Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un tweet di Roger Pielle Sr e l’ho messo da parte con l’intento di approfondire:
Unintended consequence- “Certain kinds of LEDs,..more energy efficient..will dramatically increase light pollution, https://t.co/piXS9FdZ2c
— Roger A. Pielke Sr (@RogerAPielkeSr) 10 giugno 2016
La stampa nazionale però, è stata più veloce, così ritroviamo la notizia anche su la Repubblica, sebbene in chiave un po’ diversa, appena due giorni fa.
Si parla di inquinamento luminoso e di come impedisca per gran parte della popolazione americana e europea di vedere le stelle di notte, nascondendo anche la vista della Via Lattea. Un nutrito gruppo di ricercatori, guidato da alcuni Italiani, ha messo a punto un atlante mondiale della luce artificiale notturna:
The new world atlas of artificial night sky brightness
Sembra che l’Italia, insieme alla Corea del Sud, abbia il primato dell’offuscamento, mentre quelli che stanno meglio pare siano i canadesi e gli australiani. Le ragioni di queste differenze sono in parte intuibili, in parte un po’ meno. Se da un lato le dimensioni del territorio e la densità della popolazione hanno un ruolo fondamentale, dall’altro gioca probabilmente un ruolo importante anche la storia, con la trasformazione della nostra società da rurale a industriale e ora cittadina, che non ci ha portati a vivere tutti in enormi megalopoli, quanto piuttosto in poche grandi città e tantissime cittadine e paesi…i famosi ottomila e passa comuni.
Fin qui, tuttavia, cose note, a parte la definizione senza precedenti con cui questo gruppo di ricerca ha rappresentato il problema, facendo uso di osservazioni satellitari e tecniche modellistiche.
Le conseguenze inattese, per tornare al nostro titolo ed al tweet di Pielke Sr, sono quelle che riguardano il futuro. Infatti, il passaggio dalla tecnologia attuale del sodio ad alta pressione (HPS) a quella dei diodi ad emissione di luce (LED), largamente promossa per perseguire il risparmio energetico, produrrà un aumento della luminosità nella frequenza del blu di circa tre volte (2.5 scrivono per l’esattezza). Inoltre, tale luminosità, come chiarisce la loro bibliografia, avrà anche conseguenze fisiologiche, prime tra tutte una diminuzione della velocità di adattamento della nostra vista al passaggio tra condizioni di scarsa e abbondante illuminazione e il disturbo al nostro ritmo circadiano. Con in più una beffa: questo aumento della luminosità nella frequenza del blu, non sarà misurabile dal sensore installato a bordo del satellite di nuova generazione le cui osservazioni hanno reso possibile la realizzazione di questo studio, perché è “cieco” a frequenza inferiori a 500 nm, appunto quelle che diverranno più diffuse. Per cui, in termini di misura si avranno dei risultati indicanti una diminuzione dell’inquinamento luminoso, mentre per l’occhio umano il chiarore aumenterà.
Ho il sospetto che un Paese con poco inquinamento luminoso sia la Corea del Nord; a giudicare dalle foto notturne.
Canada e Australia sono Paesi grandi come continenti e praticamente spopolati. Ecco perché.
Anche al centro del Sahara o in mezzo al Pacifico la situazione deve essere ideale, da quel punto di vista.
Ma forse la situazione migliore è quella del continente antartico, più grande del Canada e dell’Australia, e molto meno densamente popolato.
Ma non so perché la cosa mi fa ridere.
Mi sfugge il motivo per cui il sensore installato a bordo del satellite (di nuova generazione!) non abbia lo stesso intervallo spettrale tipico dell’occhio umano (basterebbe dotarlo di un filtro).