Una celebre rubrica della Settimana Enigmistica comincerebbe così: Forse non tutti sanno che… l’anidride carbonica non è il gas serra più importante, non è il gas serra più efficace, non è e non sarà la causa di tutti i nostri problemi climatici, ammesso e non concesso che ne avremo di diversi da quelli di sempre.
Il nostro problema o, meglio, la fortuna di questo pianeta, si chiama vapore acqueo, H2O allo stato di vapore che, oltre ad essere un formidabile vettore energetico – è attraverso il vapore che l’atmosfera compie il suo lavoro di redistribuzione del calore sulla Terra – è anche il gas serra più potente e più abbondante. Fatto 100 il totale dell’effetto serra infatti, le stime vogliono che la CO2 arrivi solo seconda, staccata di diverse lunghezze dal vapore acqueo.
La teoria AGW, però, prevede che all’aumentare della concentrazione di CO2, il corrispondente aumento di temperatura (la cui ampiezza è ben lungi dall’essere definita), provochi un aumento dell’evaporazione dagli oceani, con conseguente accrescimento della concentrazione di vapore, ulteriore effetto serra e ulteriore aumento della temperatura…ad libitum, in un susseguirsi di feedback positivi che si definisce appunto Runaway Greenhouse Effect.
Dato che la temperatura media superficiale del pianeta è effettivamente aumentata (anche qui il ‘quanto’ è una stima, purtroppo), non ci sarebbe miglior conferma di questa teoria e più efficace validazione di un effettivamente potenzialmente pericoloso global warming di una concentrazione di vapore acqueo in atmosfera che mostrasse un aumento.
La NASA ha per questo (come per quasi ogni cosa) un programma di osservazione che integra dati provenienti da varie fonti, da cui scaturisce un dataset (1988-2009) che permette di controllare l’andamento del vapore acqueo. Quelle qui sotto sono le curve della concentrazione di acqua precipitabile a vari livelli atmosferici.
Una tendenza all’aumento negli strati più bassi e una lieve tendenza alla diminuzione in quelli superiori, che tra l’altro si mostrano soprattutto nel periodo della cosiddetta “pausa” del riscaldamento globale. Nel dettaglio qui sotto, il comportamento del vapore acqueo negli strati medio e superiore è ancora più evidente.
Integrando i dati sull’intera colonna, si ottiene la figura ancora sotto:
La differenza tra la fine e l’inizio del periodo coperto dal dataset è impercettibile, nel contesto di una comunque discreta variabilità interannuale.
Sicché il messaggio per chi si occupa di queste cose è chiaro: la teoria del Run Away Green House Effect, leggi effetto serra inarrestabile e conseguente pianeta arrosto, ha bisogno di una revisione. Chissà se la faranno prima o dopo aver stabilito per legge che dobbiamo cambiare stile di vita per evitare che succeda qualcosa che non sta succedendo…
NB: da qui.
A proposito di stile di vita, chissà se si sa in giro che, se consideriamo solo le emissioni di gas serra, infatti, è il cibo a dare il contributo maggiore, con il 31% del totale, superando il riscaldamento (23,6%) e i trasporti (18,5%) – Fonte BFN.
Consiglio vivamente ipcc di darsi all.ippica
[…] Autore: Guido GuidiData di pubblicazione: 29 Gennaio 2016Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=40493 […]