Bella domanda…chi può dirlo? Rassegnamoci, sarà estate sicuramente tra il 20 giugno e il 22 settembre, cioè tra solstizio ed equinozio. Circa il tempo, beh, è un’altra storia. Nelle ultime settimane abbiamo letto di tutto: sarà rovente, forse anche furente…ma anche no, condizionata dalla Niña (mentre ancora c’è El Niño), sarà instabile, quindi forse più fresca. Morale, ripeto, chi può dirlo.
Però, c’è chi sa o crede di sapere, quindi racconta, come saranno le estati tra il 2061 e il 2080. E, indovinate un po’? Saranno, con probabilità anche oltre l’80%, frequentemente, se non sempre, più calde dell’estate più calda. Tant’è e tanto riporta un gruppo di ricercatori che ha preso due set di modelli climatici CO2 dipendenti, come tutti i modelli climatici, e li ha fatti girare un bel po’ di volte. Il primo set con livelli di CO2 del tipo Business as Usual (BAS), cioè tutto come sempre senza riduzione delle emissioni e, soprattutto, tutto come nel paese dei miti e delle leggende vista la natura del modello BAS. Il secondo con coscienziose pratiche di riduzione delle emissioni.
Future risk of record-breaking summer temperatures and its mitigation
Risultato? Il secondo set di modelli ci regala un abbattimento della probabilità che le estati siano più calde della più calda al 41%. Meno male. Fino a un certo punto però, perché il clima è pazzo, si sa, per cui né le lo scenario peggiore, né quello così così, saranno uguali per tutti. In Europa (dannazione!) la probabilità di calura estiva più calura che mai sale al 90% e la percentuale ridotta è invece oltre il 50%. Ci dice male. Andrà meglio in Antartide, pare, perché per quella parte di pianeta non sono state fatte previsioni.
Tutto qui? No. Infatti, per accrescere la credibilità di questo esercizio di futurologia, invece di comparare i ruggiti bollenti dei modelli con le osservazioni del passato recente, si è pensato bene di far girare i modelli anche sul passato, aggiustando spero i livelli di CO2. Così, ecco servite 1400 “possibili” estati già accadute da paragonare con quelle che verranno. Possibili estati già accadute…meglio, molto meglio di quelle accadute per davvero!
Assegnare una probabilità ad un evento futuro generando un set (per quanto grande) di simulazioni mi lascia sempre l’impressione di un non-senso metodologico. Gli outcomes dei modelli non sono variabili aleatorie ma il risultato di calcoli deterministici. Anche se si mettono insieme tanti modelli diversi sempre deterministici rimangono. Cosa completamente diversa è stimare con metodologie boostrap (replicazioni tipo montecarlo) la varianza di uno stimatore estraendo un numero molto grande di campioni con ripetizione da un campione rappresentativo e ripetendo la stima (tecnica molto dfiffusa in econometria quando derivare analitcamente la varianza di uno stimatore è complicato): in quel caso si genera una vera e propria variabile aleatoria di cui si può studiare la distribuzione di probabilità.
C’è anche un altro problema ed è quello dell’endogenità: il valore delle variabili da cui dipendono le previsioni dipendono dalle previsioni stesse, in particolare quelle relative al comportamento degli uomini (ma se, da economista, capisco un minimo quello che scrivete sul funzionamento del nostro pianeta, anche quelle relative al comportamento dei sistemi naturali). Le previsioni dei modelli climatici sono tutte previsioni che puntano ad essere falsificate dal cambiamento dei comportamenti.
Ho sbagliato lavoro, dovevo fare il ricercatore: è molto più facile fare quel lavoro li che costruir case decenti!