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Lo “Scienziato” Imbavagliato

Cominciamo oggi una carrellata che ci porterà a disvelare alcuni interessanti fatti alternativi che la stampa mainstream vi tiene accuratamente nascosti. La definizione non è casuale perché la stampa mainstream italiana, come al solito in cordata con Washington Post e New York Times, si è lanciata da qualche giorno nella nuova crociata sui fatti alternativi, definizione utilizzata dalla strategist elettorale di Trump, Conway, a proposito delle polemiche sulla questione evidentemente fondamentale della percentuale di riempimento della piazza in occasione dell’inaugurazione di Trump.

Si è trattato di una miserevole manovra diversiva, giacché la violentissima campagna sulle fake news, lanciata in precedenza dagli stessi quotidianoni, è naufragata rapidamente e rovinosamente in un diluvio di notizie clamorosamente false o per lo meno inverificabili lanciate dagli stessi media, a partire da fantasiosi black-out ad opera di hacker russi, passando per il busto di M. L. King (mai) rimosso dallo Studio Ovale, fino alla tragicomica vicenda del presunto dossier di spionaggio ai danni di Trump: con tanto di piogge dorate e altri particolari degni di filmacci porno di quart’ordine dichiatamente creati da hackers burloni, o presunti viaggi in Europa dell’Est di personaggi vicini al neo-presidente smentiti ad una semplice verifica di passaporto.

L’odioso bavaglio

Memori delle gloriose (?) campagne sulla libertà di stampa in epoca berlusconiana, i cui succulenti frutti sono sotto gli occhi di tutti, La Repubblica e i suoi fratelli ci informano adesso che Trump ha messo il bavaglio agli scienziati dell’EPA, l’agenzia federale americana per la protezione dell’ambiente. L’articolo è davvero godibile: lancia in resta si difende la libertà degli scienziati filantropi insidiata dalla minaccia della “scienza di Stato”, seguono riferimenti a Orwell (grande riscoperta dei quotidiani mainstream di questi giorni, evidente lapsus freudiano) e infine la ciliegina involontariamente comica del Guardian infiltrato in missione embedded presso gli asserragliati del Fort-EPA.

Ovviamente seguirà una marcia contro Trump, la seconda in pochi giorni, questa volta nel nome della difesa della scienza e contro il negazionismo…climatico. E chissà se anche questa marcia sarà largamente finanziata dal sedicente filantropo Soros, come quella delle “Donne contro Trump”. Facile immaginare che a marciare saranno gli stessi/e di una settimana fa. Dovranno cambiare copricapo però, ché se allora si sfilava per “le donne” e quindi, giustamente, si indossavano cappelli-passera, stavolta cosa metteranno in testa? Una borsa del ghiaccio? Una foca? Un orso bianco? Una passera di orso bianco?

Fig.1: Washington pussy-hats. Fonte: Businessinsider

… E i Fatti Alternativi

Dopo aver riassunto la versione mainstream che si trova su millemila quotidiani in salse simili, vi proponiamo un fatto alternativo. Per farlo ci serviamo di un articolo pubblicato dal Washington Times (quando una sola parolina fa la differenza…). Inevitabile la riflessione che mentre in Italia (e in generale in Europa) il punto di vista dei grandi quotidiani è uno solo e promana essenzialmente dai soliti due giornaloni super-liberal americani, NYT e WaPo, in America c’è informazione e dialettica vera. Esistono cioè giornali che propongono punti di vista alternativi alla narrativa dominante. Pare che in democrazia funzioni così.

Proviamo a riassumere il contenuto dell’articolo del WT, con una premessa importante: l’EPA è un’agenzia federale alle dipendenze, come tutte le agenzie in questione, del Presidente degli Stati Uniti. È quindi l’analogo di un ministero italiano. Con le dovute proporzioni, però, perché si tratta di un ministero da 15,000 impiegati, quello che in Italia i soliti maligni liquiderebbero come un carrozzone. Leggendo i quotidiani del mainstream sembrerebbe che si tratti invece di una nobilissima accademia popolata di scienziati plurititolati. Sarà un fatto alternativo anche questo, evidentemente.

Pare comunque di capire che i dipendenti dell’EPA siano in rivolta. Motivo? Gli hanno bloccato i social network. Dov’è il problema? Non possono cazzeggiare su Twitter e Facebook da casa o dalle toilette dell’ufficio, con lo smartphone? In realtà la vicenda è ben più complessa e la misura si è resa, semplicemente, indispensabile per come i social network sono stati usati in passato dall’EPA allo scopo di imporre l’agenda “verde” della presidenza Obama. Con beneficio, in primis, di tanti burocrati dell’EPA stessa, che  hanno battuto cassa in termini di carriera per il  “fervore quasi religioso” con cui hanno sostenuto la causa ambientalista dell’amministrazione precedente. Insomma, parliamo proprio di quella “Scienza di Stato” per cui soltanto adesso si indigna Repubblica.

Uso dei Social Network

Nel 2015 il “Government Accountability Office” ha formalmente accusato l’EPA di aver violato la legge attraverso l’uso illegale dei social media per far passare il Clean Water Rule, uno degli atti più criticati della presidenza precedente.

Infatti, quando l’EPA ha sottoposto l’atto ai commenti del pubblico si è adoperata per manipolare i commenti stessi in senso positivo al fine di usarli davanti al Congresso per supportare l’approvazione dell’atto stesso. L’hanno fatto usando Facebook e Twitter, chiedendo pubblicamente di inondare il loro sito di commenti positivi per contrastare l’opposizione di industrie e contadini. Si sono serviti persino di social media alternativi come Thunderclap per fare arrivare le loro richieste di supporto a centinaia di migliaia di persone, sotto la forma di un flashmob virtuale.

Peccato che tutto questo sia semplicemente illegale, perché le agenzie federali per legge non possono fare uso di strumenti di propaganda in quanto, in teoria, dovrebbero porsi in una situazione neutrale nei confronti degli stakeholders, che si tratti di contadini, industriali, minatori o ambientalisti.

Cita e Concilia

Ma gli scienziocrati dell’EPA che i quotidianoni del mainstream amano raffigurare come paladini del bene superiore, si sono distinti negli scorsi anni anche per altri virtuosi comportamenti. Come, per esempio, l’uso della pratica del “sue-and-settle”, ovvero, “cita e concilia”. Di che si tratta?

Si tratta di una pratica invalsa negli ultimi 8 anni di amministrazione democratica per eludere il lungo e difficile processo legislativo e introdurre nuove norme ambientali vincolanti semplicemente in risposta a “citazioni”. Il problema è che a citare erano sistematicamente gruppi ambientalisti che chiamavano in causa l’EPA la quale, piuttosto che difendersi, e difendere la causa del contribuente americano, sceglieva sistematicamente di conciliare. E come conciliava? Emettendo nuove regolamentazioni che del tutto casualmente andavano a soddisfare pienamente le istanze dei gruppi di pressione ambientalisti, potenzialmente a danno di agricoltori, industriali, imprenditori, o altri stakeholders.

Di fatto il cita e concilia è diventato uno strumento legislativo potentissimo attraverso il quale sono stati fatti passare provvedimenti enormi, e criticatissimi da alcune parti, come lo stesso Clean Power Plan, emesso dall’EPA proprio in risposta alla citazione di un ennesimo gruppo ambientalista preoccupato degli effetti mortiferi del global warming antropogenico.

E non mancano altri esempi di pratiche al limite dell’illegalità, come nel caso in cui un funzionario dell’EPA attraverso l’uso dell’email ha contattato dei comitati locali per concordare iniziative volte a evitare che un progetto minerario venisse avviato, prima ancora che la sprovveduta compagnia mineraria potesse anche solo preparare la richiesta di sfruttamento in questione.

Il WT conclude l’articolo facendo notare che il nuovo capo dell’EPA, nominato da Trump, ha citato in passato in giudizio l’EPA stessa per ben 13 volte, accusandola di abuso di potere, comportamenti fuori legge e attivismo ambientalista. Scott Pruitt conosce bene il pollaio in cui si è appena introdotto, nei panni della volpe. Si preannuncia infatti una strage. Di posti di lavoro, visto che la nuova amministrazione si propone di portare i funzionari dell’EPA al numero originale di 5,000: un taglio di 10,000 posti, rispetto ai numeri ipertrofici di oggi.

I salvamondo dell’EPA del resto, come ogni eroe che si rispetti, sapevano bene a cosa andavano incontro. Il giorno dopo le elezioni pare che le lacrime si sprecassero, al punto che tanti dipendenti sono stati costretti a mettersi in malattia per gestire lo shock. E chissà se sono serviti a qualcosa, i programmi di supporto psicologico post-traumatico istituiti in tutta fretta per soccorrere gli spiriti più sensibili.

Oggi a me, domani…

E allora possiamo provare un po’ di umana compassione per questi scienziati, o burocrati che siano. Perché quando vedremo marciare i soliti noti con la passera d’orso in testa fra qualche giorno, sapremo perché lo fanno: non per difendere l’autonomia degli scienziocrati dell’EPA dallo Stato, ché evidentemente non era rimasto già da tempo più niente da difendere da quelle parti, quanto piuttosto per difendere posti di lavoro: i loro.

Sulla stessa barca, finalmente, gli stessi che tanti posti di lavoro hanno distrutto con regolamentazioni draconiane, fondamentaliste e prive di alcuna logica industriale, e le vittime stesse, di quelle regolamentazioni. Nessuno ha mai manifestato per i secondi.  Nessun giornalone del mainstream si è speso per i Jackie Brown della Rust Belt quando le miniere e le fabbriche chiudevano, e loro non sapevano come sfamare i figli. Niente gruppi di supporto psicologico per loro. Se la sono presa nella cabina elettorale la rivincita, in silenzio, senza mettersi passere in testa e urlare slogan in piazza. Ed è grazie alla loro vittoria nelle urne che agenzie come l’EPA non potranno più dedicarsi, pancia a terra, alla realizzazione delle utopie ambientaliste dell’amministrazione precedente.

Si chiama Democrazia, signori. Che si perda o si vinca. E questo, almeno questo, dovrebbe essere un fatto acquisito, e non alternativo.

 

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Published inAttualità

7 Comments

  1. Massimo Lupicino

    Grazie a tutti per i commenti, ma sono troppo accidioso oggi per rispondere uno ad uno quindi cominciamo col dire che le balene della baia probabilmente sono in salute perche’ i ghiacci si sciolgono prima o perche’ mangiano gli orsi ormai stremati dal troppo caldo.
    Quanto alla gender correcteness non ce la faccio proprio, ma l’osservazione e’ giusta. Dal punto di vista dei “giusti” naturalmente, mica dei retrivi conservatori che ancora pensano che il sesso sia questione biologica.
    Grazie a tutti, e arrivederci al prossimo fatto alternativo… 😉

  2. francesco marangi

    E’ un copione che si ripete in occidente da 70 anni: se vincono i “democratici “, gli altri accettano la sconfitta e continuano a dire la propria nelle sedi istituzionali e nel proprio quotidiano secondo le regole del vivere civile, cioè consentendo ai vincitori di esercitare il loro diritto di governare.
    Se vincono gli altri, i “democratici”, rivelando la propria natura di squadristi, negano il diritto degli altri a governare ed attivano la violenza della guerriglia di piazza: vendicativa, accidiosa e ceca.

  3. Fabrizio Giudici

    “Una passera di orso bianco?”

    Massimo, così fai arrabbiare i gender correct. Semmai “una passera di orsa bianca”, come “ministra” o “sindaca”. Se poi vuoi strafare, allora “una passera di ors* bianc*”.

  4. Matteo12

    No caro Lupicino! questa è la sua democrazia! Si chiama vendetta, accidia e cecità.

    • Maurizio Rovati

      occhio all’accidia nel vendicarsi. Capita anche di perdersi il passaggio del nemico cadavere mentre si ozia in riva al fiume, se poi si è ipovedenti…

  5. Maurizio Rovati

    Massimo, ma le balene nell’Hudson ti sono sfuggite? Sono ivi tornate proprio grazie all’EPA e al Clean Water Rule, come insegna il TG5!

  6. giuliano nanni

    Articolo formidabile. Troppe verita’ in una volta sola. Faranno male anche da questa parte dell’oceano. Basta solo aspettare l’onda di risacca.
    Ancora buon lavoro e vigile attenzione.

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