Sperando di farvi cosa gradita, pubblichiamo il primo Outlook per l’inverno 2016-2017. Come sempre un grazie enorme all’amico Carlo Colarieti.
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I gentili lettori avranno notato il ritardo con cui questo articolo è stato redatto e pubblicato. In verità la causa non è legata a lungaggini sull’interpretazione dei dati, ma più semplicemente al fatto che altri impegni ci hanno impedito la normale trattazione dell’argomento. Comunque meglio tardi che mai…
Per aumentare la suspense non tratterò subito l’argomento outlook ma voglio cominciare facendo il punto della situazione sull’indice IZE che ormai da un paio di anni è stabilmente in uso per la formulazione dei nostri outlook invernali.
Molto brevemente spiego che lo sviluppo del modello alla base dell’indice IZE iniziò nel 2010 nella sua versione zero, che definirei piuttosto rudimentale, con la trasformazione di una intuizione in un algoritmo. In questa fase è stato dedicato anche del tempo alla ricerca dei punti latitudinali ottimali e dei livelli di pressione da utilizzare. Sia pure con uno strumento acerbo, si denotarono i primi segni interessanti e quindi decisi di insistere nello sviluppo. Nel 2011 il modello era già alla versione 1.0. Sono poi arrivati vari aggiustamenti che nel 2012 hanno portato alla versione 1.5 e nei successivi due anni ho apportato altre variazioni con le versioni dalla 1.6 alla 1.8. Nel 2013 è stato sommariamente utilizzato assieme ai classici indici per la formulazione dell’outlook invernale pubblicato proprio su Climate Monitor nel quale ho scritto in riferimento al modello per l’elaborazione dell’indice IZE: “…Premetto che i prodotti in questione sono sperimentali e tutt’ora in fase di sviluppo…“.
A seguito della stagione 2014-2015, nella versione 1.8 in cui si registrò lo scarto più consistente del valore di prognosi dell’indice AO da quello osservato, ho eseguito una più profonda revisione che nel 2015 lo portò alla versione 2.0 utilizzata fino ad oggi. Questa versione aggiunge un secondo momento di elaborazione e ne migliora il primo. Nella fattispecie il primo momento utilizza i dati di analisi delle componenti vettoriali del vento a varie quote su due precisi intervalli latitudinali lungo tutto il mese di ottobre. Il secondo momento di elaborazione inizia dal primo di dicembre a seguito delle prime osservazioni dell’indice AO che vengono fornite al modello per il controllo e l’allineamento dell’output sulla base, appunto, di ciò che realmente si registra. Questa fase non rielabora i dati ottenuti dalla prima fase del mese di ottobre, ma opera una sintonizzazione sia temporale che di ampiezza del segnale già previsto nell’elaborazione di ottobre. Il modello alla base dell’indice IZE, in grado di prevedere l’andamento invernale dell’indice AO, fornisce output con serie temporali di tre giorni così che potenzialmente è possibile prevedere l’andamento dell’indice AO a scadenza di tre giorni lungo tutto il trimestre invernale. Non mi dilungherò oltre perché questo articolo non rappresenta la sede adatta ma segnalo che si ottengono risultati sorprendenti di prognosi dell’indice AO medio stagionale.
Al fine di semplificare quanto detto pubblico in figura 1 qui sotto il grafico che rappresenta l’abilità del modello comparando i valori previsti dell’indice AO con quelli realmente osservati dalla stagione invernale 2011-2012 fino alla scorsa stagione. Si può notare la perfetta prognosi dell’oscillazione dell’indice AO e un’ottima previsione puntuale dei valori medi stagionali.
Chiusa questa prefazione breve, ma a mio avviso doverosa, entriamo maggiormente nel dettaglio di analisi dei vari indici. Fondamentale uno sguardo allo stato di attività del nostro Sole controllando l’andamento del numero di macchie dal 2010 allo scorso ottobre (vedi figura 2).
Dal grafico si può facilmente notare come il massimo solare del ciclo 24 sia ormai alle nostre spalle e dai primi mesi del 2015 l’attività abbia subito un calo destinato a proseguire portandoci al prossimo minimo che verosimilmente sarà abbastanza lungo e, come visibile dalle figure 2a e 2b, atteso tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020. A riguardo delle figure 2a e 2b, queste rappresentano l’andamento delle macchie solari osservate e previste secondo un nostro modello proprietario che come apprezzabile dai medesimi grafici offre interessanti risultati. Guardando con maggiore attenzione alla figura 2b, e volendo sbilanciarci ad un futuro più lontano, il modello sviluppato ci indica che il prossimo ciclo avrà più o meno lo stesso numero di macchie dell’attuale ciclo 24 (forse qualcosa in meno), mentre il minimo seguente sarà più profondo ed anticiperà un ciclo 26 piuttosto debole come anche piuttosto lungo dovrebbe essere il successivo minimo. Il prossimo ciclo 26 appena menzionato sarà oggetto di futura attenzione perché potrebbe registrare nel suo massimo un numero di macchie attorno al limite di soglia delle 52, a cui noi ci riferiamo per determinare la forza del ciclo (superiore alle 52 è forte, inferiore alle 52 è debole), aprendo una possibile fase di bassa attività solare che potrebbe durare circa una ventina d’anni (dal 2027 al 2047 circa).
Tornando alle vicende più prossime possiamo osservare dalla figura 3 la progressione del numero di macchie del ciclo 24 con riferimento al valore di soglia di 52. Si evince che dal gennaio 2015 il Sole è entrato nella nuova fase di bassa attività. Determinato lo stato di bassa attività solare è doveroso controllare la circolazione stratosferica equatoriale rientrante nell’indice QBO e riferita alla quota isobarica di 30hPa. Dalla figura 4 possiamo notare in blu i dati riferiti al 2016 fino al mese di ottobre e in rosso i dati del 2015.
Dall’esame dei dati non possiamo fare a meno di notare come l’indice avrebbe dovuto trovarsi in fase negativa e invece risulta cospicuamente positivo. Seguendo il periodo medio di 18 mesi, i valori massimi negativi avrebbero dovuto collocarsi tra la fine della scorsa estate e l’inizio del presente autunno. Invece a partire da maggio scorso la QBO ha invertito la sua tendenza risalendo a valori molto prossimi al massimo positivo del 2015. Spesso il binomio bassa attività solare con positività dell’indice QBO è favorevole ad un rafforzamento del vortice polare con un incremento della circolazione zonale alle alte latitudini ed un incremento della pressione nella fascia delle medie latitudini. Questa semplificazione ha le sue eccezioni ed infatti non trova conferme nelle condizioni attuali della circolazione. Un buon tracciante di quanto appena descritto è la circolazione dell’ozono facente capo alla Brewer Dobson Circulation (BDC).
Seguendo la linea blu in figura 5 è facilmente apprezzabile il notevole incremento del gas stratosferico a partire dalla fine di ottobre, cosa che segnala una vivace circolazione meridionale in grado di trasportare ozono dalle zone stratosferiche equatoriali (sede di produzione) a quella polare del nord emisfero. Il tracciante ozono ci segnala dunque un vortice polare stratosferico disturbato con presenza di importanti flussi di calore e un precoce sviluppo dell’anticiclone delle Aleutine. A conferma di quanto detto arrivano a supporto i grafici in figura 6 e 6a riguardanti rispettivamente l’andamento dei flussi di calore medi totali alle quote isobarica di 10hPa e 150hPa.
Per entrambi i grafici le linee blu corrispondono ai dati osservati, le linee rosse ai dati previsti e le linee verdi ai rispettivi dati medi per il periodo. Si nota molto bene che dalla terza decade di ottobre i flussi sono stati sempre superiori alla media. Tale situazione è destinata a perdurare anche nel prossimo futuro non solo mantenendone la tendenza ma incrementando l’anomalia, finendo poi per condizionare ulteriormente il normale sviluppo del vortice polare stesso. La rappresentazione plastica di quanto appena descritto è riassumibile dalle figure 7 e 8 rispettivamente della posizione media del vortice polare alla quota isobarica di 10hPa lungo tutto il mese di ottobre e la posizione media del suo asse maggiore con il relativo centro di massa.
Specificando meglio alcune informazioni provenienti da quest’ultimo grafico si segnala la bassa oscillazione dell’asse sul suo centro di massa con appena 16° sulla sua posizione mediata sull’intero mese, a significare che la presenza dell’alta delle Aleutine e dell’onda atlantica hanno avuto una buona e precoce azione bloccante. Lo sviluppo dell’alta delle Aleutine è incentivato dalla buona ampiezza dell’attività convettiva pacifica che dal grafico relativo all’indice della MJO si evidenzia nelle fasi 7, 8 e poi 1 (vedi figura 9). Tale struttura è pure enfatizzata dalla presenza di una fase ENSO tra il neutro e il debolmente negativo. Il complesso impianto circolatorio ha favorito e favorisce la diminuzione del gradiente meridionale di temperatura tra le basse e le alte latitudini del nostro emisfero determinando un netto rallentamento delle correnti zonali alle alte latitudini e una intensificazione nelle basse latitudini.
Tale situazione è ben evidenziata dalle figure 10 e 10a rappresentanti rispettivamente l’anomalia del vento zonale e l’andamento osservato e previsto nei prossimi giorni dello stesso alla latitudine di riferimento di 60°N alla quota isobarica di 10hPa. Il pattern complessivo ci suggerisce che esiste un insieme di forzanti troposferiche che determinano quanto sopra descritto e verosimilmente continueranno anche in futuro, lungo l’intera stagione, a condizionare il pattern tropo-stratosferico.
Anche l’indice IZE ha ben evidenziato quanto sopra descritto.
Entriamo nel dettaglio di quanto elaborato dal modello. L’output ci indica una complessiva circolazione lenta alle alte latitudini per tutto il trimestre invernale. In verità per i primi giorni di dicembre il modello propone una circolazione zonale alle alte latitudini che si aggira attorno ai valori normali per poi, successivamente, iniziare a calare. Nello stesso periodo le basse latitudini evidenziano mediamente una anomalia negativa, motivo per il quale si attende una circolazione a pattern AO mediamente positivo con la possibilità di qualche disturbo verso la seconda metà della prima decade quando il modello presenta un segnale di attività d’onda e una flessione dell’AO.
Comunque, nel complesso, la prima decade di dicembre si desume possa essere maggiormente contraddistinta da presenza di anomalia positiva di pressione sul Mediterraneo centrale, con un flusso settentrionale a interessare l’Europa orientale. Tra la metà e la fine della prima decade di dicembre il modello prevede un primo indizio di cambio di rotta con un graduale rallentamento delle velocità zonali alle alte latitudini ed una loro intensificazione alle basse latitudini. Tra la metà del mese e l’inizio della terza decade, nell’output del modello appare piuttosto evidente un più netto cambio della circolazione con valore via via crescente dell’anomalia positiva delle correnti zonali alle basse latitudini e dell’anomalia negativa alle alte latitudini. A partire da questo periodo è previsto un brusco calo dell’indice AO che è atteso portarsi a valori negativi rimanendovi, salvo brevi eccezioni, per tutto il resto della stagione.
Nella fase di prima elaborazione del modello alla base dell’indice IZE la previsione trimestrale della stagione invernale 2016-2017 dell’indice AO viene fissata ad un valore medio di -0,7, con valore negativo mensile più basso raggiunto nel mese di febbraio.
Per quanto concerne lo stato e lo sviluppo futuro del vortice polare stratosferico possiamo constatare, riprendendo i grafici nelle figure dalla 5 alla 10a esclusa la 9, che il suo sviluppo è fortemente contrastato da una consistente attività di flussi verticali appartenenti ad una costante attività d’onda come ben visibile in figura 11;attività la cui fonte principale è da attribuire alla prima onda. Il grafico però ci suggerisce che anche la seconda onda è stata particolarmente attiva determinando i flussi di calore dell’ultima decade di ottobre.
Tuttavia si evidenzia come fino ad oggi tali flussi non siano stati principalmente diretti in area polare, come riscontrabile dalla rappresentazione dei vettori nella figura 12 (notare comunque che i flussi di fine ottobre a capo della seconda onda sono stati di tipo poleward). Sempre dallo stesso grafico possiamo notare che i vettori previsti aumentano il valore di intensità ma non sono nella direzione polare. Inoltre per i primi di dicembre è previsto un loro calo, segno che il VPS subirà un tentativo di approfondimento causa proprio l’azione equatoward dei flussi stessi; un approfondimento che non dovrebbe avere particolare successo. Infatti tale dinamica non fornisce indicazioni di cambio di direzione circa un inizio di approfondimento ulteriore del vortice stesso ma piuttosto una naturale conseguenza a quanto avvenuto. Le previsioni sono infatti orientate verso una successiva ripresa dei flussi.
Alla luce di quanto descritto non si esclude l’innesco di un improvviso riscaldamento stratosferico anche di tipo principale, semmai possibile tra la fine di dicembre e la prima decade di gennaio, con avvio sul lato siberiano e in partenza dalle quote stratosferiche superiori in propagazione alle quote inferiori. Come abbiamo scritto in fase di commento tecnico la scarsa oscillazione dell’asse del vortice polare, indotta da un’ottima azione bloccante delle due onde planetarie principali, ci suggerisce una elevata possibilità che il fenomeno di riscaldamento lo induca ad una sua scissione e una successiva difficoltà nel ripristinare il normale equilibrio termo-dinamico rimanendo piuttosto debole (al momento non è possibile escludere neppure la possibilità di un altro evento di improvviso riscaldamento stratosferico con innesco nell’ultima decade di febbraio quando l’output del modello IZE presenta una forte attività d’onda).
Tale fenomenologia avrebbe il risultato di condizionare pesantemente l’evoluzione di gran parte della prossima stagione invernale con blocchi ripetuti della circolazione zonale alle alte latitudini e frequenti circolazioni fredde alle basse latitudini. In tal senso sembrerebbe giustificarsi anche l’output del modello IZE sopra descritto.
In questo contesto potrebbero essere favoriti episodi di ciclogenesi mediterranee con richiami freddi orientali (quantomeno nelle regioni centro-settentrionali) e/o ingressi più continentali a penalizzare maggiormente i versanti adriatici e il meridione.
In dicembre, quando inizieranno a giungere i dati osservati dell’indice AO, potrà seguire la seconda fase di elaborazione del modello IZE, così che potremmo con maggiore fiducia confermare o correggere quanto qui esposto. In conclusione la prossima stagione invernale appare, sia dai vari indici classici che dal modello alla base dell’indice IZE, con caratteristiche molto più dinamiche e strutturalmente diverse dalle passate stagioni invernali.
Dott. Tosti buon giorno, si legge un pò in giro in rete e anche vedendo le carte strato previste, che si possa seriamente andare incontro ad un forte raffreddamento in stratosfera con conseguente accorpamento del VPT. Al contrario, stanno sfumando le possibilità per un riscaldamento con smembramento successivo del VPT.
Secondo lei, quali sono le possibilità ad oggi, per una o l’altra ipotesi? rischiamo veramente di mandare in soffitta questo inverno ancora prima di vederlo iniziare? Anche perchè fin’ora, nonostante un VPT non in buona salute, abbiamo raccolto solo alte pressioni con clima mite sull’ovest-sud Europa e freddo solo sull’est con ripetuti affondi sempre sulle stesse zone.
Grazie.
Fulvio.
Attendendo la risposta del sig.Tosti, vorrei risponderti Fulvio:
è la solita bufala che circola sul Web questa del raffreddamento stratosferico, basta guardare le temperature previste dai 30 hPa ai 100 hPa. La quota dei 10 hPa è la quota stratosferica che ancora sembra percorrere un andamento termico molto simile allo scorso anno..
Ciao Alessandro, un certo raffreddamento in strato lo si nota però, è vero che siamo su carte over 240/300 ore e che hanno una valenza non molto elevata. E sono d’accordo che in rete girano molte bufale, purtroppo tutti possono aprire un blog e scrivere quello che più gli comoda, esiste poca “specificità” e molta incompetenza. Pochi sono i siti o blog seri, questo a mio modesto modo di vedere è uno di quelli.
Saluti, buona giornata.
La poca attendibilità dei modelli nel lungo termine è il chiaro sintomo che si sta avvicinando un punto di svolta. Non possedendo sfere di cristallo allo stato attuale l’unica cosa seria da fare è attendere che i modelli deterministici comincino a frequentare in maniera più stabile un preciso pattern. Inoltre affidarsi a mappe oltre le 240/300 ore, come già scritto da te Fulvio, onestamente ha veramente poco senso a meno che le stesse non traccino una linea evolutiva ripetuta per più giorni e questo non mi sembra il nostro caso, almeno per quanto concerne la medio-bassa stratosfera e la troposfera. L’unica cosa che registriamo è ciò che ho descritto sarebbe avvenuto qualche commento sopra in risposta a Mauro. Al momento non abbiamo ulteriori indicazioni che possano farci propendere per un ulteriore sviluppo verso uno Stratcooling come anche il contrario. L’unico elemento di reale incertezza è riferito all’impulso troposferico dei primi di dicembre ben evidente nei piani isobarici compresi tra 500 e 200hPa. Se vi sarà una evoluzione verso uno Stratcooling il punto di partenza sarà proprio quello. Comunque al momento non bisogna avere fretta, in questi momenti può essere solo una cattiva consigliera.
CarloCT
Brevissima appendice a quanto già scritto precedentemente riservandomi di approfondire la questione per poi argomentarla meglio.
In realtà potrebbe prendere corpo una terza via che non contempla né stratwarming e né stracooling (stratosfera troppo disturbata dalla presenza delle due onde planetarie) almeno fino alla terza decade di febbraio quando anche nell’outlook è stato ipotizzato lo sviluppo di uno stratwarming. Quindi a tenere banco potrebbe essere la sola troposfera con le sue forzanti. Come detto devo approfondire e attendere qualche conferma prima di esporre meglio il tutto.
CarloCT
Ecco.. volevo solo rivolgervi la mia Stima e Complimenti.. e voglio invitarvi, invece, a leggere con calma e tempo, questa mia analisi relativa al mio personale e “Autodidattico” Outlook Invernale 2016/17 di seguito nel Link..:
http://forum.ilmeteo.it/showthread.php?t=226552
Vi prego non prendetelo come una sorta di Spam.. ma è l’unico riferimento a cui posso indirizzare il mio esiguo e modesto Lavoro..
Ebbene leggerlo tutto, dal secondo Post in poi ed è diviso in 3 Post differenti.. nell’ultimo, c’è la previsione di cui associo le dinamiche a cui stiamo assistendo.
Grazie! e Complimenti ancora per il vostro Lavoro!
Luca Orlando(Alias o Nickname “Neve74”)
Sig. Tosti, trascorsi 7 giorni dal suo ultimo commento, vorrei gentilmente chiederle se ha ottenuto qualche conferma o risposta che si attendeva dalla troposfera (personalmente mi sembra ancora presto, data l’incertezza del momento) e se ci sono notizie in merito alla terza via, a cui sono molto propenso anch’io, perché da quello che ci mostrano i forecast, relativi alla stratosfera (alta in particolare), la strada sembra esser vista molto in salita. Un saluto cordiale da un suo estimatore, che porta sempre con se, nella mia pur semplice passione per questa scienza, un suo principio…..”IL CLIMA DEL FUTURO? LA CHIAVE E’ NEL PASSATO”. Marco (alias, per alcuni, Marca Fermana)
Ciao Marco,
ti informo che è nelle battute finali di scrittura un articolo in merito a quanto chiedi e previsto in pubblicazione martedì prossimo.
Ti ringrazio per la cortesia e stima dimostrata.
CarloCT
Domanda: perché in meteorologia e climatologia 2+2 non fa piu’4. Grazie.
In meteorologia e climatologia, come in qualunque altra disciplina scientifica, 2+2 fa e farà sempre 4. Il problema risiede nell’essenza stessa del sistema in questione che non è lineare e quindi assai complesso. In meteorologia questo sta ad indicare che non solo le variabili in gioco sono tante, e tutte di pari dignità, ma che la loro capacità di produrre modifiche nel corso del tempo può amplificarsi rispetto al loro valore iniziale. Ecco perché per fare delle buone previsioni bisognerebbe prima di tutto migliorare i dati delle condizioni iniziali dell’atmosfera, dalle quali far scaturire una previsione. Allo stato attuale queste condizioni si conoscono in modo un po’ approssimativo il che significa introdurre in partenza già un errore che inevitabilmente finisce nell’elaborazione. Inoltre più si allunga la previsione più andrà amplificandosi l’errore introdotto così da generare prognosi nelle quali l’errore stesso diverrà predominante (ecco perché 2+2 no fa più 4). A questo punto lei penserà che la questione sarebbe facilmente risolvibile migliorando la qualità del dato iniziale. Avrebbe anche ragione se per migliorare di un fattore 2 la previsione non ci fosse bisogno di migliorare di un fattore 100 il dato iniziale. Ad oggi appare ancora un po’ utopistico, probabilmente in futuro, forse non troppo lontano, si raggiungerà l’obbiettivo. I modelli climatici, se vogliamo, sono ancora peggio perché tutti basano i loro output sulla sensibilità climatica alla variazione delle emissioni di CO2, necessitando l’inserimento di variabili arbitrarie per la stima della quantità di questo gas in atmosfera nel futuro, come ad esempio la possibile popolazione mondiale o alle dinamiche di sviluppo economico dei Paesi industrializzati o in via di sviluppo, cose che nessuno oggi conosce! Non sto poi a dilungarmi su questioni assai più complesse che portano a margini di errore colossali sulle previsioni di temperatura, nuvolosità e precipitazioni. Su questi temi si spendono fiumi di denaro e anche di parole ma in verità tutti sanno che prevedere il clima che ci sarà tra 100 anni o anche 50 è praticamente impossibile. Il modello con quasi le stesse capacità di riuscita di quelli usati per fare prognosi catastrofistiche sul futuro climatico ma molto più economico e privo di inutili parolone sarebbe il classico testa o croce. Infatti chi elabora queste previsioni basa il suo successo proprio nella lunghezza temporale, suo migliore alleato, visto che nessuno di noi, purtroppo, sarà presente tra 100 anni alla verifica dei fatti. Non a caso quei modelli non sono utilizzati per fare previsioni a 5 o anche 10 anni perché avrebbero, nel più ottimistico dei casi, almeno il 50% di possibilità di fallire. La CO2 non è ne un eccellente gas serra (meno che meno quindi il gas serra principale) e neppure una molecola precursore dei cambiamenti climatici, che sono a tutt’oggi nella migliore delle ipotesi poco noti. Mi fermo qui non perché non ci sarebbe altro da dire, anzi, ma perché sono stato fin troppo prolisso; ma come avrei potuto resistere al suo perfetto assist?
CarloCT
Grazie per la risposta, buon lavoro.
Fulvio.
Complimenti ancora Dott. Tosti per l’ottima disamina nel suo outlook invernale. Una sola cosa volevo chiedere, quest’anno non vedo il grafico con le attività d’onda emisferiche, verrà postato successivamente?
Grazie.
Salve Fulvio, il grafico verrà pubblicato nel prossimo articolo che uscirà non appena si avranno sufficienti dati dell’indice AO osservato da poter avviare la seconda parte dell’elaborazione del modello IZE (verosimilmente attorno alla metà del mese).
CarloCT
[…] Autore: Carlo Colarieti TostiData di pubblicazione: 29 Novembre 2016Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=42899 […]
domanda, non teme uno stratcooling, nel momento di ripresa dell ‘Ao post CW, dei prox giorni
Mauro postaci uno studio sulla correlazione tra CW(siamo sicuri che è il caso dei prossimi giorni?) e Stratcooling: credo che parlando del sistema climatico si possa evitare di avere dubbi riducibili a simili “semplicionerie”, per il semplice fatto che il sitema climatico è un sistema dinamico non lineare e quindi complesso.
Come ho spiegato nell’articolo ciò che sta per avvenire (l’approfondimento parziale e accelerazione del vento zonale della media altezza del vortice polare stratosferico che comunque si attesteranno su valori prossimi a quelli medi del periodo) è direttamente riconducibile agli intensi flussi di calore iniziati nella parte finale di novembre (tutt’ora in atto) diretti non verso il polo ma l’equatore. La conseguenza sarà un’accelerazione delle velocità zonali accompagnate da un certo approfondimento e rotazione del vortice, il tutto favorito da una dinamica troposferica che sarà poco incline al trasferimento verticale di nuovi flussi di calore. Questa situazione sarà temporanea visto che le previsioni forniscono indicazioni per una prima ripresa dell’attività dei flussi in bassa stratosfera già a partire dalla seconda metà della prima decade di dicembre a testimonianza di un pattern troposferico molto dinamico sollecitato da una combinazione di forzanti favorevoli. Ecco spiegato perché a mio avviso non ci sono margini perché l’evoluzione a breve porti ad uno stratcooling, piuttosto verso evoluzioni opposte anch’esse spiegate nell’articolo. Anche il modello alla base dell’IZE, come descritto nell’articolo, indica che la circolazione troposferica ad AO positiva, riconducibile alla ripresa delle velocità zonali alle alte latitudini, debba mantenersi fino attorno alla metà del mese entrante salvo una contenuta flessione nella seconda parte della prima decade. Dalla metà del mese, l’IZE, indica un netto cambio di marcia con un calo dell’indice AO su valori negativi. Vedremo nei prossimi giorni se le code dei deterministici cominceranno a dare indicazioni in tal senso.
CarloCT
Domanda: qual’è la fonte dei dati per il numero di macchie solari?
Gentile Bernardo, i dati utilizzati sono un downgrade della versione 2 del SIDC WDC-SILSO alla versione 1. Per la spiegazione le suggerisco di leggere la parte inerente il downgrade in questo articolo http://www.climatemonitor.it/?p=39374 dove peraltro troverà anche il link di un bellissimo lavoro del prof. Franco Zavatti.
Complimenti per l’acuta osservazione.
CarloCT
Chiedevo, perché il conteggio “migliore”, che più si avvicina al passato, è il Laymans. Gli altri stanno esasperando molto il conteggio delle macchie, arrivando a “sparare numeri a caso”… anche e soprattutto in presenza di sole totalmente spotless.
Pertanto, un cattivo conteggio delle macchie, comporta una errata previsione dei cicli futuri.
Infatti, dai nostri “calcoli”, il ciclo 25 sarà praticamente assente… o quasi… il 26 forse si presenterà con una “forza” pari a poco più della metà del ciclo 24, seguito dal 27 che sarà simile al 24 e infine altri 2 o 3 cicli che potrebbero essere anche inferiori.
Anche perché a dettare legge è il pianeta Giove… che se si trova al perielio in concomitanza con il massimo di un ciclo solare, determina una “riduzione” della forza del ciclo successivo proporzionata al “divario” tra il momento del perielio e quello del massimo solare del ciclo in corso. E questa è scienza!
Infatti la scelta del downgrade va proprio nella direzione della sua osservazione.
Non solo Giove influenza l’attività solare ma anche in interazione con gli altri pianeti esterni come Saturno, Urano e Nettuno.
CarloCT