[photopress:Ci_risiamo.gif,thumb,pp_image]Questa volta ha esagerato, dobbiamo ammetterlo. Il volo pindarico che accomuna l’urgenza di agire nella causa comune della lotta al riscaldamento globale ad una nuova forma di antifascismo non è piaciuto proprio a nessuno, della serie scherza coi fanti e lascia stare i santi. E sì che il momento era propizio. Ritirare il Premio Nobel e sventolarlo dal palco della conferenza di Bali, un’occasione da non perdere. Che appunto il guru dell’ambientalismo ha perso, nello stile che la vignetta con cui inizia questo post gli riconosce impietosamente.
Sarà per questo che da qualche giorno si registra una strana inversione di tendenza. Con un ritardo di parecchi mesi rispetto alle autorevoli pagine delle news d’oltremanica ed alle modestissime pagine di questo blog, anche il nostro mondo dell’informazione si sta interrogando sulla liceità degli eccessivi toni catastrofisctici del dibattito sul clima. Ci ha provato il quotidiano “la Repubblica” negli ultimi giorni, lo ha fatto, con ampia cognizione di causa, la rivista di geopolitica Limes nel novembre scorso.
Complice la comune matrice editoriale, i due articoli sono molto simili, anche se per la verità il secondo è più simile al primo che non il contrario e si pongono l’obiettivo di sondare le ragioni e l’utilità dell’uso di toni troppo accesi nell’affrontare le tematiche del clima. Chi frequenta questo blog sa che possiamo soltanto essere daccordo su questa linea, senza timore di andare controcorrente, specialmente ora, verso la fine di un anno scandito da dichiarazioni ad effetto e da eventi mediatici dedicati. Questo martellamento ha inevitabilmente cementato la convinzione, nel comune sentire, di essere sull’orlo del baratro. E’ ormai sancito che quello del riscaldamento globale sia un problema ineludibile, lo dicono i giornali perchè lo dicono i governi perchè lo dicono gli scienziati. Un processo informativo che non farebbe una piega se, come invece accade, non avvenisse al contrario, ovvero: siamo proprio sicuri che non lo dicano gli scenziati perchè lo dicono i governi perchè lo dicono i giornali? Non so, ma il cerchio è comunque chiuso, le decisioni inseguono affannosamente il consenso dell’opinione pubblica ma, allo stesso tempo, attraverso il battage mediatico contribuiscono a formarla preparando il terreno per altre dichiarazioni d’intenti ad effetto, che non hanno base scientifica ma assumono la forma di opinioni personali basate per lo più su congetture.
Ci sono alcuni elementi che invitano alla riflessione. In primo luogo il fatto che l’IPCC sia ormai divenuto l’unico interlocutore/suggeritore valido in materia di clima e ambiente per quelli che lo stesso panel definisce Policy Makers, quando gli stessi sono presenti nel processo di formazione delle valutazioni scientifiche e delle altisonanti dichiarazioni politiche degli uomini di punta dal primo all’ultimo minuto. In pratica come sottolineato su Limes, i governi influiscono troppo sull’azione di chi dovrebbe fornir loro degli elementi di valutazione. Vediamo come. L’Intergovernamental Panel on Climate Change ha una struttura organizzativa molto complessa. Il Panel vero e proprio è formato da un gruppo di uomini nominati dai governi membri che si aggira intorno alle trecento persone; fra loro molti scienziati ma anche molti profani. Alle dipendenze del panel opera il segretariato, con compiti essenzialmente amministrativi. L’ultimo organismo è il bureau, composto da ventotto membri che lavorano sotto il coordinamento e la direzione del panel stesso.
A queste tre strutture è demandato il compito di gestire la rete di oltre 2500 esperti che contribuiscono alla formazione dei rapporti. Il lavoro di ricerca è senz’altro neutrale e deve esserlo per statuto, ma è a forte rischio di bias perchè le liste di candidati fornite dai governi membri, costituiscono la base del processo di selezione degli autori principali dei rapporti di valutazione. In questo modo chi fornisce il proprio contributo rischia di lavorare nell’atmosfera che circondava i pittori rinascimentali, che difficilmente avrebbero potuto ottenere favori e consensi per dipinti che non piacessero ai loro committenti. Al termine dei lavori le bozze vengono esaminate dai dipartimenti e dalle agenzie governative prima della stesura definitiva, che deve essere infine approvata in seduta collettiva dai rappresentanti dei vari governi. E ciò spiega le interminabili e drammatiche riunioni diplomatiche che precedono la pubblicazione dei famigerati Summary for Policy Makers. Tutto ciò non necessariamente dovrebbe gettare delle ombre sulla validità delle valutazioni scientifiche, anche se appare quantomeno strano che i rigidi(?) processi di revisione delle ricerche siano tutti interni al panel stesso, cioè allo stesso ambiente politico e professionale. E così i metodi, le fonti e le procedure finiscono per essere poco chiari, come del resto è avvenuto per il lavoro su cui fonda la teoria del riscaldamento globale, l’MBH98 reconstruction meglio nota come Hockey Stick. Logico infatti che pur partendo da ricerche che per essere accettate devono essere neutrali, i membri interni ai vari livelli del panel agiscano in nome e per conto di chi li ha nominati, perseguendo le politiche e gli obiettivi stabiliti dai propri governi.
Quali gli obiettivi? Essenzialmente due: se la politica è d’intervento è conveniente accentuare i toni catastrofici dei quali, è bene sottolinearlo, non c’è traccia nelle valutazioni scientifiche ma solo nelle opinioni personali dei rappresentanti politici e dei portavoce; se invece non si vuole o si è nell’impossibilità di intervenire per ragioni congiunturali e di sviluppo socio-economico, ma si è comunque nella necessità di fornire risposte al comune sentire, ci si accontenta di proclami agendo in linea con le tendenze sociologiche attuali in cui l’annuncio è largamente più pagante dell’azione.
In questo quadro non stupisce l’embargo cui sono puntualmente sottoposte tutte le opinioni difformi, tacciate anzitempo di eresia, un imprimatur che taglia corto sull’eventualità che si entri nel merito delle questioni. Che questa policy stia cambiando? Che i dubbi sollevati già alcuni mesi orsono dalla stampa inglese e, più recentemente, anche da noi siano il primo passo verso una normalizzazione del processo di informazione? Difficile a dirsi, certamente gli ultimi eccessi delle dichiarazioni di Al Gore sono stati controproducenti ed hanno sollevato il problema. I prossimi mesi ci diranno se dovremo continuare ad essere subissati da questo terrorismo psicologico o se si potrà avviare una seria discussione su problemi che riguardano tutti noi senza dover prima alzare degli argini sull’uscio di casa per proteggerci dalle imminenti inondazioni.
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[…] la nascita ed il modus operandi degli organismi sovrannazionali. Già qualche mese fa, in questo post abbiamo fatto una veloce panoramica sull’articolazione del panel intergovernativo delle […]
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Avrei voluto farmi qualche bella partita ad hockey.
Mi sono vestito da vero atleta di questo glorioso sport, ho contattato gli amici, e concordato un appuntamento.
Tutto pronto…. ma dov’è finita la mazza, ovvero hockey stick ?
Da che Mann l’ha usata, per scopi climatici poco chiari, mi dicono che si sarebbe insozzata, e forse qualcuno l’ha dovuta nascondere.
L’ho cercata dappertutto, ma niente da fare.
Eppure era così impressionante, espressiva e suggestiva, quella bella temperatura che saliva vertiginosamente come la torre Eiffel… mentre mi dicono che la temperatura invece non fornisce traccia di un simile vertiginoso comportamento !
Persa ogni vocazione per elevarsi al cielo ?
L’ho chiesto a tutti
“avete visto mai l’hockey stick ?”
chi non risponde,
chi fa finta di niente,
chi dice che gioca solo a football,
chi si fruga nelle tasche, e poi allarga le braccia…
no, nessuno sa dirmi dov’è finita questa benedetta hockey stick !
dicono gli inglesi “oh boy!”
ma noi siamo cresciuti ed esclamiamo
“Oh, Mann !”
Mann, Mann, perché ti sei preso gioco di noi ?
La tua hockey stick non esiste, ed è solo frutto della tua fantasia creativa.
Si, ma…
…io come farò a farmi la mia bella partita ?
Secondo me.
grande Guidi e grande MTG climate
Come non darti pienamente ragione
Giusto, anche io avevo notato la cosa, che qualche dissenso agli eccessi si stava sollevando. Lo stesso IPCC ha criticato molti leader per le affermazioni esagerate fatte