Di questi tempi ci si dovrebbe chiedere più che altro quando piove…la domanda sul quanto, però, è oltremodo importante anche nei casi in cui piove poco (o pochissimo) come nei tempi recenti. Se la siccità è senz’altro problematica, la resilienza del territorio, ovvero come si riesce a far fronte diventa un problema ancora più grande se non si possiedono le informazioni giuste rispetto al passato. Ecco quindi che il post che segue, a cui Franco non me ne vorrà se ho aggiunto questa piccola introduzione, fa venire in effetti dei dubbi non banali. Buone letture…ah, comunque la risposta è oggi, pioverà oggi 😉
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A ferragosto del 2012, circa due mesi prima della sua scomparsa, ho ricevuto da Reinhard Böhm del servizio meteo austriaco (ZAMG) un file excel con 58 serie di dati meteorologici, tra cui le 22 di precipitazioni cumulate mensili che sto analizzando adesso. Questi dati, complessivamente, sono stati la base di un lavoro di Böhm del 2012 e provengono ( o provenivano allora) dalla banca dati Histalp, una raccolta che comprende stazioni della cosiddetta Regione Alpina Estesa (Greater Alpine Region o GAR).
Alla fine della prima fase di analisi, ho voluto confrontare i miei dati con quelli presenti su Histalp per utilizzare eventuali aggiornamenti che fossero più recenti del 2012.
In modo abbastanza casuale ho visualizzato sulla pagina Histalp il grafico della precipitazione per Bologna e mi sono accorto con meraviglia che erano diversi dai miei (cioè da quelli che Böhm aveva usato nella sua pubblicazione del 2012). Nello stesso tempo ho notato che il periodo disponibile è lo stesso (1813-2012) e che quindi i dati non sono stati aggiornati agli ultimi anni.
Per sicurezza ho controllato anche i dati di alcune altre stazioni (tra cui Augsburg, Milano e Padova) e ho verificato che i dati in mio possesso coincidono con quelli disponibili nella banca dati.
A questo punto ho scritto a ZAMG, chiedendo se possono aiutarmi a capire la diversità delle serie di Bologna e ho ricevuto dal responsabile dei contatti (Barbara Chimani) una risposta automatica: è fuori e mi risponderà al suo rientro.
Consapevole di possedere anche i dati di precipitazione misurati sulla torre dell’osservatorio astronomico (Specola), omogeneizzati da Michele Brunetti (o dal gruppo che all’Isac CNR di Bologna si occupa di queste cose), li ho graficati e ho calcolato il loro spettro, ottenendo una serie nuova e (ancora) diversa dalle altre due.
Riassumo i risultati di questa “ricerca della precipitazione perduta” nella figura successiva:
Si nota che:
- I dati di Böhm, dalla tabella dell’articolo accoppiati a Pavia, sono classificati “Bologna SI” che non sono in grado di definire in modo più accurato.
- I dati attualmente disponibili su Histalp sono i dati di Bologna Specola, estesi dal 2002 al 2012, omogenizzati ulteriormente, rispetto all’omogenizzazione fatta all’Isac, forse seguendo Nemec et al., 2012.
Qui non è in discussione la buona fede dei soggetti interessati: sicuramente ognuno di loro ha utilizzato i dati migliori che riteneva di avere a disposizione.
Alla fine, però, resta la domanda del titolo: quanto piove (ha piovuto negli ultimi due secoli) a Bologna?
Se e quando arriverà la risposta di Histalp alla mia richiesta, la aggiungerò come commento al post.
Piccola nota sulla frammentazione dei dati meteorologici in Italia, divertente se non fosse tragica nelle sue conseguenze: nella pagina Histalp c’è la voce Data Providers che elenca, per nazione, gli enti fornitori dei dati. C’è un nome per nazione, due per l’Austria, mentre per l’Italia ne ho contati nove! |
Bibliografia
- Bohm, R.: Changes of regional climate variability in central Europe during the past 250 years, Eur.Phys.J.Plus, 127, 54, 2012
- Nemec J., Gruber C., Chimani B. and Auer I.: Trends in extreme temperature indices in Austria based on a new homogenised dataset , Int. J. Climatol., 2012, doi:10.1002/joc.3532
Di questi tempi bisognerebbe chiedersi la neve per bologna
Sono lieto, da profano, di essermi posto una domanda non del tutto peregrina che, se non altro, ha stimolato l’interessantissima discussione che stiamo leggendo.
Ringrazio Paolo Mezzasalma per aver chiarito (almeno a me) alcuni aspetti della genesi della pluviometria bolognese e il prof. Sergio Pinna per averci messo a conoscenza dei problemi sulle misure di precipitazione che aveva già evidenziato nel 2013.
Grazie anche a Guido per la sua simpatica introduzione ma “sono costretto” a informarlo che il link alla tabella di Bohm non funziona 🙂
In un articolo del 2013, uscito sulla rivista online di Meteorologia Aeronautica (http://www.aeronautica.difesa.it/RivistaMeteo/Repository/Pagine/SUALCUNESERIEPLUVIOMETRICHEITALIANE.aspx) ho messo in evidenza alcuni problemi inerenti delle serie pluviometriche italiane; un paragrafo è dedicato a Bologna e ne riporto di seguito il contenuto.
LE PIOGGE NELL’AREA URBANA DI BOLOGNA – Una situazione in qualche modo similare a quella romana la ritroviamo nel centro urbano di Bologna, dove sono state posizionate due stazioni del Servizio Idrografico denominate Bologna Università e Bologna Idrografico, le cui statistiche sono anche reperibili nell’archivio pluviometrico dell’Autorità di bacino del fiume Reno. Nel periodo di funzionamento comune (1935-1978), la prima ha mostrato una media annua di 684 mm, mentre la seconda di 784, cioè quasi il 15% in più; forseancor più rimarchevole il fatto che in uno solo dei 44 anni la pioggia di B. Idrografico è stata inferiore (-1,3% nel 1959), mentre in due casi ha superato quella dell’Università di oltre il 30%. Tenendo conto che la distanza fra le due stazioni è di poche centinaia di metri, le loro differenze nei totali annui non appaiono giustificabili, se non pensando ad un errore sistematico; considerarle entrambe valide, porterebbe a quei problemi di ordine generale prima accennati. Da notare in proposito che un esame della serie di Bologna 1900-2010, disponibile nel grande archivio online dell’ECA&D (Klein Tank, 2002), dimostra che essa è basata, salvo alcune correzioni di assai modesta entità, su B. Università fino al 1978 e su B. Idrografico negli anni successivi; nel complesso si evidenzia un andamento fortemente crescente delle precipitazioni annue (+204 mm/secolo per il trend lineare), di certo non in linea con i caratteri climatici generali della pianura Padana e, ad esempio, incongruente con quello della serie di Ferrara.
Sergio Pinna
Per Bologna città, gli enti che hanno storicamente rilevato i dati meteo sono stati l’università e l’idrografico.
L’università presso l’osservatorio astronomico, nella sede centrale di via Zamboni, e l’ex idrografico, in via della Zecca dal 1934 al 1954 e in piazza VIII Agosto dal ’54, tutte all’interno della cerchia dei viali di circonvallazione.
Le osservazioni dell’osservatorio sono terminate negli anni 70; l’unico dato disponibile da allora è stato quello dell’idrografico.
La specola, quindi, non esiste più da decenni.
I dati della specola sono, appunto, speculativi perché, come in tutte le torri, i dati non corrispondono ai dati reali rilevabili su un’ampia superficie piana, magari al livello del suolo.
L’idrografico, invece, aveva i sensori su ampie terrazze, ma non al livello del suolo.
I dati dell’drografico non necessitano di essere omogeneizzati.
Quella dell’osservatorio sì e pesantemente.
Ad ogni modo a Bologna la media è tra 750 e 800 mm di pioggia l’anno. Già questo basta per comprendere quali di quei dati qui riportati sia completamente fuori bersaglio.
Grazie per l’informazione sulla precipitazione media di Bologna, deducibile facilmente sia dai dati Histalp sia dai dati post-1960 che chiamo “Specola”. E grazie soprattutto per l’informazione, che non avevo, dell’esistenza dell’idrografico: come ho scritto, nei dati di Bohm Bologna è
indicata con “SI” che adesso posso immaginare significhi “stazione idrografica” o qualcosa di simile.
Ho cominciato a frequentare la Specola a inizio autunno 1969 insieme a Fabrizio Bonoli (i primi e “veri” 2 studenti dell’appena nato corso di laurea in Astronomia: gli altri erano quasi tutti dipendenti del CINECA, allora diretto dal nostro direttore prof. Mannino) e ricordo che il custode, sig. Orfeo Fusi Pecci, ha continuato le osservazioni per anni dopo il nostro arrivo, ma è possibile che siano terminate alla fine degli anni ’70.
Molti anni (e chili e capelli bianchi) dopo, Fabrizio mi ha detto di aver dato alla Nanni (Isac) i nostri registri con l’accordo che i dati, dopo l’elaborazione, sarebbero stati disponibili pubblicamente. Dopo che i dati elaborati (anche omogeneizzati, mi è stato detto) sono apparsi e scomparsi
dal sito dell’Isac, Fabrizio, si è fatto consegnare da Michele Brunetti i file con i dati, tra i quali PRECDBOL (nome del file così, senza estensione e tutto maiuscolo, non molto usuale) che io qui ho chiamato Specola e che, anche adesso, non saprei come altro chiamare.
Come avrai notato (uso il tu: non ci conosciamo ma abbiamo per molti anni frequentato gli stessi posti e le stesse persone) i dati Histalp sono (nei dettagli) i dati della Specola (o specola+idrografico?) omogenizzati (quante
omogenizzazioni successive si possono fare? E quanta incertezza introduce ogni omogenizzazione?) e questa nuova
elaborazione ha avuto l’effetto di generare un trend positivo dove (post-1960) non c’era (nei dati della specola). E se davvero i dati di Bohm fossero quelli dell’idrografico, cosa potremo dire? Ho conosciuto (via mail) e apprezzato Bohm solo nel 2012 ma non credo potesse prendere tanto facilmente per buoni
dati fasulli, che nel suo lavoro cita come dati Histalp. Era un ricercatore serio e noto a livello internazionale, e non me la sento di dire che i dati che usa sono sbagliati: sono diversi, questo sì (e ho controllato di non aver sbagliato io le somme).
Franco
Franco, i dati della Specola e quelli dell’idrografico sono pubblici e pubblicati sugli annali.
Io, sul mio computer, ho i dati mensili dal 1916 al 1978 (anno di chiusura) dell’università, quelli dell’idrografico e anche quelli di San Luca.
La fonte è disponibile, quindi.
Capisco la tua diplomazia, ma per me il dato rilevato è uno e solo uno. Gli altri sono aggiustamenti più o meno veritieri, ma se ti danno una media di 1000 mm, non c’è nient’altro da dire che “inventati di sana pianta”. Non so da chi, ma inventati!