Bentornati alla nostra rassegna di fatti alternativi. Come spesso accade ci ispiriamo ad articoli comparsi sui quotidiani nostrani, in un’avvilente rassegna straccia che ci regala perle in materia di clima, ambiente ed energia con cadenza praticamente quotidiana. Come spesso accade l’onore spetta oggi a La Stampa, che in data 1o Febbraio 2017 ci delizia con una doppietta di articoli (che uno solo evidentemente non bastava) in cui si annuncia non solo che moriremo prematuramente e con dolore, ma che per di più tocca anche pagare un miliardo all’Unione Europea.
Riassunto
È una doppietta difficile da riassumere, perché si parla di troppe cose e le dissonanze cognitive risuonano come i clacson dopo una vittoria in finale ai mondiali di calcio. Ma ci proveremo comunque.
- L’articolo si apre con leggerezza ed eleganza lessicale: si preannuncia la bastonata da un miliardo di euro perché abbiamo infranto i diktat dell’Unione, ma questa è solo la “migliore delle peggiori notizie”, perché abbiamo comunque già perso 66,000 vite umane. Non solo: 695,000 anni di vita sono stati “bruciati dall’ossigeno avariato e logorato dalla vita moderna” (delle due una: o questo ossigeno l’abbiamo conservato male in frigo, oppure lo mandiamo in ferie e il problema è risolto… No?).
- No, perché il problema non riguarda l’ossigeno ma lo sforamento dei limiti di ossidi di azoto e PM10 che l’Italia supera sistematicamente da anni. Si segnala una “eccellenza in disgrazia” (che ossimoro!) per Piemonte e Lombardia.
- L’EEA, Agenzia Europea dell’Ambiente (sinistra assonanza con l’EPA) ha calcolato in circa 87,000 gli esseri umani che avrebbero potuto vivere 10 anni di più, non fosse stato per le polveri sottili (polvere respirerai e polvere ritornerai, e quindi inquinerai anche da morto).
- Il legame tra morti e polveri sottili è riconosciuto dall’OMS, ma è altresì contestato. Tuttavia a Bruxelles non concordano con chi contesta (e ti pareva?).
- “La verità è che ci sono oltre 400,000 morti premature in Europa per la qualità dell’aria”, tuona Vella, commissario UE all’ambiente (ma non erano 87,000? Nessuno rilancia? 400mila e uno, 400mila e due…).
- Il Commissario “giura” che le normative ci sono, peccato solo che non le applichi nessuno: 23 paesi su 28 infatti se ne infischiano (ci sarà forse un motivo?).
- Il motivo ce lo spiega una voce governativa: “l’Italia ha accettato anni fa limiti che non si potevano davvero centrare” (No comment).
- “Bisognerebbe innalzare un monumento alle vittime ignote dell’inquinamento”, conclude sobriamente Frassoni, copresidente dei Verdi Europei, “per far capire che siamo in guerra”.
- L’inquinamento fa male, specie agli anziani e ai bambini: tracheiti, asma, laringiti etc. etc. Quindi bisogna evitare di uscire nelle ore di punta, bene invece arieggiare casa, mangiare cibi sani, mi raccomando l’olio e il pesce (consigli universali: vanno bene per tutto: emergenza smog, emergenza caldo, emergenza freddo, aterosclerosi, colon irritabile etc.)
- Nel 2012 le morti attribuibili in Italia al superamento delle polveri sottili sarebbero state ben 84,400. Nel 2005 erano poco più di 35,000 (il confronto è tra due studi diversi: EEA e VIIAS, che hanno adottato metodologie diverse, quindi si paragonano mele con pere).
- Ci spiega tutto Eleonora Soggiu, la ricercatrice: “negli anni passati si era registrato un calo del fenomeno, ma la crisi economica ha peggiorato le cose, fermando il ricambio del parco auto e dei sistemi di riscaldamento più inquinanti” (nello studio del Viias si afferma esattamente il contrario come vedremo più avanti, ma nel dubbio tocca comprare un’ibrida).
- Segue una fondamentale analisi dell’accorciamento dei tempi di vita causa smog: 10 mesi persi in media, che sono 14 al Nord, 6.6 al Centro e 5.7 al Sud. Novara peggio di Cuneo, Torino meglio di Frosinone dove gli anni persi sono quasi 2 (carovane di auto in fuga da Frosinone alla volta di Torino).
- Infine una nota di ottimismo, che se ne sentiva davvero il bisogno: uno studio di prossima pubblicazione metterà in relazione l’aria di Torino col tumore al polmone, al rene, al pancreas, e anche all’Alzheimer (dietro-front: carovana in ripartenza da Torino alla volta di Frosinone).
Io, che di mestiere non faccio il giornalista mainstream, posso permettermi l’atto sacrilego di andare a controllare direttamente le fonti per capire di che diavolo si sta parlando, visto che la doppietta della Stampa mi ha lasciato nella confusione più totale.
Sono andato quindi a leggere il report del VIIAS, citato nell’articolo del raddoppio. Un report che appare ben scritto, circostanziato, misurato nei termini e cauto nelle conclusioni, come richiede un argomento complesso e scivoloso come questo.
Lo studio, in sintesi, calcola i tassi di mortalità su una base ovviamente statistica e con riferimento a dati del 2005 e del 2010. Sulla base di questi, e di assunzioni relative a quello che succederà nei 10 anni successivi in termini di emissioni, lo studio ricalcola i tassi di mortalità facendo riferimento ad un caso-base relativo al 2020 in linea con la legislazione corrente (un “Business As Usual” identificato con la sigla CLe) e due casi migliorativi chiamati “Target1” e “Target2” che fanno riferimento, rispettivamente, alla piena attuazione della Normativa Europea e ad una riduzione ulteriore del 20% delle emissioni rispetto al caso 2020 Cle.
Vale la pena sottolineare che l’esercizio di attribuire le morti ad una causa specifica è piuttosto difficoltoso. Ha un valore essenzialmente statistico, si basa su studi fatti nel passato da altri enti ed è affetto dalla difficoltà di stimare le interazioni tra gli inquinanti stessi, per non parlare di altre potenziali cause concomitanti di mortalità associate a stili di vita più o meno scorretti. Fatto sta che, una volta identificata la metodologia per mettere in relazione i decessi agli inquinanti, il passo successivo è ricalcolare i decessi stessi alla luce di uno scenario di emissioni anche questo, ovviamente, del tutto ipotetico come vedremo più avanti.
Allego di seguito un paio di figure tratte dallo stesso studio (cliccare per ingrandire…)
Quello che si evidenzia da entrambe le figure, sebbene la prima faccia riferimento al solo PM 2.5, è l’evidente miglioramento della situazione tra 2005 e 2010, in barba a quanto si sostiene nel secondo articolo della doppietta con riferimento al confronto 2005-2012 e a conferma della totale insensatezza del confronto tra dati sfornati per anni differenti da enti diversi e con diverse metodologie. Altrettanto interessante notare come nel caso base 2020 CLe (business as usual) la situazione peggiora notevolmente rispetto al 2010. Indovinate perché? Perché nello stesso studio si spiega che la diminuzione di inquinanti tra 2005 e 2010 è dovuta, ahinoi, alla crisi economica. Crisi che nello studio si ipotizzava superata in agilità nel 2020, con conseguente aumento di inquinanti, dovuto anche all’incrementato uso di biomasse (viva il rinnovabile).
Candidamente, nel report dello studio si spiega infatti che “Nel passaggio dall’anno di riferimento 2005 alla situazione più attuale del 2010 si osserva come le concentrazioni ambientali di PM2.5, e la relativa esposizione della popolazione, diminuiscano in maniera quasi equivalente a quanto si osserverebbe se il target 2 venisse raggiunto. Questa diminuzione, geograficamente omogenea, è più grande di quella prevista dallo scenario 2020 CLe che prevede una ripresa economica e un progressivo aumento dell’uso delle biomasse”.
In soldoni, “grazie” alla crisi economica, nel 2010 si erano già quasi raggiunti i livelli di emissioni del Target 2 del 2020, ovvero i più ambiziosi, superiori a quelli del Target 1 associati al rispetto delle normative europee (immagino quelle definite inattuabili dalla “fonte governativa” nel primo articolo).
Fatti Alternativi
A seguito di quanto letto e analizzato dal sottoscritto, vi sottopongo ora una serie di fatti alternativi a quelli che ama raccontarvi il mainstream.
- L’Unione Europea vuole multare l’Italia con l’equivalente di circa 1 miliardo di euro per non aver rispettato dei limiti comunque irraggiungibili sulle emissioni di alcuni inquinanti.
- Appare un esercizio ingiusto quello di aprire procedure di infrazione senza guardare alle specificità geografiche e produttive del territorio Italiano, caratterizzato dalla concentrazione delle (residue) attività industriali nel catino padano, naturalmente soggetto all’accumulo di inquinanti per le sue peculiari caratteristiche geografiche.
- La crisi economica italiana, associata al crollo verticale della produzione industriale, ha permesso il raggiungimento, già nel 2010, di livelli di emissioni inquinanti molto più ambiziosi di quelli che si sarebbero raggiunti nel 2020 rispettando le normative europee in questione.
- Peccato che il Viias non abbia prodotto anche un report per il 2015 perché, dati economici alla mano, c’è il fortissimo sospetto che il livello di emissioni sia diminuito ulteriormente, se è vero che alla scomparsa dell’attività industriale si associano effetti così positivi in termini di emissioni.
- La crisi economica che tanto bene ha fatto all’aria che respiriamo, ha avuto però l’inaspettato e deplorevole effetto di impedire un ricambio più rapido del parco-auto, o la riconversione più rapida a sistemi energeticamente più efficienti. Perché gli italiani hanno evidentemente necessità più impellenti da affrontare che non comprare una BMW i8 o cambiare la caldaia condominiale.
- È opinione di molti e prestigiosi economisti che una delle cause del disastro della manifattura italiana e della nostra difficoltà a ripagare il debito sia da ricercarsi nell’adozione di una valuta troppo forte per il nostro sistema produttivo, e troppo debole per quello tedesco, che ne ha approfittato per inondare di merci teutoniche il continente europeo.
- Nonostante un surplus-monstre di bilancia commerciale in clamorosa violazione delle norme europee (8,9% vs. 6%), sorprendentemente non è stata aperta alcuna procedura di infrazione contro la Germania.
- Si vuole tuttavia aprire una procedura di infrazione contro l’Italia per debito eccessivo nonostante l’Italia rispetti i parametri UE sul deficit di Bilancio rispetto al PIL e negli ultimi 20 anni abbia performato meglio di tutti i paesi UE nella gestione dell’avanzo primario.
Riassumendo, l’UE con una mano contribuisce alla distruzione della nostra economia attraverso l’imposizione di regole di austerity draconiane e la concomitante invasione di merci tedesche favorita dall’uso di una valuta comune sopravvalutata per il sistema produttivo italiano. Con l’altra mano minaccia di avviare ulteriori procedure di infrazione per debito eccessivo, talvolta in modo palesemente ingiusto e lesivo della nostra sovranità. E infine con i piedi ci tira contro, in modalità spara-palle, nuove procedure di infrazione perché la residua attività industriale ci impedisce di rispettare limiti utopistici sugli inquinanti che non tengono alcun conto delle specificità geografiche e produttive del nostro Paese.
La conclusione, secondo alcuni media del mainstream, è che dovremmo comprare più macchine ibride, magari tedesche, e cambiare le caldaie condominiali. Peccato che gli italiani non abbiano i soldi per farlo, “grazie” alla scomparsa di quelle attività produttive che a dispetto delle mortifere emissioni creavano posti di lavoro e ricchezza da distribuire ai lavoratori. E allora, se proprio di guerra si vuole parlare, in omaggio alla copresidente dei Verdi europei, si può concludere che l’unica guerra in atto è commerciale, si alimenta attraverso l’uso della moneta unica, le sfacciate e impunite violazioni tedesche sul surplus di bilancio, l’apertura di procedure di infrazione a danno dei paesi periferici con motivazioni pretestuose, e si concretizza nello smantellamento del tessuto industriale delle economie che si ostinano a competere con quella tedesca.
A beneficiarne, in compenso, è la qualità dell’aria.
Non è chiaro se anche la decrescita (in)felice sia tra gli obbiettivi dell’Unione. Ma se così fosse, non è azzardato sostenere che almeno questo obbiettivo per l’Italia è stato pienamente raggiunto.
Caro Massimo, condivido molto alcune delle tue considerazioni e poco altre, ma in linea generale le nostre idee non sono molto distanti.
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Partiamo da una tua considerazione: attribuire una variazione del tasso di mortalità ad una causa è un esercizio piuttosto difficile. Sono completamente d’accordo con te e prendo sempre con le molle tutti quei risultati che ogni tanto ci atterriscono con dati strabilianti e vengono puntualmente smentiti da uno studio successivo.
Ricordo la guerra all’olio di palma che sembrava la fonte di tutti i mali possibili ed immaginabili: se vai ad indagare non è molto più pericoloso del burro ed è molto meno pericoloso della margarina. E’ un banale grasso saturo come lo strutto o il burro che costa meno di entrambi ed ha un impatto ecologico minore. Nonostante ciò è stato accusato, senza che la scienza si sia mai espressa in modo definitivo, di tutto e di più. In sostanza fa male come tutti gli altri grassi saturi, né più, nè meno. Il prof. Dario Bressanini ha dedicato alla questione decine di articoli.
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Ricordo la guerra al famigerato PM10: sembrava la fonte di ogni male. Poi abbiamo visto che il PM2.5 è ancora peggio del PM10. All’avvento dei filtri anti-particolato, qualche anima buona lo disse: a forza di trasformare PM10 in PM2.5 (questo in buona sostanza fanno i FAP) ne pagheremo il fio. Siamo arrivati al punto in cui occorre pagare (in tutti i sensi 🙂 ).
Oggi si sente addirittura parlare della pericolosità dei caminetti domestici, si quelli che bruciano il combustibile ecologico e rinnovabile per eccellenza, la legna: sembra che siano fonte inesauribile del perfido PMX (dove X sta per 2.5, 5, 10, ecc.). E’ necessario arieggiare gli ambienti se si vuole stare tranquilli.
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In merito alle direttive ambientali EU, caro Massimo, con me sfondi una porta aperta, anzi un portone. Sono complicatissime, difficilissime da applicare e, in buona parte, del tutto inutili, ma sono tradotte in leggi e come dice il vecchio adagio “dura lex, sed lex”. Mi ci barcameno tutti i giorni e le reputo una delle cause della crisi dell’industria edilizia. Ne parlo con cognizione di causa in quanto sono un operatore del settore.
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Il tema Europa è diventato ormai un must. Parlarne male è di moda e, alla fine, sta diventando come sparare sulla Croce Rossa. L’idea di Europa unita dei padri fondatori è attuale ancora oggi e, nonostante tutto, credo che senza l’Europa staremmo peggio. Ricordo quando negli anni ottanta l’inflazione galoppava, la lira si svalutava ed all’estero si andava con lo zaino pieno di lirette. Ricordo quando uno stipendio in Svizzera o in Germania equivaleva a due o tre stipendi in Italia e non mi sembra che stavamo meglio.
E’ fuori di dubbio che i burocrati europei e molti dei vari esponenti politici europei (e tra i primi annovero anche i Commissari) fanno di tutto per alimentare l’anti-europeismo ed il populismo dei vari Salvini, Le Pen e via cantando, ma non possiamo mettere sempre e solo la croce sull’EU. Anche perché le varie direttive vengono varate con il consenso di tutti i Paesi membri. Se i nostri rappresentanti fossero un po’ maggiormente coscienti delle ricadute di tali provvedimenti sulle economie dei Paesi periferici, potrebbero mettersi di traverso e renderle meno cogenti o dannose. Una volta adottate diventa impossibile porvi rimedio in quanto la nostra Costituzione ha sancito la prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale e, quindi, è necessario, pena procedure di infrazione a go go, recepirle. Prima di approvarle in sede europea, però, si potrebbe fare qualcosa.
Dal mio punto di osservazione alla periferia dell’impero ho l’impressione, forse sbagliata, ma non credo, che i rappresentanti dei Paesi del Centro e Nord Europa ci pensino agli interessi nazionali, quelli dei Paesi del Sud Europa, un po’ meno, occupati come sono in polemiche interne sterili ed inutili. La Storia non ci ha insegnato nulla e continuiamo a comportarci come i Guelfi ed i Ghibellini mentre gli Imperi si sistemano i propri interessi a scapito degli altri. Un esempio per tutti: ci siamo contentati di un Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri che non conta nulla, invece di pretendere un Commissario di maggior peso che si occupasse di economia, di industria et similia.
La colpa, caro Massimo, non è solo dell’E.U., ma di chi dovrebbe tutelare i nostri interessi e non lo fa.
Ci lamentiamo della gravità della crisi, ma abbiamo mai provato a chiederci cosa sarebbe successo, se non avessimo avuto Draghi al vertice della BCE?
Se ci penso, mi vengono i brividi. Ecco, ci dovrebbero essere molti più “civil servants” alla M. Draghi e molti meno euroburocrati che tirano a campare pensando ai fatti propri o all’orticello di parte che rappresentano.
E mi fermo qui, che è meglio. 🙂
Ciao, Donato.
Caro Donato, trovo davvero poco da eccepire quando leggo i tuoi interventi, visto che concordiamo davvero su tante cose. Ma va anche bene sottolineare le pur poche differenze, a ennesima riprova che questo e’ uno spazio libero, a-partitico, in cui non c’e’ una linea editoriale da seguire, come chi legge questo blog ha imparato ad apprezzare da tanto tempo.
Quindi rispondero’ solo in merito alle cose che “ci separano” 🙂 Penso che il fallimento del progetto europeo sia una cosa ormai pacifica, visto che persino i padri fondatori non si riconoscono in quello che e’ l’UE oggi. Sono d’accordo con te sul fatto che hanno prevalso gli egoismi, e in un contesto in cui ognuno si fa gli affaracci suoi e’ normale che i vasi di coccio come la grecia finiscano in frantumi, quelli di ceramica come l’italia pieni di crepe, e quello di acciaio come la germania…spadroneggino. Il fallimento e’ proprio li’, nella mancanza di un progetto e di una unita’ politica. Cos’e’ oggi l’europa? Il Regno Unito ci ha salutati, i paesi mediterranei sono periferia desolata e decadente, quelli dell’est sotto le insegne del Gruppo di Visegrad portano avanti politiche isolazioniste e russofobiche, la Germania…balla da sola, come sempre.
L’italia e la politica italiana hanno responsabilita’ grandissime, enormi, ma preferisco non addentrarmi in questo tema per la facilita’ di buttarla in caciara, ma penso che siamo davvero allineati su questo.
Infine Draghi. Sono d’accordo che avere un italiano alla BCE valga molto di piu’ che agli “esteri” di una unione che non ha politica estera comune. Ma si puo’ anche parlare di come l’italia sia stata messa in condizione di dover essere “salvata”? Il ruolo avuto dalla Deutsche Bank quando in una notte sono stati venduti miliardi di titoli di stato italiani ad esempio? Oggetto per altro di indagini della magistratura… E possiamo anche dire per esempio che la politica della BCE, trasformatasi nel piu’ grande hedge fund del mondo, proprietaria di trilioni di bond per tenere i tassi sotto-zero, sta contribuendo alla rovina del sistema bancario europeo ? Si puo’ anche dire che la BCE puo’ fare poco, dal momento che come Draghi giustamente sostiene, dovrebbero essere i governi a varare politiche espansive, che la BCE piu’ che politica dei tassi non puo’ fare. Ma il punto e’ proprio quello: che l’UE non ha una politica comune su niente, tantomeno su materia controversa come le politiche di sviluppo o la gestione del deficit. Resta solo l’austerity e un cumulo di macerie. C’e’ tanto da dire, ma si rischia di uscire fuori tema.. alla fine della fiera l’articolo parla pur sempre di energia, ambiente e sviluppo, e a quello ho inteso limitarmi… 🙂
Donato, io temo che Draghi abbia solo ottenuto di rimandare l’eutanasia (a cui sono contrarissimo per le persone, ma favorevolissimo per altre cose). Penso che non ci vorrà molto per capire se ho ragione.
Quanto al tuo ragionamento, è vero che la responsabilità è dei politici nostrani, eccetera. Ora, a parte il fatto che non li vedo proprio i paesi nordici così virtuosi (tant’è che la gente è incazzatissima anche da quelle parti), sono gli stessi politici che hanno plasmato la UE negli ultimi decenni…. per cui, il discorso rimane sempre lì.
da Trump a Salvini con una facilità disarmante. A quando la Le Pen?
…presto,molto presto caro(?)compagno Matteo 12(anni?)
presto spariranno i figuri sinistri che governano l’europa
e quella moneta senza valore(per noi).
Ottimo! una persona con nome ebreo che simpatizza per questa destra, dimostra tutta la sua intelligenza.
Invece la tua intelligenza, Matteo, e’ tutta in questo tuo commento.
Ha ragione, il commento del David ed il suo sono talmente intelligenti e profondi che mi hanno creato confusione.
David, come ben sai l’argomento politico nazionale non ci interessa, e sono sicuro che mi capisci quando ti dico che il mio punto di vista non e’ filtrato attraverso la lente di nessun partito politico. A proposito delle trivelle ero stato accusato di aver preso una posizione apertamente filogovernativa, per esempio. Ho superato da molti anni la fase in cui ritenevo giusta o sbagliata un’idea a seconda del fatto che fosse accettata dal “mio” partito…
Mi aiuta molto il fatto di non averlo piu’, un “mio” partito, tanto piu’ che sono arrivato alle mie conclusioni attuali dopo una lunga preferenza elettorale per la sinistra… Penso che questo spieghi molte cose… 😉
ok Massimo,ma la sinistra “europea”è talmente becera e di parte che preferisco l’ultradesta alla Lepen che questi sinistri figuri che difendono banche e multinazionali.
Matteo, mi spiega dove legge in questo articolo i nomi di Trump o Salvini? A me pare un articolo ben argomentato, serio, ricco di spunti intetessanti e apartitico: commentarlo in questo modo non le fa fare una figura di un intellettuale di Oxford, mi creda. Cordialità
Si ascolti i proclami di Salvini e Trump poi mi sappia dire.
tipica risposta preconfezionata in base all’algoritmo del Pensiero Unico (versione 2.01.23.4)….mi viene in mente Malcom X : ” Ma se non state attenti, i MEDIA finiranno per farvi odiare gli oppressi”
Concorso , aggiungerei che :
“la democrazia funziona nella misura in cui la popolazione fa lo sforzo di andare in profondità nelle questioni (e gli articoli di giornali e riviste dovrebbero essere un punto di partenza, non di arrivo).
la democrazia non può funzionare quando una maggioranza di persone ha rinunciato ad eccellere, a superarsi, e si preoccupa soprattutto di vivacchiare senza troppi problemi.
Se la classe dirigente non sprona all’eccellenza perché essa stessa vivacchia, allora c’è l’involuzione.
L’Occidente sta decadendo perché poteri influenti temono l’evoluzione delle masse e bramano la loro involuzione.
le riforme istituzionali sono uno specchietto per le allodole finché non si affronta questo nodo.
I giovani occidentali abbandoneranno l’Occidente (L’Europa) . Lo stanno già facendo. Nei prossimi anni ci saranno più giovani francesi/italiani/inglesi espatriati in Cina che in Germania.”
Immagine allegata
Caro Gian Marco, sui media mainstream ci sarebbero tanti di quegli epitaffi da scrivere, da rifarci una spoon river. Affronteremo presto l’argomento, comunque… 😉