Sarà pure scettico e quindi dannato per definizione, però, cosa volete, i dati che riporta l’autore del paper di cui parliamo oggi sono lì, basta leggerli per farsi un’idea propria.
Trends in Extreme Weather Events since 1900 – An Enduring Conundrum for Wise Policy Advice
Conundrum, vuol dire enigma, indovinello, mistero…qualcosa che evidentemente mal si attaglia alla necessità di prendere delle decisioni di policy. Quindi, non vorrei essere nei panni di chi deve farlo. Da un lato fiumi di letteratura a predire disastri meteorologici e climatici nel futuro prossimo e ad attribuire quelli attuali ad una supposta pericolosa deriva del clima, dall’altra le osservazioni a smentire che questo sia accaduto o, come nel caso di questo lavoro, a trovare addirittura notizie opposte.
Accade così che molti degli spauracchi climatici e meteorologici con cui ci capita di avere a che fare da sempre, pare siano stati più frequenti ed intensi nella prima metà del secolo scorso, piuttosto che nella seconda, quando il termometro, specie verso fine secolo, è schizzato verso l’alto. Non solo, questi trend, se analizzati per l’intero periodo secolare, sono piuttosto piatti e, dove non lo sono, l’incertezza che deriva dalla scarsa solidità dei dati, impedisce di fare affermazioni scientificamente solide.
A pensarci bene, questo è esattamente quello che abbiamo letto anche nello Special Report dell’IPCC espressamente dedicato a questo argomento, che però molta parte del mainstream scientifico e della conseguente divulgazione, sembra dimenticare ogni volta che c’è da fare informazione. Quindi, per cominciare, qui di seguito l’abstract e le figure 1 e 2 del paper, il resto, se volete, andate a leggerlo al link qui sopra.
E’ ampiamente diffuso e creduto che il riscaldmaneto globale causato dall’uomo porti con sé un aumento sia dell’intensità che della frequenza di eventi atmosferici estremi. Una analisi di siti web ufficiali e di letteratura scientifica fornisce forte evidenza che la prima metà del 20° secolo abbia visto più eventi estremi della seconda, quando la maggior parte del cambiamento climatico osservato si dice sia da attibuire al riscaldamento globale antropogenico. Il distacco tra i dati sotrici del mondo reale alla scala temporale centenaria e le attuali previsioni fornisce un vero enigma quando si cercva di fare ipotesi professionali sul vero valore di ogni progetto infrastrutturale sia esso di adattamento o di mitigazione del cambiamento climatico. Quali sono le basi appropriate sulle quali esprimere valutaizoni quando la teoria e i dati sono in tale disaccordo?
Comunque, lo studio è stato soggetto a referaggio ed è anche open source, quindi ognuno è padrone di farsi una propria idea. Non avrebbe senso infatti fermarsi alle univoche terrificanti notizie che accompagnano con abbondanti dosi di superficialità la cronaca quotidiana. Ho letto recentemente un pensiero molto condivisibile che suona più o meno così: come sono pericolose le idee quando si ha una sola idea!
[…] del martellamento dei dati, alcune frasi riportate nell’articolo di Kelly,2016 (citato su CM qui) che si riferiscono ad un articolo di J. Hansen (et al, 1981) e in particolare alla frase “A […]
[…] del martellamento dei dati, alcune frasi riportate nell’articolo di Kelly,2016 (citato su CM qui) che si riferiscono ad un articolo di J. Hansen (et al, 1981) e in particolare alla frase “A […]
[…] Autore: Guido GuidiData di pubblicazione: 30 Marzo 2016Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=40935 […]