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Un anno da record, ma per effetto di El Niño

Alcuni giorni fa mi è arrivata sulla mail la segnalazione di una notizia della NOAA ripresa dall’ANSA: “Il 2016 potrebbe essere nuovo anno record per temperature“. A parte la passione un po’ perversa per le classifiche le cui posizioni sono separate da centesimi di una grandezza che siamo in grado di misurare in decimi, questa notizia vuol dire un po’ di cose:

  1. Il 2015 malgrado tutto non andrà in testa alla classifica ma sì e no finirà sul podio.
  2. Il 2016 sarà invece probabilmente più caldo perché la storia insegna che quando c’è El Niño, l’impronta della grande quantità di calore che questo rilascia in atmosfera si manifesta l’anno successivo alla sua occorrenza, anche se l’evento decade nei primi mesi dell’anno.
  3. Per vedere riesumato il trend positivo delle temperature superficiali globali, ammesso che torni ad essere statisticamente significativo, ci vuole un evento naturale, alla faccia dell’AGW e della pausa che non c’è.

Ciò detto, vale la pena investigare un po’ sull’effetto che El Niño ha sulle temperature nel breve medio periodo, diciamo alla scala stagionale, dopo che appena ieri l’altro siamo tornati a parlare delle sue teleconnessioni atmoaferiche.

Lo facciamo con un post pubblicato su WUWT, in cui con dei semplici calcoli di correlazione (ricordiamo che comunque la correlazione non è necessariamente un rapporto di causalità ma può tornare utile a capire in che direzione guardare), si nota che i driver principali per l’andamento delle temperature medie stagionali sono diversi per i due emisferi e che El Niño non è necessariamente l’attore principale, almeno non dappertutto.

L’immagine qui sotto rappresenta la correlazione tra le temperature locali e quelle globali, con le prime spostate in avanti di due mesi (l’area evidenziata è la ENSO 3.4, quella che viene di solito considerata per la valutazione dell’intensità dell’oscillazione dell’ENSO, come mostrato qui).

correlation-local-temps-global-2-month-lag1

Con il rosso è indicata la correlazione più alta. Quindi l’area del Pacifico equatoriale (dove ha luogo El Niño) è in correlazione elevata con le temperature globali nei mesi successivi…ma lo stesso vale anche per la porzione di Atlantico appena a nord dell’equatore, con la quale l’ENSO non ha molto a che vedere.

La stessa operazione, separando però i due emisferi, mostra qualcosa di molto interessante.

correlation-local-temps-nh-2-month-lag

Con le temperature dell’emisfero nord Il Pacifico equatoriale sembrerebbe entrarci poco o nulla, anzi, a ben vedere la correlazione è leggermente negativa. Dominano il Pacifico nord-occidentale, l’Artico e, su tutti, ancora l’Atlantico a nord dell’equatore.

correlation-local-temps-sh-2-month-lagPer l’emisfero sud l’ipotesi è invece confermata. El Niño la fa da padrone.

Ma, mentre ad una diminuzione dell’energia immessa o ad un aumento dell’energia ritenuta si associa una variazione dell’equilibrio termico termico del sistema, l’ENSO, che rappresenta le variazioni cicliche e randomiche allo stesso tempo dello scambio di calore tra oceano e atmosfera, è parte del sistema stesso. Non si conoscono ancora le ragioni della sua insorgenza, ma sicuramente ha dei precursori a più scale temporali. Infatti, invertendo i fattori e spostando il lag temporale a favore delle temperature locali, si trova un segnale piuttosto invadente.

correlation-local-temps-nino3-4-2-month-lag

Due mesi prima del picco di El Niño, si trovano due aree di anomalia negativa, una a est dell’Australia e l’altra appena a nord dell’equatore sul Pacifico occidentale. Cosa che non stupisce, perché l’insorgenza di El Niño è legata all’attenuazione/inversione degli Alisei, che invece di andare da est verso ovest soffiano da ovest verso est per diversa distribuzione della massa atmosferica (alta/bassa pressione) dovuta a…e qui si ferma la conoscenza attuale. L’effetto di trascinamento dell’inversione dei venti però sposta l’upwelling, la risalita di acque profonde e fredde dal Pacifico orientale a quello occidentale, ed ecco che arriva l’anomalia negativa delle temperature su quell’area.

Perché tutto questo discorso? Perché normalmente, per valutare il trend delle temperature globali, il segnale dell’ENSO viene rimosso, senza considerare il fatto che questo è parte del sistema e rimuovendolo si lasciano sprovvisti di effetti i precursori, Inoltre, perché non rimuovere anche l’AMO (che ha luogo in Atlantico) o la PDO (che ha luogo sempre nel Pacifico) e tutti gli altri noti e non noti fattori che concorrono al funzionamento del clima nel suo complesso? Sarebbe bello, resterebbero solo due cose, la temperatura e la CO2…ma, un momento, questo lo abbiamo già, si chiamano modelli climatici ;-).

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

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