Ieri le agenzie hanno battuto una notizia che suona più o meno così: “Energie rinnovabili, record di investimenti nel 2015”. Segue inconfutabile e immancabile grafico.
Altra grande notizia: per la prima volta, la quota riferita ai paesi in via di sviluppo (tra cui pare ci sia ancora la Cina ?!?) ha superato quella dei paesi sviluppati. Infatti, esaurite le bollicine, scopriamo che in Europa – vecchio continente che in crisi di dissonanza cognitiva comunque guida la battaglia al clima che cambia proponendosi improponibili obbiettivi – gli investimenti sono calati del 19% rispetto al 2014. Se si prende poi la parte “nuova” degli investimenti, la tendenza, sempre per il vecchio continente, è netta e altrettanto inconfutabile: tempo qualche anno e per continuare il grafico ci vorrà un buco nel pavimento.
Perché? Beh, certo, c’è stata (e c’è) la crisi… C’è stata (e c’è) l’instabilità dell’EURO… Ma, sono anche stati tagliati gli incentivi divenuti, quelli sì, decisamente insostenibili. E così scopriamo che venuti meno i soldi facili pubblici e la pratica del tutti pagano ma pochi guadagnano, i pochi, che di norma sanno su cosa conviene investire, non stanno puntando sulle rinnovabili. Miopia o realismo? I governanti che avevano distribuito cuccagna incentivante a mani basse erano stati illuminati? Oppure quelli che sanno come vanno le cose ci hanno visto giusto e stanno scappando col bottino?
Terza via: nessuna delle due cose; anche su questo l’Europa segna il passo e la sua quota è sempre meno importante. Probabile. Ma qualcuno sa quanto c’è di privato – quindi giocoforza conveniente in termini di costo-beneficio – sugli investimenti rinnovabili nel resto del mondo? Si dice molto poco. Quindi, forse, è solo un problema di dimensioni del bottino.
Tutto questo entusiasmo mi sembra, comunque, fuori luogo. E’ vero che nel 2015 si è battuto il record di investimenti, ma se analizziamo il trend vediamo che dopo il 2011 è crollato: se prima del 2011 si registrava un aumento intorno al 30% annuo, dopo tale data il trend degli investimenti è praticamente piatto. Sembrerebbe che si investe costantemente la stessa cifra ogni anno: abbiamo raggiunto il massimo o ci sono ulteriori possibilità di crescita?
Non avendo la palla di vetro ci tocca restare con il dubbio, ma se gli investimenti continueranno al ritmo odierno, non andrà poi tanto male in quanto 300 miliardi di dollari all’anno di investimento sono una bella cifra.
Personalmente credo che abbiamo raggiunto il plafond superiore.
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Per l’Europa il discorso mi sembra molto più complesso in quanto appare evidente che, raggiunto il massimo nel 2011, è iniziata una rovinosa caduta degli investimenti. In Italia gli incentivi sono rimasti quasi esclusivamente per l’eolico mentre per il solare non mi sembra che le cose vadano granché bene. Non credo che nel resto dell’Europa le cose vadano meglio, per cui propendo per la spiegazione connessa con la riduzione degli incentivi.
I capitali corrono dove rendono di più, è una legge del mercato. Se si sono spostati dall’Europa, significa che il trattamento fiscale o il regime incentivante sono poco attraenti. Spiegazioni alternative ne vedo poche in quanto il rendimento delle fonti energetiche è lo stesso un po’ in tutto il mondo.
Ciao, Donato.
Mi dispiace, ho tentato di farmi vendere l’appartamento di sotto, ma l’inquilino si oppone. Non potrò quindi continuare il grafico nei prossimi anni. 🙂
nel 2006/2007 durante il primo conto energia furono stabiliti gli incentivi per ogni kW prodotto da chi investiva per esempio sul fotovoltaico.
Lo stato si impegnava (era con un contratto col cittadino che investiva) a fornire questo incentivo per 20 anni.
Lo Stato poi invece non mantenne la promessa e diminuì l’incentivo che spettava per ogni kW prodotto …come si può pretendere che lo stato italiano abbia la fiducia del cittadino? e in questo caso come poteva lo Stato Italiano essere credibile al cittadino dopo una simile rapina?
kWh non kW!
Va beh soldi facili ma un minimo di istruzione, insomma. 🙂
si Ale avevo dimenticato la “h”, ma non per ignoranza.
Comunque il concetto non cambia, lo stato ha tradito la fiducia di quei contraenti che molto probabilmente saranno sempre cittadini italiani nei prossimi anni, questo è il punto: la credibilità dello Stato ormai è morta e sepolta.