E finalmente arrivò il gran giorno. La versione finale dell’accordo di Parigi, “Outcome Paris” come verrà chiamato da oggi in poi, è stata pubblicata e ratificata dalla plenaria della Conferenza delle Parti.
Adesso inizia il lungo percorso che porterà alla sua entrata in vigore nel 2020 e l’ancor più lungo percorso per definire la pletora di organismi sovranazionali che dovranno applicare le sue varie parti. A sentire i protagonisti del negoziato si è ottenuto un risultato storico. In un certo senso hanno ragione: erano venti anni che le varie Conferenze delle parti non si chiudevano con un accordo di simile rilevanza, approvato all’unanimità da tutti i Paesi partecipanti. Per la prima volta si può parlare di un accordo universale. Fin qui la propaganda e le dichiarazioni dei negoziatori e degli osservatori. Qualcuno si spinge a dire che è stata chiusa l’epoca del fossile ed è iniziata l’era delle energie pulite, senza carbonio. Molti sottolineano che ci troviamo di fronte ad un accordo ambizioso, equo e vincolante.
Non sono del tutto d’accordo con questa interpretazione in quanto l’ambizione c’è, ma è “un’ambizione in prospettiva” nel senso che i negoziatori hanno inserito il limite di 1,5°C al riscaldamento globale rispetto alle temperature pre-industriali, ma in un modo tale che sarà difficile (secondo me impossibile) raggiungerlo. Il limite reale è di 2°C con la speranza che nel corso degli anni si possa ottenere 1,5°C. L’irrealtà di questo limite si basa sul fatto che il livello di emissioni è deciso volontariamente dai singoli stati e l’Organismo di controllo dovrà verificare se vengono raggiunti gli obiettivi prefissi dai singoli stati su base volontaria. E’ anche vero che è stato stabilito che nella seconda metà del secolo (dovrebbe essere un intervallo di circa 50 anni se non mi sbaglio) vi sarà un termine entro il quale le emissioni dovranno essere azzerate. Il problema è che quel termine non esiste da un punto di vista quantitativo: c’è, ma non si vede. Come i trucchi dei prestigiatori. Fino a quel momento si continuerà ad estrarre petrolio, gas e carbone ed a utilizzarlo per far marciare il mondo. La speranza, ultima dea, scrisse il Poeta, è che gli investitori si impauriscano e facciano venir meno il sostegno al mondo del fossile. Chi pensa questo mi sa che non conosce il mondo dell’economia e della finanza. Oggi come oggi gli impegni assunti dagli stati che stanno festeggiando a Parigi porteranno le temperature globali a quasi 3°C più in alto rispetto all’era pre industriale, ma si festeggia un accordo storico ed ambizioso. La differenza tra la retorica e la realtà.
Altra cosa che non si riesce a capire è il concetto di giuridicamente vincolante. Se non erro il concetto dovrebbe essere questo: io assumo l’impegno a ridurre di tot le mie emissioni e l’organo di controllo ne prende atto. Giunti alla fine del periodo durante il quale si doveva ridurre il livello di emissioni, si confronta la promessa con la realtà. Immaginiamo che io non abbia rispettato l’impegno: che mi fanno? Nulla, stando all’accordo di Parigi: il vincolo appare solo di tipo morale ed il suo mancato rispetto dovrebbe comportare uno stigma socio-politico per l’inadempiente.
Gli ostacoli finanziari che tanto avevano fatto soffrire, non sono stati rimossi e ce li troveremo tra i piedi nei prossimi anni. Il prolungamento degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo oltre il 2020 c’è stato, ma è un simulacro vuoto in quanto non sono stati dati numeri e tutto è avvolto in un atmosfera ovattata da tanti condizionali che hanno sostituito le parentesi. Tanto per dirne una, al momento dell’approvazione dell’accordo è sembrato andare tutto all’aria in quanto nel testo era stato inserito un verbo declinato all’indicativo: l’approvazione della bozza è avvenuta solo dopo che l’indicativo è stato sostituito con un ben più tranquillizzante condizionale. Mi sto limitando agli aspetti più eclatanti dell’accordo, ma una lettura superficiale dello stesso non consente di esprimere un giudizio informato: ne riparleremo nei prossimi giorni, ovviamente.
Quello che ho scritto fino ad ora potrebbe sembrare l’atteggiamento rancoroso di chi aveva scommesso sul fallimento del negoziato climatico. Non è così e, per chi non ci credesse, ecco un paio di commenti di persone che non sono affatto scettiche come il sottoscritto.
Inizio con uno al di sopra di ogni sospetto: J. Hansen. Egli è stato durissimo con il nuovo accordo (nella traduzione ho volutamente mantenuto alcune delle “colorite” espressioni usate dallo scienziato).
“E ‘davvero una frode, un falso”, dice, massaggiandosi la testa. “E ‘solo una stronzata dire: ‘L’obiettivo immediato è contenere il riscaldamento entro i 2°C e poi cercheremo di fare un po’ meglio ogni cinque anni.’ Sono solo parole senza valore. Non c’è azione, solo promesse. Fino a quando i combustibili fossili saranno i combustibili più economici sul mercato, continueranno ad essere bruciati.” Come stroncatura niente male, non sarei riuscito a fare meglio. E dopo l’apertura dell’intervista, la conclusione della stessa. Si parla del limite alle emissioni, a quella fantomatica “neutralità delle emissioni” che è stata un’invenzione di questa conferenza delle Parti.
“Penso che ci arriveremo perché la Cina è razionale”, conclude Hansen. “I loro leader sono per lo più formati in ingegneria e cose del genere, non negano il cambiamento climatico e hanno un incentivo enorme, che è l’inquinamento dell’aria. Va così male nelle loro città che hanno bisogno di passare a energie pulite. Si rendono conto che non è una bufala. Ma avranno bisogno di cooperazione.”
George Monbiot, noto columnist di The Guardian e blogger quotato, ha scritto oggi, riferendosi all’accordo:
“In confronto a quello che avrebbe potuto essere, è un miracolo. In confronto a quello che avrebbe dovuto essere, è un disastro.”
Nell’articolo Monbiot analizza molti dei concetti che ho già espresso e parla esplicitamente di “fallimento dell’intero processo decisionale” che ha portato all’accordo. Monbiot non esita a dire che l’accordo, oggi come oggi è del tutto inutile in quanto il danno è stato già fatto e, ammesso e non concesso che il riscaldamento riesca ad essere contenuto entro i 2°C rispetto al periodo pre-industriale, esso determinerà in ogni caso, eventi estremi, estinzioni, acidificazione degli oceani, innalzamento del livello dei mari, fusione delle calotte glaciali terrestri e tutto e di più: sappiamo bene di che cosa parla, per cui è inutile dilungarsi oltre.
Egli chiude il suo editoriale con la seguente considerazione: “Lasciate che i delegati si congratulino per un accordo migliore di quanto ci si sarebbe potuto aspettare. E date loro il tempo per creare una scusa per tutti coloro che l’accordo tradirà.”
E con questo si spengono i riflettori sulla COP21 di Parigi, sull’accordo storico, ma non troppo, sulla riuscita dei negoziati, ma non troppo, sul fallimento del processo decisionale di stampo ONU, ma non troppo.
Non possiamo spegnere i riflettori sull’accordo, però, perché esso ci riguarda tutti (noi europei un po’ meno in quanto già ben conciati dalle norme UE sulla mitigazione climatica). L’accordo non è molto lungo, ma deve essere studiato con calma ed a mente fredda. E’ quanto mi propongo di fare nei prossimi giorni. Spero che tutti lo facciano in modo da poter confrontare le reciproche impressioni. Chi ne ha voglia potrà trovarlo qui.
E con questo termina la lunga serie di commenti sulla COP21: è stata un’esperienza molto faticosa che ha sottratto tempo a tante altre cose che amo fare. Ho avuto l’occasione, però, di imparare un sacco di cose nuove, di confrontare le mie idee con quelle di tanta altra gente, di seguire in diretta le trepidazioni di leader mondiali e non solo e, alla fine, posso dire di essere stato dentro la conferenza: grazie ai mezzi che ci mette a disposizione la scienza e la tecnica, sono riuscito a sapere in tempo reale ciò che accadeva a Parigi e tutto senza muovermi dai luoghi in cui abitualmente vivo e lavoro. Spero di essere riuscito a fornire a chi ha seguito l’evento su CM le informazioni necessarie: ciò che ho scritto è però una frazione molto piccola di tutto ciò che è stato pubblicato: diciamo 1/1000, per cui molto potrebbe essere stato tralasciato. Ho fatto del mio meglio e, tutto sommato è stata una bella esperienza e tanto basta a ripagarmi della fatica.
[…] del quale non mi voglio esprimere, avendolo già fatto in tanti, anche su questo stesso sito (climatemonitor.it 2016g). Mi limito a dire che fa sorridere l’idea che si possa “contenere” un aumento di temperatura […]
Stamattina ho avuto occasione di leggere su The Guardian un articolo di uno dei più fieri esponenti del campo catastrofista: Dana Nuccitelli.
Chi ha avuto modo di leggere ciò che scrive solitamente il Nostro, non avrà difficoltà a immaginarsi lo stile con cui ha affrontato l’argomento: i negazionisti hanno perso la guerra del clima. Boom!
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Dal suo punto di vista le cose stanno in questo modo. Gli scettici climatici in questi anni hanno delegittimato le conclusioni della scienza, basate sul consenso del 97% degli scienziati, e offerto sponda alla politica per favorire i produttori di petrolio, carbone e gas da cui erano pagati (sic!). La scienza aveva già dato il suo responso, la politica non ancora e gli scettici, incuneandosi in questa contraddizione, usavano la politica per ostacolare la scienza.
Dopo Parigi la politica ha svoltato decisamente nella direzione indicata dai catastrofisti fedeli al consenso del 97% ecc. ecc., per cui adesso non c’è più trippa per gatti ed i poveri scettici sono destinati ad estinguersi e gradualmente sparire dal palcoscenico della storia per essere dimenticati dai posteri o, al massimo, ricordati come un fatto passeggero e privo di significato. Chi avesse voglia di leggersi l’articolo di Nuccitelli se lo cercasse da solo sul Guardian del 14/12, mi rifiuto di fornire il link all’articolo. 🙂
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A prima vista Nuccitelli sembra aver ragione: la sua analisi appare ineccepibile. Tutti i Paesi convenuti a Parigi hanno aderito all’accordo e hanno riconosciuto, politicamente, che il mondo si sta scaldando per colpa della CO2 emessa dagli esseri umani. Essi hanno deciso che il problema dovrà essere risolto mediante la decarbonizzazione. Punto.
Sembra una sentenza inappellabile.
In realtà gli scettici hanno sempre sostenuto che il riscaldamento globale è un fatto, che le sue origini non sono esclusivamente antropiche e che la scienza non è riuscita a provare in modo inequivocabile che il riscaldamento globale è di origine antropica. Abbiamo anche visto e possiamo vedere ovunque che gli scenari delineati dai modellisti del clima non sono coerenti con le osservazioni. Così come abbiamo visto che le temperature negli ultimi 12/18 anni sono cresciute in modo minore che nel passato (secondo i dati satellitari non sono cresciute affatto da oltre 18 anni).
Vorrei far notare al buon Nuccitelli che questi fatti non potranno essere messi in discussione da alcun accordo politico. Qualche anno fa uno stato americano ha deciso di regolare per legge il valore di p-greco. Il parlamento di quello Stato ha stabilito con una legge che pi-greco valeva 3 e non 3,14……
Con questa decisione aberrante i politici non hanno cambiato i fatti: pi-greco resta ciò che era prima, la legge non potrà mai modificarlo.
A Parigi è successa la stessa identica cosa: i politici hanno deciso ideologicamente che il riscaldamento globale è colpa della CO2 emessa dall’uomo. Essi non hanno potuto, però, modificare la realtà. I politici, inoltre, cambiano per cui tra qualche anno i nuovi politici potrebbero ritornare sui loro passi come hanno sempre fatto nel corso dei secoli. In quest’ottica Parigi è stata una semplice battaglia.
L’unica cosa vera del discorso di Nuccitelli è che gli scettici si estingueranno: io e molti altri di coloro che frequentano CM non ci saremo più quando si raggiungerà (se si raggiungerà) la “neutralità netta delle emissioni” verso il 2075 o giù di lì, ma sicuramente ci saremo quando i fantasmagorici obiettivi fissati a Parigi non saranno raggiunti, quando Nuccitelli e soci si stracceranno le vesti perché il nuovo presidente USA, modificando la sua posizione, impedirà di raggiungere l’accordo nella prossima COP o nella kermesse del 2018. Allora vedremo chi ha vinto la guerra!
Nel frattempo ci saranno tante battaglie da combattere sul fronte degli studi scientifici e quelle sono le più appassionanti, almeno per me.
Ciao, Donato.
Grazie Prof. Barone per un lavoro formidabile!
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Mi permetto di commentare quanto segue, sempre con pieno rispetto delle opinioni contrarie.
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1. Sulla base del testo ufficiale, l’accordo raggiunto a Parigi mi sembra ragionevole.
Lungo gli anni si va consolidando gradualmente una struttura per affrontare un pericolo paventato da molti, senza ancora giungere a misure coattive inaccettabili per i firmatari.
In parole semplici: “ci accordiamo di studiare sempre più questo rischio, chiediamo di iniziare a prevenirlo volontariamente e di accordarci ulteriormente in funzione delle conoscenze future”
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2. Per giustificare nel modo più stringato perché considero ragionevole questo accordo, mi permetto di segnalare un breve testo fondamentale: La logica dell’azione collettiva, 1983, Mancur Olson
(http://www.amazon.it/logica-dellazione-collettiva-pubblici-teoria/dp/8867050613/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1450104111&sr=8-1&keywords=la+logica+dell%27azione+collettiva)
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3. In questa fase di conoscenza del rischio, l’accordo, senza esprimerlo, manifesta scetticismo e cautela sulle intenzioni ultime di alcuni dei firmatari e non consegna alla struttura sovranazionale dei poteri coercitivi, ma la consolida sempre più come struttura a ciò deputata se sviluppi futuri lo giustificassero.
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Senza entrare nel rapporto costo/prestazioni dell’evento di Parigi, la stabilizzazione della struttura quale “foro mondiale della discussione” apre, a mio parere, la porta per una disamina scientifica meno contaminata politicamente — se le cose stessero così, lo considero uno sviluppo positivo.
Confesso che non avevo considerato la cosa sotto questo punto di vista. In effetti qualche lato positivo questo accordo sembra averlo.
Ciao, Donato.
Donato, grazie per le convincenti argomentazioni in merito alle mie perplessità. Naturalmente condivido, così come condivido perfettamente la tua intelligente scelta concettuale (prendere per vera l’ipotesi AGW) per calarti nel ruolo di esaminatore obiettivo di una conferenza che si è svolta proprio con questa logica. Hansen lo conosco bene, dalla mia posizione di possibilista (in merito all’AGW) ho letto molti dei suoi lavori, e certamente, ora, dopo le tue considerazioni, guardo con meno antipatia le sue dichiarazioni. Il problema è che forse l’accordo (devo ancora leggerlo e capirlo nei dettagli) che è stato raggiunto, rappresenta già il massimo a cui obiettivamente oggi si poteva aspirare. E questo in base anche ad una possibile chiave di lettura che ti esplicito semplicemente in un titolo di un articolo che avrei voluto scrivere tempo fa, ma che poi non ho più portato avanti e che si sarebbe riferito anche alla natura umana, forse antropologicamente sempre più propensa a difendere i propri interessi e i propri vizi, piuttosto che metterli in discussione in nome della solidarietà globale o di rischi, scientificamente anche importanti, ma che non si sono ancora tradotti in effetti veramente disastrosi e percepibili: “AGW? Se fosse vero, saremmo comunque incapaci di agire”. Ipotesi, peraltro ad oggi, molto ben supportata dai fatti, direi. Quindi in questo senso Hansen da parte sua ha probabilmente ragione, ma, al momento, non avrebbe potuto aspettarsi di più. Domani, chissà.
Ciao, Fabio.
Dopo una giornata di assenza per impegni familiari ho aperto CM ed ho trovato tanti lusinghieri commenti: ringrazio tutti gli amici che hanno voluto gratificarmi con il loro apprezzamento per il lavoro svolto e, credo, che la loro gratitudine sia il miglior compenso per quel che ho fatto in queste due settimane appena trascorse.
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Nelle scorse due settimane ho cercato di essere il più obbiettivo possibile e limitare al massimo i miei commenti personali: quando proprio non ne potevo più, esprimevo qualche opinione. Allo scopo di evitare errori ho utilizzato come fonti principali Le Monde e The Guardian che sono note roccaforti catastrofiste ed il blog della signora Midulla, esponente di spicco del WWF Italia, oltre a vari siti di chiaro orientamento verde. Sono partito, inoltre, da un’ipotesi (che non condivido affatto) senza la quale non si poteva comprendere ciò che accadeva a Parigi: ho fatto finta che la teoria dell’effetto serra e del riscaldamento globale di origine antropica fosse reale.
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Bene ha fatto L. Mariani a mettere in chiaro i quattro punti che caratterizzano il primo commento a questo post. Io ho deliberatamente deciso di considerarli veri altrimenti non sarei riuscito a portare a termine il lavoro che mi ero ripromesso di fare.
Caro Luigi, hai perfettamente ragione: tutta la kermesse climatica è basata sui quattro punti che tu hai illustrato nel tuo commento. Senza di essi cadrebbe tutta l’impalcatura su cui si fonda la lotta al cambiamento climatico e non avrebbero senso né l’accordo di Parigi, né il vertice che lo ha prodotto. E’ altrettanto vero che la loro negazione renderebbe del tutto privo di fondamento teorico il problema del riscaldamento globale di origine antropica.
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Fabio Vomiero nel suo commento esprime disaccordo rispetto alla posizione di Hansen. Caro Fabio, io di quanto ha scritto Hansen condivido poco o nulla, ma quanto egli dichiara a proposito della COP 21 e dell’accordo di Parigi, mi vede perfettamente concorde. Non dimentichiamo che Hansen parla dalla parte opposta della barricata. Egli è stato il capostipite delle teorie climatologiche che hanno gettato le basi teoriche del riscaldamento globale. Ha 74 anni, è vero, ma non possiamo liquidare quanto dice come “… rancore nei confronti di qualcosa o di qualcuno o dell’età che avanza”. Egli è stato la punta di diamante del movimento salva-pianeta ed ha lasciato il suo incarico per lottare liberamente per veder trionfare quella che io considero un’ossessione non generata dall’età, ma da quanto ha creduto di capire oltre 25 anni fa. Egli usa i termini “truffa” e “falso” a ragion veduta e non senza motivo: il modo in cui è concepito l’accordo di Parigi non può che definirsi così. Tale accordo è qualcosa di completamente diverso da quello che dicono Fabius, Hollande, Obama e via cantando. L’accordo NON è vincolante giuridicamente: la mia è stata solo una lettura superficiale, ma in nessun punto di esso si parla di vincoli giuridici. La sottoscrizione dell’accordo NON vincola alcuno Stato. L’ambizione di cui si vantano i padri dell’intesa NON esiste in quanto tutti sanno che né il limite dei due gradi né quello di un grado e mezzo sono raggiungibili con gli impegni attualmente assunti dagli Stati. Ammesso e non concesso che gli scenari modellistici siano reali, con gli impegni attuali si arriva a 3°C di aumento rispetto alle temperature pre-industriali. Un obbiettivo lontano mille miglia da quello indicato nell’accordo. L’equità e la giustizia di cui si riempiono la bocca i principali promotori dell’accordo NON trovano riscontro nell’accordo in quanto gli USA hanno chiesto ed ottenuto che non venisse fatto alcun riferimento alla “responsabilità storica” dei Paesi più industrializzati. Gli impegni finanziari sono fumosi e dilazionati di qui a 10 anni ed il picco delle emissioni, coincidente con l’inizio effettivo della decarbonizzazione, NON esiste né dal punto di vista quantitativo, né temporale. Per mascherare la cosa si sono inventati la “neutralità delle emissioni”che dovrebbe essere raggiunta tra non meno di 25 anni e non più di 50 anni. Nel frattempo mentre gli utilizzatori delle fonti fossili si devono “limitare”, i produttori continueranno ad estrarre a loro piacimento. Oggi il prezzo del petrolio è sceso sotto i 40 dollari al barile: simili prezzi non si vedevano da decenni. Chi potrà impedire agli Stati assetati di energia di approvvigionarsi ad una fonte così a buon mercato? Un pezzo di carta che entrerà in vigore tra cinque anni e che non prevede alcuna sanzione per chi trasgredisce i propri impegni assunti volontariamente e senza alcuna possibilità di poter influire su di essi al di là di un bonario invito?
Spiace essere monotono, ma Hansen ha perfettamente ragione: senza un prezzo universale delle emissioni, non c’è storia: il fossile surclasserà tutto il resto.
L’accordo di Parigi è un involucro vuoto, basato solo ed esclusivamente sulla buona volontà ed i cui effetti pratici, già oggi appaiono del tutto illusori, come l’analogo protocollo firmato a Kyoto del resto.
Di fronte a tutto ciò come possiamo dare torto ad Hansen? Lui lo dice da attivista arrabbiato e deluso, mosso non dall’età che avanza, ma dalla rabbia di essere stato tradito: a nulla sono valsi i suoi sforzi e le sue battaglie. Hansen crede fermamente nelle origini antropiche del riscaldamento globale e, coerentemente, non può definire in modo diverso un accordo che rende automaticamente inutili e le sue idee, e le sue battaglie. Egli ha deciso, credo con profonda amarezza, di puntare tutto sulla Cina e, onestamente, gli auguro di avere successo. Come scrive R. Sorgenti nel suo commento la dismissione delle vecchie centrali e l’adozione di centrali tecnologicamente avanzate potrebbe risolvere in un unico colpo tanto il probema ambientale che quello delle emissioni di gas serra.
Per il resto la sua reazione è quella di chi vede rivoltarsi contro di lui la sua creatura. Io lo capisco e, pur avendo sempre contestato le sue idee e le sue teorie scientifiche, solidarizzo, come uomo, con lui.
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Per il resto vorrei condividere il tuo ottimismo circa il bicchiere mezzo pieno. La mia esperienza mi porta, però, a dubitare molto tanto dell’unità di intenti, quanto della consapevolezza universale del problema dei 2°C o 1,5°C. Sono anni che sento blaterare di necessità di lottare tutti insieme contro le atrocità dei fondamentalisti islamici in Siria e nel resto del mondo: parole, parole, parole,…. (chiedo scusa a L. Maggiolini per essermi appropriato del suo modo di dire 🙂 ). Sarà la stessa cosa anche per il protocollo di Parigi.
Caro Fabio, devo farti una confidenza: mai avrei pensato di dover difendere Hansen in una discussione pubblica! Vedi un po’ i casi della vita. 🙂
Ciao, Donato.
Caro Donato,
ti ringrazio per il tuo prezioso lavoro (di volontariato, immagino).
Cosa dire ? Mah…
Ci si dovrebbe cimentare nella lettura delle 30 pagine prima di esprimere pareri.
Io le ho scorse molto velocemente e mi è subito passata la voglia di approfondire : nessuna tabella, nessun elenco di valori, di limiti, di prescrizioni, di rendimenti limite, di quantità di terre da “rimboscare”, nessun elenco di scadenze sugli impianti obsoleti, ecc..
In pratica non ho visto nulla collegabile alla realtà.
Perché, ad esempio, non porre una scadenza al funzionamento degli impianti a carbone con un rendimento al di sotto di una data percentuale ? E di esempi se ne possono fare quanti ne volete. Sono argomenti troppo tecnici ?
Invece l’ha detto proprio Hansen : solo chi ha una cultura ingegneristica può affrontare questi problemi ed iniziare a risolverli.
Il resto è solo fumo negli occhi (degli elettori).
Caro Marco, concordo su tutto.
Contrariamente a te credo, però, che approfondirò la lettura del testo dell’accordo: per confermare le mie (e le tue) prime impressioni.
Ciao, Donato.
Caro Donato, grazie del faticoso e prezioso lavoro che hai fatto e che credo in molti abbiamo seguito.
L’unico dubbio che ho è quando scrivi che “Per la prima volta si può parlare di un accordo universale”, credo che anche quello relativo al protocollo di Kyoto lo fosse.
Da https://it.wikipedia.org/wiki/Nazioni_firmatarie_del_protocollo_di_Kyoto : Le nazioni firmatarie del protocollo di Kyoto sono i Paesi che hanno firmato e/o ratificato il protocollo di Kyoto, un trattato internazionale che si prepone di combattere il riscaldamento globale stipulato il 1997 ed entrato in vigore il 2005 dopo la ratifica del trattato stesso da parte della Russia, in quanto membri dell’UNFCCC. Nell’ottobre 2009 le nazioni firmatarie del protocollo di Kyoto erano 184, se escluse le isole Cook e Niue, che pur essendo poste sotto la sovranità della Nuova Zelanda, aderiscono all’UNFCCC separatamente da essa, e l’UE, che costituisce un ente separato dai suoi Stati membri”.
Per Parigi mi sembra che non cambi il modello, si estende solo il numero di paesi che s’impegnano alla riduzione (stavolta su base volontaria). Dove è l’unicità e storicità di Parigi? Perché si scrive che per la prima volta si può parlare di un accordo universale? Inoltre come Kyoto mi sembra che è giuridicamente vincolante ma non prevede sanzioni (le sanzioni se l’era autoimposte l’UE).
Forse però te sei più sicuramente più informato di me. Grazie.
Caro Fabio, io la penso esattamente come te: rispetto a Kyoto non cambia assolutamente nulla se non il nome ed il numero degli aderenti.
Con riferimento alla tua citazione, permettimi di riportare anche il resto:
“Per la prima volta si può parlare di un accordo universale. Fin qui la propaganda e le dichiarazioni dei negoziatori e degli osservatori.”
Forse non sono riuscito ad esprimermi bene (ho scritto il commento a tarda notte, credo che mi capirai 🙂 ), ma intendevo dire che l’universalità e la storicità erano contenute nelle dichiarazioni (propagandistiche) dei negoziatori.
Ciao, Donato.
A me questi accordi ricordano quelli sottoscritti dalle superpotenze appena dopo la seconda guerra mondiale.
Tanti bla bla bla che nessuno rispetta, nessuno controlla, e senza sanzione alcuna. Aria fritta: se non fosse che è aria che macchia i cittadini, da tanto è unta.
Parliamoci chiaro: i paesi che OGGI si fanno portavoce della salute del mondo, lo fanno perchè gli conviene. Vorrei vedere, ad esempio, la Norvegia senza la sua bella produzione (e vendita) di petrolio: altro che 100% rinnovabili….
Riprendo parte di quanto detto da Hansen:
” … “Penso che ci arriveremo perché la Cina è razionale”, conclude Hansen. “I loro leader sono per lo più formati in ingegneria e cose del genere, non negano il cambiamento climatico e hanno un incentivo enorme, che è l’inquinamento dell’aria. Va così male nelle loro città che hanno bisogno di passare a energie pulite. Si rendono conto che non è una bufala. Ma avranno bisogno di cooperazione.”
E’ indubbio che i cinesi saranno costretti a prendere atto che la questione “inquinamento dell’aria” è un grave problema a cui dovranno porre rimedio. Ma questo obiettivo lo potranno ragionevolmente perseguire chiudendo i moltissimi vecchi impianti e sostituendoli con nuovi e tecnologicamente avanzati, sempre alimentati dalla fonte primaria disponibile: il Carbone, conseguendo comunque anche miglioramenti sensibili per le emissioni di GHG, grazie alla notevole maggiore efficienza di queste moderne tecnologie, appunto pulite. Poi il loro programma Nucleare completerà la transizione per i prossimi 40-50 anni.
Se questa sarà l’interpretazione da dare all’accordo, beh allora c’è da essere soddisfatti.
Mi associo anch’io ai ringraziamenti a Donato. Vedremo nelle prossime settimane se ci sono altre sorprese nello “scritto in piccolo”… che è sempre quello che temo negli accordi di quasiasi tipo.
Cop21, arriva la firma. Fabius: “L’aumento della temperatura sarà mantenuto entro 1,5 gradi”.
Questo il titolo che si può leggere su rebubblica.it versione mobile (Alessandra Roncato, ore 0:41 del 13 dicembre 2015). Nel momento in cui scrivo sono le 11, qualche centinaio di migliaia di persone lo avrà letto… sbaglio o il virgolettato è a tutti gli effetti una notizia falsa?
Mi associo nel ringraziamento a Donato Barone che ha fatto certamente un ottimo lavoro e ci ha consentito di avere informazioni il più possibilmente corrette sui lavori di Parigi. Contrariamente a quanto affermato da Fabio Vomiero, concordo con le dichiarazioni di J. Hansen che parla di frode e di falso. In merito tutto ciò è documentato in un libro pubblicato da qualche settimana da 21mo Secolo dal titolo: ” Climatismo: una nuova ideologia” il cui autore è Mario Giaccio, già ordinario di Tecnologia e Innovazione presso la Università G. d’Annunzio di Chieti Pescara ove è stato anche Preside della Facoltà di Economia e della Facoltà di Scienze Manageriali.
Caro Donato hai fatto un ottimo lavoro. Adesso cercheremo di capire bene i termini precisi del documento, facendo bene attenzione a non farci fuorviare dalle inevitabili maree mediatiche di castronerie che, come sempre inonderanno le nostre prossime giornate. Condivido sostanzialmente anche le tue impressioni a caldo, non mi piace invece l’atteggiamento spregiudicato di Hansen, tipico di chi nasconde qualche rancore nei confronti di qualcosa o di qualcuno o dell’età che avanza, penso sia assolutamente scorretto parlare di frode o di falso. Per quel poco che so, a parte il far notare che il limite dei 2°C o dei 1,5°C di cui tanto si parla, rappresenta un valore in realtà pressochè simbolico (perchè si tratta di grandezze indeterminabili), non posso che cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno, finalmente un accordo a carattere globale e una decisa convergenza politica di intenti, e forse è questa la grande novità, che prima di questa conferenza, non era per niente scontata. Stiamo a vedere.
Ciao, Fabio
Fabio,
non c’è assolutamente nulla di simbolico, questo è il problema. Perché se tutti i leader (o loro delegati) si riunissero per stendere comunicati in cui, simbolicamente, promettessero ai loro deleganti (noi) la salvezza del pianeta, potremmo decidere se starli a sentire oppure no, ma non cambierebbe nulla. Mettendo dei limiti numerici, che hanno in base agli scenari (RCP) una precisa quantificazione in termini di emissioni, si impegnano i deleganti a subire gli effetti delle decisioni. Sapendo che questo processo decisionale poggia sul nulla, la faccenda fa molto poco simbolicamente…inc… vabbè, ci siamo capiti.
gg
Caro Donato,
grazie per l’impegno che hai profuso nell’offrirci una cronaca del CP21 di Parigi.
Da parte mia colgo che vertici come quelli di Parigi sono per loro natura votati all’inganno nei confronti della comunità internazionale in quanto:
1. vedono la CO2 solo come gas serra mentre invece si tratta del mattone fondamentale della vita sul pianeta. Non cogliendo tale aspetto le azioni di mitigazione basate sull’uso della fotosintesi (e in specie quelle fondate sulla produzione di biomasse di origine agricola o forestale) sono inevitabilmente lasciate in secondo piano
2. adottano i modelli GCM come strumenti regolatori e cioè strumenti previsionali non validati e che peraltro stanno offrendo prestazioni pessime, come dimostra la descrizione irrealistica dello Hiatus in corso dal 1998. Al riguardo sfido a descrivere in modo realistico con i GCM il periodo interglaciale antecedente a nostro (125mila anni orsono, allorché con bassi livelli di CO2 la calotta groenlandese si fuse completamente) o il grande optimum postglaciale olocenico, fra 8mla e 5mila anni orsono, anch’esso accaduto con bassi livelli di Co2 e nel quale i ghiacciai alpini sparirono completamente
3. si fondano sul preconcetto secondo cui il cambiamento climatico sarebbe negativo per l’uomo, il che alla luce dei dati degli ultimi decenni sulla produzione agricola globale e sulla mortalità da disastri naturali è falso
4. presuppongono un consenso “bulgaro” da parte della comunità scientifica, il che è un artefatto frutto di dati taroccati (e qui ricordo con rabbia il vergognoso articolo di Cook e Nuccitelli in cui si fa violenza sulle opinioni scientifiche dei colleghi ricercatori per “dimostrare” un consenso bulgaro del 97% alla tesi AGW) e del ricatto operato nei confronti della comunità scientifica stessa (prego chiunque a provare ad acquisire fondi pubblici proponendo ricerche su tesi legate a uno dei 3 punti precedenti).
Grazie dunque per il tuo lavoro e per aver cercato di essere il più possibile asettico e dunque cronista nel vero senso della parola.
Luigi