Il modo di visualizzare le condizioni atmosferiche sta cambiando, molto più in fretta di quanto non si riesca a vedere in giro. E’ già qualche anno infatti che si trovano in giro rappresentazioni delle simulazioni provenienti dai modelli di previsione molto più realistiche ed accattivanti delle solite, barbose mappe con i simboli.
Per esempio c’è il progetto open source Earth di Cameron Beccario, che visualizza i dati del Global Forecasting System (GFS) sull’intero pianeta e per molti livelli verticali, sovrapponendo layer di più parametri con risultati davvero notevoli. E’ un tool molto noto tra gli appassionati, che ha visto tra l’altro nascere anche molte rivisitazioni altrettanto efficaci. Forse non tutti sanno però che l’embrione di questa bellissima intuizione è stata la rappresentazione della circolazione del vento sulla città di Tokyo nell’ambito di un progetto mirato a studiare gli effetti della circolazione a microscala sulla qualità dell’aria.
Già, perché ogni città, specialmente quelle la cui area metropolitana occupa spazi molto grandi, a furia di crescere finisce per diventare un ecosistema a se stante, capace di influenzare anche le condizioni atmosferiche che la riguardano o, addirittura di generarne di proprie.
Certo, anche quello dell’isola di calore urbano è un concetto noto – sebbene tristemente ostico a quanti si occupano di progettazione delle aree urbane – ma il calore assorbito e rilasciato dalle distese di cemento non è la sola cosa alla quale è necessario prestare attenzione.
Lo hanno fatto alcuni ricercatori che hanno appena pubblicato un lavoro su Boundary Layer Meteorology (la meteorologia dello strato limite, ossia tra il suolo e qualche centinaio di metri), provando con i loro calcoli che le turbolenze generate dalla ‘forma’ delle città hanno un ruolo fondamentale nella distribuzione e dispersione del calore certamente, ma anche dell’energia cinetica del vento, dell’umidità e di molti altri parametri di cui sarebbe necessario tener conto ai fini di una corretta simulazione delle condizioni atmosferiche (anche su Science Daily)
E oggi i modelli di previsione, anche quelli con risoluzione spaziale più spinta, questo non lo fanno, perché trattano le città – quando le distinguono dal resto – come delle semplici aree con una rugosità per lo più uniforme. La differenza tra una simulazione che sia in grado di riprodurre le dinamiche a microscala indotte dalle aree urbane e una che non faccia distinzione consiste, per la seconda, in errori nella stima dei parametri atmosferici anche del 200%.
Quale il messaggio da portare a casa da questo studio, oltre che il piacere di leggerlo per chi ne avesse voglia (è liberamente disponibile)? Beh, prima di tutto, diffidate delle “previsioni di quartiere” che qualche temerario provider rende disponibili. Ad oggi nessun modello ad area limitata distingue tra Villa Borghese e il centro di Roma, tanto per fare un esempio. Poi, visto che difficilmente sarà possibile a breve avere una risoluzione spaziale così spinta e sufficientemente realistica da descrivere efficacemente l’ambiente urbano, sperare che chi si occupa di tradurre queste cose in informazioni edibili per i modelli, trovi la chiave per approssimarne efficacemente gli effetti.
Infine, non meno importante, sperare che chi progetta e amministra le aree urbane capisca una volta per tutte che la gran parte del disagio “atmosferico” che vi si prova non è di origini globali, quanto piuttosto strettamente autoprodotto e, quindi, forse anche evitabile prestandovi attenzione.
[…] un invito di Guido, il quale ha immediatamente capito l’origine del mio commento al post “Ad ogni città il suo tempo”. Infatti, molto, molto tempo addietro venni citato per la […]
[…] Autore: Guido GuidiData di pubblicazione: 19 Maggio 2016Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=41384 […]
Qua già ho scritto che penso il Clima affine all’Economia, sono così tante le variabili e il modo di interazione fra tali variabili che avanzare stime e previsioni precise e ragioni esplicative che rendano conto delle anomalie apparenti e delle crisi è, almeno per scenari globali e a lungo raggio, molto difficile se non impossibile. Leggi gli economisti marxisti e ti diranno che tal crisi economica è dovuta a questo, leggi quelli liberisti e ti diranno che è colpa di quello, e così via…e tutti con modelli e grafici e calcoli matematici in mano. E chi dice che finirà in un modo e chi in un altro. Ciò accade poiché sebbene la teoria economica abbia ambizione di Scienza è dominata da questa o quella corrente ideologica. Così mi par che sia ora la climatologia…una sorta di studio teorico economico dove invece dei flussi di capitali si trattano correnti marine, corso dei venti, direzione delle radiazioni solari, anidride carbonica e suoi presunti effetti; ma pur qui invece dell’oggettività, almeno intenzionale, sperimentale e osservativa, par che prevalga la spinta ideologica.
Conosco uno che va sostenendo che queste cose le dice da almeno 15 anni.
Buffo vero?