemente hanno sbagliato a sentire il climatologo: lui ha semplicemente fornito il suo punto di vista ovvero appunto l’ottica del climatologo senza alcun errore: se si voleva un’analisi più precisa bisognava chiedere ad un meteorologo…

  4. Luca Galati

    Ora è chiaro.

    Un’ultima cosa:
    a cosa e a chi si riferisce esattamente con la frase:

    “E’ possibile che l’unica parola di chiarezza debba venire da chi di questi argomenti ne mastica poco o niente?”

    non vorrei indirettamente che si riferisse ad una auspicata (da parte sua) separazione di competenze visto cosa che di fatto qui su questo portale non c’è mai stata…

    LG

    • Ti rispondo volentieri Luca. vatti a vedere la puntata di TG7 sul sito della RAI, scoprirari che mentre il geologo parlava chiaramente di cosa è accaduto, il climatologo si lanciava in discorsi generici e privi di fondamento osservativo, proprio come quelli di cui stiamo discutendo nell’altro post in argomento. Questa dannata anomalia sullo Ionio non c’era! E il temporale che ha fatto tutti quei danni era uno solo, non un MCS nato sul mare e quindi meglio alimentato da questo ipotetico contributo che non c’era. Questa è osservazione dei fatti, non generica attribuzione degli avvenimenti a questa o quella causa che chi ascolta possa meglio digerire e collegare a quanto va più di moda. C’è voluto un geologo per dire che questi eventi sono sempre accaduti, mentre il climatologo ci girava intorno. Ecco a cosa mi riferivo. Ora è più chiaro?
      gg

  5. Luca Galati

    Ho paura che non ci capiamo o il libro di meteorologia è stato letto male…
    Le altereazioni climatiche si ripercuotono in media anche a livello meteorologico perchè quest’ultimo è un sottoinsieme di quello climatico:
    questo è scritto sul post del climatologo citato e sui libri di meteorologia oltre ovviamente alle dinamiche locali e stagionali di formazione di simili eventi…

    Perchè non ci dà “appropriate informazioni in termini di trend delle precipitazioni, frequenza di occorrenza di sistemi convettivi a mesoscala come quello di Messina, dati oggettivi sul peso dell’anomalia termica della superficie del mare etc…” visto che anche lei ha voluto affrontato direttamente l’argomento senza però fornire le “adeguate informazioni” ovvero i consueti dati che invece rivendica?

    Certamente sono considerazioni ideologiche di ‘pancia’ la rinuncia a un ponte dal costo non certo irrisorio in favore di interventi più mirati e razionali, no?

    Cordialmente
    LG

    • Esiste una ragione specifica per cui ho affrontato l’argomento ma non da un punto di vista tecnico, cosa che tra l’altro ha appena fatto in chiave meteorologica Paolo Mezzasalma proprio su CM. E la ragione è che con riferimento ai dati di precipitazione, con le stazioni aumentate di numero e con i sensori di nuova generazione è quasi impossibile tirar fuori un trend che abbia significato. Con riferimento agli MCS poi, posto che sull’area ce n’era uno che ha aggravato la situazione ma che NON ha causato il disastro, essendo questo arrivato dall’azione di un singolo CB, non abbiamo assolutamente nulla se non uno storico delle immagini da satellite, ovvero dati che ancora nessuno ha mai esaminato. Sistemi che nessuno ha mai contato e che nessuno ha ancora messo in correlazione con le anomalie termiche delle SST. E’ per questo che parlare genericamente di contributo energetico superiore è una bella lezione ma non dice proprio nulla sul fatto in se.
      Ora è più chiaro?
      gg

    • Aggiungo anche che argomenti del genere trovano di sicuro il loro spazio sull’informazione, peccato che non informino.
      gg

  6. Luca Galati

    Quello che mi fa riflettere assai è che probabilmente la cosa più saggia era riconoscere entrambe le cause: quella climatica (possibile) e il dissesto idrogeologico (certa) mentre qui si è scelta la linea dura, l’opposizione più ortodossa a chi ha diverse vedute dalle sue e questo mi lascia pensare quasi più ad antipatie e competizioni di fondo che non a reale onestà scientifica.

    Cordialmente
    LG

    • Non sono abituato a parlare di cose che non conosco. Del ponte sullo stretto (fattibilità, costi/benefici etc. etc.) non so nulla. Tutto quello che potrei fare sarebbero considerazioni ideologiche e “di pancia”, cosa che non sono abituato a fare. Se tu ne sai di più (ma non in termini ideologici o “di pancia”), sarò lieto di accogliere le tue considerazioni. Diversamente, dato che tirare in ballo la causa climatica in assenza di appropriate informazioni in termini di trend delle precipitazioni, frequenza di occorrenza di sistemi convettivi a mesoscala come quello di Messina, dati oggettivi sul peso dell’anomalia termica della superficie del mare etc. etc. è un puro esercizio di stile, credo che chi fa scienza, si sarebbe dovuto risparmiare l’intervento. Ho visto naturalmente il secondo post di Antonello: una bella trattazione da libro di meteorologia che non aggiunge e non toglie nulla alla specificità di questo evento, se non il tentativo di collegarlo alla solita giusta causa.
      Comunque rilevo che il tentativo ha fatto breccia, perchè, da parte tua, parlare di causa climatica in un evento atmosferico denota assoluta disconoscenza delle dinamiche di occorrenza di questi eventi.
      Quanto al mio post, caratterialmente sono per l’hic et nunc, cioè prima risolviamo i problemi reali, poi dedichiamoci pure a quelli virtuali. Se questa per te è battaglia ideologica o politica non posso farci molto, a me, ma è assolutamente una mia opinione, sembra solo buon senso. Ma è il mio.
      gg

  7. Luca Galati

    @Guidi

    L’articolo più diretto a quanto lei vuole affermare non è verosimilmente quello linkato bensì questo:

    http://antonellopasini.nova100.ilsole24ore.com/2009/10/la-sicilia-i-nubifragi-e-il-cambiamento-climatico.html

    in cui si evincono delle considerazioni piuttosto tipiche del punto di vista tipico di un climatologo con parole assolutamente equilibrate e senza strafalcioni:

    “in media, il fatto di essere in presenza di un mare più caldo della norma fornisce più energia ai sistemi meteo e crea generalmente fenomeni più violenti….Da questo, ovviamente, non si può evincere molto di più, perché il singolo fenomeno potrebbe essere causato anche dalla normale variabilità meteorologica.”

    Per seguire i suoi ragionamenti fino in fondo, io un’altra proposta ancora più ragionevole della sua ce l’avrei ed anche abbastanza invocata dall’opinione pubblica: perché non dedicare i soldi pubblici del ‘Ponte dello Stretto’ alla sicurezza idrogeologica interna del territorio nazionale visto che per quanto riguarda il Clima siamo invece vincolati ad Accordi Internazionali…?

    Mi dispiace, ma ai miei occhi il presente post ha tutta l’aria di essere un ‘contropost’ a quello, uscito qualche giorno fa, del citato climatologo ed assomiglia molto, tanto per fare il più immediato e lampante paragone che mi viene in mente, al caso della trasmissione ‘Porta a Porta’ come contro-trasmissione della trasmissione ‘Anno Zero’ andate in onda qualche giorno fa.

    Alla luce di ciò mi sembra di constatare che le ‘Scienze dell’Atmosfera‘ si stiano riconducendo sempre più ad un vero e proprio scontro o battibecco ‘politico’ piuttosto che una questione puramente ‘scientifica’ e il tipo di divulgazione ‘mediatica’ fatta qui su questo portale da un po’ di tempo a questa parte, come anche qualche altro commentatore ha sottolineato, sembra confermarlo.

    Cordialmente
    LG

  8. alessandrobarbolini

    trovo deprimente ogni qualvolta che avvengoono tragedie ,puntare puntualmente il dito sul cambiamento climatico..é troppo comodo svincolarsi e nascondere le proprie responsabilita a eventi del tutto naturali,quando si costruisce dove non bisogna costruire..per non parlare del solito ricercato del CNR che ovviamente ricita il GW come imputato assoluto…il terremoto….colpa del GW….mi ha mollato la fidanzata….colpa del GW…….é sempre colpa dei cambiamenti climatici…in fondo non é una novita,a pensarci bene la disfatta di napoleone fu dovuto al clima freddissimo russo…mi sa che a forza di stare con lo zoppo si impara a zoppicare

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