ANDAMENTO MENSILE DELLA MORTALITÀ DEL 2015 E CONFRONTO CON LA MEDIA 2012-2014
Dai dati emerge un anno con un eccesso di mortalità generalizzato con la sola eccezione del mese di maggio. Se l’eccesso di mortalità invernale ed estivo trova possibili giustificazioni indicate nell’articolo qui di seguito segnalato, quello primaverile (marzo, aprile e giugno) appare al momento inspiegabile.
Il quadro generale
Il 20 febbraio i quotidiani hanno commentato i dati sulla mortalità diffusi dall’Istat e che fanno del 2015 l’anno con più elevato tasso di mortalità dal 1950 ad oggi.
Si tratta di un fenomeno imponente e non unicamente giustificabile con l’inarrestabile invecchiamento della popolazione Italiana. In tal senso si invita a leggere l’articolo di Gian Carlo Blangiardo pubblicato sul bel sito Neodemos nel quale l’autore evidenzia l’unicità del fenomeno ed in particolare:
- Stigmatizza che “ciò che lo rende del tutto anomalo è il fatto che per trovare un’analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918: due periodi della nostra storia segnati dalle guerre che largamente spiegano dinamiche di questo tipo.”
- Giunge a porsi domande sulla stessa efficacia del sistema sanitario: “Il sistema socio-sanitario, che finora ha permesso un continuo allungamento della vita anche alle età anziane, inizia forse a subire gli effetti di una congiuntura economica meno favorevole? In altre parole ci chiediamo se i tagli alla sanità pubblica, dovuti alla crisi, abbiano accresciuto nel corrente anno il rischio di mortalità nei gruppi tipicamente più fragili: i vecchi e i “grandi vecchi”.
Nel report sugli Indicatori demografici per il 2016 (ISTAT, 2016) si evidenzia altresì che L’incremento di mortalità risulta omogeneo dal punto di vista del territorio. Rispetto al 2014 le variazioni oscillano da un minimo del +5,8% nella Provincia di Bolzano a un massimo del +18,7% nella Valle d’Aosta. Le zone più interessate dall’aumento di mortalità sono quelle del Nord-ovest,Piemonte e Lombardia registrano incrementi, rispettivamente, del 10,1% e del 10,6%. Nel Centro, Toscana e Umbria mostrano un aumento del 10,3% mentre nel Mezzogiorno un +10,7% si rileva in Campania (Prospetto 2 del documento in bibliografia).
Le cause congiunturali
Da parte mia mi limiterò a interrogarmi sule cause congiunturali, il che può essere fatto analizzando i dati mensili e confrontandoli con la norma.
In questo ci dà una grossa mano il sito ISTAT e il report sugli indicatori demografici per il 2015 (ISTAT, 2016) da cui traggo i dati di mortalità mensile a livello nazionale dall’ottobre 2011 al dicembre 2015. I dati Istat sono riportati nella tabella 1 e visualizzati nei due diagrammi delle figure 1 e 2.
Si noti che la per il triennio 2012-2014 la mortalità del semestre invernale è nettamente superiore a quelle del semestre estivo, la media essendo infatti di 320683 decessi nel semestre freddo (da ottobre a marzo) e 283314 decessi in quello caldo (da aprile a settembre).
E’ interessante poi osservare che il 2015, rispetto agli anni precedenti, presenta le seguenti peculiarità:
- Un eccesso di mortalità nei mesi invernali di gennaio e febbraio con un eccesso di 10887 decessi rispetto alla media 2012-2014
- Un eccesso di mortalità nei mesi primaverili di marzo e aprile con un eccesso di 11595 decessi rispetto alla media 2012-2014
- Un eccesso di mortalità nei mesi estivi di giugno, luglio e agosto con un eccesso di 13328 decessi rispetto alla media 2012-2014, di cui 10973 a luglio e agosto.
- Un eccesso di mortalità nel quarto trimestre (settembre – dicembre) con un eccesso di 10703 decessi rispetto alla media 2012-2014, di cui 7063 a novembre e dicembre.
Circa la mortalità estiva, l’eccesso di luglio e agosto si giustifica con le quattro ondate di caldo che hanno interessato l’intero mese di luglio e la prima decade d’agosto. Mi accorgo invece di non essere in grado di giustificare l’eccesso di mortalità di marzo, aprile e giugno, mesi in complesso miti e che tuttavia hanno fatto segnare un eccesso di 13716 decessi rispetto alla media 2012-2014. Lo stesso dicasi per l’eccesso di mortalità autunnale (periodo settembre-dicembre).
Su tali fenomeni all’apparenza non giustificabili occorrerebbe a mio avviso concentrare l’attenzione per cercare si comprendere se ad esempio siamo o meno in presenza di falle nel sistema sanitario.
BIBLIOGRAFIA
Istat, 2016. Indicatori demografici – Stime per l’anno 2015, disponibile in rete a questo indirizzo
Una decina di anni fa mi fermai tre giorni a Denver presso una specie di “Istituto per lo studio della longevità” per soddisfare una curiosità: confrontare la mia età biologica con quella anagrafica.
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Una parte rilevante degli esami clinici consisteva in lunghi colloqui per determinare il profilo psicologico — e a esami conclusi mi spiegarono che la “volontà di vivere” giocava un ruolo primario nella stima della vita residua, secondo solo alla restrizione calorica.
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Le categorie ufficiali delle cause di decesso non sembrano tenerne conto, ma il decesso in buona salute fisiologica per “mancanza di ragione di vivere” (solitudine, mancanza di dignità?) temo che sia sempre più frequente e superi di molto, rendendole statisticamente inapprezzabili, le cause dovute a variazioni delle medie termoigrometriche.
La CIA dà dati diversi e più lineari: non troppo diversi, diciamo decimali differenti. Per l’Italia, un incremento costante dal 2000 al 2010 (per l’ISTAT più a sbalzi, e durato fino al 2012), poi un piccolo “crollo” nel 2011. Un incremento costante della mortalità annuale (almeno dal 2006 fino al 2014) si nota in molti paesi europei, dell’est come dell’ovest (ed i primi non erano necessariamente i più “mortali”). Mi pare il Regno Unito sia tra quelli che invece l’hanno visto calare, quasi in controtendenza.
Se posso pensare a due cause, direi meno vaccinati e simili probabilmente, più che agli estremi termici: che però tra inverno mite ed estate calda, dovrebbero un po’ compensarsi (la gente muore più d’inverno, e l’estate normale italiana benché non africana non è nemmeno inglese). Non credo ad improbabili spiegazioni economiche, soprattutto perché la spesa sanitaria non è così tanto diminuita, ammesso e non concesso che la diminuzione sia reale (l’inflazione attuale è intorno allo zero). Inoltre in certe zone si è sempre speso male e curato male, quindi poco cambia. Altra causa, l’invecchiamento della popolazione: non spiega lo sbalzo annuale, però dovrebbe ben spiegare l’aumento progressivo (costante o a sbalzi che sia) del tasso di mortalità.
Dopo aver letto il post ed il documento citato in bibliografia non ho potuto fare a meno di considerare che in una popolazione che invecchia è inevitabile che aumentino le morti: bisognerebbe stupirsi del contrario.
La popolazione italiana è molto anziana in termini assoluti e relativi e gli ultra sessantacinquenni rappresentano il 22% della popolazione: quasi uno su quattro. Di contro diminuisce il numero dei giovani e di coloro che hanno meno di 65 anni. L’età media della popolazione italiana supera i 44 anni e questo deve farci riflettere.
Se si va a guardare la figura 4 del documento ISTAT citato si vede chiaramente che l’aumento delle morti riguarda principalmente gli ultra settantenni e, in particolare, coloro che hanno età compresa tra 80 e 95 anni: sono età in cui normalmente si muore come mi disse alcuni anni fa un notaio a cui avevo chiesto di fissare un appuntamento perché una persona di 99 anni voleva fare una procura generale al figlio. “A cosa serve, solo a spendere soldi, quanto può campare: un mese, due massimo un anno” mi disse il notaio. Morì dopo due mesi: effettivamente la procura era inutile.
Ciao, Donato.
Forse è prematuro, forse come diceva Andeotti “a pensar male si
commette peccato ma a volte ci si prende” però mi viene in mente Padoa Schioppa 2003 Corriere della Sera:
I governi di Francia e Germania sembrano aver scelto, ormai senza riserve, la strada di quelle che il gergo economico chiama riforme strutturali …
Nell’ Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve
oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev’ essere guidato da un unico principio:
attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’ individuo dal contatto diretto con la durezza
del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità. Cento, cinquanta anni fa il lavoro era necessità; la buona salute, dono
del Signore; la cura del vecchio, atto di pietà familiare; la promozione in ufficio, riconoscimento di un merito; il titolo di studio o l’ apprendistato di mestiere,
costoso investimento. Il confronto dell’ uomo con le difficoltà della vita era sentito, come da antichissimo tempo, quale prova di abilità e di fortuna”
a cui si aggiunge il commento finale dell’articolo su Neodemos
“E’ un evento “straordinario” che richiama alla memoria l’aumento della mortalità nei Paesi dell’Est Europa nel passaggio dal comunismo all’economia di mercato : un “déjà vu” che non vorremmo certo rivivere. Il controllo della spesa sanitaria sempre e a qualunque costo – in un momento di recessione economica – può avere effetti molto pesanti sul già fragile sistema demografico. Dobbiamo esserne consapevoli.”
In altri termini “è il mercato bellezza”
saluti roberto
Grazie, Roberto, per il suo contributo.
La sua ipotesi non è da rifiutare a priori.
Tuttavia il report Istat citato in bibliografia segnala che un incremento analogo a quello italiano si è registrato anche in Gran Bretagna e Francia.
In particolare colpisce quanto scritto nel bollettino francese (http://www.insee.fr/fr/themes/document.asp?reg_id=0&ref_id=IP1581):
“Un niveau de décès jamais atteint depuis l’après-guerre
En 2015, 600 000 personnes sont décédées en France ; il s’agit du niveau le plus élevé depuis l’après-guerre. Le nombre de décès a augmenté de 41 000 (+ 7,3 %) par rapport à 2014, après deux années de recul.
Si les taux de mortalité à chaque âge ne variaient pas, l’augmentation du nombre de personnes de 65 ans ou plus conduirait à une hausse tendancielle du nombre des décès. Les années passées, cette hausse était atténuée et parfois plus que compensée par la baisse de la mortalité. En 2015, au contraire, les taux de mortalité se sont accrus, particulièrement aux âges élevés. Cette hausse de la mortalité est liée principalement à des conditions épidémiologiques et météorologiques peu favorables.”
Anche in Francia dunque il record del dopoguerra che viene attribuito alle sfavorevoli condizioni meteorologiche ed epidemiologiche.
Possibile che lo stato sociale sia andato a fondo in contemporanea anche in Francia?
Forse la risposta si potrebbe trovare nella causa dei decessi, che nel bollettino Istat non viene indicata.
Ottimo lavoro come sempre di Mariani. Mi sembra di percepire che i decessi in più siano sì spalmati sull’intero anno, ma che comunque siano evidenti i picchi di luglio e dei mesi invernali. Sono anch’io d’accordo con l’input di natura epidemiologica proposto da Gianluca, tuttavia, essendo già al corrente di questa faccenda, finora la mia impressione è che i decessi di luglio possano essere stati conseguenti alle straordinarie ondate di calore (nel nord est, dove abito, sono stati battuti anche dei record di caldo) e quelli invernali ad una stagione influenzale abbastanza virulenta, ma che aveva visto, nell’autunno precedente, una forte riduzione di vaccinati anche tra gli anziani, in seguito ai casi di morti sospette da vaccino antinfluenzale segnalate dall’Aifa, poi rivelatesi molto probabilmente fasulle. Non dimentichiamoci che oltre alle centinaia di morti all’anno da influenza se ne aggiungono altre 7-8 mila dovute alle complicanze e recrudescenze di malattie croniche debilitanti. Meno vaccinati significa più morti all’anno, su questo non ci sono dubbi. Altri fattori sono difficilmente ipotizzabili al momento, ci vogliono sicuramente più tempo e più dati.
Saluto cordialmente.
Fabio,
non solo meno vaccinati ma anche un vaccino reso meno efficace da una mutazione del virus.
Ciò emerge dall’articolo di Alberto Oliva (http://www.neodemos.info/il-freddo-il-caldo-il-virus-e-il-rialzo-della-mortalita-nel-2015/) in cui si scrive fra l’altro che:
“Nella stagione influenzale del 2014/2015 si ritiene che ci sia stato l’utilizzo di un vaccino anti-influenzale a bassa efficacia (< 25%, fonte: ECDC) dovuto a una mutazione del virus stagionale che ha reso i vaccini preparati meno efficienti; si aggiunga che – per vari motivi legati anche ad un psicosi collettiva diffusa dai mass media – vi è stato anche un crollo della copertura vaccinale proprio in Italia (scesa al di sotto del 50% per la popolazione oltre i 65 anni, fonte: Istituto Superiore di Sanità). Questi due fattori rendono l’ipotesi di un “effetto virale” molto plausibile."
Ottimo articolo, come sempre. Personalmente concordo con Fabio sugli effetti legati al calo delle vaccinazioni influenzali. Anche sullo stato della sanità italiana ci sono tanti spunti di riflessione, cosie come sugli effetti della crisi economica e sociale che mette sempre più anziani in difficoltà. I trend dei prossimi anni aiuteranno a vederci più chiaro.
Iniziano ad andarsene quelli del boom demografico (1959-1968), periodo in cui si toccò un tasso di fecondità di 2,7 figli per donna (1964); figli che ovviamente non avevano tutte quelle attenzioni mediche e nutrizionali di cui godono oggi, e che iniziavano a lavorare molto presto.
Per i prossimi dieci anni mi aspetto numeri simili, se non peggiori.
Micky,
la sua ipotesi non regge in quanto secondo il report dell’Istat l’eccesso di mortalità si concentra nella classe fra 75 e 95 anni con un’età modale al decesso pari a 84 anni per gli uomini e a 89 anni per le
donne.
Non ho dati, quindi mi limito a chiedere.
pensate che possa avere qualche influenza la tendenza di molte persone di affidarsi a cure di ciarlatani, tipo acqua informazionale, limone e peperoncino, e altre strambalate “cure” che vanno alla grande nel web, ma che non mi sembra abbiano alcuna base scientifica e nessun effetto terapeutico, al di là dell’effetto placebo ?
C’è tanta gente ormai che abbandona il sistema sanitario e non si vaccina, e cura il cancro o si fa curare con metodi al limite della denuncia penale.
Secondo me.
Guido, non ho elementi per confermare o smentire quanto scrivi.
Tieni conto che le nostre valutazioni si riferiscono ad una popolazione di 60 milioni di anime per cui per avere il polso non basta cogliere alcuni fenomeni “a vista” (e considera questa anche come autocritica per quanto ho scritto poc’anzi circa gli anziani che rifiutano l’uso dell’aria condizionata…).
Luigi
Nuovamente complimenti a Luigi per questi spunti di riflessione.
Da quel che ho potuto capire leggendo il post, quasi tutti i mesi del 2015 presentano un incremento di mortalità rispetto agli anni precedenti, almeno dal 2011.
Provo ad avanzare un’ipotesi per giustificare l’incremento di mortalità anche nei mesi miti. Probabilmente rispetto agli anni passati, soprattutto quelli più remoti, sono cambiate le tipologie di malattie che portano a morte. Rispetto alle malattie più frequenti in passato, le attuali potrebbero risentire meno dell’effetto della temperatura? Occorrerebbe visionare dati epidemiologici dello scorso anno e di quelli passati per confrontare l’incidenza delle diverse patologie.
A ciò aggiungiamo anche la maggiore capacità di climatizzare gli ambienti interni dei nostri ospedali e delle nostre case , il che limita l’influenza dei picchi di temperatura sulla salute umane.
Saluti
Gianluca
Gianluca,
concordo con te che il supporto dell’analisi epidemiologica è essenziale per interpretare il fenomeno. Si tratta mio parere di un classico lavoro interdisciplinare in cui potrebbero collaborare epidemiologi umani e climatologi.
In effetti poi viviamo in ambiente sempre più condizionati; tuttavia mi capita spesso di notare che gli anziani sono più che mai refrattari al’uso delle climatizzazione estiva, il che può rappresentare a mio avviso una causa non indifferente di mortalità.
Infine penso che come “norma mensile” la serie triennale 2012-2014 sia davvero troppo breve.
Luigi