Non credo ci voglia una gran scienza per concludere che se il rendimento di un pannello fotovoltaico è del 10%, il resto dell’energia solare assorbita viene ceduta all’ambiente soprattutto come calore sensibile e come emissione nell’Infrarosso lontano, andando così ad accentuare l’isola di colore urbano (Urban Heat Island, – UHI) che in estate pesa molto più del global warming su quel 50% della popolazione mondiale che vive in città. Per giungere ad una tale conclusione basta infatti avvicinare una mano ad un pannello fotovoltaico in una giornata soleggiata per percepire i flussi di calore sensibile e di radiazione a onda lunga che da esso emanano.
In ogni caso a comprovare in modo quantitativo le sensazioni, su Nature Scientific reports è apparso un articolo con questo titolo:
The Photovoltaic Heat Island Effect – Larger solar power plants increase local temperature
La firma è di Barron-Gafford et al, e si riferisce ad uno studio sulla città di di Tucson negli Stati Uniti. L’articolo è stato tempestivamente commentato su WUWT.
La riflessione che ne deriva è quella secondo cui occorre essere molto prudenti quando si interviene in ambienti urbani perché si rischia di enfatizzare l’effetto UHI, il che alle nostre latitudini non è poi così tanto male in inverno ma è senza dubbio assai negativo in estate. Da ciò deriva che anziché pensare alla diffusione selvaggia di pannelli fotovoltaici in ambito urbano sarebbe forse meglio pensare a tetti colorati di bianco per enfatizzare l’albedo ed a parchi e alberature stradali che danno ombra e cedono calore latente anziché sensibile. Di questo aspetto penso che le scelte in tema di urbanistica dovrebbero farsi carico adottando metodi quantitativi di tipo micrometeorologico per valutare preventivamente l’effetto di scelte che la demagogia della green economy e del “salvataggio del pianeta” rischia di sottrarre a qualunque verifica razionale.
A latere faccio osservare che sempre più stazioni meteorologiche sono alimentate a pannelli fotovoltaici. In tal caso è essenziale che i pannelli siano posti a debita distanza dai termometri onde evitare indebiti effetti di riscaldamento che costituirebbero un curioso caso di Anthropogenic Global Warming.
In conclusione possiamo ancora una volta osservare che le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni.
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Nel ricevere questo commento dell’amico Luigi, mi sono imbattuto in un altro studio, qui disponibile, che individua invece un effetto di natura diversa alle installazioni di pannelli fotovoltaici in ambiente urbano, con specifico riferimento a quelli posizionati sui tetti. L’effetto, sarebbe quello di ombreggiare il tetto abbassando la necessità di refrigerazione.
Per cui, se le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni, quelle del paradiso lo sono di complessità. Questo effetto è infatti riferito alle ore diurne, mentre quello di accentuazione dell’isola di calore urbano riportato su Nature, è riferito alle ore serali e notturne.
Ne risulta da una parte un minor consumo energetico, dall’altra una accentuazione del disagio da calore. Benché in tutta evidenza ci sia parecchia gente che queste cose le sta studiando e analizzando, non mi pare che se ne stia tenendo conto un gran che. Ergo, così facendo non è dato sapere se le buone intenzioni ci porteranno all’inferno o la comprensione della complessità del problema ci porterà in paradiso.
gg
Questo interessante articolo e la relativa riflessione farà venire i brividi ai tanti speculatori che hanno davvero esagerato con l’abbuffata di incentivi destinata al Fotovoltaico. Ricordo, solo per questa parte delle cosiddette Rinnovabili, sono 6,7 miliardi per 20 anni, vale a dire un costo per i cittadini italiani di oltre 130 Miliardi di €uro che sarebbero oggi molto utili per affrontare i gravi problemi causati dai Terremoti e non solo.
Chissà se qualcuno dei tanti giornalisti vorrà prendere l’iniziativa di avviare una raccolta firme tra la popolazione per indurre il Governo a fare un Decreto Legge urgente per trattenere quei miliardi, riducendo così i lauti guadagni dei furbi investitori che hanno assalito la “diligenza Paese”, grazie alla demagogia e disinformazione su questi temi.
Sono convinto che la stragrande maggioranza sarebbe d’accordo di fare quel sacrificio per una nobile ed utile causa, anziché l’attuale incredibile salasso a beneficio di pochi.
Va be’ che stiamo diventando anziani, ma tutti a spasso con il cane mi sembra un po’ eccessivo! 🙂
Anche perché i cani fanno i loro bisogni e bisogna pulire, la schiena non va più tanto bene e la cosa diventa difficile.
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Scherzi a parte vi vedo un po’ mosci. Sarà per il fine settimana? Dovrebbe essere il contrario, però! 🙂
Ciao, Donato.
Grazie Luigi,
si’, cose detto a suo tempo per una mera considerazione fisica del problema. ‘a suo tempo’ si disse che erano ‘palle’ (ricordi sicuramente a qualcuno piace caldo con tutti gli annessi e connessi), ma alla fine la fisica risulta dominanate. Il consiglio generale che se ne trae e’ che se i climatologi statistici studiassero anche un poco di fisica tutto il sistema ne gioverebbe, e farebbero fare anche meno fatica ai fisici nel dir cose senza essere ascoltati. Infatti, proposi uno studio fatto per una area di New York dove si evidenziava in modo netto questo effetto, studio che, perdonatemi il francesismo, fini’ nel cesso perche’ non risultava sostenibile, rinnovabile e democratico. Va beh, un giorno portero’ a spasso il cane (ne comprero’ uno) e ridero’ sul fatto che “poi” tutti si accorgeranno delel sciocchezze dette in questi tempi presenti. Riso amaro forse
Caro Teo,
nella parte conclusive dell’articolo di Barron-Gafford si dice anche che: ” The data presented here represents the first experimental and empirical examination of the presence of a heat island effect associated with PV power plants.”. Questo a mio avviso la dice lunga sull’imprevidenza con cui si introducono strutture aliene nei contesti urbani senza aver prima condotto compagne osservative sistematiche (ovviamente suppotare da modelli interpretativi fisicamente fondati anche per estendere i risulti ad ambiti più ampi).
Ovviamente mi si potrà rispondere che quando si tratta di salvare il mondo non si deve andare troppo per il sottile. Ma dove và a finire, dico io, quel principio di precauzione che in altri casi è divenuto un vero e proprio totem per ambientalisti e governi di tutto il mondo?
Comunue se può consolarti sto pensado anch’io di comprare un cane, anche per disutere con lui su tematiche che non fanno breccia fra gli umani (es: se alzi di un piano tutti gli edifici di una città l’isola di calore si intensifica…).
Ciao.
Luigi
[…] Autore: Luigi MarianiData di pubblicazione: 19 Ottobre 2016Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=42536 […]
Grazie Luigi, molto interessante e una ennesima dimostrazione di quanto piccoli disturbi a livello locale possano avere impatti su scala molto piu’ ampia. La valutazione accurata dell’impatto dell’isola di calore urbano sulle stazioni meteo secondo me e’ un aspetto chiave nell’ambito della narrativa sul global warming. Il mainstream sostiene che il sole e’ ininfluente, l’isola di calore ancora meno… Resta solo la CO2, appunto. Comunque l’effetto su scala locale dell’uso di fonti energetiche alternative e’ molto interessante, e mi piacerebbe approfondire ulteriormente anche il tema dell’eolico (di cui per altro su questo Blog si e’ gia’ parlato, non troppo tempo fa)..
Massimo,
sono anch’io convinto che l’UHI non è affatto ininfluente sulle stime di GW effettuate con la rete di stazioni meteo al suolo. Il problema è che per ottenere una valutazione del fenomeno occorrerebbero studi minimamente sistematici che non sono certo fra le priorità.
Ricordo comunque l’analisi di alcuni siti di stazioni italiane che forniscono dati alla rete sinottica effettuata dall’amico Paolo Mezzasalma alcuni anni orsono e da cui uscirono cose raccapriccianti e mi domando se i problemi allora emersi siano nel frattempo stati sanati.