Su CM, a marzo 2015, qui, avevo mostrato che la pendenza delle temperature globali NOAA cresceva fino al valore di circa (0.04±0.02)°C/decade. Pensavo fosse importante seguire la crescita della pendenza che credevo temporanea, non sapendo, in quel momento, dell’entrata in campo di El Niño 2015-16.
Adesso, dopo che El Niñ mostra sicuri segni di cedimento, con il valore dell’indice SST nella regione Nino3.4 a circa 1.2 quando il massimo era stato 2.3 a dicembre 2015, e che La Niña inizierà (per circa la metà dei modelli utilizzati) nel prossimo autunno – con due o tre modelli che prevedono alti valori dell’indice, tra 2 e 2.5 (v. ad esempio qui– e dopo l’articolo di Karl et al., 2015 e la conseguente modifica del dataset NOAA (Globale e SST), mostro l’evoluzione delle temperature (terra+oceano e solo oceano) nell’anno trascorso dal post citato all’inizio. Rispetto a quel post, qui sono calcolate anche le pendenze dal 1951 in poi, per confrontarsi con Karl et al., e le temperature oceaniche (SST), purtroppo raccolte solo da aprile 2015.
Le figure successive sono sempre immagini gif animate che mostrano l’evoluzione temporale dei dati e dei fit lineari (o non lineari) a diverse scale: da gennaio 1880; da gennaio 1951; da gennaio 1997 (El Niño ’97-’98); da gennaio 2001 (inizio della pausa), fino a marzo 2016. Sono presenti anche le animazioni degli spettri MEM e dei dati oceanici (che iniziano troppo tardi).
Da tutte le animazioni si vede nettamente un brusco salto nelle temperature tra aprile e maggio 2015, non di grande entità visto che le pendenze cambiano di circa un centesimo di grado per decade, ma ben visibile e tale da modificare l’aspetto “a vista” del dataset. Anche gli spettri (sia terra + oceano che oceano soltanto) subiscono una modifica permanente della forma del massimo a 60-70 anni.
Riporto anche le animazioni dei due soli fotogrammi di aprile e maggio 2015 -con tutti i dati e con i dati da gennaio 2001- per sottolineare il cambiamento improvviso dei dati, credo dovuto a Karl et al., 2015. Come messo in evidenza in altre occasioni, una modifica, come è solito per NOAA, cambia i dati anche all’inizio del dataset.
Nelle animazioni più brevi (dal 1997, fig.3 e dal 2001, fig.4) si vede meglio l’evoluzione delle temperature dovute a El Niño che sembrano non aver ancora raggiunto il massimo (o averlo appena raggiunto, vedremo i dati di Aprile 2016 fra circa 10 giorni) quando gli indici delle aree pacifiche equatoriali hanno già iniziato la fase discendente. Questo ritardo, normale e atteso, è dovuto ai tempi di risposta del sistema climatico rispetto alle sollecitazioni di El Niño.
Ho iniziato a conservare i dati NOAA da novembre 2011, quando ho verificato che ogni modifica cambiava anche i dati storici, e quindi tutti i grafici iniziano come “1111” e terminano come “0316” (mese anno): le differenze dipendono dalla scelta di calcolare i fit dal gennaio di anni diversi (1951, 1997, 2001).
Tutti i grafici e i dati relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui. Ricordo che questo sito viene modificato ogni mese, attorno al giorno 20, in concomitanza con la disponibilità dei dataset NOAA. |
Bibliografia
- Karl T.R., Arguez A., Huang B., Lawrimore J.H., McMahon J.R., Menne M.J., Peterson T.C., Vose R.S., Zhang H.M: Possible artifacts of data biases in the recent global surface warming hiatus,Science,348, 6242, 1469-1472, 2015. DOI: 10.1126/science.aaa5632
Franco, concordo pienamente con la tua analisi: l’evento “climatico” 🙂 di maggior rilievo negli ultimi anni è stato Karl et al., 2015!
La revisione dei data set si è abbattuta sui dati scompaginando un po’ tutto: fit di vario tipo, serie storiche, periodi. Un vero uragano! Senza “karlizzazione” tutto sarebbe stato diverso, nel senso che le variazioni non sarebbero state così eclatanti. Stupefacente il modo in cui varia la forma del periodo di 60-70 anni nello spettro MEM!
Mah! Sono piuttosto interdetto, lo confesso: vedere i dati che si comportano così mi lascia piuttosto perplesso in quanto sono ancora legato al concetto che i dati dovrebbero (e sottolineo dovrebbero) essere stabili, non ballerini, ma probabilmente è il retaggio di un modus operandi che non esiste più.
Ciao, Donato.
“Sono piuttosto interdetto, lo confesso: vedere i dati che si comportano così mi lascia piuttosto perplesso in quanto sono ancora legato al concetto che i dati dovrebbero (e sottolineo dovrebbero) essere stabili, non
ballerini, ma probabilmente è il retaggio di un modus operandi che non esiste più.”
Anche io come te, Donato, ho un’idea dei dati che sembra non appartenere ad una certa parte della climatologia: avranno le loro buone ragioni per fare così ma io fatico a seguirli. Forse perché quelli di cui stiamo parlando non sono dati ma il risultato di varie operazioni numeriche.
Certo, la climatologia ha difficoltà a disporre di dati precisi -usare molto spesso incertezze di 2 sigma (in genere 1.96 sigma) equivale a dichiarare ufficialmente che i dati (quelli osservati!) sono “brutti” e molto dispersi-
ma questo non mi sembra un buon motivo per modificarli in maniera che a me sembra “compulsiva” e quasi patologica.
Evidentemente dovrò rinchiudermi nella teca di un museo perché sono fuori dalla modernità e non capisco …
Ciao. Franco