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Aumento degli eventi pluviometrici estremi? Meglio discuterne sulla base di dati

Su La Nazione di venerdì 29 aprile 2016 (pag. 15 delle cronache della redazione di Pisa) è stata pubblicata un’ampia intervista con Francesco Meneguzzo, ricercatore Cnr presso l’Ibimet di Firenze, nella quale – senza riferimenti a specifiche ricerche – si parla di incrementi nell’intensità delle precipitazioni di entità tale da avere preoccupanti effetti sul quadro idrogeologico del bacino dell’Arno.
Sinteticamente riporto alcune frasi contenute nell’articolo:

  • «Non piove di più, ma diversamente» (nel titolo);
  • «tipologia di fenomeni che è scientificamente provato che sono e saranno più frequenti»;
  • «aumento dell’intensità degli eventi estremi alle varie durate di progetto»;
  • «non piove e non pioverà di più, ma la stessa quantità è più concentrata nel tempo, con eventi più intensi»;
  • «case e campi allagati per lavori non fatti o fatti non all’altezza del mondo climatico che è cambiato».

Ebbene, da vari anni a questa parte cerco di spiegare che affermazioni di tale genere non hanno alcuna ragione di essere, in quanto non supportate da un’analisi statistica dei dati climatologici disponibili. In proposito, mi pare importante precisare quanto segue:

  • Per i valori di pioggia cumulati su intervalli di durata molto piccola (1h, 1/2h, 1/4h o meno) le registrazioni negli archivi sono iniziate soltanto da quando è stata possibile la trasmissione automatica dei dati. Ne risulta quindi che le relative serie ricostruibili sono molto brevi e perciò ancora del tutto inutili per verifiche di tipo evolutivo. Si badi bene che questo discorso vale per la Toscana come per tutte le altre regioni italiane.
  • In ragione di quanto detto al punto precedente, gli studi sulle variazioni temporali dei caratteri di intensità potranno basarsi solo sulle statistiche delle piogge giornaliere. Per gli eventi estremi, oltre a queste statistiche, potranno essere analizzate le serie storiche dei massimi annui in 1, 3, 6, 12 e 24 ore, rilevati dal Servizio Idrologico.
  • Chi non fosse convinto delle verifiche condotte dal sottoscritto è bene che dia una lettura all’articolo di Caporali e Fatichi uscito nel 2009 sull’International Journal of Climatology (“A comprehensive analysis of changes in precipitation regime in Tuscany”; il relativo Pdf è direttamente scaricabile dalla rete). In questo lavoro gli Autori hanno esaminato in modo completo tutti i dati dell’archivio del Servizio regionale toscano (periodo 1916-2003), arrivando ad un risultato di sintesi identico a quelli da me raggiunti: non emerge alcuna variazione significativa nei caratteri generali delle precipitazioni, e tantomeno alcun aumento nell’entità degli eventi estremi, che – semmai – paiono mostrare un debole calo, nel lungo periodo.

Concludendo: Mi pare proprio opportuno che – almeno da parte degli esperti – ogni affermazione in merito a cambiamenti climatici recenti sia confortata da dati affidabili ed adeguati; in caso contrario, invece che fare della divulgazione scientifica, si propongono solo delle belle teorie politicamente corrette e sensazionalistiche, ma ben lontane dalla realtà dei fatti.

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Published inAttualitàClimatologia

7 Comments

  1. […] due giorni fa, abbiamo pubblicato un breve post a firma di Sergio Pinna nel quale si affronta proprio questo tema e in cui, basandosi solo sull’analisi dei dati […]

  2. AleD

    A me un architetto ha detto che i diametri delle grondaie sono aumentati negli anni per poter scaricare maggiore quantità d’acqua nell’unità di tempo causa aumento degli eventi in stile bombe d’acqua.
    Risulta?

    • Con tutto il rispetto, a me un ingegnere ha detto che il suo incubo sono gli architetti 😉
      gg

    • Alessandro

      A me hanno detto che è aumentata la vegetazione e quindi i residui vegetali possono bloccare la grondaia più facilmente rispetto a 40 anni fa e quindi il diametro è aumentato. 🙂
      Ma io sono un contadino, se lo dico io chi vuoi che mi dia retta?

    • Donato

      Non è aumentato proprio un bel niente! Almeno da un punto di vista tecnico.
      Da oltre un trentennio la formula empirica utilizzata per progettare le pluviali è la stessa: una pluviale da 80 mm di diametro per ogni 80/100 metri quadrati di tetto (in pianta):
      https://architettura.unige.it/did/l2/architettura/terzo0708/fisicatecnica/capitoli/cap1_II.pdf
      Anche le case costruttrici di grondaie e pluviali che avrebbero tutto l’interesse a maggiorare i diametri delle pluviali, non si discostano molto da questo parametro:
      http://www.supercanali.it/tubi.html
      .
      Altro aspetto da sottolineare è quello che riguarda la differenza tra grondaie e pluviali.
      Le grondaie sono la parte delle canalizzazioni di raccolta delle acque pluviali ad andamento orizzontale o sub-orizzontale. Esse vengono realizzate sempre ed in ogni caso con tubazioni di diametro maggiore di quello delle pluviali per esigenze di manutenzione piuttosto che idrauliche: bisogna pulirle per cui è necessario poter accedere al loro interno con le mani e qualche attrezzo.
      Da un punto di vista squisitamente tecnico ciò che conta è il diametro della pluviale (la parte verticale delle canalizzazioni).
      Un tubo verticale di diametro 80 mm è in grado di evacuare una quantità d’acqua enorme, ma bisogna tener conto del fatto che al suo interno il moto è vorticoso e devono poter passare anche materiali solidi (foglie, resti di uccelli, ramoscelli e via cantando). L’esperienza (e non le formule idrauliche) porta ad individuare per tali tubazioni un diametro minimo di 80 mm. In ogni caso sono decenni che non vedo più in uso tale diametro: nessuno mette in opera un diametro minore di 100 mm in quanto la differenza di costo tra i due diametri è praticamente trascurabile ed è sempre meglio avere una sezione maggiorata per stare più tranquilli. Il diametro 80 mm lo si trova all’attacco tra pluviale e grondaia per poter innestare la grondaia nella pluviale, ma la pluviale è sempre da 100 mm di diametro.
      Vista la delicatezza della funzione svolta dalle pluviali, in ogni caso vengono poste in opera almeno due montanti anche se la superficie di tetto è inferiore a 80/100 mq: è meglio avere a disposizione una ridondanza di funzioni.
      Come si può vedere l’aspetto pluviometrico è una delle ultime preoccupazioni che affliggono il progettista. 🙂
      .
      Sono ingegnere, ma anche se fossi architetto credo che non perderei assolutamente tempo a dimensionare una pluviale in base a considerazioni pluviometriche o, per essere più precisi, in base a differenze dell’intensità di pioggia di più o meno qualche millimetro all’ora: il gioco non vale la candela e, in ogni caso, il numero di pluviali installate è quasi sempre molto più grande di quello strettamente necessario. E questo per esigenze di tipo tecnologico e non idraulico.
      Ciao, Donato.

  3. Donato

    Uno dei motivi per cui ho cominciato ad interessarmi di clima è stato proprio quello messo in evidenza da S. Pinna: la differenza abissale tra la comunicazione scientifica propriamente detta (quella degli articoli scientifici, per intenderci) e quella dei mass-media tradizionali. Qualcuno obietterà che è necessario volgarizzare la scienza che altrimenti sarebbe incomprensibile ai più. Potrei anche essere d’accordo, ma a volte volgarizzare fa rima con banalizzare se non addirittura disinformare.
    .
    Quando leggo un comunicato stampa o un articolo di giornale a tema scientifico, si innesca, ormai, un riflesso condizionato: vado a leggere l’articolo scientifico che il comunicato stampa o l’articolo dei media commentano. Nella maggior parte dei casi scopro mondi se non opposti abbastanza diversi.
    .
    Mesi fa ebbi occasione di commentare in un post (qui su CM) un “caso di studio” relativo alla (dis)informazione scientifica:
    http://www.climatemonitor.it/?p=38826
    Mi sembra che ciò che scrissi in quell’occasione calzi a pennello con quanto messo in evidenza da S. Pinna.
    Sempre che l’autore dell’articolo pubblicato da “La Nazione” rifletta effettivamente il pensiero del ricercatore intervistato: non sempre ciò accade. 🙂
    Ciao, Donato.

  4. Alessandro

    Caro Sergio, per la Scienza “mala tempora currunt”, ma noi teniamo la barra dritta e ridiamo di quello che scrivono, ormai si compra il giornale anche per sorridere un pò. Ho ormai una lista infinita di barzellettieri e Meneguzzo era già in lista da molto tempo. 🙂

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