Oltre un anno fa ho avuto modo di leggere un interessante articolo pubblicato su Natural Hazards and Earth System Sciences e liberamente accessibile qui.
Toward a possible next geomagnetic transition? di A. De Santis, E. Qamili, e L. Wu (da ora De Santis et al., 2013)
Iniziai quasi subito a scrivere questo post, ma mi resi conto, dopo qualche riga, che mi stavo inoltrando in un mondo per me nuovo sia da un punto di vista fisico che matematico. Ho, pertanto, rinviato la scrittura del post in modo da poter approfondire alcuni degli aspetti più ostici dell’articolo. Ho dovuto, in particolare, riprendere la teoria dei sistemi dinamici non lineari (su cui ho scritto anche un post pubblicato qui su CM) e diversi aspetti fisici e termodinamici per me inusuali. Alla fine, compatibilmente con i miei impegni di lavoro, credo di essere riuscito a venire a capo di una buona parte delle problematiche esaminate nell’articolo.
Come avete avuto modo di capire da questo lungo incipit si tratta di un articolo piuttosto complesso che si occupa di un fenomeno estremamente raro che periodicamente coinvolge il nostro pianeta: l’inversione del campo magnetico terrestre. Si tratta di un evento globale le cui cause sono ancora sconosciute e che si presenta con periodicità media di circa 400.000 anni. Secondo gli autori dell’articolo esso è uno dei pochi fenomeni veramente globali che caratterizzano la Terra e le cui implicazioni sono ancora oggetto di discussione in ambito scientifico: alcune delle grandi estinzioni che hanno punteggiato la storia del nostro pianeta sembrerebbero legate all’inversione del campo magnetico terrestre.
La mia attenzione fu attratta da un aspetto dell’articolo che metteva in evidenza un legame tra il livello del mare e le transizioni geomagnetiche, ovvero le inversioni del campo magnetico terrestre. Il legame di cui si parla in De Santis et al. 2013 è di due tipi:
- la variazione del livello del mare è un fenomeno globale come le transizioni geomagnetiche in quanto entrambi possono sconvolgere la storia del pianeta Terra, determinando conseguenze fatali per le specie che lo abitano;
- entrambi i fenomeni possono considerarsi eventi dinamici non lineari caratterizzati da punti di criticità.
Inizialmente il mio approccio fu molto scettico in quanto la correlazione tra i due fenomeni poteva essere frutto di un accidente numerico come accade per molte serie di grandezze, ma, riflettendo, la cosa poteva avere anche un fondamento fisico piuttosto interessante. Il campo geomagnetico terrestre è assimilabile a quello di un dipolo magnetico e, sulla base di una delle teorie più accreditate, è generato da una “dinamo ad autoeccitazione” che ha sede nel nucleo terrestre ipotizzato liquido e buon conduttore. L’autoeccitazione della dinamo è attribuita alle correnti elettriche che si generano nel nucleo e che sono associate ai flussi di materia che ivi si vengono ad instaurare. Il meccanismo è, ovviamente, molto più complesso di come è stato da me schematizzato, ma per gli scopi che mi prefiggo, credo possa essere accettato.
Come si intuisce il flusso di materia nel nucleo terrestre e nello strato di mantello fuso ad esso adiacente, è di tipo caotico, ma, come accade di frequente in presenza di fenomeni di questo tipo, dal caos possono emergere dei comportamenti pseudo-ciclici. Nella figura laterale, tratta da Wikipedia, si possono individuare le inversioni magnetiche principali degli ultimi 5 milioni di anni. Un’inversione magnetica si verifica quando, dopo un lungo periodo di tempo caratterizzato da una polarità normale, si passa ad un altro lungo periodo di tempo caratterizzato da una polarità inversa. Questi lunghi periodi di tempo costituiscono il Crono che può considerarsi come il periodo che separa due inversioni successive. Nell’ambito di un crono possono verificarsi delle inversioni di polarità magnetica di durata molto più ridotta (alcune decine di migliaia di anni) che definiamo escursioni magnetiche e la cui durata costituisce un sub-crono. La cosa interessante in tutto ciò è che né le inversioni, né le escursioni hanno un andamento ciclico nel vero senso del termine: esse si succedono in modo non prevedibile. E’ appena il caso di sottolineare che le successioni dei vari crono sono state determinate analizzando le successioni paleomagnetiche delle rocce ignee che si sono formate a lato delle dorsali medio-oceaniche.
Tornando al legame tra livello del mare e transizioni geomagnetiche, bisogna tener presente che il livello del mare è una superficie equipotenziale la cui conformazione dipende dalla distribuzione delle masse all’interno del pianeta. Il livello del mare è diverso in zone anche non molto distanti da un punto di vista topografico in quanto la distribuzione delle masse è tale da determinare anomalie gravimetriche anche intense. Anche il campo magnetico terrestre è caratterizzato da anomalie magnetiche piuttosto forti anche in aree adiacenti e poco lontane topograficamente. I due campi, gravitazionale e magnetico, sono, quindi, piuttosto simili come struttura. Entrambi sono variabili nel tempo ed entrambi dipendono dalle masse che si spostano nelle zone interne del pianeta. A questo punto ho dovuto ammettere che il mio scetticismo iniziale era piuttosto fuori luogo. Sembra ovvio, ma ho impiegato molto tempo a convincermi della cosa. Ad onor del vero il livello del mare o, per essere più precisi, la sua variazione dipende anche dal contenuto di calore degli oceani e dagli apporti o sottrazione di massa determinati dalle variazioni delle masse glaciali e dalle variazioni del regime idrico superficiale, ma ciò non modifica più di tanto il discorso di fondo.
Come si può vedere dalla figura e come si può leggere in De Santis et al. 2013, da oltre 700.000 anni non si è verificata alcuna inversione del campo magnetico terrestre. Ci troviamo di fronte ad un periodo molto lungo che negli ultimi 5 milioni di anni ha pochi precedenti (forse nessuno). Se si va più indietro negli anni, però, si trovano dei periodi anche enormemente più lunghi. Secondo De Santis et al. 2013 è di estrema importanza, come in tutti i fenomeni non lineari, disporre di strumenti atti a consentirci di prevedere la possibilità che si verifichi un fenomeno come l’inversione di polarità magnetica, in quanto si tratta di fenomeni che presentano rischi elevatissimi per la specie umana e, forse, per la vita del pianeta, almeno per come la conosciamo noi. Ci troviamo di fronte, infatti, ad un rischio che ha una frequenza di accadimento estremamente lunga, ma una magnitudo elevatissima e che, pertanto, è piuttosto grave.
De Santis et al., 2013 illustra un modo per tentare di prevedere un’inversione o un’escursione magnetica. Tale modello predittivo potrebbe essere utilizzato per prevedere il verificarsi di un fenomeno che comporta rischi altrettanto gravi e che è l’innalzamento del livello del mare.
De Santis et al., 2013 per raggiungere lo scopo propone una metodologia di indagine che è stata elaborata per studiare il comportamento di sistemi dinamici complessi caratterizzati da andamento non lineare. Tali sistemi hanno soglie “critiche”, definite anche “punti critici”, in corrispondenza delle quali il sistema si muove bruscamente da uno stato all’altro, cioè, si sposta verso una transizione critica. La fisica non lineare ha individuato diversi metodi per poter effettuare previsioni scientifiche di eventi catastrofici di questo tipo.
Un primo gruppo di metodi è basato sull’individuazione di eventi premonitori. Tanto per fare un esempio nel caso delle eruzioni vulcaniche la scienza è riuscita ad individuare una serie di segni premonitori che possono farci prevedere con un ragionevole anticipo l’eruzione, nel caso dei terremoti, invece, non siamo ancora giunti a questo livello anche se alcune metodiche sono allo studio da parte degli scienziati e sembrerebbero promettere qualche risultato. Questi metodi sono stati utilizzati in ecologia, medicina ed analisi economica.
Un altro metodo per individuare una transizione di fase è detto ipotesi del punto critico ed è basato sullo studio di grandezze fisiche caratterizzate dal fatto che le loro variazioni si cumulano nel corso del tempo, ovvero capaci di variazioni di piccola entità che si succedono più o meno regolarmente, fino al raggiungimento di una soglia critica. Questo approccio ha trovato applicazioni in discipline che coinvolgono la dinamica climatica, la sismologia, la rottura dei materiali e via cantando.
In questo metodo si ipotizza che il sistema si muova come nel caso di una transizione di fase, cioè nel passaggio da una situazione di ordine ad una di disordine caratteristica di sostanze liquide o magnetiche. Un campo di applicazione è stato quello sismico in cui si è ipotizzato che il fenomeno fosse regolato da leggi non lineari (funzioni polinomiali o altre funzioni divergenti). Le applicazioni di tali leggi a fenomeni sismici storici hanno tentato di prevedere il momento in cui si colloca la scossa principale in una sequenza sismica. In questo caso il tempo critico è stato definito come il momento in cui il sistema cambia drasticamente il suo regime dinamico. In altre parole un sistema che per un lungo lasso di tempo si comporta in un certo modo, ad un certo punto comincia a comportarsi in un modo del tutto differente, come se “sbagliasse”, generando l’evento catastrofico che, in questa ottica, deve essere considerato come uno scostamento del sistema dal suo comportamento tipico.
Ho cercato di sintetizzare, sperando di esserci riuscito, il pensiero di De Santis et al., 2013. Nel seguito cercherò di illustrare come tali metodologie predittive sono state applicate all’oggetto dello studio, ovvero le transizioni geomagnetiche. Il dipolo con cui si schematizza il campo magnetico terrestre ha direzione principale inclinata di pochi gradi rispetto all’asse terrestre: i poli magnetici non coincidono con quelli geografici. A partire dalla fine del 1600 e fino ai nostri giorni, l’intensità del campo magnetico terrestre sta diminuendo e la velocità con cui essa diminuisce è cresciuta in maniera progressiva nel corso del tempo raggiungendo valori particolarmente elevati dopo il 1900. Estrapolando linearmente il trend di variazione dell’intensità del campo di dipolo, si è visto che essa si dovrebbe annullare tra circa mille anni. Il campo magnetico generato dal dipolo ideale è caratterizzato da una grande regolarità per cui può essere ben rappresentato da una funzione matematica. Il campo magnetico terrestre, invece, presenta una notevole variabilità e la sua complessità è in aumento. In questa immagine tratta da Wikipedia si nota la complessità del campo: in rosso le zone con maggiore intensità, in azzurro quelle caratterizzate da minore intensità.
Stante la complessità del campo magnetico terrestre, un’inversione di polarità non può avvenire in modo globale ed istantaneo, ma sarà caratterizzata da una progressiva riduzione dell’intensità del campo magnetico terrestre che in alcuni punti sarà più veloce, in altri più lenta.
De Santis et al., 2013 è dell’avviso che l’area che meglio può consentire di prevedere l’evoluzione del decadimento del campo magnetico terrestre si trova nell’Atlantico meridionale ed è conosciuta come SAA (South Atlantic Anomaly): essa è quella in azzurro sulla figura. SAA è la proiezione in superficie di un grande vortice a polarità invertita che si trova al confine tra nucleo e mantello terrestre generato, a sua volta, da un flusso invertito rispetto a quello della massa circostante. L’origine di questo flusso invertito potrebbe essere la causa del decadimento del campo di dipolo e la causa dell’inversione del campo magnetico terrestre. Appare di estrema importanza, pertanto, studiare l’evoluzione dell’area in quanto essa potrebbe consentire l’individuazione del momento in cui si verifica l’inversione del campo magnetico terrestre. Gli autori hanno ricostruito la storia della SAA considerandola, in accordo con altri studi, come un magnete monopolare.
Nel corso del tempo l’estensione della SAA è cresciuta per cui ci troviamo di fronte ad una grandezza che tende ad incrementarsi nel corso del tempo e, quindi, di tipo additivo o cumulativo. Il fenomeno è simile alle serie sismiche che culminano in una scossa di grossa magnitudo per cui gli autori hanno deciso di utilizzare delle funzioni divergenti elaborate per lo studio dei terremoti. Nella forma originaria si tratta di funzioni polinomiali del tempo in cui oltre ad alcuni parametri numerici, desunti dai dati osservativi, compare il tempo critico, ovvero il tempo in cui la funzione presenta una singolarità, cioè un asintoto verticale. Esso rappresenta il momento in cui il sistema complesso cambia il suo stato, smette di comportarsi normalmente e genera l’evento catastrofico.
Nella pratica si preferisce integrare la funzione precedentemente descritta e determinare la presenza della singolarità mediante derivazione del risultato. Tralasciando per motivi di chiarezza espositiva tutti i passaggi intermedi, De Santis et al., 2013 hanno utilizzato, in accordo con altri autori, una funzione contenente anche termini logaritmici e goniometrici che riesce a rappresentare fenomeni complessi che presentano fluttuazioni caratterizzate da ampiezza e frequenza. Tale scelta è stata orientata dalla maggiore capacità di tale equazione di approssimare le serie di dati osservativi. Nella figura che segue, tratta dalla fig. 1 nell’articolo originale di De Santis et al., 2013, si può vedere il risultato finale del processo matematico sommariamente descritto nelle righe precedenti.
Come si vede dalla figura, intorno al 2034 dovrebbero verificarsi le condizioni per l’avvio di un’inversione o escursione del campo magnetico terrestre.
Gli autori hanno applicato gli stessi algoritmi ai dati relativi alla variazione del livello del mare desunti da Jevrejeva et al. (2008) e Church & White (2011) e sono pervenuti ad un risultato sorprendentemente simile a quello ottenuto per il campo magnetico terrestre. Detto in altri termini tanto il campo magnetico terrestre che il livello del mare sembrerebbero dover presentare un punto critico intorno al 2034 più o meno le incertezze usuali (tre anni per il campo magnetico ed undici anni per il livello del mare).
Il tempo critico individuato da De Santis et al., 2013 rappresenta il momento il cui il sistema dinamico analizzato diventa instabile. La transizione dallo stato normale a quello catastrofico non è dato conoscerla in quanto dipende da molteplici variabili. Per il campo magnetico terrestre l’inversione o escursione coincide con una superficie della SAA pari a quella dell’emisfero sud. Sarà in quel momento che avranno inizio i processi che culmineranno nell’instaurarsi di un campo con polarità inversa.
Nel caso del livello del mare l’instabilità si verificherà quando l’aumento del livello raggiungerà i 50 cm: dopo tale momento si entra in terra incognita e non si è più in grado di prevederne il comportamento. Non sappiamo, in altri termini, se si allagherà l’intera Terra o si verificheranno allagamenti parziali.
Tutto questo riposa su un fondamento ben preciso: il modello matematico schematizza in modo soddisfacente il fenomeno fisico. Nel caso in esame la funzione logaritmico-periodica utilizzata riesce più delle altre ad interpretare i dati e consente di ottenere una previsione. Ciò non toglie, però, che i dati possano essere interpolati anche da polinomiali di ordine maggiore di quelli indagati e di cui non siamo in grado di determinare i coefficienti. In questo caso dovremmo rinunciare, però, ad ogni possibilità di previsione. Gli autori riconoscono, con grande onestà intellettuale, che i modelli proposti risentono dell’imprecisione dei dati osservativi. Per l’estensione della SAA osservano, per esempio, che le misurazioni presentano margini di incertezza legate ad effetti di bordo e, negli ultimi anni, le misure tendono a divergere dalla previsione.
Per finire alcune considerazioni personali.
Per quel che riguarda il campo magnetico terrestre, nei limiti di validità del modello individuati dagli autori stessi, non ho motivo di avanzare ipotesi conclusive diverse da quelle di De Santis et al., 2013 in quanto se la SAA è una proiezione del vortice del nucleo esterno del pianeta, una sua espansione è strettamente connessa ad un’espansione del vortice profondo e, quindi, la sua coincidenza con la superficie emisferica non può che significare un’inversione interna della polarità magnetica.
Per quel che riguarda il livello del mare ho maggiori perplessità, come del resto gli autori, in quanto la sua variazione è frutto di due contributi: un contributo dovuto alla dilatazione termica collegato, quindi, al contenuto di calore degli oceani (contributo sterico) ed un contributo dovuto alle variazioni di massa conseguenti alle variazioni di massa delle calotte glaciali terrestri ed alla variazione della circolazione delle acque terrestri (contributo di massa). Un aumento del livello del mare di 0,50 metri è previsto dall’IPCC intorno alla fine del secolo e, quindi, piuttosto lontano dal tempo critico individuato dagli autori. Esso dovrebbe comportare, inoltre, variazioni catastrofiche nel ritmo di scioglimento delle calotte glaciali terrestri e nella distribuzione delle acque superficiali e sotterranee: nessuno di queste variazioni sembra al momento verificarsi e mi sembra difficile che possa verificarsi nei prossimi 16-17 anni. A meno che non si verifichino le più fosche previsioni dei modelli empirici che prevedono aumenti del livello dei mari di molti metri al 2100. Ciò non toglie che l’idea di prevedere il comportamento del livello del mare come quello di un sistema dinamico complesso non lineare è molto intrigante per cui spero di poter leggere a breve gli ulteriori lavori che gli autori hanno preannunciato nell’articolo.
Molto interessante. Per quanto riguarda l’impatto che variazioni del campo magnetico possono avere sulla vita terrestre, da birder dilettante mi vien da segnalare che si ritiene che gli uccelli migratori usino in qualche modo il campo magnetico per orientarsi.
http://www.lescienze.it/news/2004/11/11/news/il_senso_geomagnetico_degli_uccelli_migratori-585731/
E pare che non siano gli unici:
http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2014/06/25/news/la_bussola_magnetica_delle_farfalle_monarca-2193900/
Se l’annullamento del campo magnetico avvenisse nell’ordine di grandezza dei millenni, si potrebbe ipotizzare che queste specie potrebbero avere qualche problema, perché non credo che i tempi siano tali da permettere adattamenti evoluzionistici. Ma questo lo scrivo da totale ignorante.
Tuttavia mi pare molto più interessante la domanda di giovanni geologo sulle conseguenze che un annullamento avrebbe sulla schermatura dei raggi cosmici. Anche se, evidentemente, in passato non c’è stata alcuna catastrofe. Probabilmente è più rilevante, come è staso scritto, l’impatto sulla tecnologia da cui siamo dipendenti. Un rischio in più, oltre a quello dei flare solari, però almeno è prevedibile e lo si può veder arrivare con un certo anticipo.
@ A. de Orleans-B.
@ Luigi Mariani
Nei vostri commenti leggo una sottile vena ironica e non riesco a darvi torto. Vorrei, però, far notare che il legame causale tra livello del mare e campo magnetico, non è diretto. Mi spiego meglio.
Io ho scritto che il campo magnetico ed il campo gravitazionale hanno struttura simile. E ho specificato che entrambi sono caratterizzati da anomalie piuttosto intense. Tali anomalie sono legate alla distribuzione delle masse all’interno della Terra, nel caso del campo gravitazionale, dei flussi magnetici nel nucleo esterno, nel caso delle anomalie magnetiche.
Credo, però, che la somiglianza finisca qui e non credo che l’uno determini l’altro: almeno al livello attuale delle conoscenze.
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Veniamo ora al livello del mare. Il mare è una superficie equipotenziale che risente, pertanto, delle anomalie gravitazionali: è direttamente influenzato dal campo gravitazionale terrestre. Il fatto che la variazione del livello del mare è dovuta anche a contributi diversi da quelli gravitazionali (contenuto di calore e contributi di massa) pone un limite all’assimilazione tra campo magnetico e livello del mare.
Ciò che gli autori hanno voluto mettere in evidenza è la somiglianza tra il comportamento del sistema complesso livello del mare ed il comportamento del sistema complesso campo magnetico terrestre. Per indagare il secondo hanno indagato la SAA ipotizzando che la sua evoluzione sia indice di variazioni catastrofiche (nel senso di inusuali, improvvise, impreviste) del campo magnetico globale.
Quanto alla relazione tra SAA e livello del mare, credo che non vi sia rapporto di causalità, nel senso tradizionale del termine.
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Tutto ciò premesso e volendo ragionare per paradossi (passando al frivolo, cioè) e ignorando che correlazione non è causalità, credo che sia possibile stabilire un rapporto tra CO2, SAA e livello del mare. 🙂
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Alvaro faceva riferimento, infine, a Waterworld (l’ho visto alcune volte 🙂 ), ma non credo che, comunque vadano le cose, si arriverà ad un “allagamento planetario”, molto più prosaicamente al massimo potremmo arrivare ad un allagamento delle coste che, essendo le più popolate, darebbe alla cosa un significato “universale” o “globale”.
Credo che tale era il senso che gli autori hanno voluto dare a “globale” riferito ad allagamento.
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E per finire una chicca che ho scoperto da poco e che non ha nulla a che vedere con De Santis et al., 2013: un articolo pubblicato su Science ha cercato di mettere in relazione il livello del mare, le glaciazioni e l’attività effusiva delle dorsali medio-oceaniche. Il meccanismo ipotizzato dovrebbe essere il seguente. Durante i periodi glaciali il livello del mare diminuisce per cui diminuisce la pressione sui fondali oceanici. La diminuzione di pressione determinerebbe un aumento dell’attività idrotermale della dorsale con conseguente emissione di CO2 e, dulcis in fundo, aumento dell’effetto serra e innesco dell’integlaciale. L’aumento del livello del mare conseguente alla deglaciazione, determinerebbe l’effetto opposto.
http://science.sciencemag.org/content/351/6272/478
Inutile dire che D. Easterbrook e L. Svalgaard hanno dato di matto quando hanno letto l’articolo! 🙂
Ciao, Donato.
Caro Donato,
anzitutto grazie per l’aver perseverato ed averci così portato questa tua tanto interessante riflessione sull’articolo di De Santis et al.
Ragionando poi per paradossi (e in questo prendo in un certo qual modo spunto da quanto scrive Alvaro nel suo intervento precedente a questo) mi domando una cosa: se ho ben capito gli autori stabiliscono un nesso causale fra indice SAA e livello marino mentre il nesso causale che si stabilisce nel quadro della teoria AGW è CO2 -> temperature -> livello marino. Si potrebbe a tuo avviso giungere a stabilire un qualche nesso causale fra SAA e CO2? Le due curve mi paiono molto simili fra loro e ambedue simili a quella del livello marino (sono in sostanza 3 mazze da hockey fatte e finite).
Scusandomi anch’io per la frivolezza dell’intervento ti saluto cordialmente.
Luigi
Porgendo fin d’ora le mie scuse al Prof. Barone per un ritorno un pò frivolo su questo tema!
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Un famoso collezionista di automobili antiche, Clive Cussler, scrisse nel 2005 un simpatico “techno-thriller” sul ribaltamento dei poli magnetici terrestri, vedi:
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http://www.amazon.it/Polar-Shift-NUMA-Files-ebook/dp/B0084FBD86/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1454882339&sr=8-1&keywords=polar+shift+cussler
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e conservo ancor oggi un paperback ingiallito di Allan Eckert, che, sulla base di previe speculazioni parascientifiche, nel 1976 scrisse un romanzo di fantascienza di notevole successo sul ribaltamento addirittura dei poli geografici, “The HAB Theory”, vedi:
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https://en.wikipedia.org/wiki/The_HAB_Theory
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Confesso che leggere adesso che un ribaltamento magnetico venga considerato probabile proprio attorno al 2034 mi lascia perplesso: dopo decine se non centinaia di migliaia di anni, deve risuccedere proprio adesso, in presenza di una specie giusto diventata capace di osservarlo e di capirne gli effetti? Che sfortunata coincidenza!
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Ancor più estrema mi sembra la contemplazione d un “allagamento planetario”: per quanto aumenti il volume degli oceani con l’aumento della loro temperatura media e si sciolgano tutti i ghiacci non galleggianti, l’aumento del volume totale oceanico è, credo ricordare, di uno più ordini di grandezza inferiore al volume delle terre emerse…
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Se proprio volessi costruirmi un simile spauracchio, noterei piuttosto che viviamo fortunosamente su delle “rughe” tettoniche modeste ma sufficientemente “appuntite” da emergere ognitanto oltre quei 3000 e passa metri di profondità media degli oceani che avremmo se tali rughe non esistessero.
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Dovrei quindi concepire qualche fenomeno di superfluidificazione (magari anche antropico, ma non ci riesco…) del letto magmatico sottostante, tale da accelerare di colpo “l’appiattimento” di queste rughe e voilà, andiamo tutti sott’acqua, magari anche con i poli ribaltati grazie alla stessa tixotropia magmatica.
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Ma non c’è speranza, puoi inventarti qualsiasi disastro, ma c’è sempre qualcuno che lo ha già addirittura non solo pensato ma ne ha prodotto un film, vedi “Waterworld” (1995):
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http://www.amazon.it/Waterworld-Kevin-Costner/dp/B0000942UK/ref=sr_1_2?s=dvd&ie=UTF8&qid=1454884487&sr=1-2&keywords=waterworld
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Conclusioni? Nessuna, temo… salvo mai dimenticare “Chi vuol essere lieto, sia…” e la sua filosofica conclusione 🙂
Caro Guido,
su questo tema, sapresti ritrovare un mio commento di qualche anno fa, dove, scherzando, annunciavo la urgente necessità di studiare la nuova emergenza planetaria dovuta alla smagnetizzazione del pianeta, a sua volta dovuta alla sincronizzazione delle grandi reti elettriche continentali a c.a. a 50 e 60 Hz?
Mi divertirebbe rileggerlo, ma non so come ritrovarlo…
Un caro salute, Alvaro
Alvaro non lo trovo, hai una parola chiave per la ricerca?
g
http://www.climatemonitor.it/?p=15065
Ciao, Donato.
Proprio quello 🙂 … grazie, Donato!
Complimenti Donato Barone, un articolo di bello spessore scientifico, che eleva ancora più questo blog.
Condivido la scelta del De Santis sulla metodica predittiva utilizzata. Tuttavia reputo azzardato fare stime sull’anno in cui avverrà l’inversione del campo (2034) con una così piccola incertezza (+o- 3).
Penso inoltre che i governi dovrebbero iniziare a porsi delle domande, e soprattutto cercare risposte, al come reagire alla situazione realmente pericolosa dell’assenza schermante del campo magnetico durante l’inversione. Iniziare a capire quali saranno gli effetti sulle persone e sulla natura tutta, nonché in seconda analisi sulle apparecchiature elettroniche.
Di nuovo complimenti
Gianluca
Gianluca, concordo completamente con quanto hai scritto: anch’io sono rimasto abbastanza meravigliato dal valore dell’incertezza, ma credo che gli autori abbiano avuto le loro buone ragioni.
Grazie per i complimenti.
Ciao, Donato.
Considerando che non è tutto il nucleo terrestre, almeno secondo le conoscenze che si hanno a tutt’oggi, ma solo quello esterno che è fluido, anche se con viscosità enormi mentre il nucleo interno è solido, anche previsioni di tipo statistico-qualitative tipo quelle citate non mi sembrano possono dare informazioni tali da poter prevedere, anche se con errori enormi, un dislocamento dei poli magnetici. Bisogna ricordare che il nucleo solido aumenta continuamente le sue dimensioni a causa di un raffreddamento progressivo, ma inarrestabile, della terra interna. Inoltre l’interfaccia tra nucleo liquido e mantello inferiore cambia continuamente ed il flusso del nucleo liquido non può essere semplicemente simulato come se fosse una spira percorsa da corrente. Inoltre bisogna considerare i moti convettivi che si sommano a quelli dovuti alla rotazione terrestre. E’ stato fatto un esperimento simulando il sistema terra con una enorme sfera, di qualche metro di diametro, con all’interno del sodio allo stato liquido.Mettendo in rotazione la sfera si è osservato la nascita di un campo magnetico tipo dipolo magnetico, come quello della terra, ma si è anche osservato l’inversione dei poli durante la rotazione. A tutt’oggi, nonostante la modellizzazione fatta in laboratorio, nessuno è in grado di spiegarne i motivi ne i periodi di inversione.
Il post è solo un riassunto dell’articolo citato per cui, in qualche caso, l’eccesso di sintesi può aver generato delle imprecisioni di cui mi scuso con i lettori e gli autori dell’articolo.
Ho parlato semplicisticamente di geodinamo contenuta nel nucleo terrestre che ho definito liquido e buon conduttore. In realtà essa dovrebbe essere ubicata nel nucleo esterno che è fluido seppur con viscosità enorme. Ad essere sinceri la geodinamo è solo una delle teorie, anche se quella più accreditata, per spiegare l’esistenza del campo magnetico terrestre, per cui la natura di tale campo potrebbe addirittura essere un’altra. Ad ogni buo conto in De Santis e colleghi è chiaramente specificato che ci si riferisce al CWB che è il campo magnetico sul bordo del nucleo terrestre per cui è li che essi posizionano la geodinamo.
Concordo sul fatto che ciò che accade al confine tra nucleo e mantello non può essere simulato come la corrente che passa in una spira: se ciò fosse vero non credo che avremmo bisogno di analisi statistiche per prevedere l’evoluzione del campo magnetico terrestre. Credo, inoltre, che ciò che effettivamente succeda in quelle aree dell’interno del pianeta non sia noto a nessuno.
Tutto ciò premesso considero rilevante il fatto che De Santis e colleghi cerchino di desumere da analisi statistiche il comportamento del sistema complesso campo magnetico terrestre. Essi sono ben consci che il loro tentativo potrebbe condurre in un vicolo cieco e lo dicono chiaramente, ma di questo non credo che bisogna meravigliarsi: sono numerosissimi i casi in cui idee scientifiche promettenti si sono rivelate prive di sbocco. La previsione di De Santis e colleghi, ammesso e non concesso che sia uno di questi vicoli ciechi scientifici, ha un pregio: è verificabile tra quindici-vent’anni. Se le aspettative di vita di cui parlano i demografi hanno un senso, dovrei esserci. 🙂
Ciao, Donato.
Cosi` dal niente ho pensato che sarebbe interessante sottoporre i dati ad un’analisi spettrale (o ad una CWT).
Tipo http://geomorphology.geo.arizona.edu/PAPERS/pelletier_99c.pdf
Non sono un esperto di geofisica comunque da quello che ho studiato in passato mi sembra che non vi sia alcuna correlazione tra l’inversione del campo magnetico terrestre e fenomeni “catastrofici” o globali si aper quanto riguarda la variazioen del livello marino sia per quanto riguarda cambiamenti rempentini del clima, estinzioni in massa o fenomeni geologici quali sismi ed eruzioni vulcaniche . Quindi probabilmente la sua influenza su altri fenomeni terresti e irrilevante. L’unica domanda che mi sorge spontane invece é l’influenza della variazione dell’intensità del campo magnetico ( piuttosto che la sua inversione) sulla schermatura delle radiazioni solari e cosmiche e di conseguenza sui cambimenti del clima .
Un possibile legame tra le estinzioni di massa e le transizioni geomagnetiche è stato indagato da Raup, 1985; Courtillot
e Besse, 1997 e Constable e Korte, 2006, ma come giustamente fai notare non abbiamo alcuna certezza che tale legame esista. Si tratta, comunque, di un fenomeno globale le cui influenze non credo siano trascurabili. Mi spiego meglio. L’ultima transizione è avvenuta oltre 700.000 anni fa in un’epoca in cui il genere umano aveva già iniziato la sua progressione verso ciò che noi conosciamo come Homo sapiens (Homo erectus all’epoca prosperava e non si estinse). Il fatto che stiamo qui dimostra che gli effetti della transizione non sono stati tali da determinare un’estinzione di massa, ma non ci consente di escludere qualche sua conseguenza sulla nostra evoluzione. Nel tuo commento ti riferisci agli effetti sulla schermatura planetaria conseguente all’indebolimento del campo magnetico terrestre: credo che questo sia effettivamente il rischio maggiore in quanto lascia esposto il nostro pianeta agli effetti dei raggi cosmici e solari e ciò potrebbe determinare conseguenze per le specie viventi. Non dimentichiamo, infine, che la nostra civiltà è fortemente dipendente dai sistemi elettronici e la caduta o anche l’indebolimento delle schermature potrebbe essere fatale.
Nelle fasi che precedono e seguono l’inversione tali fenomeni potrebbero verificarsi e, quindi, i rischi non sono da sottovalutare.
Per quel che riguarda il livello del mare concordo, ma lo studio si occupa di esso principalmente dal punto di vista di sistema complesso.
Ciao, Donato.