Se dovessi rappresentare con un’immagine quel che ho imparato nella mia vita in materia di dinamiche atmosferiche dovrei usare una di quelle slide con i pilastri che sostengono il contenuto del messaggio. Nel mio caso sarebbero due. Il primo è che l’atmosfera è un fluido e, come tale, scorre a volte placidamente a volte in modo impetuoso, accelera se ha poco spazio a disposizione, rallenta quando è più comodo; percorre anse, genera onde che si rompono a tutte le scale spaziali e temporali; come un fiume, anzi, tantissimi fiumi. Il secondo è che questo fluido scorre perché ha una cosa da fare, un obbiettivo da raggiungere e, nonostante non sia mai riuscito ad avvicinarlo, continua a provarci da sempre con la stessa determinazione e, con buona pace di un clima che dovrebbe essere fuori controllo, non smetterà mai di farlo. Perché quell’obbiettivo è distribuire in modo omogeneo il calore sul pianeta, calore ricevuto in enorme eccesso dalle latitudini equatoriali e perso con altrettanta abbondanza da quelle polari.
Questo lavoro, cui contribuisce tantissimo anche la circolazione oceanica, avviene naturalmente con dinamiche molto complesse, con fattori che forzano il sistema e, al tempo stesso, imprimono delle modifiche che finiscono per far cambiare anche ciò che le ha generate, in una serie eventi di correlazione e causalità, senza che sia mai davvero chiaro quali siano gli uni e quali gli altri.
Ma, alcuni dei fiumi di questa storia, a volte sono così palesemente visibili da risultare illuminanti in questo quadro un po’ confuso in cui vi ho portato. Si tratta, letteralmente, degli “atmospheric rivers” i fiumi di vapore che dalle latitudini subtropicali scorrono verso nord in entrambi gli emisferi trasportando enormi quantità di acqua allo stato gassoso, quindi di calore.
Su CM li abbiamo conosciuti un po’ di tempo fa in occasione della pubblicazione su Nature di un articolo che ne approfondiva le caratteristiche. Oggi torniamo a parlarne in termini di previsioni di lungo periodo, quindi afferenti al campo della climatologia più che della meteorologia, sebbene sia in quest’ultimo ambito che questi atmospheric rivers hanno il loro ciclo di vita. Naturalmente, lo facciamo perché sono usciti dei nuovi articoli, stavolta sul GRL.
- Simulating the Pineapple Express in the half degree Community Climate System Model, CCSM4
- Atmospheric river landfall-latitude changes in future climate simulations
Science Daily ne parla qui, come spesso accade in termini un po’ troppo sbilanciati verso la presunta deriva negativa del clima, in parte sollecitato dalle dichiarazioni degli autori, tuttavia nell’articolo ci sono degli spunti interessanti. In particolare, dal momento che i buoni risultati di simulazione degli atmospheric rivers sono arrivati riducendo del 50% la risoluzione del modello impiegato (da 100 a 50km di passo di griglia), la conferma che la maggior parte delle simulazioni di cui disponiamo e su cui si basano i presagi di sventura, sono inefficaci per descrivere le dinamiche del sistema. E poi, le diverse relazioni individuate per diversi tipi di atmospheric rivers con le correnti a getto (i fiumi atmosferici per eccellenza), ad esempio tra il getto subtropicale e i “rivers” dell’area del Pacifico e il getto polare e i “rivers” dell’area dell’Atlantico, con i primi a regolare il ciclo dell’acqua sul versante est delle Americhe e i secondi a fare lo stesso sull’Europa occidentale.
Però, proprio le evoluzioni di lungo periodo delle correnti a getto – guarda caso il motore della circolazione atmosferica – sono praticamente sconosciute ai modelli climatici, il che equivale a dire ancora una volta che veramente non sappiamo cosa succederà in futuro, anche e soprattutto in relazione al contributo antropico alle dinamiche del sistema. La questione, infatti, è in questi termini: un modello climatico a risoluzione più elevata simula bene gli atmospheric rivers rivelandone la dipendenza dalle evoluzioni delle correnti a getto, cioè dalle separazioni tra le diverse componenti della circolazione atmosferica; queste ultime però non sono ancora riproducibili in modo efficace.
Ma, senza dubbio, in futuro sarà peggio del previsto!
Bell’articolo ed esemplare l’approccio al sistema atmosfera, di vera impronta naturalistica. Temo che non rappresenti però la visione che ha la maggioranza del mondo tecnico-scientifico.