Inquadramento del lavoro
Sul lato destro della homepage di Climatemonitor compare da ieri l’altro un diagramma di anomalia delle temperature medie annue per l’Europa rispetto alla media 1961-90. La serie ha inizio nel 1659, anno d’inizio della serie termica dell’Inghilterra centrale (Met Office – Hadley Centre, 2015). L’idea di produrre un tale diagramma nasce dal fatto che esso può risultare utile per leggere la variabilità interannuale del clima europeo e le tendenze di più lungo periodo.
Il buon livello di accuratezza del diagramma proposto può essere apprezzata per il periodo dal 1850 a oggi confrontandolo con il diagramma in figura 1, tratto da sito dell’European Environmental Agency.
Prego peraltro i lettori di considerare il diagramma come un work in progress passibile di future modifiche. Oggi infatti esso si basa sui dati di 27 stazioni (l’elenco si trova nella documentazione consultabile cliccando sulla figura a destra del menu principale) che non comprendono ad esempio stazioni dell’area balcanica (particolarmente sensibile al segnale continentale eurasiatico che ha il suo centro nella Siberia), stazioni che si pensa di introdurre in un prossimo aggiornamento. Ciò detto vediamo di passare in rassegna alcune evidenze che emergono osservando il diagramma.
Evidenze generali che emergono dal diagramma
Anzitutto si colgono sul complesso della serie storica presentata:
- Una variabilità interannuale assai spiccata e che rappresenta da sempre una delle caratteristiche chiave del clima europeo, frutto della variabilità circolatoria che caratterizza le medie latitudini. Tale variabilità non è dunque in alcun modo da considerare una prerogativa dei decenni più vicini a noi.
- Una variabilità decadale sensibile con cicli con periodo grossomodo di 30-60 anni e che è possibile in prima battuta pensare di attribuite alle ciclicità delle temperature oceaniche espresse dall’indice AMO (Mc Carthy et al., 2015). Tale variabilità è posta in evidenza nella figura 2 utilizzando una media mobile con periodo di 12 anni.
- Un trend complessivo all’incremento, con temperature medie annue che aumentano di 1.72°C passando dai -0.82 del periodo 1659-1699 ai +0.90 della fase climatica attuale (periodo 1988-2014).
Considerazioni su sottoperiodi e singole annate
Venendo poi a commentare le singole annate si evidenzia anzitutto il massimo assoluto toccato nel 2011 (+1.57°C rispetto alla media 1961-90) e seguito dal +1.41 del 1723, anno quest’ultimo che cade a ridosso degli anni 1718 e 1719 nei quali, secondo lo storico del clima Emmanuel Leroy Ladurie, le estati canicolari provocarono in Francia circa 450mila morti per disidratazione e dissenteria. Per inciso giova qui segnalare che i dati presentati riguardano le temperature medie annue, per un’estate molto calda o un inverno particolarmente freddo (ad esempio l’inverno del 1929, il più freddo del XX secolo) possono non emergere in modo immediato.
Con riferimento al XVII secolo si osservi anche il minimo toccato nel 1695 (-2.32°C), il quale segna l’apice della fase molto fredda della seconda metà del ‘600. Secondo Leroy Ladurie il 1695 segna il culmine della grande carestia che colpì l’Europa centrale nel periodo 1693-1695, con fortissima penuria di generi alimentari che si tradusse in milioni di morti in Francia e Paesi limitrofi.
Al minimo del 1695 segue una risalita consistente che è associabile agli anni relativamente miti che precedono il terribile 1740 (anno più freddo di tutta la serie, con -2.40) e di cui parla Leroy Ladurie quando scrive che esso fu particolarmente pernicioso (circa 200mila morti in Francia) perché fu un anno freddissimo preceduto da alcuni decenni di tempo atlantico mite, per cui le popolazioni si erano del tutto disabituate ad aspettarsi un anno molto freddo e dunque a munirsi di scorte adeguate. Leroy Ladurie ci fa anche notare che i morti nel 1740 furono molto meno di quelli registrati nei trienni 1693-1695 e 1594-97, il che sarebbe secondo lo storico sarebbe da attribuire al miglioramento consistente nelle politiche di gestione delle scorte in Francia, il che si tradusse nel fatto che nel 1740 fu possibile portare verso le zone colpite dalla carestia le derrate accumulate in altre parti del paese. Si noti anche che al picco di freddo del 1740 segue un 1741 assai più mite.
Il 1816, noto come anno senza estate per la rigidità della stagione estiva, provocata dall’esplosione del vulcano Tambora con conseguente immissione in stratosfera di enormi quantità di polveri che schermavano la radiazione solare, non si colloca fra gli anni più freddi in assoluto e tuttavia si pone in un pacchetto di anni mediamente freddi (1812 con -1.70, 1814 con -1.63 e 1816 con -1.50). Sul 1816 possiamo citare un brano di cronache locali di Tirano in Valtellina, area alpina interna la cui economia è tradizionalmente legata al commercio dei vini localmente prodotti (Zoia, 2004): “1816 – il 30 ottobre…Il raccolto dell’uva che si è fatto in questi giorni in generale fu scarso ma il peggio è che nei luoghi più caldi e nelle migliori situazioni non si è rinvenuto un grappolo maturo. La costiera di sopra S. Gervaso non presentò che uve, se non in uno stato, quale solitamente si osserva nel mese di Agosto, cioè senza avere ombra di tintura. Il vino dell’anno scorso si paga L. 214 alla soma…”. “1817- li 13 di Aprile – L’inverno fu assai bello, ma la carestia che regna … mette in angustia coloro a cui tocca sostenere la languente umanità. Turbe di poveri molestano le porte de benestanti… La cattiva qualità del vino del 1816 ha contribuito a renderci miserabili, non trovandosi per alcun conto acquirenti di questo genere…”.
Con riferimento poi al biennio 1815 e 1816 cito anche il brano seguente, tatto dal diario di Giovan Battista Pedrocchi di Clusone (BG), che mi è stato cortesemente messo a disposizione da un suo erede: “Le due estati 1815 e 1816 furono cattivissime, fredde e burrascose e frumenti e biade affatto immature massime l’anno 1816 cosicché nelle nostre valli il melgotto maturò pochissimo e fu raccolto così scarso che non vi è memoria di similia. Le famiglie sono quasi tutte senza grani e senza soldi e di cento famiglie ottanta stato questuando ma con poco utile poiché in pochissime le famiglie che possono fare limosina. Li generi di prima necessità sono carissimi e se vi fosse denaro da comperare lo sarebbero ancora di più. Si introdusse anche nei nostri paesi in questi due anni i pomi da terra ossia patate ma in poca quantità e la maggior parte furono dirubate in tempo immaturo e senza profitto. L’anno 1816 fu freddo e di grandiose piogge con danni grandiosi dei fiumi e dei torrenti per la lunga durata [……….]. Negli scorsi te anni si ebbe anco una cattivissima vendemmia e il vino è stato molto scarso in conseguenza molto caro cosiché il buono vale … Tutto ciò che è stato scritto in proposito di carestia a simili furono rose e fiori in proporzione del presente anno 1816, poiché le famiglie sono senza denaro e senza provisioni di grani”.
Mi sono dilungato in tali cronache per far intendere al lettore quanto l’inclemenza del tempo potesse essere perniciosa in società che si basavano sull’autoconsumo e quanto potessero essere sfavorevoli alla vita umana le “paradisiache” annate in cui la “perniciosa azione dell’uomo” ancora non aveva fatto impazzire il clima del pianeta. Dalle cronache emergono spesso anche gli interventi di adattamento come ad esempio quello legato all’introduzione della coltura della patata, che per gli ambienti marginali montani presenta innegabili vantaggi rispetto ad altre colture più esigenti in termini termici e la cui diffusione fu a lungo frenata da pregiudizi alimentari.
Nel periodo compreso fra 1780 e 1850 sono da segnalare come molto freddi gli anni 1784 (-1.69), 1785 (-1.67), 1786 (-1.66), 1799 (-1.80), 1829 (-1.73) e 1838 (-1.68) mentre molto caldi sono risultati gli anni 1794 (+0.83), 1822 (+0.90) e 1834 (+0.59).
Da rilevare poi che la grande carestia d’Irlanda (1845-46) accade in un anno mediamente freddo e cioè il 1845 (-1.23) e in uno relativamente caldo e cioè il 1846 (+0.36). Da osservare che alle radici della carestia vi è la patata, che allora rappresentava la base alimentare di gran parte della popolazione irlandese, e il cui raccolto fallì per due annate di seguito a causa della peronospora della patata e del pomodoro (Phytophthora infestans de Bary), malattia fungina i cui propaguli per attaccare la pianta necessitano di acqua liquida e dunque si avvantaggiano delle annate con estati molto piovose.
Nel XX secolo, dopo una prima fase di aumento delle temperature che interessa il periodo da inizio secolo ai primi anni ’50, si è assistito ad una successiva flessione protrattasi fino agli anni 80. A ciò segue il ripido gradino che separa il 1987 (-0.34) dagli anni seguenti (+0.6 nel 1988 e +1.20 nel 1989) e che ci introduce nella fase climatica attuale. A livello circolatorio tale gradino è frutto del cambio di fase della NAO che assume valori positivi inaugurando una fase climatica particolarmente mite e che viene resa stabile dal fatto che dal 1994 anche AMO passa in territorio positivo, probabilmente spinta da NAO (MacCarty et al. (2015). In tale nuova fase climatica ad esempio i ghiacciai alpini sono in arretramento deciso mentre nel periodo fresco e piovoso che precede il 1987 avevano subito una significativa avanzata.
Bibliografia
- Mc Carthy G.D., Haigh I.D., Hirschi J.J.M., Grsit J.P., Smeed D.A., 2015. Ocean impact on decadal Atlantic climate variability revealed by sea-level observations. Nature, 521, 508Ð510, 10.1038/nature14491
- Metoffice – Hadley Centre, 2015. Hadley Centre Central England Temperature (HadCET) dataset, http://www.metoffice.gov.uk/hadobs/hadcet/ (site visited at 7 January 2016).
- Zoia D., 2004. Vite e vino in Valtellina e Valchiavenna – La risorsa di una valle alpina, Sondrio, 2004.
[…] Autore: Luigi MarianiData di pubblicazione: 10 Gennaio 2016Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=40221 […]
Esiste una correlazione tra la repentina variazione climatica a partire dal 2000 circa e l’aumento della concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera?
Gentile Francesco, l’incremento di CO2 è graduale mentre la variazione climatica in Europa è stata molto repentina ed è avvenuta a fine anni ’80. Pertanto debbo escludere un legame diretto mentre non posso escludere un legame indiretto che passa attraverso l’intensificazione delle grandi correnti occidentali e il successivo passaggio in fase positiva dell’AMO di cui parlo nel post. Non mi risulta tuttavia che tale legame indiretto sia stato mai dimostrato.
Desidero porre una domanda in riferimento alle temperature: sono valori “corretti” o le temperature sono ottenute dai record originali e non modificati (al rialzo quelli dopo il 1950, al ribasso i valori precedenti) com’è stile dell’IPCC fare nelle sue tante e troppe esternazioni o come già accaduto, per esempio, per i dati di Helsinki del 1826, ove i valori erano positivi (+5.4°C) rispetto ai valori, ad esempio di Londra (-5.2°C) e sui report sono riportati entrambi negativi.
Grazie.
Gentile Fernando,
ho proceduto semplicemente raccogliendo le serie storiche dalle fonti indicate nel file excel accluso e che poi sono le seguenti:
– UK Metoffice – Hadley Centre per la serie dell’Inghilterra Centrale
– Camuffo e Jones per sei lunghe serie di cui due svedesi (Uppsala e Stoccolma), una belga (Bruxelles), una spagnola (Cadice), una italiana (Padova) e una russa (San Pietroburgo)
– Rimfrost, il quale attinge di solito ai dati da ECAD ma li mette a disposizione in un formato di più facile gestione.
Quando le serie storiche delle temperature medie erano giornaliere (è solo il caso delle sei serie ricavate da Camuffo e Jones) le ho mediate sull’anno escludendo gli anni che avessero meno di 330 dati giornalieri disponibili.
Per le serie disponibili ho poi ricavato lo scarto rispetto alla media 1961-90, in modo tale da normalizzare i dati e poterli così mediare senza problemi sull’intero areale Europeo.
Concludo segnalando che ogni suggerimento da parte sua o di altri lettori è sempre ben accetto.