di Luigi Mariani e Sergio Pinna
Le valutazioni statistiche relative alle tendenze della frequenza e dell’intensità degli eventi pluviometrici estremi richiedono l’analisi di serie storiche di buona qualità, che siano costituite da dati registrati in modo continuo, lungo un periodo di svariati decenni; ciò è ancora oggi pressoché impossibile per i valori orari (e, a maggior ragione, sub-orari), per cui soltanto con quelli giornalieri si può fare qualche ragionamento quantitativo dotato di un minimo di accuratezza.
A riguardo di tali questioni, ci ha molto colpito un’intervista rilasciata dal professor Giampiero Maracchi e apparsa il 24 ottobre sulla cronaca di Firenze del quotidiano La Repubblica, nella quale il climatologo, riferendosi all’alluvione di Firenze del 1966 e a margine di un più vasto ragionamento sulle alluvioni di Firenze e sulle opere di protezione dalle stesse, afferma che «negli ultimi 25 anni abbiamo avuto un aumento del 900% del numero di eventi meteorologici estremi, oltre alle alluvioni anche alcune specie di uragani, più concentrati nel tempo e su un’area più contenuta, quindi 9 volte in più rispetto al 1966».
Invero si rimane stupiti nel constatare come certi valori fuori dalla realtà possano essere forniti e poi divulgati dai media con la tranquillità con cui ci si riferisce ad argomenti ben conosciuti. Non dovrebbe infatti risultare difficile per alcuno rendersi conto che, se l’ordine di grandezza del dato fornito dal prof. Maracchi fosse plausibile (incremento del 900%), le arginature e le altre opere di difesa – che oggi ci proteggono dalle piene del Po, dell’Arno, del Tevere e di tanti altri fiumi del nostro territorio – risulterebbero del tutto inadeguate e dovrebbero essere immediatamente riprogettate.
Detto questo, è importante poi chiarire come l’incremento citato non appaia nemmeno come un’esagerazione di una situazione comunque effettiva, ma sia in effetti qualcosa di insensato, quando si controllino i risultati delle ricerche condotte in merito alle tendenze dei caratteri pluviometrici.
Ad esempio, nel 2010 la rivista Climatic Change ha pubblicato il lavoro firmato da un vasto gruppo di climatologi storici di cui fanno parte i nostri Bertolin e Camuffo (Glaser et al., 2010); le conclusioni riportano fra l’altro la frase seguente:
«I recenti cambiamenti nella variabilità delle frequenze delle inondazioni non sono eccezionali rispetto alla frequenza delle inondazioni degli ultimi 500 anni e non mostrano alcuna tendenza paragonabile a quella dell’ampiamente citato “hockey-stick” delle temperature. A una conclusione simile è pervenuto il progetto SPHERE che per il Nord-est della Spagna ha dimostrato che gli eventi degli ultimi 400 anni hanno prodotto deflussi significativamente maggiori rispetto a quelli osservati nei più grandi eventi di piena registrati in tempi moderni (Thorndycraft et al. 2005). Pertanto lo studio delle inondazioni storiche è ancor oggi utile per una più completa analisi dei rischi volta a pianificare le opere di protezione dalle inondazioni.»
Sempre a livello di citazioni, occorre ricordare la ricerca pubblicata sul Journal of Climate nel 2013 a firma di Westra e altri ricercatori ha verificato le tendenze delle precipitazioni massime annue di un giorno per il periodo dal 1900 al 2009 (110 anni in tutto). Il lavoro è stato riferito ad un totale di 8326 stazioni terrestri che i ricercatori hanno ritenuto di “alta qualità” ed ha portato a concludere che il 2% delle stazioni mostra un decremento nelle piogge estreme, l’8% un incremento e il 90% non presenta alcuna tendenza significativa.
Si segnala inoltre che:
- Screen & Simmonds (2014), lavorando su un dataset di rianalisi relativo alle medie latitudini dell’emisfero Nord hanno evidenziato la sostanziale stazionarietà degli eventi pluviometrici e termici estremi nel periodo 1979-2012
- Mariani e Parisi (2013), analizzando un vasto dataset di dati pluviometrici giornalieri per stazioni dell’area euro-mediterranea per il periodo 1973-2010 ed utilizzando lo schema di analisi proposto da Alpert et al. (2002) hanno evidenziato l’infondatezza dell’aumento parossistico delle piogge estreme giornaliere affermato dagli stessi Alpert et al. in un lavoro del 2002
- Fatichi e Caporali (2009), lavorando sulle serie storiche di precipitazione di 785 stazioni della Toscana per il periodo 1916-2003, hanno posto in evidenza l’assenza di trend nel regime precipitativo medio e nell’intensità degli eventi estremi di 3,6 e 12 h in pressoché tutte le stazioni analizzate
- Pinna (2014) ha analizzato le piogge estreme per l’area mediterranea e per la Toscana evidenziando l‘assenza di trend rilevanti riferibili agli eventi pluviometrici estremi.
Insomma, nella scienza che ci ha lasciato in eredità Galileo occorre avere “occhi sulla fronte e occhi nella mente”, per cui, non trovando il benché minimo conforto di dati attendibili, le affermazioni del professor Maracchi devono essere giudicate come prive di senso scientifico.
Bibliografia
- Alpert P., Ben-gai T., Baharad A., Benjamini Y., Yekutieli D., Colacino M., Diodato L., Ramis C., Homar V., Romero R., Michaelides S., Manes A., 2002. The paradoxical increase of Mediterranean extreme daily rainfall in spite of decrease in total values, Geophys. Res. Lett., 29, 1536, doi:10.1029/2001GL013554.
- Fatichi S., Caporali E., 2009. A comprehensive analysis of changes in precipitation regime in Tuscany, International Journal of Climatology, Volume 29, Issue 13, 1883–1893.
- Glaser R. et al., 2010. The variability of European floods since AD 1500, Climatic Change (2010) 101:235–256, DOI 10.1007/s10584-010-9816-7
- Mariani L, Parisi S, 2013. Extreme rainfalls in the Mediterranean area, in Storminess and enironmental changes: climate forcing and responses in mediterranean region. Diodato and Bellocchi (Eds.), Springer.
- Pinna S., 2014. la falsa teoria del clima impazzito, Felici editore, 160 pp.
- Screen J.A.Simmonds I., 2014. Amplified mid-latitude planetary waves favour particular regional weather extremes, Nature Climate Change, 4, 704–709.
Queste interviste hanno la stessa utilita’ e autorevolezza dei quotidiani stessi che le pubblicano. Anzi, sono le cartine al tornasole dello stato in cui e’ ridotta l’informazione, in Italia e non solo. Poi ci si meraviglia che le tirature e i profitti vadano a picco. Raccolgono per quello che seminano.
Caro Massimo,
la tua è un’analisi interessante e che anch’io mi trovo di solito a sviluppare, perchè quello che nella maggior parte dei casi mi capita di vedere in Italia non può essere in alcun modo definito giornalismo scientifico serio: nella gran parte dei casi si tratta di informazione ideologica e fondata su preconcetti (catastofe climatica incombente, responsabilità umana, assoluta eccelleza dei cibi italiani, naturale come valore assoluto, odio per la tecnologia e chi più ne ha più ne metta) .
Tuttavia penso anche che avremo le prove della validità di una tale analisi solo quando vedremo un gornale di successo che produce articoli decenti in campo scientifico. Infatti mi sorge a volte il sospetto che queste ciofeche siano quanto la collettività brama.
Questa nota di Mariani e Pinna andrebbe inviata al prof. Maracchi. Se mi fornite un indirizzo posso pensarci io. E’ una vergogna che certi cosiddetti professori si inventino le catastrofi. Cordialità.
Caro Uberto,
non escludo che quel 900% sia frutto del giornlista e lo dico perchè so bene che in quella categoria abbondano gli “infioratori di notizie”.
Tuttavia in questo caso mi attenderei quantomeno una smentita, perchè un dato così suona di “pocurato allarme”.
L’indirizzo del professor Maracchi te lo invio per email.
Ciao.
Luigi
Cercando pare che la notizia sia vecchia, anche qui si trova un riferimento alle stesse parole del prof., ma nel 2013:
http://www.irpinianews.it/le-strade-della-cultura-avvio-a-guardia-dei-lombardi/
Non importa, se i fenomeni estremi non sono ancora aumentati, aumenteranno. Prima o poi aumenteranno… aumenteranno…aumenteranno….:)