Si dice che quando un monaco esce dal coro lo rispediscono in convento. Chissà dove manderanno gli autori del paper appena uscito su Nature, tra cui molti che hanno contribuito attivamente all’ultimo report IPCC e quindi ben dentro il mainstream scientifico.
Making sense of the early 2000’s warming slowdown
Ne parlano Judith Curry e Antony Watts sui rispettivi blog, ma di sicuro ne parleranno anche molti altri nel prossimo futuro.
Dal 2012, quando si è iniziato a parlare di pausa o iato del global waming, perché è diventato sufficientemente lungo il periodo in cui la temperatura media del pianeta ha smesso di crescere in modo statisticamente significativo, sono state proposte decine di spiegazioni in altrettante pubblicazioni; ne è stata contestata la consistenza, poi l’esistenza, poi la valenza in termini di dibattito scientifico… insomma, è stato detto di tutto e di più, senza che nessuna delle spiegazioni o delle contestazioni abbia mai convinto davvero. Tranne una, quello che sconfinando nell’attualità politica di un dibattito corrente altrettanto infuocato si potrebbe definire il super emendamento o canguro della pausa dell’AGW: la colpa è, senza sapere né come né perché, della variabilità naturale. Cosa che, tradotta, vuol dire semplicemente che, a) il sistema non va solo a CO2 o se preferite a forzante antropica e, b) la realtà è molto diversa da come la teoria pretende di descriverla e i modelli di simularla.
Così, gli autori di questo paper, presentano dei risultati che collocano l’evidente rallentamento del global warming in un periodo di forzante antropica più che mai incisiva, in un contesto di inusualità e, quindi, di scarsa o nulla comprensione scientifica. Una realtà che, scrive una delle firme in un post che aiuterà a capire l’importanza di questo lavoro tutti quelli che non possono o non vogliono pagare per leggerlo, è costantemente fuori di una deviazione standard dallo spazio del range delle previsioni, cioè sempre lontana da come la si descrive e la si riproduce.
Attenzione, questa distanza, questa incomprensione, questo errore, riguardano l’attualità, quello che giorno per giorno, mese per mese, anno per anno stiamo osservando. Metteteci anche che gli stessi modelli non hanno mai riprodotto con sufficiente efficacia né il passato prossimo né quello remoto del clima e valutate se sia opportuno che su questa incapacità di riprodurre il comportamento del sistema, su questo deficit di conoscenza, su questi strumenti che “descrivono” il clima dei prossimi 10, 20, cento anni, si possano basare delle policy efficaci, ovvero con la benché minima possibilità di essere attagliate all’esigenza che valga più del semplice tirare a indovinare o lanciare una monetina.
E sì che a Parigi, dove qualcuno pensa di aver scritto la storia del mondo, di monete da lanciare ne avevano…
Grazie Guidi per l’interessante risposta. Dal canto mio però come puoi constatare (se posso darti del tu) dai miei commenti o dai miei articoli, nelle valutazioni e nelle analisi cerco sempre di non oltrepassare il limite dell’aspetto scientifico, perché mentre in questo campo ritengo di poter avere una certa preparazione di base generica e/o derivante da tutto un processo di studio e applicazione pluriannuale specifica sull’argomento, deficitaria finchè si vuole, ma che mi consente quantomeno di muovermi con una certa competenza, la stessa cosa non potrei dire per quanto riguarda invece gli aspetti sociali economici e politici. Per questo in merito alla complicata questione dei cambiamenti climatici preferisco sempre attenermi ai dati, osservazioni, concetti, conoscenze teoriche, ragionamenti e approcci scientifici piuttosto che trattare, magari ingenuamente, di COP21, UE, decisioni politiche e quant’altro.
Saluto cordialmente
Io penso che le considerazioni di Guidi fatte in questo articolo non facciano una piega, ormai è scientificamente chiaro che il clima non può andare solo a CO2, che i modelli non possano essere considerati infallibili e che la comprensione del sistema climatico nel suo complesso non può ancora ritenersi soddisfacente. Facciamo bene a ribadirlo, noi che nel nostro piccolo cerchiamo di studiare, anche per passione, l’argomento e di divulgare le nostre impressioni ad un pubblico generalmente eterogeneo, parte del quale potrebbe anche fraintendere le cose, soprattutto se il suo canale di informazione è rappresentato soltanto dai media. Io penso anche però, che se escludiamo la comunicazione mediatica, che potremmo definire tranquillamente ascientifica e ci spostiamo alla comunicazione scientifica invece (riviste specializzate, peer review, testi accademici), le cose cambiano drasticamente e la realtà non ci appare più così definita e ingenuamente schematica (global warming catastrofico, global warming bufala ecc.). Io oramai da tempo frequento soltanto il secondo canale informativo, e devo dire che mediamente, secondo la mia impressione, i contenuti espressi, non sono molto lontani dall’efficace sintetizzazione fatta da Guidi. Se notate bene, gli articoli scientifici a volte sono parzialmente anche contrastanti tra di loro, la parola d’ordine non è “dimostrare” ma “suggerire”, i finali di solito auspicano nuovi lavori sullo stesso argomento trattato, per cui, quello che voglio dire è che il panorama che ne esce, fornisce a chi possiede i mezzi per “decifrare” correttamente, un quadro dipinto di incertezza, di probabilità, di possibilità, di scenari, di evoluzione delle cose e delle conoscenze, e non di ideologica cristallizzazione del pensiero. Ricerca scientifica, non dimostrazioni assolute. Perché alla fine della fiera, secondo me, anche tutte queste considerazioni, come del resto le mie, se valutate senza pregiudizi di sorta, non aggiungono nulla di nuovo o di straordinario rispetto a quello che già emerge da una sintetica “traduzione” corretta della letteratura scientifica. Così come non rappresentano prove inconfutabili e determinanti contro la teoria dell’AGW nella sua versione corretta, in mancanza di una altrettanto valida e coerente teoria alternativa. Perché poi se qualcuno ritiene ancora che il global warming sia causato soltanto dall’uomo, o che i modelli siano ritenuti perfetti, o che certi dati che uno sceglie appositamente per supportare le proprie tesi, siano infallibili rispetto agli altri, beh, sicuramente, come minimo non sta procedendo intellettualmente secondo criterio scientifico. Ah, dimenticavo, la versione corretta della teoria dell’AGW è più o meno questa: “è molto probabile che la maggior parte del riscaldamento globale osservato possa essere imputabile alle attività umane”. Teoria, non certezza, uomo e qualcos’altro (variabilità naturale), non solo uomo.
Saluto cordialmente.
Fabio,
la mia impressione non è così rassicurante come la tua. C’è un evidente sbilanciamento, anche in letteratura, verso posizioni che danno per scontate cose che non lo sono affatto. Le policy, poi, non si fanno con gli studi di attribuzione, pure sbilanciati, ma con quelli di altre discipline che su questi si innestano. E così ci ritroviamo con obbiettivi pratici, economici e sociali, che poggiano su qualcosa che si innesta su qualcos’altro che è sbilanciato malgrado poi, se presti attenzione, riporta pure che sì, in fondo c’è qualche dubbio…
Insomma, per farla breve, è di oggi la notizia che un’altro paper ha dimezzato il budget di emissioni disponibile per evitare i 2°C entro il 2050. Secondo te, quando nelle sedi UE, dove piacciono tanto le fughe in avanti, dovranno decidere dei limiti alle emissioni (come già fatto) guarderanno ai dubbi scritti a caratteri in miniatura o questi sbandierati budget dimezzati?
Sinceramente, dato che le informazioni sono disponibili per tutti, della divulgazione in senso stretto mi importa poco. E’ molto più importante – ma oggi impossibile – informare chi decide…
gg