L’amico Luigi Mariani mi ha segnalato una notizia piuttosto interessante. Una ventina di giorni fa, in Olanda, c’è stata una nevicata davvero singolare. Breve, molto localizzata, in condizioni di alta pressione, con molta nebbia e, soprattutto, largamente imprevista. Guardate la foto qui sotto.
Sembra un’immagine passata a Photoshop, invece è un classico caso di nebbia che da origine a precipitazioni nevose. E’ un fenomeno che a volte capita in Pianura Padana ed è conosciuto come “neve chimica”, nell’accezione endemicamente negativa che riusciamo a dare a tutti gli eventi in cui in qualche modo abbiamo un ruolo. Del resto, è assodato che in questo genere di eventi le emissioni inquinanti hanno un ruolo fondamentale.
L’immagine è stata ripresa dall’Operational Land Imager (OLI) su Landsat 8 il 19 gennaio, un paio di giorni dopo le precipitazioni nevose. In sostanza, quando sussistono condizioni assoluta stabilità e basse temperature, si generano inversioni termiche nello strato atmosferico più basso che impedendo il rimescolamento verticale favoriscono la formazione della nebbia. In più, nelle zone sottovento (non dimenticate mai che la nebbia ha bisogno comunque di debolissimi movimenti d’aria) alle aree industriali, il particolato rilasciato da queste ultime aumenta le probabilità di condensazione. Il rimescolamento interno alla nube favorisce la diminuzione delle temperature e, quindi, di ulteriore condensazione, sia in forma solida che in forma liquida. L’ambiente misto in cui viene a trovarsi la nube innesca un processo noto come Wegener-Bergeron, con i cristalli di ghiaccio che crescono di dimensioni a spese delle gocce d’acqua e, magicamente, scende la neve.
Perché spot e non diffusa? Semplicemente perché l’addizione di particolato proveniente dalle aree industriali è sostanziale al fine dell’innesco di tutto il processo, altrimenti la nebbia resta quello che è normalmente, un aggregato di goccioline minuscole confinato negli strati più bassi dell’atmosfera.
E’ palese che questi eventi sono comunque deboli ed estremamente localizzati, ma proprio per questo però possono presentare difficoltà di gestione non banali, per esempio in ordine alla circolazione stradale.
Se volete saperne un po’ di più andate su questa pagina della NASA, dove ci sono anche un paio di documenti che descrivono analoghi eventi di qualche anno fa.
Caro Guido,
grtazie per l’interessante scritto. Confermo anzitutto quanto scritto da Mario: anche a me in passato è più volte capitato di osservare il fenomeno alla periferia di Milano.
Aggiungo che pensavo che la teoria della crescita dei cristalli di ghiaccio perchè a parità di temperatura presentano un minore pressione di vapore rispetto alle goccioline della nebbia fosse di Begeron, mentre ora scopro che sono implicati in essa anche Alfred Wegener e Walter Findeisen. Non si finisce mai imparare.
Luigi
Fenomeno per niente insolito quando c’era ancora la nebbia a Milano 🙂