Con questo articolo vorrei spiegarvi i motivi per i quali indicai nel primo aggiornamento all’Outlook, che trovate qui, la “terza ipotesi” lì espressa quale più probabile scenario evolutivo. I dati in nostro possesso provenienti sia dalle osservazioni che dai modelli deterministici (GFS-ECMWF), sia pure con qualche differenza, mi inducono a ritenere che quanto è in atto e quanto avverrà conferma quella ipotesi. E’ proprio da qui che si deve ripartire nel ragionamento avviato nel precedente articolo alla luce delle novità, a mio avviso, numerose.
Per comodità riporto qui sotto quanto scritto un paio di settimane fa e anche un commento in risposta al lettore Gian Marco del 23 dicembre scorso, entrambi utili per la nostra discussione.
Questa la terza ipotesi:
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Un semi nulla di fatto, ovvero il raffreddamento e approfondimento stratosferico non riuscirà completamente nell’opera di cui al punto 2. La troposfera certo subirà il colpo ma in realtà la dinamica delle sue forzanti, vedi quanto già descritto, non collabora affatto con la volontà stratosferica di imporre la dinamica assunta.
Per completezza qui sotto riporto le prime due ipotesi non ritenute di possibile attuazione:
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Una rapida risposta troposferica con incremento dei flussi di calore sia di ampiezza sempre maggiore che più convergenti e tali non solo da inibire il raffreddamento e approfondimento del vortice, ma da portarlo allo stato opposto fino anche alla sua scissione;
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Nessuna risposta troposferica perché le forzanti sono già in accordo con la dinamica stratosferica in imminente avvio, con netta chiusura del vortice per presa di vortictà e aumento delle velocità zonali alle alte latitudini;
Qui sotto il commento di risposta a Gian Marco:
Caro Gian Marco,
è difficile poterti rispondere visto che la tua richiesta in verità non è una linea di tendenza ma quasi una previsione meteorologica a settimane e/o mesi di distanza.
Diciamo innanzitutto che cominciano a pervenire indicazioni dai deterministici in direzione della terza ipotesi.
Per rispondere al meglio possibile, e comprendimi non è eludere, alla tua richiesta dobbiamo cominciare dal fatto che la terza ipotesi esclude il verificarsi di un Evento Stratosferico Estremo di tipo cold. Si andrà vicino, come scritto nell’articolo, il colpo di accelerazione zonale anche in troposfera c’è e ci sarà ma non abbastanza per condizionarla seconda la letteratura. Elaborazioni proprietarie, infatti, prevedono l’indice NAM a 10hPa raggiungere un valore massimo compreso tra +1,3 e +1,4 verso gli ultimissimi giorni dell’anno per poi calare e rimanere attorno ai +1,2 fino alla fine della prima decade di gennaio o quasi (ma quest’ultimo dato va preso con le molle visto la distanza siderale della previsione). Inoltre, come indicato dal modello IZE, si notano una certa ripresa dei flussi di calore subito dopo Natale con nuovi segnali di disturbo a carico del vortice polare.Cosa significa? Quello scritto nell’articolo, ovvero: “Il periodo in questione da tenere sott’occhio è la prima decade di gennaio.” Infatti nella prima decade di gennaio, se tutto andrà come descritto, è plausibile attendersi l’arretramento in Atlantico della seconda onda per un riassetto del treno d’onda con un abbassamento del geopotenziale e della pressione al suolo sul mediterraneo centro-occidentale. Quindi è conseguente attendersi un cambiamento delle condizioni del tempo. Da qui, che già mi sembra moltissimo se dovesse accadere, andare oltre è impossibile senza la famosa sfera di cristallo.
Per inciso le indicazioni provenienti dai deterministici ad avvalorare la terza ipotesi sono ancora immature e quindi è bene rimanere con i piedi per terra e monitorare attentamente, molto si gioca sul filo di lana.
CarloCT
Prima di tutto dobbiamo sinteticamente definire il concetto di ESE (Evento Stratosferico Estremo) così come riportato in letteratura. Un ESE è causato sempre da un incipit troposferico e specificatamente da un’anomala attività dei flussi di calore – derivanti da una precisa dinamica troposferica – che vengono verticalmente diffusi in stratosfera con vettori divergenti o convergenti in area polare. Un ESE non è definito dal raggiungimento o meno di una soglia positiva o negativa del NAM, ma piuttosto quest’ultimo ne è la conseguenza. Quindi un ESE rappresenta una specifica dinamica che lo precede e lo segue. Per approfondire i concetti, visto che questo articolo non si pone questo obiettivo, lascio al lettore la possibilità di leggere la numerosa letteratura liberamente accessibile in rete. Aggiungo che gli Eventi Stratosferici Estremi (ESE) sono seguiti da anomalie di pressione in superficie che tendono a persistere fino ad un massimo di 60 giorni. Quindi se non vi è la dinamica che porta al conclamarsi di un ESE con le relative conseguenze non è possibile classificarlo tale.
Un ESE è invece tale quando i flussi di calore, alla quota isobarica di 100hPa, calcolati opportunamente su un intervallo di tempo di 40 giorni, superano la soglia critica dei ±5,5 K m/s.
La conseguente relazione inversa tra un Evento Stratosferico Estremo e il NAM10hPa è riportata nella figura 1 qui sotto con i rispettivi eventi ESE evidenziati nei riquadri. La linea verde rappresenta il superamento della soglia dei flussi sopra indicata che determinano la condizione necessaria e sufficiente per conclamare un ESE. Le condizioni a fianco dei riquadri non possono quindi essere classificate come ESE.
Questa precisazione è doverosa perché altrimenti non sarebbe comprensibile quanto mi appresto a illustrare.
Come visto per classificare un ESE, come da letteratura, devono essere raggiunte delle specifiche condizioni, procediamo quindi al controllo dei dati inerenti i flussi di calore, alla quota isobarica di 100hPa, opportunamenti calcolati su un intervallo di tempo di 40 giorni, come da figura 2.
Il grafico merita un commento un po’ più esaustivo. La curva viola si riferisce ai dati dello scorso anno e si nota il superamento della soglia dei -5,5 K m/s avvenuta il 9 dicembre 2015 con un valore di -5,52 K m/s, conclamando un ESE cold. A seguito di tale evento l’atmosfera ne è rimasta condizionata. Successivamente all’evento i flussi hanno cominciato a risalire a partire dal 4 gennaio 2016 grazie al ripristino di una dinamica troposferica favorevole al trasferimento verticale dei flussi, ovvero dopo 26 giorni dall’ESE cold. Infatti la graduale ripresa dell’attività dei flussi, via via crescente, ha avviato il percorso inverso sfociato nel fenomeno dell’ESE warm avviatosi a partire dal 28 febbraio 2016 a seguito del superamento della soglia positiva da parte dei flussi di calore con un valore di +6,23 K m/s.
Ma torniamo ai fatti in corso d’opera volgendo la nostra attenzione alla curva di colore azzurro rappresentante gli eventi dei flussi di calore per la stagione invernale in corso. Dai dati calcolati e lì rappresentati possiamo asserire che al 29 dicembre 2016, data di elaborazione di questo articolo e dei relativi ultimi dati disponibili e utilizzati, non si è concretizzato alcun evento estremo, quale ESE cold, avendo raggiunto appena un valore di -3,29 K m/s, insufficiente per la sua classificazione come da letteratura. Guardando sempre al grafico seguiamo l’andamento della curva rossa che rappresenta i dati previsti dei flussi fino all’8 gennaio 2017. Proprio in coda alla previsione si raggiunge il valore di -5,44 K m/s ancora insufficiente per decretare l’ESE cold. Ma vediamo quali valori ha raggiunto l’indice NAM10hPa calcolato alla quota isobarica di 10hPa illustrato al grafico di figura 3.
Precisiamo che i valori dell’indice sono ottenuti mediante i dati provenienti dal modello globale GFS-0,25° appartenenti alla corsa delle 00z utilizzando la media di riferimento dal 1948 al 2011 tra le latitudini di 60°N e 90°N.
Il grafico del NAM10hPa finisce per essere in accordo (nonostante i dati di calcolo diversi) con quanto visto e commentato in figura 2 e quanto specificato in letteratura. Infatti, ad oggi, il valore del NAM10hPa non ha raggiunto e/o superato la soglia critica di +1,5. Seguendo la curva rossa, rappresentante i valori previsti dell’indice, non si prevede possa raggiungere tale valore almeno fino al prossimo 8 gennaio data ultima utile dell’utlima corsa del modello disponibile. Cosa avverrà dopo? E, soprattutto: i dati previsti sono affidabili? Per rispondere al meglio alla prima domanda abbiamo bisogno di altri elementi per costruire un’idea verosimile in merito. Per la seconda domanda possiamo rispondere subito dicendo che la previsione ha i limiti intrinsechi dal modello e dalla sua capacità di “guardare lontano”, quindi ad oggi dobbiamo prenderli per buoni. Posso solo aggiungere che fino ad oggi le varie corse delle 00z succedutesi nei vari giorni hanno sostanzialmente confermato i valori e l’andamento rappresentato dal grafico dando stabilità alla previsione stessa.
In realtà tutto quanto qui illustrato trova ulteriore conferma nelle varie corse dei principali modelli deterministici quali ECMWF e GFS. Da questi si evidenzia una buona attività d’onda causato proprio dalla dinamica non coerente con un ESE cold, che ha contribuito da un lato ad una intensificazione delle vorticità potenziali stratosferiche alle medio-alte quote, e dall’altro lato in seguito alla ripresa d’attività d’onda troposferica, con l’inserimento della seconda onda proprio sotto il veloce flusso zonale della bassa stratosfera, determinando una buona propagazione verso l’alto di tale impulso troposferico; una dinamica che in caso di ESE cold conclamato sarebbe stata stroncata dal rinforzo del flusso zonale troposferico alle alte latitudini. Questa evoluzione d’onda troposferica è incentivata dall’attività convettiva equatoriale, come descritto nel precedente Outlook, che si porterà progressivamente nelle fasi 6, 7 e 8. In tal senso riporto le previsioni della MJO di ECMWF in figura 4 per i prossimi trenta giorni.
La media dei membri al momento non indica una buona presa di ampiezza del segnale, ma non escludo che questa potrà essere corretta in output successivi, in particolare per quanto concerne il periodo compreso tra l’ultima decade di gennaio e la prima decade di febbraio. Comunque lo spostamento della zona convettiva equatoriale produrrà nella prima decade di gennaio un riassetto del treno d’onda troposferico, allontanando dalle coste pacifiche del nord America la prima onda e arretrando più verso l’Atlantico la seconda con anomalie di geopotenziale tra Aleutine ed Alaska e Nord Atlantico anche importanti, così come indicato nel precedente aggiornamento all’Outlook. In tale situazione il comparto europeo, con anche il Mediterraneo centrale, è destinato a raffreddarsi con il cedimento del geopotenziale accompagnato dal richiamo di fredde correnti dall’Europa orientale. L’evoluzione più dettagliata circa i posizionamenti dei centri di moto e delle loro conseguenze andrà valutata secondo le uscite dei deterministici qualora quanto qui descritto troverà conforto nella realtà.
Ma vorrei tornare sul tema precedentemente discusso dei flussi di calore e del NAM10hPa come visto nei grafici 2 e 3, proponendo un grafico con le due variabili in esame come da figura 5. Dal grafico con le due variabili risulta molto più chiaro capire non solo l’anticorrelazione tra le due, ma anche la relazione tra il superamento o meno da parte dei flussi della soglia dei 5,5 K m/s e il superamento o meno del valore di soglia dell’indice NAM10hPa. Le sorti future dell’intera struttura del vortice polare dipenderanno dal superamento o meno del valore delle rispettive soglie critiche, entrambe, per i motivi sopra spiegati, al limite di soglia.
Come sempre sottolineo di non possedere sfere di cristallo quindi dobbiamo lavorare sui dati a disposizione per tracciare un possibile percorso. Per determinare una possibile evoluzione useremo cinque grafici con il loro bagaglio di dati:
- Un grafico ripreso dal lavoro di Waugh e Polvani 2004 “Upward Wave Activity Flux as a Precursor to Extreme Stratospheric Events and Subsequent Anomalous Surface Weather Regimes” con esame comparato dei casi con alti livelli di flussi di calore e basso valore di NAM10hPa e viceversa;
- Un secondo grafico ripreso dallo stesso lavoro di Waugh e Polvani con il confronto delle variazioni degli eventi di flussi di calore, opportunamenti calcolati su un intervallo di due giorni, prima e dopo eventi di basso NAM10hPa e alto NAM10hPa;
- Il grafico dell’attuale situazione e prevista dei dati comparati del NAM10hPa e degli eventi dei flussi di calore opportunamente calcolati su un intervallo di due giorni;
- Il grafico della cross section delle anomalie del geopotenziale tra 1000 e 0,4hPa;
- Il grafico dell’attività d’onda del modello IZE (Indice di Zonalità Emiserico che al momento si conferma altamente prestante) elaborato lo scorso ottobre con ultimo aggiornamento del corrente mese. Per quest’ultimo è opportuno specificare che la quota isobarica di riferimento è la 200hPa e quindi a quella quota cercheremo supporto negli altri grafici.
Iniziamo con i grafici in figura 6 di Waugh e Polvani inerenti le evoluzioni di alti/bassi eventi dei flussi di calore e i corrispettivi bassi/alti livelli del NAM.
Dalla figura si possono apprezzare le dinamiche medie nelle rispettive situazioni, con alti livelli di eventi di flussi di calore e basso valore del NAM (grafici in alto) e viceversa bassi livelli di eventi di flussi di calore e alto valore del NAM (grafici in basso).
In figura 7 a seguire il grafico, ripreso sempre dal lavoro di Waugh e Polvani, inerente la comparzione tra gli eventi dei flussi di calore (opportunamente calcolati su un intervallo di 2 e 40 giorni) e il NAM10hPa nei giorni che precedono e seguendo il rispettivo evento ESE.
L’analisi degli eventi dei flussi su un intervallo di 40 giorni l’abbiamo vista in precedenza, quindi vorrei soffermarmi su ciò che accade per i valori ottenuti su di un intervallo di due giorni.
Il grafico a sinistra sviluppa l’andamento delle variabili lungo un periodo che precede e segue un evento ESE di basso NAM10hPa e di alti eventi di flussi di calore. Nel dettaglio si nota che nei sessanta giorni che precedono l’evento ESE si realizzano condizioni con bassi valori di eventi di flussi di calore e alto valore del NAM10hPa. Ma il dato più interessante è rappresentato dalla curva trattegiata di colore rosso degli eventi dei flussi calcolati su un intervallo di due giorni. Questi registrano una fase di interruzione o forte caduta che corrispodono ad un incremento del NAM10hPa dovuto al conseguente approfondimento del vortice polare straosferico. Ma quasi in corrispondenza del valore massimo positivo raggiunto dal NAM10hPa si nota una brusca ripartenza dei flussi con susseguente graduale calo dei valori del NAM10hPa. Questa ripartenza dei flussi e calo del NAM10hPa si verifica in media circa 40 giorni prima dell’evento ESE (in questo caso warm). In realtà la dinamica media prevede dopo circa 20-25 giorni un temporaneo blocco o forte calo dei flussi di calore che anticipano subito dopo la loro forte ripartenza che finiranno per scatenare l’evento ESE. Nel grafico di destra è rappresetnata la dinamica inversa ovvero quella che precede un evento ESE cold. Anche qui la dinamica media ci illustra molto bene quale siano le varie tappe di avvicinamento all’evento estremo stratosferico. Una prima fase di alti eventi di flussi di calore comporta una riduzione dell’indice NAM10hPa su valori negativi, ma improvvisamente il blocco degli stessi impone una risalita del NAM10hPa mentre i flussi nei successivi trenta-trentacinque giorni continuano a calare fino al conclamarsi dell’evento ESE cold. I grafici ci suggeriscono che alti e bassi livelli di eventi di flussi di calore si susseguono e si attivano reciprocamente a causa delle rispettive dinamiche. Inoltre non tutti gli eventi di bassi o alti eventi di flussi di calore corrispondono ad altrettanti Eventi Stratosferici Estremi e per questo motivo vanno opportunamente individuati in relazione proprio a quanto la ricerca di Waugh e Polvani ha prodotto e qui discusso.
Quindi dobbiamo cercare di individuare le caratteristiche dell’attuale comportamento dell’atmosfera in relazione degli eventi di flussi di calore. Il prossimo grafico in figura 8 tende a rispondere proprio a questo quesito.
La curva azzurra descrive l’andamento degli eventi dei flussi di calore su un intervallo di due giorni, la curva rossa la loro previsione lungo i prossimi giorni. La curva verde rappresenta l’andamento opportunamente calcolato del NAM10hPa secondo le analisi del modello GFS-0,25° delle 00z. La curva viola rappresenta la previsione dell’indice secondo i dati previsti dall’output dello stesso modello e da me elaborati come già discusso in precedenza. Intanto dal grafico notiamo subito l’anticorrelazione attesa tra le due variabili esaminate. Ad una prima attività dei flussi segue un brusco calo con susseguente crescita del NAM10hPa la quale crescita è interrotta dalla improvvisa ripresa dei flussi di calore, la cui azione ad oggi ha impedito il conclamarsi dell’ESE cold (vedi quanto descrito sopra) evidenziando una dinamica troposferica non incline al verificarsi di tale evento.
Ma questo comportamento rientra nella dinamica evidenziata nel grafico di sinistra della figura 7 appartente al lavoro di ricerca di Waugh e Polvani. Quindi già si evidenzia una prima corrispondenza tra ciò che sta avvenendo rispetto a quanto descritto in letteratura circa le dinamiche che precedono eventi stratosferici estremi di tipo caldo (ESE warm). Individuata questa similitudine nella dinamica torniamo al grafico in alto a destra della figura 6 inerente il comportamento del NAM nel periodo che precede l’ESE. Notiamo che l’approfondimento del vortice polare stratosferico è immediatamente preceduto da un impulso di approfondimento e contrazione del vortice polare troposferico e rilevabile da valori positivi dell’indice AO. L’intera dinamica però, prende avvio da un impulso troposferico ancora precedente che determina una anomalia negativa del NAM mediamente tra i cinque e i dieci chilometri di quota in un tempo compreso tra i cinquanta e i sessanta giorni precedenti l’evento ESE warm.
Il grafico in figura 9 inerente le cross section delle anoamalie di geopotenziale a varie quote e comprese tra 1000 e 0,4hPa ci descrive quasi perfetamente la dinamica sopra esposta. Entriamo nel dettaglio del grafico.
Nella prima ellisse di colore nero è visibile il primo impulso che si sviluppo tra i 3 e i 10 Km di quota che precede un forte impulso troposferico alle più basse quote con un forte incremento dell’indice AO (ellisse viola), che anticipa di poco il periodo di massimo approfondimento del vortice polare stratosferico alle quote più elevate in trasferimento verso il basso per coinvolgimento dei piani via via inferiori, fino a bloccarsi tra i 15 e i 22Km di quota, proprio per la dinamica che non conduce ad un ESE cold che invece prevede una uniformità dell’intera colonna atmosferica. Chi ha seguito questo racconto fin dal primo Outlook e dai relativi commenti troverà ora più chiare alcune mie affermazioni e perplessità sottolineate nelle risposte ai commenti al primo Outlook del 7 e 8 dicembre alla questione posta da Fulvio per poi essere ribadite nel primo aggiornamento all’Outlook e sottolineate in sede di commento a Gian Marco il cui testo è quello in incipit a questo articolo.
In ultimo dedico un commento al modello proprietario chiamato IZE con l’output dell’attività d’onda prevista lungo il trimestre invernale come da figura 10.
Prima di illustrare il grafico specifico che i dati sono frutto dell’output del modello con elaborazione eseguita a seguito dei dati del mese di ottobre con un dato ogni tre giorni il che ci porta, al netto della validità della previsione, ad una prima possibilità di errore su ogni singolo dato di ±3 giorni. Se guardiamo al primo riquadro azzurro notiamo che corrisponde al blocco dei flussi che ha dato origine all’approfondimento del vortice polare stratosferico culminato nei giorni di Natale. Il secondo riquadro rosso rappresenta la ripresa dell’attività d’onda e dei flussi che impone nuovi disturbi proprio in corrispondenza del massimo approfondimento raggiunto dal vortice, che si deduce proprio dalla ripartenza stessa dell’attività d’onda e numericamente dai dati nei grafici sopra illustrati. Tale attività si protrae per circa 30 giorni e produce una buona propagazione d’onda proprio perché si genera al di sotto dell’intenso flusso zonale stratosferico provocato dal precedente approfondimento. Successivamente, terzo riquadro azzurro, si nota un nuovo arresto, o forte riduzione, dell’attività d’onda e dei relativi flussi di calore prima della forte ripresa in avvio della prima decade di febbraio, a cui già nel primo Outlook avevo associato la possibilità di un riscaldamento improvviso stratosferico anche di tipo principale con le conseguenze di cui in letteratura. Tale andamento è piuttosto corrispondente a ciò che si è verificato e a ciò che è atteso nelle prossime settimane a conferma di quanto qui interamente discusso. Ultimo grafico, vedi figura 11, è la verifica con il tentativo di sovrapposizione dei grafici in figura 9 e del grafico in alto a destra in figura 6 al fine di chiarire graficamente, con la speranza di esserci riuscito, quanto fin qui esposto. Nonostante la diversità di dimensione delle due immagini e della scala temporale non possiamo non accorgerci della sovrapponibile dinamica a riprova di quanto qui discusso.
In conclusione della presente trattazione, possiamo riassumere che in funzione dei dati attuali e previsti fino a quasi la fine della prima decade di gennaio non si prevede il superamento dell’indice NAM10hPa della relativa soglia di +1,5, considerando piuttosto l’intera dinamica troposferica non solo incompatibile con un ESE cold (al momento come dimostrano i dati non è mai avvenuto) ma propedeutica per l’incipit di un ESE warm, condizione supportata dai dati sia osservati che previsti dei flussi di calore, nonché dagli eventi dei flussi di calore opportunamente calcolati su intervalli di 2 e 40 giorni. L’intera dinamica lascerà quindi il valore del NAM10hPa “fluttuare” al disotto della soglia ancora per dieci/quindici giorni per poi calare. Si presume, in conseguenza a quanto qui esposto, che l’eventuale incipit all’evoluzione verso l’ESE warm (condizione già espressa nel precedente aggiornamento all’Outlook) possa prodursi nel periodo compreso tra l’ultima decade di gennaio e la prima decade di febbraio. Nel frattempo tutta la dinamica troposferica sarà incline a frequenti blocchi alla circolazione zonale operati dalle due onde planetarie principali. Inoltre è nelle attese un riassetto del treno d’onda causato da un ritorno in zona 6-7 e 8 della MJO come visto in figura 4, con l’unica incertezza sulla sua presa di ampiezza. In ogni caso la prima decade di gennaio sarà decisiva nei riguardi di un netto cambio di passo della stagione invernale in corso.
Un saluto di augurio a tutti per un sereno e felice anno nuovo.
Salve dott. Tosti, seguo con molto interesse il suo immane lavoro! Guardando alcune “”carte”” noto che alcune cose non stanno andando per il verso giusto, incominciando dalla MJO vista virare in aree non favorevoli e dallo SW in area siberiana deleterio, secondo me, ad una disposizione dell’asse polare a noi favorevole. Infine guardando l’anomalia normalizzata del geopotenziale si nota un raffreddamento troposferico e come questo possa influire alle dinamiche future. La ringrazio
Gentile Giuseppe,
al momento le cose stanno andando proprio come indicato in questo articolo “Aggiornamento Outlook inverno 2016-2017 – Allacciate le cinture!” che se non l’avesse già fatto la invito a leggere compresi i vari commenti (eventualmente le consiglio anche questo articolo: “Outlook Inverno 2016-2017 – Ci siamo?”, quale approfondimento).
Lì troverà le risposte a gran parte dei suoi dubbi. Al momento non è possibile aggiungere altro eccetto il fatto che la coda del modello GFS mostra, ormai da qualche corsa, l’attesa seconda rotazione del vortice alla quota isobarica di 10hPa anch’essa attesa e descritta nell’articolo. A seguito di questa seconda rotazione vedremo se la dinamica porterà o meno all’ESE warm (da stabilire poi se Displacement o Split) oppure se l’intera dinamica rientrerà nella casistica degli High Heat FLux Events (come da letteratura di Waugh e Polvani). Da notare che si nota perfettamente dalle carte la propagazione verticale dell’impulso descritto nel secondo articolo del quale le ho suggerito la lettura.
CarloCT
Gentilissimo per la risposta, mi erano sfuggiti i commenti al suo articolo che hanno soddisfatto in gran parte i miei dubbi. Continui con il suo lavoro anche perché sono un suo grande estimatore. Complimenti!
Letto con molto piacere per la chiarezza e per la gentile condivisione e la citazione al mio commento precedente,
Mi affido ad un suo prossimo aggiornamento quando le indicazioni deterministiche suffragheranno l’ipotesi di un ESE Warm in formazione sul finire del mese.
Se posso Le chiedo se il Suo schema previsionale puo’ realizzarsi esclusivamente al raggiungimento dei valori di soglia critica bistabilmente in un senso o nel suo reciproco e se tale considerazione è una necessaria semplificazione. Furse puo’ essere un limite del suo enunciato. Grazie
Ciao Gian Marco,
a dire il vero ci sono già segnali incoraggianti provenienti sia dal modello ECMWF che da GFS. Secondo quanto era nelle attese, evidenziate nel testo dell’outlook, dopo la ripartenza dei flussi di calore, prevista tra la fine di dicembre scorso e fino a circa la fine della seconda decade di gennaio, dovremmo attenderci una caduta degli stessi secondo quanto indicato sia dalle dinamiche medie del lavoro di Waugh e Polvani che con quanto previsto dall’attività d’onda previste dal modello dell’IZE. Come si dice le chiacchiere iniziano ad andare a zero perché i tempi cominciano a maturare e il tempo del riscontro è sempre più vicino, quindi relativamente presto capiremo se quanto avverrà darà ragione o torto al ragionamento fin qui proposto. La fase cruciale sarà nell’ultima decade di gennaio da lì passerà il futuro del vortice polare stratosferico e troposferico dell’ultima parte dell’inverno e della prima parte della primavera. Secondo lo schema del lavoro di Waugh e Polvani da quel momento (caduta dei flussi di calore) potremmo cominciare ad iniziare il conto alla rovescia dei giorni di vita rimanenti al vortice stratosferico prima del superamento della soglia positiva degli eventi dei flussi di calore che dovrebbe avvenire circa una ventina di giorni dopo con a seguire, qualche giorno più tardi, il raggiungimento della soglia negativa del NAM (questo deriva sia da quanto in letteratura che da quanto proposto dall’uscita del modello IZE). Questa dinamica ci dovrebbe consegnare l’ESE warm per la prima decade di febbraio. Intanto la caduta dei flussi di calore per la parte finale di gennaio sopra indicata causerà un conseguente parziale ricompattamento del vortice che in realtà sarà la condizione necessaria e sufficiente per la corposa ripartenza dell’attività d’onda e dei flussi di calore, come previsti sempre dall’IZE, che verosimilmente potrà condurci, come più volte scritto, verso l’MMW. In questa direzione sembra andare anche la mensile della MJO di ECMWF che rispetto a quanto proposto precedentemente (vedi quanto scritto in merito nel testo dell’articolo) nella sua ultima uscita offre proprio tra la fine di gennaio e i primi di febbraio una presa di ampiezza in fase 7.
Non vorrei prendermi meriti che non ho a riguardo dei valori di soglia critica degli eventi dei flussi di calore fissati a ±5,5 K m/s. Questa soglia non è frutto di un mio studio ma è stabilita nel citato lavoro di Waugh e Polvani nel quale descrivono le dinamiche di sviluppo degli ESE specificando che il principio per il quale avvengono raffreddamenti/riscaldamenti stratosferici, fino agli ESE, è da ricercare in altrettante particolari anomalie dei flussi di calore. Sempre secondo il lavoro citato si possono definire eventi estremi quegli eventi che superano il valore di soglia degli eventi dei flussi di calore nei fatidici ±5,5 K m/s calcolati in un intervallo di tempo di 40 giorni, motivo per il quale fino ad ora, a mio avviso, non è avvenuto nessun ESE cold in quanto i dati rilevati si sono fermati ad un minimo di -3,5 K m/s lo scorso 3 gennaio ed è previsto raggiungere il minimo assoluto di -4,88 k m/s il 6 gennaio per poi risalire e portarsi a -2,25 k m/s per il 12 gennaio prossimo. Tali valori, congiuntamente alle anomalie del geopotenziale tra i 60°N e i 90°N, secondo i miei calcoli dovrebbero fare giungere il valore del NAM10hPa attorno ai +1,4 per la fine della seconda decade del mese corrente (sempre che le previsioni di GFS vengano confermate). Per precisare la funzione proprietaria del NAM contiene proprio le specifiche di cui in letteratura ovvero tiene conto sia dell’anomalia del geopotenziale (nel mio caso compreso tra i 60°N e i 90°N con riferimento per l’anomalia il periodo 1948-2011 i cui motivi li ho già spiegati in risposta ad un precedente commento) ma anche degli eventi dei flussi di calore opportunamente calcolati su un intervallo di 40 giorni.
CarloCT
Scusi, allora il NAM del lamma toscano, dove segnala il superamento della soglia il giorno 22 dicembre , oggi se non erro dovrebbe essere a + 1,8, come fa a mettere questi dati se la soglia non è superata e, come sembra non verrà superata.Grazie e Buon Anno
Mauro
Ciao Mauro e buon anno anche a te.
Per quanto riguarda i prodotti di altri non possono esprimere alcun giudizio visto che non sono a conoscenza della loro metodica di calcolo a cominciare dalla media di riferimento utilizzata e dall’estensione latitudinale. Quindi posso raccontarle che i dati da me utilizzati riguardano la fascia latitudinale compreso tra i 60°N e i 90°N e un riferimento dell’anomalia del geopotenziale calcolato su poco più di un sessantennio ovvero tra il 1948 e il 2011. La motivazione risiede nel fatto che è ormai noto (sono diversi i lavori di ricerca in tal senso compreso il mio qui pubblicato dal titolo “Il clima del futuro? La chiave è nel passato”) che esiste una variazione del regime di massa atmosferico con periodo di circa 60 anni. Ecco il motivo dell’estensione del calcolo delle anomalie. Infatti questa estensione, rispetto alla classica di un trentennio, riesce a coprire meglio le diversità di regime e quindi dell’alternanza dei periodi di intensificazione o indebolimento del vortice fornendo una media statistica più omogenea e più rispondente all’intero campionario dei dati. Quello che posso notare con un po’ di perplessità è nel fatto che al di là di qualsiasi metodica di calcolo l’indice NAM da lei indicato supera la soglia quando gli eventi dei flussi di calore calcolati su un periodo di 40 giorni (come da letteratura) non avevano superato la soglia dei -5,5 K m/s. Il raggiungimento della soglia del NAM non causa il raggiungimento negativo della soglia dei flussi ma ne è l’effetto. Detto questo confermo che al momento tale soglia negativa dei flussi non è stata raggiunta e fino ad allora non è possibile classificare come tale alcun fenomeno di intensificazione del vortice polare stratosferico con la denominazione di ESE (Evento Stratosferico Estremo).
Visto la possibilità pubblico anche l’aggiornamento odierno del NAM.
CarloCT
Immagine allegata